sabato 4 febbraio 2012

Un 'anima indimenticabile


L'aveva conosciuta per caso Domitilla Antonio eppure ne rimase subito conquistato.
Era una donna particolare Domitilla.
Aveva ottantadue anni ma una vitalità da far invidia a una ventottenne che le permetteva di sconfiggere quotidianamente la solitudine e non pensare che era sola nella grande casa che aveva ereditato dalla madre e condivideva con i suoi amici di sempre: un cane, un gatto, e un pappagallo di nome Arcobaleno.
Domitilla era particolarmente legata al suo pappagallo. L'aveva trovato in una vecchia gabbietta durante un suo viaggio alle Canarie e da allora i due non s'erano più lasciati.
Aveva girato mezzo mondo Domitilla e Arcobaleno che ora orgoglioso abitava in soggiorno, era solo una delle tante emozioni che la vita le aveva regalato e che lei ora dipanava in lunghi racconti che avevano il pregio di coinvolgere anche il più disattento degli ascoltatori.
Domitilla era infatti, una grandissima affabulatrice ma questo non le aveva impedito di sviluppare negli anni, una predisposizione all'ascolto a dir poco invidiabile per una donna della sua età.
Ascoltava di tutto Domitilla e non c'era cosa che non suscitasse il suo interesse.
La mattina appena sveglia leggeva almeno nove quotidiani e non si perdeva mai un tg.
Questa ciclica abitudine raccontava, oltre a tenerla aggiornata le permetteva d'elaborare idee, concetti, punti di vista differenti e dare un senso profondo responsabile e autonomo alle sue scelte di vita .
Da quando l'aveva conosciuta Antonio andava a farle visita tutte le mattine e dopo averla inseguita tra le sue amate piante, tra un caffè abbondantemente zuccherato e un dolcetto alla crema iniziava un confronto serrato sulle notizie del giorno e se il giorno non regalava spunti interessanti e degni d'esser raccontati non c'era problema perchè poi giungeva alla ribalta la sua vita ricca e piena d'amore quell'amore che Antonio aveva sempre inseguito ma che solo in quei racconti ritrovava nella sua originaria pienezza.
Domitilla questo lo sapeva bene ragion per cui non si lasciava pregare quando Antonio incuriosito, le chiedeva di raccontarle qualcosa di sè.
Quegli appuntamenti con la vita che lui avrebbe sempre desiderato vivere, s'interruppero il giorno in cui apprese da una vicina di casa che Domitilla s'era rotta le anche ed era stata ricoverata d'urgenza in ospedale.
Gli ospedali. Box dove ti tengono una settimana e poi ti ributtano fuori perchè per loro è importante riparare il guasto tecnico ma poi la verifica della riparazione è un fatto privato del paziente che può contare sulle amorevoli cure dei parenti.
Domitilla però, non ne aveva diritto.
Aveva dei parenti che sarebbero stati pronti a srotolare il suo testamento ma non a regalarle la sicurezza di quattro mura ragion per cui uscita dall'ospedale i nipoti le confezionarono un biglietto di sola andata per la casa di riposo più "in "della città.
Antonio continuò a farle visita, ma con meno frequenza rispetto a prima.
Quando varcava la soglia di quel sepolcro illuminato, gli si stringeva lo stomaco e s'occludeva la gola soprattutto dopo che la sua amica in uno dei suoi accorati sfoghi verbali gli spalancò il suo cuore rivelandogli la sua vera condizione.
Lei la donna che con orgoglio aveva sempre rivendicato la sua indipendenza e che per questo aveva rinunciato a un matrimonio ricco e felice, lì era solo una spettatrice, spettatrice del suo ultimo pezzo di vita. Spettatrice di se stessa, non apparteneva più a niente a nessuno. Lei Atena la sapienza fatta persona come pensavano tutti e l'avevano soprannominata in molti nella casa di riposo chiamando in causa addirittura la mitologia greca.
E invece era tutto un imbroglio perchè lei non sapeva più niente e a furia di prender sedativi non riusciva più distinguer il giorno dalla notte.
Lì non stava male, tutti si prendevano cura di lei e non gli mancava nulla almeno a livello fisico per quello che ancora questo poteva contare.
La sua interiorità però, ciò che era stata, era morta nel momento in cui aveva lasciato la sua casa.
Ma questo per i suoi parenti e i moltissimi amici che la venivano a visitare era difficile da comprendere o forse cercavano solo di difendersi come potevano da un'ondata di sensi di colpa e uno tsunami di rimorsi.
Lei questo l'aveva capito benissimo e il dispiacere se lo teneva dentro ma quando era sola, al riparo da occhi indiscreti e orecchie aperte piangeva e il suo pensiero correva alle sue cose, alla sua casa, i suoi mobili.
Quei mobili che lei aveva comprato usati da vecchi rigattieri e che rinverdendo gli anni passati a restaurar mobili, aveva resuscitato a nuova vita rendendoli capaci di respirare odori, nutrir sentimenti, avere un'anima e che per lei erano quei figli che non aveva mai voluto avere ma che come tali rappresentavano la testimonianza più autentica e più vera della sua presenza nel mondo.
Ora tutto questo stava cominciando a trasformarsi in ricordo e questo la rendeva nello stesso tempo figlia, moglie, madre, vedova, orfana di quei figli di cui ormai nessuno s'occupava più fino a che un giorno anche lei smise di prendersi cura di se' e morì lasciando ad altri il palcoscenico della Vita.
Antonio non andò al suo funerale, c'era gia stato. Quel giorno in fondo, portarono via solo il corpo.
Lui invece, in quei mesi aveva incontrato un'anima. 

Quella, Antonio non l'avrebbe mai dimenticata.

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