Allattare in un mondo inquinato

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(Allattare in un mondo inquinato consigli per le mamme a cura di Adriano Cattaneo, Patrizia Gentilini, Paola Negri, Linda Maggiori)
Introduzione
La presenza di diossine e altre sostanze inquinanti (PCB –Policlorobifenili, metalli pesanti come piombo, mercurio e cadmio, pesticidi e ritardanti di fiamma, ecc...) nel latte materno è un tema complesso e delicato per le ansie e i timori che genera. Come può una mamma allattare serenamente se sa che il suo latte è inquinato? C’è il rischio di scoraggiare l’allattamento?
La letteratura scientifica sostiene l’importanza dell’allattamento al seno anche in presenza di contaminanti come quelli citati. I rischi legati all’alimentazione artificiale sono tali che, soppesando costi, rischi e benefici, non è consigliabile interrompere l’allattamento a causa della presenza di inquinanti nel latte materno. L’allattamento al seno, infatti, favorisce e protegge lo sviluppo neuropsicologico e cognitivo anche quando sia stato compromesso dall’esposizione ad inquinanti durante la gravidanza, il periodo della vita nel quale il sistema nervoso cresce maggiormente ed è quindi maggiormente soggetto ad eventuali danni. A parità di contaminazione in utero se la cavano meglio, in termini di sviluppo neuropsicologico e cognitivo, i bambini allattati al seno, soprattutto se a lungo, rispetto a quelli alimentati con formula o in maniera mista[1].
Tuttavia il timore di disincentivare l’allattamento non deve essere un pretesto per ignorare il problema. Occorre invece che le mamme e le associazioni a tutela dell’allattamento ne prendano consapevolezza e chiedano alle istituzioni monitoraggi regolari dei livelli di contaminazione del latte materno e politiche più rispettose dell’ambiente e tali da evitare la formazione di sostanze tossiche.
Diossine: cosa sono?
Le diossine (policloro-dibenzo-p-diossine PCDD e policloro-dibenzofurani PCDF o furani) sono composti chimici formati da carbonio, idrogeno, ossigeno e cloro: si tratta di sottoprodotti non voluti dei processi di combustione di plastiche clorurate o altre sostane organiche, in particolari condizioni di temperatura ed in presenza di cloro, ma possono provenire anche come sottoprodotti da processi di sintesi di pesticidi.
Dove si trovano?
Sono sostanze persistenti, insolubili in acqua e hanno un’elevata affinità per i grassi. Sono inoltre soggette a bioaccumulo e biomagnificazione: vuol dire che persistono nella catena alimentare e si concentrano via via negli organismi viventi, negli animali ed in particolare nell’uomo che ne è all’apice. La loro assunzione avviene per oltre il 90% per via alimentare, specie attraverso alimenti quali pesce, latte, carne, uova e formaggi ad alto contenuto di grassi. Questi inquinanti passano da un territorio all’altro con i venti o le acque, o con la commercializzazione di alimenti inquinati[2].
Chi produce le diossine?
In Italia numerose industrie immettono in ambiente diossine e PCB, in particolare le acciaierie e gli impianti di produzione e lavorazione dei metalli. Uno dei territori più inquinati da diossine è l’area circostante l’acciaieria ILVA di Taranto. Ma consultando il registro europeo sulle sorgenti di diossina appare chiaro che un’altra fonte importante è la combustione di rifiuti urbani, industriali e ospedalieri, responsabile del 64% circa delle emissioni complessive di tali sostanze[3].
