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Appia

Dopo aver lanciato il modello Aurelia in sostituzione dell’Aprilia, l’ufficio progettazione dell’azienda torinese mette allo studio il modello destinato a rimpiazzare l'Ardea, che ormai comincia a sentire il peso degli anni. Già nel progetto iniziale, la nuova vettura ha una linea molto somigliante a quella della sorella maggiore Aurelia.
Si ripete così quanto accaduto nell'anteguerra con la Ardea e la Aprilia, la prima essendo una copia in scala ridotta della seconda. In sede sperimentale il motore ha la stessa cilindrata dell'Ardea (903 cc) ma una struttura diversa, con due alberi a camme nel basamento e testa in alluminio con sedi valvole riportate. I due alberi a camme (mossi da una catena silenziosa con tenditore idraulico automatico funzionante con la pressione del motore) comandano ognuno le valvole esterne della propria fila e quelle interne della fila opposta. Il sistema, in effetti un po' complesso, comporta qualche difficoltà di messa a punto per via della disposizione delle aste di distribuzione. Considerato il limitato interasse tra i cilindri, si opta per un albero motore poggiante su due soli supporti. Attraverso fasi intermedie (955 e 987 cc) si giunge poi -all'inizio del '53- alla cilindrata definitiva, che sfiora i 1100 cc.
La nuova vettura - battezzata Appia - viene presentata al Salone di Torino dell'aprile '53. Sua più diretta concorrente è la nuova Fiat 1100 modello 103, immessa sul mercato qualche settimana prima: la differenza di prezzo tra le due è però abissale, visto che la Fiat viene proposta a 975.000 lire (addirittura 945.000 nella versione "economica") mentre la nuova piccola Lancia costa di 1.331.500 lire. Giustificano solo in parte tale differenza le soluzioni tecniche molto sofisticate (cilindri a V stretto, due alberi a camme nel basamento, valvole in testa inclinate con sedi riportate, camere di scoppio emisferiche, testa in alluminio) ed una maggiore accuratezza di costruzione della carrozzeria.
Negli anni'50, abbandonati ormai i nomi delle città laziali (Aprilia, Ardea), la Lancia prosegue la via intrapresa con la Aurelia e designa il nuovo modello con il nome di un'altra notissima strada consolare romana cioè "Appia".

La prima serie

Nel novembre del
La nuova "piccola" di casa Lancia - battezzata Appia in armonia con la serie di modelli individuati con il nome di strade consolari italiane (serie aperta con l'Aurelia) - viene presentata al XXXV Salone dell'automobile di Torino inauguratosi il 22 aprile 1953. Sua più diretta concorrente è la nuova Fiat 1100 modello 103 immessa sul mercato qualche settimana prima: la differenza di prezzo tra le due è però molta, visto che la Fiat viene proposta a 975.000 Lire (addirittura 945.000 Lire nella versione "economica") mentre la nuova Lancia costa la bellezza di 1.331.500 Lire. Giustificano solo in parte tale differenza le soluzioni tecniche piuttosto sofisticate ed una pretesa maggiore accuratezza di costruzione della carrozzeria.
Il motore dell'Appia è un 4 cilindri a V stretto con misure di alesaggio e corsa dei pistoni identiche a quelle del modello Fiat per una cilindrata totale di cm3 1089,51.
La disposizione dei gruppi meccanici è quella classica del periodo, con gruppo motore, frizione e cambio (in blocco) in posizione anteriore e trazione sulle ruote posteriori. La frizione è monodisco a secco. Il cambio è di tipo normale (albero secondario ed ingranaggi sempre in presa) e dispone di quattro rapporti avanti più la retromarcia, con le tre marce superiori sincronizzate. La quarta marcia è in "presa diretta". Il comando è mediante leva al volante, ma la posizione delle varie marce è diversa rispetto a quella prevista in tutte le altre più note vetture del periodo. L'albero di trasmissione è unico (non sdoppiato).
L'abitacolo dell'Appia prima serie berlina: da notare le due poltroncine dei posti anteriori
La scocca dell'Appia è del tipo portante, la sospensione anteriore è del tipo classico Lancia a ruote indipendenti; posteriormente, invece, troviamo un più classico assale rigido.
Anche l'impianto frenante non presenta caratteristiche particolari: il sistema presenta freni a tamburo mentre il freno di stazionamentoagisce sulle ruote posteriori.
La posizione di guida è a destra (a sinistra solo su richiesta).
Le dimensioni dell'Appia prima serie sono: passo cm 248,00; carreggiata anteriore cm 117,8; carreggiata posteriore cm 118,2; la carrozzeria, a 4 porte, ha una lunghezza di cm 386,5 ed una larghezza di cm 142,0; la vettura, scarica, è alta cm 142,2; il diametro di sterzata è inferiore ai 10 metri (mt 9,70 dichiarati); il peso in ordine di marcia è di kg 820 (quello massimo ammesso è di kg 1160). Il serbatoio del carburante ha una capacità di 38 litri.
Le prestazioni dichiarate dalla Lancia per l'Appia sono di una velocità massima 120 km/h e un consumo secondo norme CUNA di 8 litri 100 chilometri (12,5 chilometri con un litro).
Il successo di questa prima serie Appia - costruita in appena 20.025 esemplari - non è eccezionale: la Fiat 1100-103 è una concorrente davvero forte e, nel 1955, sul mercato si affaccia la berlina Giulietta dell'Alfa Romeo che offre, a parità di prezzo, prestazioni su strada decisamente superiori.

