mercoledì 7 maggio 2008

Notte (e che notte!) a Bielsko-Biala

Come detto il paesaggio slovacco non era molto differente da quello della confinante austria.
Le campagne si estendevano, in soluzione di continuità, dalla periferia di Vienna a quella di Bratislava, senza grosse differenze di sorta.
L'unica differenza fu che, nonostante la nostra velocità di crociera fosse rimasta invariata, e piuttosto modesta, vedere una bella auto circolare per quelle strade non poteva passare inosservato ad uno sbirro appostato dietro un paracarro, che subito allertò il collega che ci precedeva evidentemente di qualche centinaio di metri, e non mancò di fermare la macchina, scendere, e tirare fuori la paletta per fermarci.
Panico!
Essere fermati dalla polizia slovacca, per un ansioso come me significava immaginarsi di li a poco rinchiuso tra quattro fetide mura di un carcere alla periferia di Bratislava, ad interpretare magnificamente l'icona sessuale di decine di carcerati omosessuali bulgari e slovacchi, che attendono momenti come questi allo stesso modo in cui i bambini aspettano il natale per scartare i doni.
Lo sbirro slovacco, dopo un breve giro attorno alla nostra auto, evidentemente apprezzandone la fattura, si rivolse a noi in slovacco stretto.
Del resto è molto probabile che due italiani con macchina targata bergamo capiscano e parlino perfettamente lo slovacco.
Con un timido "do you speak english" provammo a sondare la possibilità di evitare il linguaggio gestuale, per cercare di toglierci da quel primo imprevisto che la nostra avventura ci aveva riservato.
Lo sbirro inizialmente fece finta di non capire, poi iniziò, in un pessimo inglese, a raccontarci tutta una serie di palle della serie che stavamo andando troppo veloci , che avevamo una freccia scheggiata, che i copertoni delle gomme non erano perfettamente lucidi, che faceva ancora troppo freddo per la sagione che era, e che sua moglie non gliela dava da un pò di tempo.
Ora, a fronte di tutta la pappardella, in un inglese che improvvisamente si fece più comprensibile, ci illustrò che avevamo due possibilità.
Essere portati in questura, con tutto quello che ne sarebbe derivato ( vedi sopra ), oppure risolvere la questione pagando a lui in contanti il disturbo.
Lui non quantificò la cifra, il dutùr tirò fuori venti euro dal portafoglio, e improvvisamente gli occhi dello sbirro si illuminarono.
Non solo, iniziò a parlottare in italiano.
"voi italiani eh? Forza Milan etc etc ".
Prese i venti euro, e ci indicò la strada più veloce per raggiungere Bratislava.
Lo salutammo come si saluta un amico, baci e abbracci e risalimmo in macchina.
Iniziammo a capire che dalla slovacchia in poi le multe per eccesso di velocità NON erano affatto un problema ;)
Era già pomeriggio inoltrato, e volevamo raggiungere Cracovia per passare la notte. C'era ancora parecchia strada da fare, quindi ci lasciammo Bratislava alle spalle, accarezzandola sul fianco, percorrendo le sue terribili tangenziali costeggiate da atroci palazzoni bianchi tutti uguali stile alveare, soviet style.
Superata Bratislava fummo costretti a tirare fuori dal bagagliaio per la prima volta la mappa, poiché non ci era del tutto chiara la direzione che dovevamo prendere per raggiungere la nostra prima tappa.
Avevamo due possibilità, passare o non passare per la Repubblica Ceca.
Scegliemmo la prima, ma i numerosi sbagli di strada ci condussero per la seconda rotta.
Avvicinandoci al confine con la Polonia, notammo che la strava iniziava a salire, mentre il sole, oramai iniziava inesorabilmente a scendere.
L'autostrada l'avevamo abbandonata da un pezzo, e la strada si era fatta abbastanza improponibile, della serie che iniziavamo a rimpiangere le tanto bistrattate strade italiane.
I cartelli stradali iniziavano a riportare nomi mai sentiti ed anche difficili da leggere, così che la nostra velocità fu costretta a calare enormemente, per permettere a me di leggere i nomi, cercarli sulla mappa velocemente, ed elaborare un "vai di qui " "vai di li" da dire al dutùr.