In Italia le stime per il calcolo delle diossine emesse si basano sui dati forniti in autocontrollo dai gestori e relativi a 24 ore annuali di analisi eseguite in condizioni di normale attività dell’impianto. È ben noto, tuttavia, che la massima produzione di diossine si ha in presenza di cambiamenti della temperatura di esercizio che le moderne tecnologie non possono evitare. Secondo recenti studi, oltre il 60% della diossina prodotta annualmente si forma nella sola fase di accensione[4]. Inoltre si pone il problema del trasporto e stoccaggio delle ceneri altamente inquinanti dei filtri.
La Conferenza di Stoccolma sui POPs (Persistent Organic Pollutants), che l’Italia ha sottoscritto ma non ha ancora ratificato (unico tra i paesi dell’Unione Europea), impone che sia ridotta quanto più possibile la produzione di diossina come sottoprodotto inevitabile di determinati processi. L’obiettivo è ridurre l’immissione nell’ambiente di queste sostanze dato che, una volta prodotte, è praticamente impossibile eliminarle.
Gli inceneritori di rifiuti e le centrali a biomassa sono sorgenti di diossina del tutto evitabili con adeguate politiche di riduzione e riciclo dei rifiuti.
I PCB: cosa sono?
A differenza delle diossine, i PCB (policlorobifenili) sono prodotti deliberatamente dall’uomo tramite processi industriali. La loro produzione è iniziata negli anni ‘30 ed è perdurata per oltre 50 anni, fino al 1985, quando sono stati ufficialmente banditi stante la loro pericolosità.
Oltre a diossina e PCB, esistono più di 300 sostanze tossiche, di cui molte cancerogene, che possano trovarsi stabilmente nel nostro corpo ed essere, al pari delle diossine e dei PCB, trasferite alla prole; tra queste, mercurio, piombo, nichel, arsenico, cadmio, benzene, idrocarburi policiclici aromatici, pesticidi e ritardanti di fiamma.
Tossicità di diossine e PCB
Diossine e PCB sono sostanze cancerogene e “endocrin disruptor”, ovvero interferenti endocrini, molecole che disturbano funzioni complesse e delicatissime dell’organismo quali quelle immunitarie, endocrine, metaboliche e neuropsichiche. In particolare, risulta essere molto pericolosa l’esposizione durante la vita intrauterina, quando gli inquinanti arrivano all’embrione e al feto interferendo con le fasi più critiche e delicate dello sviluppo sia del sistema nervoso che di altri organi.
Ma non dobbiamo preoccuparci solo degli effetti tossici di dosi massicce, oltre i limiti consentiti: l’esposizione continua, seppure a dosi “minime”, ha effetti a lungo temine non ancora conosciuti, ma non per questo meno temibili[5].
Diossina e PCB in utero e nel latte materno
La diossina e i PCB possono essere trasferiti dalla mamma al piccolo sia durante la gestazione, sia (in misura maggiore) durante l’allattamento. Benché si trasferisca più diossina al neonato tramite l’allattamento che durante la gestazione, (perché il latte contiene più lipidi del sangue placentare e perché l’allattamento può  durare ben oltre 9 mesi), è comunque più pericolosa l’esposizione in utero, anche a minime dosi, di quella via latte materno.
Per i suoi preziosi componenti (nutrienti, enzimi, anticorpi, agenti antinfiammatori, fattori di crescita, ormoni) e per le funzioni regolatrici sul sistema immunitario, neurologico e endocrinologico, il latte materno può essere considerato un fattore di protezione anche e soprattutto in zone inquinate, perché favorisce e protegge lo sviluppo neuropsicologico e cognitivo dei bambini già contaminati in utero. Rimane valida quindi la raccomandazione dell’OMS e del Ministero della Salute di allattare al seno in modo esclusivo fino al sesto mese compiuto, e di continuare ad allattare, con l’aggiunta di altri alimenti, fino ai 2 anni o oltre, ed in ogni caso finché madre e bambino lo desiderano[6].