- motore: anteriore a 4 cilindri a V di 1089,51 cm3, potenza 38 HP a 4400-4600 giri, valvole in testa;
- carrozzeria: berlina 4 porte, 4 luci, 4 posti, scocca portante, sospensione anteriore ruote indipendenti, sospensione posteriore ad assale rigido;
- trasmissione: con trazione alle ruote posteriori, cambio a 4 rapporti+retromarcia;
- dimensioni e peso: passo cm 248 - lunghezza cm 386,5 - larghezza cm 142 - peso in ordine di marcia kg 820;
- velocità max: km/h 120

La seconda serie

Nel novembre del
La prima realizzazione del professor Antonio Fessia, entrato in servizio presso la casa torinese nei primi mesi del 1955, è una edizione aggiornata e migliorata del modello Appia: la seconda serie. Questa nuova serie viene presentata a sorpresa al Salone di Ginevra nel marzo del 1956.
Nessuna notizia trapela prima del debutto ufficiale grazie al fatto che i dirigenti Lancia dislocano i tecnici in locali distaccati riuscendo così ad evitare il filtrare di indiscrezioni, sempre controproducenti ai fini commerciali. Per realizzare il prototipo ci si rivolge ad una piccola carrozzeria i cui tre operai mai immaginano di star lavorando alla creazione di una nuova Lancia. Anche per i pezzi e le parti staccate, si ricorre a carrozzieri amici esterni, chiedendo loro di inoltrare le ordinazioni senza far apparire il nome Lancia.
Tenendo conto delle richieste e lamentele della clientela e delle esperienze maturate nei primi tre anni, la nuova Appia presenta modifiche di non poco conto, tanto all’estetica quanto alla meccanica.
Il motore – di cilindrata immutata – eroga una potenza di 43,5 HP a 4800 giri/minuto (contro i 38 precedenti) e dispone di una coppia massima di kgm 7,8 a 3000 giri/minuto (anziché 7,2) malgrado una lieve riduzione del rapporto di compressione (da 7,4:1 a 7,2:1) grazie ad una nuova fusione della testata e ad una diversa disposizione del cinematismo della distribuzione (con steli valvole tutti di uguale lunghezza e con nuove molle). Nell’alimentazione, troviamo un nuovo carburatore con pompetta di ripresa.
Il cambio presenta nuove fusioni esterne e nuovi rapporti ma, soprattutto, la posizione dell’inserimento delle marce è ora modificata e resa conforme a quella utilizzata da tutte le principali case europee. La frizione è rafforzata. Il rapporto finale di riduzione passa da 4,556:1 (9/41) a 4,222:1 (9/38) . Lo sterzo (che ora ha la guida a sinistra mentre quella a destra è disponibile solo su richiesta), presenta migliorie alla tiranteria. Modificati anche i freni, che hanno tamburi anteriori in alluminio con fascia interna riportata in ghisa.
Le variazioni più “evidenti” riguardano però naturalmente la carrozzeria, dove si nota immediatamente la nuova coda, caratterizzata da due pinne arrotondate e da un baule-bagagliaio ampliato, che conferiscono alla vettura la fisionomia di una vera “tre volumi”. Tutto il corpo vettura subisce dei miglioramenti: incrementata la capienza del vano bagagli (che ora ha la serratura sul pulsante d’apertura e l’interno foderato) , ampliato sensibilmente il lunotto, rinnovata tutta la fanaleria, montati nuovi paraurti in acciaio inossidabile (muniti di rostri) e nuovi cerchi e coppe ruote in acciaio inossidabile, aggiunti profili lucidi agli sgocciolatoi, alle cornici del parabrezza e del lunotto ed alla base della fiancata, montate nuove maniglie esterne alle portiere, in ottone cromato. Il serbatoio del carburante, spostato sulla fiancata destra, ha un bocchettone protetto da un piccolo sportello con serratura.