Proseguimmo su quella strada semi montuosa per parecchio, fino a quando, come un miraggio, ci apparve davanti agli occhi un cartello che prometteva il confine polacco a 20 chilometri.
Letta quella indicazione stradale ci eravamo già visti di li a un'ora immersi nella tiepida acqua termale di una spa di cracovia, con splendide ragazze in accappatoio che gironzolavano attorno alla vasca.
Il sogno fu infranto quando, superato anche il confine con la Polonia, a sera ormai inoltrata, scoprimmo che Cracovia distava ancora 150 chilometri, che percorsi su di una strada del genere, significava impegarci almeno altre 3 ore.
Stanchi e affamati decidemmo di anticipare la prima tappa al primo paese decente che avremmo incontrato.
Fu così che approdammo a Bielsko-Biala, che rappresentò per noi il biglietto da visita della Polonia.
Non fu difficile trovare un albergo decente. Andammo nel migliore della città, che costava come un albergo una stella italiano, ma offriva invece un servizio, per loro considerato di prima categoria, assimilabile in realtà ad una terza categoria de noaltri.
Almeno aveva il posteggio custodito, unica fissa del dutùr che ci teneva alla macchina.
Il fatto che il custode avesse una delle facce più losche che avessimo mai visto, non smontò la fiducia del dutùr di ritrovare la sua macchina il mattino.
Abbandonata l'audi verde bottiglia nelle mani del losco, caricammo tutti i bagagli in camera, anche se l'indomani mattina saremmo ripartiti, un pò perchè non ci ricordavamo bene le varie cose in quale bagaglio stavano, poi per non lasciare al losco, oltre all'auto, anche tutti i nostri vestiti!
Doccione alla velocità della luce.
Qualche sms a caso, giusto per potersi togliere lo sfizio di dire che si era in Polonia, a Bielsko-Biala per giunta, anche se la cosa ovviamente ai destinatari importava sega, e subito puntello nella Hall col dutùr, per andare a cercare un ristorante.
Fin da quando ero bambino ero solito, quando si era in un posto nuovo, cercare assieme il ristorante affidandosi all'istinto.
Fu così che ho sviluppato questo sesto senso per i posti in cui si mangia bene, indipendentemente dalla zona del mondo in cui mi trovo, e fu così che condussi il dutùr in una simpatica trattoria non distante dal centro, trovata ovviamente per puro caso, in cui per qualche euro, ci riempirono le pance di cibo e le gole di buon vino rosso polacco, proveniente, in tutta probabilità, dai vigneti delle colline che avevamo percorso poche ore prima, bestemmiando perchè non riuscivamo a pernottare a Cracovia.
Con parecchio cibo nello stomaco, ma più probabilmente causa un ettolitro di vino in circolo, anche Bielsko-Biala ci sembrava meglio di quanto ci era parso due ore prima.
Era scesa la notte, per strada non c'era più anima viva.
Non essendo per niente turistico, dopo il tramonto c'è il coprifuoco, e per le strade eravamo rimasti solo noi e qualche barbone, che ci guardava curioso da dietro il bavero del suo cappottone sdrucito.
La stanchezza era molta, ma l'idea di sprecare in un letto, non frequentato da una bionda polacca, la nostra prima notte di vacanza, ci condusse alla ricerca disperata di un pub dove almeno poter bere qualcosa.
Nel buio pesto che era calato non fu difficile individuare il locale poiché la sua insegna coincideva con l'unica fonte luminosa nel raggio di 5 chilometri.
Da fuori sembrava deserto, ma la porta non era chiusa, anzi era socchiusa il giusto da permettere ad un sottofondo musicale, misto a odore di chiuso, di uscire ad indicarci che forse quel posto poteva non essere male come prima serata.
Entrammo e il locale era effettivamente deserto.
Al bancone però c'era una bionda davvero notevole.
Non ricordo il suo viso, ma ricordo invece l'espressione del dutùr quando la graziosa si protese sul banco per domandargli in polacco cosa bevesse, lasciando sdraiare i suoi pesanti seni sul bancone, non trattenuti da una maglietta, troppo scollata per sorreggere simile forza di gravità.
