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 Ricettario:

Sospiri di monaca

Non è dato sapere la motivazione dell’insolito nome dato a questi dolci di gusto delicatissimo.
Probabilmente la loro delicatezza ha fatto pensare ai sospiri delle fanciulle, che un tempo venivano costrette dalla famiglia alla monacazione.
E’ dal 1500 che vengono preparati e degustati i Sospiri di Monaca, dolce soave farcito con crema e ricoperto di zucchero fondente. La ricetta antichissima è documentata ai primi del ‘500, quando Aleandro Baldi, un eremita di passaggio, li descrisse nei suoi appunti di viaggio.
Sui sospiri aleggiano due leggende:
- una li collega alle suore di clausura che li inventarono per festeggiare degnamente il matrimonio tra Lucrezia Borgia e il Conte di Conversano;
- l'altra fa derivare i sospiri ad un giovane innamorato che li ideò pensando al seno della donna amata, così morbidi e gonfi da invitare ad un tuffo nella sensualità.

 

Ingredienti per 6 persone:
Per l’impasto:
280 g di farina, 200 g di zucchero, 8 uova, un pizzico di sale.
Per il ripieno:
800 g di ricotta di pecora ben sgocciolata, 250 g di zucchero, un pizzico di vanillina.
Per spolverizzare:
zucchero a velo.

Procedimento:
Preparazione dell’impasto:
In una ciotola sbattere i tuorli con lo zucchero, fino a quando il composto sarà diventato gonfio e spumoso.
Montare a neve fermissima gli albumi, assieme ad un pizzico di sale.
Aggiungere delicatamente la crema di tuorli e zucchero, mescolando con un movimento dal basso verso l’alto per non smontare gli albumi. Unire poi, a poco a poco, la farina, rimestando delicatamente.
Ungere la placca del forno di olio e spolverarla di farina.
Riempire di composto un sac a poche con beccuccio largo e liscio.
Fare dei mucchietti, ben distanziati tra loro, di diametro più o meno grande, a seconda della dimensione del dolce preferita.
Lasciarli riposare per 15 minuti.
Infornarli in forno già caldo a 180°C , fino a quando assumeranno un bel colore dorato (circa 15-20 minuti).
Farli, infine, raffreddare.
Preparazione del ripieno:
Passare a setaccio la ricotta e lavorarla accuratamente con lo zucchero e la vaniglia.
Se l’impasto dovesse risultare eccessivamente duro, aggiungere un po’ di latte.
Lavorare ancora il composto, in modo che gli ingredienti siano perfettamente amalgamati.
Aprire a metà i Sospiri, senza staccarli del tutto.
Farcirli con la crema di ricotta e cospargerli con zucchero a velo

Dito d'Apostolo

 Se in molti oggi trascurano la storia delle paste, difficile è non accorgersi della squisitezza dei dolci, ben presentata dalla sinuosità delle forme e dai colori naturali. Così li vollero Maria “la Cavallara” e Lorenzo il boscaiolo per comunicarsi il loro sentimento d’amore e puntando tutto su di un pasticcere e la sapienza della sua arte.
Erano i tempi della società agricola, vissuta in stretto rapporto con gli affetti e la terra, il mare e il lavoro. Erano tempi in cui il coronamento di un sogno era affidato alle buone parole di un amico e a pizzini d’amore, all’aprirsi e al chiudersi delle finestre o, come in questo caso, ai dolci doni, appositamente ideati.
Le colline che circondano il Borgo ospitavano molti boscaioli locali. I sentimenti non rimanevano a casa e succedeva così che nascesse l’amicizia e l’antipatia, la voglia di partire o di sistemarsi con una ragazza dalla bellezza abbagliante.
La giovane Maria si trovava sull’uscio di casa quando s’imbatté in un fagotto contente un dolce di pan di spagna e zucchero fine, a forma di cannolo siciliano, ripieno di una squisita crema al cacao, leggera, gustosa.
In lontananza un carretto riprendeva il suo viaggio. Maria non conosceva ancora il nome di quel giovane generoso che continuava ad ammirarla con lo sguardo. Più tardi verrà a conoscenza che si trattava di Lorenzo. Maria, sapeva che non sarebbe stato facile rispondere a quel gesto d’amore. C’erano regole da rispettare e un’immagine da tutelare a frenare il pathos dei giovani innamorati. Dopo alcuni giorni, la storia ci riporta a quel pasticcere del Dito d’Apostolo che diventa l’artefice di indimenticabili momenti di piacere. La donna fa richiesta di una piccola torta rotonda, bianca, con al centro una ciliegina; una pasta che, chiede Maria, avrebbe dovuto far sospirare anche una monaca.
“Il dolce me lo manderete con un boscaiolo che lavora da quelle parte”, dice Maria, “…e direte che sono Maria la Cavallara”.
Lorenzo portò a Maria il Sospiro di Monaca e lei non mancò di ringraziarlo per il Dito di Apostolo. Antonio preparò per tante domeniche ancora un Sospiro di Monaca e un Dito di apostolo che Lorenzo portava, in un unico fagotto, all’alba a casa di Maria.
I Sospiri di Monaca e i Diti di Apostolo ebbero nome da quell’arguto dolciere ispirato, si fa per dire e da una prestante contadina.
É sicuro che i Diti di Apostolo ed i Sospiri di Monaca, per chi li riceveva e per chi li donava, portavano una complicità allusiva, spesso significativa.
É un fatto che essi si trascinano, quasi per tradizione, questo alone di malizia tanto che, spesso, andando a comprarli dal dolciere, questi difficilmente rifugge da una domanda tendenziosa seppure discreta.