Passando all’esame dell’abitacolo, si osserva che plancia, volante, strumentazione e selleria sono state rinnovate e decisamente migliorate anche in virtù dell’impiego di materiali di qualità più elevata. La strumentazione (ora a due strumenti circolari affiancati) è molto più elegante, il volante è in plastica nera ed è dotato di avvisatore acustico a settore semicircolare inferiore, l’avviamento del motore avviene ora con la stessa chiave quadro, il comando degli indicatori di direzione avviene ora tramite la levetta a sinistra del volante (che comanda comunque anche le luci).
Tra gli accessori, si notano: l’illuminazione interna automatica all’apertura dell portiera del guidatore, l’aggiunta dello spruzzatore lavaparabrezza e la modifica dello specchietto retrovisore interno, che ora ha due posizioni. Per finire, una variazione non da tutti apprezzata: l’adozione del sedile anteriore a panchina unica in luogo delle due pltroncine. Le dimensioni d’ingombro sono leggermente maggiori, il passo aumenta di cm 3 (da cm 248 a cm 251) la lunghezza è ora di cm 401 anziché 387,7 mentre la larghezza passa da cm 142 a cm 148,5. L’altezza della vettura scende invece da cm 142,2 a cm 140 anche perché diminuisce il valore dell’altezza minima da terra (da cm 16 a cm 14). Il peso della vettura sale a 900 kg anche perché l’impiego dell’alluminio è ora limitato al cofano motore ed alle porte. Migliorano infine le prestazioni: l’accelerazione è più vivace, la velocità massima passa da 120 a 128 km all’ora ed il consumo è invariato. Anche iI prezzo di listino rimane immutato, ed è, al momento del lancio, di lire 1.328.600.
Finiture tali da accontentare anche il più severo tra i “lancisti” e affidabilità da primato (la prova di resistenza su oltre 160.000 chilometri cui la già diffusissima, celebre e quotata rivista “Quattroruote” sottopone una normale berlina di serie, ne è la conferma migliore, ma di questo tratteremo più diffusamente alla voce “prove su strada”) sono i punti di forza su cui poggia il successo di questa Appia: un successo che non trova riscontro nel numero di unità vendute (poco più di 22.000) anche a causa del fatto che la fabbrica – alle prese con problemi finanziari ed organizzativi – non risce a far fronte agli ordini con la necessaria tempestività.
La berlina seconda serie viene anche allestita, sia pure in quantità estremamente limitata, nella versione per l’esportazione negli Stati Uniti, riconoscibile per una fanaleria lievemente modificata e per il montaggio di paraurti più robusti e con rostri di foggia diversa.

- motore: anteriore a 4 cilindri a V di 1089,51 cm3, potenza 43,5 HP a 4800 giri, valvole in testa;
- carrozzeria: berlina 4 porte, 4 luci, 4/5 posti, scocca portante, sospensione anteriore ruote indipendenti, sospensione posteriore ad assale rigido;
- trasmissione: con trazione alle ruote posteriori, cambio a 4 rapporti+retromarcia ;
- dimensioni e peso: passo cm 251 - lunghezza cm 401 - larghezza cm 148,5 - peso in ordine di marcia kg 900;
- velocità max: km/h 128