Nell'imbarazzo più totale ordinammo la prima cosa che ci venne in mente, e cosa poteva essere in polonia?
" Two vodka, please ! "
La bionda tettona sorrise, e finalmente capì che non eravamo autoctoni, così iniziò a rivolgersi a noi, in un inglese che, in confronto quello dello sbirro di Bratislava sembrava di Cambridge, però pronunciato da due labbra così sensuali ,a 10 centimetri dalle nostre orecchie, faceva si che ci si iniziò a capire perfettamente.
L'ora tarda, la stanchezza, la vodka, il vino dell'oste, la bionda, e forse soprattutto le sue tette, fecero si che il dutùr mi chiese se potevo chiedere alla giunonica oste come mai le rare persone che entravano nel locale, invece di fermarsi a bere ai tavoli, salissero tutte su per una scala che non avevamo capito bene dove portasse.
Ordinai una seconda vodka e chiesi spiegazione del dubbio che affliggeva il mio amico.
Primo per evitare in tutti i modi che non passasse una serena notte tormentandosi nel nel letto, poi perchè uno dei miei principi generali, specie quando sono in viaggio è "mai avere rimpianti, meglio un milione di rimorsi".
Così nel mio inglese migliore domandai alla giovenca polacca il perchè della scalinata e soprattutto il perchè tutta la gente, solo maschi, saliva, e sembrava non scendere più, almeno nella mezzora che eravamo li.
Il film Hostel non lo avevano ancora girato, così almeno non venni mai baciato dal dubbio che chi saliva di sopra non sarebbe mai sceso perché fatto a pezzi da miliardari schizzati che pagavano milioni per squartare vive le persone.
(- scusate se forse ho fatto un pò di spoiler- ndr )
" Burdèl " o almeno io capii così, fu la risposta.
Il dottore stava per cadere dallo sgabello quando, ormai con il sangue saturo di testosterone, mi supplicò di chiederle se potevamo scegliere, e pagare direttamente lei, che a noi di chi c'era su dalle scale, dopo aver visto quel ben di dio di mammelle ciondolare mozzarellose sul bancone, non poteva fregar de meno.
Rimanemmo molto delusi dalla risposta negativa della giovane polacca.
La sua missione era ufficialmente quella di servire vodke gelide ai forestieri, fungendo però anche da ottima "esca" per quello che si svolgeva al piano di sopra.
Fu così che ci congedammo da lei e ovviamente salimmo le scale.
La scena che ci si presentò davanti, scostati i terribili tendoni color porpora che dividevano la scalinata dal bordello, fu un classico scenario da scannatoio.
Le ragazze erano solo due, come noi.
Ci sedemmo ad un divanetto e ordinammo una quantità industriale di altre vodke, pagandole con la sovratassa, per assistere alle delizione evoluzioni delle due splendide creature che animavano lo squallido locale.
Non sto a scendere nei dettagli di quello che accadde di li a poco, dirò solo che verso le 6 del mattino, quando il primo sole faceva capolino dietro alle montagne, ferendo come pugnali i nostri occhi, oramai abituati all'oscurità di quello squallido bordello, il nostro pensiero fu quello di tornare a trovare le nostre due amiche tutte le sere fino a quando non avessimo finito tutti i soldi.
Rientrammo in hotel che stavano ormai servendo la prima colazione, doccia, forse un paio d'ore di sonno, poi tornammo dal losco a vedere se potevamo ritirare la macchina in maniera agile o se dovevamo contrattarla con la mafia russa, infine, nuovamente a bordo dell'audi verde bottiglia, che il losco di era fin preso la briga di lavarci, facemmo rotta verso Cracovia, che distava oramai solo 5o chilometri.

2 commenti:

Melina2811 ha detto...

Ciao, dato che domani non penso che avrò la possibilità di usare il computer, comincio da oggi a lasciare qualche augurio di buone fine settimana a tutti. Ricordatevi che questo fine settimana si festeggia anche la festa della mamma, e quindi auguri anche a tutte le mamme. Maria

Anonimo ha detto...

Complimenti fratello, il tuo stile di scrittura è piacevole e divertente, è uno spasso leggerti!