Ricordiamoci inoltre che anche il latte artificiale può essere contaminato da diossina, e i controlli sono pochi: nel 2009 in Emilia Romagna sono stati eseguiti 13 controlli sul latte di mucca e 2 su latte per l’infanzia; in Toscana, non è stato eseguito nessun controllo su latte di mucca e su latte per l’infanzia[7].
Il latte materno, d’altra parte, rappresenta un materiale particolarmente idoneo per la valutazione dell’inquinamento “in vivo”, perché è agevole da reperire e permette di stimare l’esposizione presente e pregressa di una popolazione. Questo significa che il latte materno è un indicatore del tipo e della concentrazione di sostanze inquinanti che si trovano nell’organismo delle persone che vivono in una data zona, il cosiddetto “body burden”. Grazie alle misure di controllo messe in atto dopo l’entrata in vigore, nel 2004, della Convenzione di Stoccolma (che l’Italia non ha ratificato), i livelli di contaminazione del latte materno stanno diminuendo in Europa, ma mancano studi su vasta scala sulla situazione nel nostro paese, sia dal punto di vista geografico che temporale[8]. In carenza di adeguate informazioni da parte delle istituzioni preposte, i cittadini si organizzano in comitati spontanei (come a Montale, Taranto, Brescia, Forlì) e spesso provvedono con propri fondi all’esecuzione di analisi e controlli. Le analisi su campioni raccolti in Italia, in zone vicine ad inceneritori o acciaierie, segnalano un preoccupante livello di diossina nel latte materno: un lattante di 5 kg può trovarsi ad assumere da 18 a 80 o perfino da 240 fino a quasi 1200 pg/kg/die di diossine (invece dei 2 pg/kg/die raccomandati come massimi livelli da OMS ed Unione Europea per gli adulti), a seconda che risieda in una zona rurale, a Montale, a Taranto o a Brescia[9].
Occorre un monitoraggio continuo e indipendente su campioni di latte materno e sul sangue del cordone ombelicale, anche per evitare che l’assenza di dati certi possa ingenerare un allarme incontrollato e disincentivare l’allattamento al seno. Le mamme che allattano, e più in generale le donne in età fertile, se correttamente informate sui possibili danni al feto e al lattante, sono le persone più interessate a far pressione perché diminuisca l’inquinamento ambientale da diossina ed altre sostanze. Un serio monitoraggio sui livelli di diossina nel latte materno è uno strumento importante di lotta contro l’inquinamento ed allo stesso tempo può essere uno strumento di protezione dell’allattamento al seno.
Consigli alle mamme
  1. Consuma cibi genuini, freschi e se possibile prodotti lontano da siti industriali, discariche e inceneritori e senza utilizzo di prodotti chimici, se possibile biologico.
  2. Limita il consumo di carni, pesce, uova, latte, (essendo all’apice della catena alimentare, sono i più contaminati) e cerca di eliminare il grasso della carne, dove si concentrano inquinanti liposolubili come la diossina.
  3. Preferisci carni e uova biologiche, allevati lontano da inceneritori, cementifici, industrie metallurgiche, acciaierie ed insediamenti industriali in genere.
  4. Preferisci pesci piccoli (quelli più grandi sono all’apice della catena alimentare), in particolare il pesce azzurro (ricco di sostanze benefiche per la salute della donna in gravidanza e del feto).
  5. Preferisci frutta e verdura biologica. Se non è possibile, lava bene e togli la buccia.
  6. Evita bruschi cambiamenti di peso, come ingrassare troppo durante la gravidanza e diete dimagranti dopo il parto, che immettano nel sangue all’improvviso maggiori quantità di fattori inquinanti liposolubili, come i PCB.
  7. Evita di fumare sigarette e di bere alcool poiché i livelli dei fattori inquinanti più elevati sono stati rilevati nelle persone che fumano.
  8. Evita l’uso di pesticidi (insetticidi, diserbanti, fungicidi, ecc.) e di sostanze chimiche in generale, in casa, nel giardino e sull’erba.
  9. Non utilizzare cosmetici realizzati con materie prime contaminate. Per lenire eventualmente capezzoli dolenti o il dolore da ragadi durante l’allattamento, utilizza soltanto lanolina di qualità medica.
  10. Fai attenzione ai prodotti che si utilizzano per la pulizia della casa, il bucato, l’igiene personale: ricorda che aceto, bicarbonato, acido citrico, sapone naturale  ecc. possono evitare grandemente  l’utilizzo di prodotti chimici.
Conclusioni
IBFAN Italia e Mami condividono e sostengono pienamente il lavoro di denuncia e ricerca di tanti medici ed operatori sanitari, in particolare quelli appartenenti all’associazione International Society of Doctors for the Environment (ISDE)[11]. Crediamo che la protezione dell’allattamento passi anche dal rispetto e dalla tutela dell’ambiente che ci circonda. Per questo, oltre a sensibilizzare le mamme ad adottare stili di vita salutari e poco inquinanti, siamo pienamente d’accordo con ISDE e con Associazioni e Comitati di mamme e Cittadini indipendenti nel chiedere alle istituzioni che:
  1. Sia effettuato un biomonitoraggio regolare e indipendente per la presenza di diossina ed altre sostanze inquinanti, sia sul latte materno che sul sangue del cordone ombelicale, per un’accurata sorveglianza dello stato di salute complessivo della popolazione infantile.
  2. Siano messe al bando pratiche altamente inquinanti, oltre che illogiche quali l’incenerimento di rifiuti, biomasse e quant’altro, che una volta avviate ostacolano il diffondersi di pratiche virtuose quali la riduzione, il recupero e il riciclo dei rifiuti[12].
  3. Siano diffuse pratiche virtuose quali la riduzione, il recupero e il riciclo dei rifiuti.
  4. Siano imposti vincoli normativi ben più rigidi ad impianti produttivi realisticamente non eliminabili almeno per l’immediato, come ad esempio le acciaierie, sia in ordine all’entità delle emissioni che alla loro localizzazione nei pressi di centri abitati e/o di territori in cui si pratica l’allevamento di bestiame, pesci e molluschi, per l’elevato rischio di contaminazione delle catene alimentari[13].
  5. Sia ratificata la Convenzione di Stoccolma sui POP’s[14].
LETTURE E LINK CONSIGLIATI
Allattamento al seno:

Linee di indirizzo nazionali sulla protezione, la promozione ed il sostegno dell’allattamento al seno. Gazzetta Ufficiale N.32 del 7 Febbraio 2008

Studi su diossina, PCB e latte materno:

P. Gentilini, A.M. Moschetti, E. Burgio, , S.Raccanelli, M. Bolognini, A.Cattaneo. Xenobiotici nel latte materno, il caso delle diossine, Il Cesalpino, Rivista medico-scientifica dell’Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri della Provincia di Arezzo, 2010 n. 26, pag 15-22.

P. Gentilini, Diossina nel latte delle madri, in Europa, in Italia e a Taranto, quali sono i rischi e come  possiamo difenderci dalla contaminazione?
Giornate di studio su Inquinamento e salute Ordine Medici chirurgi e odontoiatri, provincia di Taranto, Taranto 22 gennaio 2011

G. Calamandrei, Xenobiotici nel latte ed attività neuroendocrina, Istituto superiore della sanità, Roma , 21-22 giugno 2007

Primavera G., Contaminanti chimici nel latte materno, XXII Congresso Nazionale ACP Palermo,

Tomatis L. Prenatal exposure to chemical carcinogens and its effect on subsequent generations. Natl Cancer Inst Monogr 1979;51:159-84.

Betty Crase,”Pesticidi e allattamento al seno”  Leaven  vol.30 n.3, pp. 37-40 maggio 1994

Analisi su campioni biologici (polli, uova, latte materno) condotta a Coriano (FO) dall’ISDE Associazione Medici per l’Ambiente www.isde.it ;
per una rassegna stampa vedi anche su Corriere Romagna, Resto del Carlino, La voce del 20 aprile 2011. Comunicato stampa Ausl Arpa Forlì, 22-04-2011. Risposta dell’ISDE al Comunicato Arpa Ausl, 23-04-2011

Unione Europea e rifiuti:

Direttiva 2008/98/CE,  la Direttiva antepone la prevenzione al riutilizzo, al riciclaggio e alle altre modalità di recupero, relegando in fondo alla scala sistemi di smaltimento quali la messa in discarica.

Relazione 19 gennaio 2011 della Commissione Europea sulla riduzione  e riciclaggio dei rifiuti da parte degli Stati membri: http://ec.europa.eu/environment/waste/strategy.htm

Conferenza Stoccolma sui Persistent Organic Pollutants, maggio 2001. www.pops.int

United Nations, “Regional monitoring reports under the global monitoring plan for effectiveness evaluation: additional human tissue data from
the human milk survey”, 23 Febbraio 2011, Conference of the Parties to the Stockholm Convention on Persistent Organic Pollutants Fifth meeting

Buone pratiche:

Coordinamento GCR Parma, “L’alternativa c’è. Progetto alternativo per la gestione dei rifiuti” scaricabile su http://gestionecorrettarifiuti.it/no-inceneritore/alternative.html


Centro Riciclo Vedelago: http://www.centroriciclo.com/: in questo centro è stata messa a punto la sperimentazione dell’”estrusore”, che trasforma a freddo il materiale secco non riciclabile per ricavarne sabbia sintetica inerte e non inquinante da utilizzare nei calcestruzzi.

Rete Nazionale Rifiuti Zero: http://www.rifiutizerocapannori.it/, tra i suoi maggiori ideatori Paul Connett, professore della St. Lawrence Universty di Canton.



[1] Mead MN. Contaminants in human milk: weighing the risks against the benefits of breastfeeding. Environ Health Perspect 2008;116:A427-A434.
[2] P. Gentilini, A.M. Moschetti, E. Burgio, , S.Raccanelli, M. Bolognini, A.Cattaneo. Xenobiotici nel latte materno, il caso delle diossine, Il Cesalpino, Rivista medico-scientifica dell’Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri della Provincia di Arezzo, 2010 n. 26, pag 15-22.
[4] Wang LC, Hsi HC, Chang JE et al. Influence of start-up on PCDD/F emission of incinerators. Chemosphere 2007;67:1346-53.
[5] Tomatis L. Prenatal exposure to chemical carcinogens and its effect on subsequent generations. Natl Cancer Inst Monogr 1979;51:159-84.
[6] Linee di indirizzo nazionali sulla protezione, la promozione ed il sostegno dell’allattamento al seno. Gazzetta Ufficiale N.32 del 7 Febbraio 2008
[7] Comunicazione del Dott. Diegoli, veterinario della regione Emilia Romagna nel 2009.
[9] Vedi nota 2
[10] Betty Crase, Leaven  vol.30 n.3, pp. 37-40 maggio 1994
[13] P. Gentilini, A.M. Moschetti, E. Burgio, , S.Raccanelli, M. Bolognini, A.Cattaneo. Xenobiotici nel latte materno, il caso delle diossine, Il Cesalpino, Rivista medico-scientifica dell’Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri della Provincia di Arezzo, 2010 n. 26, pag 15-22.