Come già la “prima serie”, anche questa “seconda serie” è oggetto, nel triennio di vita (1956/1959) di innumerevoli aggiornamenti: tra i tanti, si segnalano quelli, numerosi, apportati nell’estate del 1957 ad alcuni particolari più visibili: aggiunta del termometro acqua alla strumentazione (strumento di sinistra), di braccioli alle portiere posteriori e di vani portaoggetti ai fianchi pedane, sostituzione dell’unico portacenere centrale con due piccoli circolari ai due lati della plancia (al posto del precedente portacenere c’è un coperchio con la scritta “Lancia” che copre il vano per l’eventuale autoradio). Altre modifiche: miglioramenti all’impianto di aerazione e riscaldamento dell’abitacolo, aggiunta di un giunto elastico alla scatola dello sterzo e di guarnizioni in gomma allo snodo della leva del cambio, onde evitare colamenti di grasso. Vengono anche adottati cerchi ruota con tallone senza risvolto e viene modificata la pompa dell’acqua. Esteriromente, la sola modifica riguarda la eliminazione della luce rossa sotto la scritta “Appia” sopra la targa posteriore, sostituita da un pannello cromato di identica forma e con la scritta “Appia” in ottone.
Alla fine del 1958 la Lancia introduce la possibilità di applicare la frizione automatica Saxomat ai modelli Flaminia ed Appia: è però da escludere che siano state vendute Appia seconda serie equipaggiate con questo automatismo, poiché il montaggio è previsto per l’aprile 1959, quando sul mercato è già stata immessa la “terza serie”.
Malgrado le vendite di questa seconda serie non mostrino alcun sintomo di rallentamento, al Salone di Ginevra del marzo 1959 – a tre anni esatti dalla nascita – la seconda serie lascia il posto alla nuova terza serie, una berlina la cui linea farà discutere.

La terza serie

Nel novembre del
Benché le vendite della seconda serie non mostrino sintomi di cedimento, quindi un po’ inaspettatamente, la Lancia espone al Salone dell’Automobile di Ginevra del marzo 1959 la terza serie dell’Appia.
La differenza più appariscente – che sconcerta e fa discutere gli addetti ai lavori ed i lancisti – sta nella linea della carrozzeria (sempre dovuta al designer Piero Castagnero, già autore della seconda serie) linea che, alternando parti arrotondate ad altre più tese e squadrate, risulta forse più moderna della serie precedente ma sicuramente è disarmonica. Anzitutto viene abbandonata la maschera a scudetto per una presa d’aria a sviluppo orizzontale di forma trapezoidale (somigliante a quella della Flaminia e delle “sorelle” Appia Coupé Pininfarina e Convertibile Vignale). Altre differenze di carrozzeria sono l’abbassamento del profilo del cofano motore, la modifica dei parafanghi posteriori (ora con rilievo più accentuato), la rinnovata forma dei paraurti (a lama squadrata) ed i nuovi gruppi ottici (di dimensioni più generose e, posteriormente, di forma più squadrata). Anche la zona della targa posteriore è oggetto di variazioni: la luce per l’illuminazione della targa è spostata sul paraurtiil e, di conseguenza, un nuovo profilo - con la ascritta Appia in corsivo - sovrasta la targa stessa. Una piccola “chicca”: la modanatura cromata che corre al centro del cofano motore reca, in punta, una lettera “A” in ottone. La gamma colori comprende ora anche alcune tinte metallizzate. All’interno viene aumentato lo spazio utile per i passeggeri (grazie ad una sistemazione “incassata” dei rivestimenti delle portiere) ed abbassato di 2 centimetri il sedile anteriore. Tra le altre modifiche minori vanno annoverati il potenziamento dell’impianto di riscaldamento, il montaggio del cosiddetto “specchietto di cortesia” sul retro della aletta parasole del passeggero, la nuova imbottitura delle citate alette parasole, e, al cruscotto, un diverso disegno del coperchio del vano per l’inserimento dell’eventuale autoradio. A proposito di autoradio: è anche possibile montare un nuovo ed originale apparecchio radio a transistor (Voxson tipo “Vanguard”) sprovvisto della solita antenna ed incorporato nello specchietto retrovisore. All’elenco degli optionals disponibili si aggiunge la frizione automatica Saxomat (90.000 lire il sovrapprezzo) e l’interno in pelle (già previsto per le ultime “seconda serie”): c’è da rilevare tuttavia che probabilmente la disponibilità della frizione automatica è rimasta a livello teorico in quanto pare non sia mai stata effettivamente montata su esemplari di Appia.
Anche la meccanica subisce a sua volta parecchi interventi: la potenza del motore, grazie anche all’aumento del valore del rapporto di compressione (da 7,2:1 a 7,8:1) sale a 48 HP, mentre la testa, la distribuzione, l’alimentazione ed il sistema di raffreddamento vengono lievemente modificati. Il ponte posteriore ha un nuovo rapporto di 4,182:1 (11/46). Le ruote hanno un diametro inferiore e gli pneumatici hanno nuove misure (155 × 14 in luogo dei 155 × 15 precedenti). L’impianto frenante appare migliorato grazie ai nuovi tamburi anteriori doppio-avvolgenti. Modesto l’incremento delle prestazioni, con la velocità massima che passa da 128 a 132 km orari.
Rinnovata la gamma colori, che comprende anche tre vernici metallizzate (verde medio, celeste e grigio chiaro): altri colori si sono aggiunti successivamente e tra questi va segnalato un originale ma vistoso "oro Longchamps".

- motore: anteriore a 4 cilindri a V di 1089,51 cm3, potenza 48 HP a 4900 giri, valvole in testa;
- carrozzeria: berlina 4 porte, 4 luci, 4/5 posti, scocca portante, sospensione anteriore ruote indipendenti, sospensione posteriore ad assale rigido;
- trasmissione: con trazione alle ruote posteriori, cambio a 4 rapporti+retromarcia ;
- dimensioni e peso: passo cm 251 - lunghezza cm 402,2 - larghezza cm 148,0 - peso in ordine di marcia kg 960;
- velocità max: km/h 132.

A meno di un anno dall’uscita, agli inizi delì’60, la terza serie è oggetto delle prime variazioni di rilievo: l’adozione del circuito frenante sdoppiato tipo “Duplex” (esattamente dalla vettura n° 58778), una modifica ai mozzi delle ruote (le cui guarnizioni difettavano di tenuta provocando pedite d’olio) e la aggiunta dei ripetitori laterali indicatori di direzione (di forma rettangolare) in ossequio alle nuove norme del Codice della strada.
Sul finire del 1960, dalla lista degli optionals sparisce la frizione automatica Saxomat – che, probabilmente mai montata sull’Appia, neppure sulla grossa Flaminia ha avuto la diffusione ipotizzata data anche l’avversione dei guidatori italiani per gli automatismi – ma, per contro, si può avere il sedile anteriore con schienale ribaltabile. Dall’ottobre del 1961 si rileva il montaggio di un nuovo tipo di candele, le Marelli CW 225 L.
Nel 1961 la domanda di Appia inizia ad affievolirsi, nel 1962 la discesa si accentua: gli anni cominciano a pesare, la concorrenza è agguerrita ed ormai - grazie al Mercato Comune Europeo – non è più limitata alle “solite” Fiat ed Alfa Romeo ma proviene anche dalle marche estere, francesi e tedesche soprattutto. L’erede è comunque alle porte: nel mese di aprile del 1963 esce infatti la “Fulvia”, una “tutto-avanti” destinata a far strada, specie nella quasi mitica versione “Coupé”.

Lancia Appia derivate e speciali

Visto l'interesse mostrato dai carrozzieri, la Casa torinese mette a loro disposizione ulteriori pianali sui quali Pininfarina e Vignale preparano rispettivamente un bel coupé assai lussuoso ed una cabriolet, che saranno esposte al Salone di Ginevra del marzo '57 e che troviamo inserite nel listino Lancia qualche mese dopo.

Altra versione derivata dall'Appia e commercializzata dalla stessa Lancia è la "Lusso" di Vignale, una quattro posti uscita a fine '58 ma in pratica venduta per un solo anno (1960). Al Salone di Ginevra del marzo '59, esce la terza serie dell'Appia, la cui differenza più appariscente sta nel "muso" della vettura, la cui mascherina abbandona la forma a scudetto in favore di una presa d'aria orizzontale somigliante a quella della Flaminia: tra le molte migliorie meccaniche, da citare l'aumento di potenza e prestazioni (48 hp, 132 km/h).
Tra il 1959 ed il 1961, le parti meccaniche dell'Appia (in particolare il propulsore) vengono utilizzate da alcuni piccoli costruttori artigianali italiani per la realizzazione di monoposto della Formula Junior, una interessante categoria di macchine da corsa dal prezzo accessibile creata alla fine degli anni'50.

Con l'avvento della terza serie, nasce un nuovo furgone leggero a guida avanzata, il "Jolly", che sancisce la sparizione delle Appia in versione Furgoncino e Camioncino, mentre tutte le altre versioni "derivate" vengono a loro volta aggiornate, anche se si tratta comunque di modifiche di lieve entità che interessano praticamente la sola parte meccanica.

Al Salone di Torino dell'autunno 1959 viene esposta, come "novità" Appia, la Giardinetta di Viotti (la station wagon dell'epoca), che sarà immessa sul mercato qualche mese dopo.

L'ultima nuova Appia esce nel 1961, quando Zagato presenta la versione "Sport" caratterizzata dal passo accorciato. Poi, nel 1963, all'Appia succederà la Fulvia.

Fonte: Wikipedia