Adozione e Scuola

martedì 21 aprile 2009

Gruppo "Adozione e scuola" 6° incontro (17/04/09)

Il tema oggetto di riflessione in questo incontro è stato "LE DIFFICOLTA’ SCOLASTICHE DEI BAMBINI E RAGAZZI ADOTTATI".

Testi di riferimento:

1993, Newton Verrier N., Difficoltà a scuola, in “La ferita primaria. Comprendere il bambino adottato”, Il Saggiatore, Milano 2007, pp. 179-181
2003, Dell'Antonio A., Il bambino a scuola: realtà, rappresentazioni, prospettive, in Commissione per le adozioni internazionali, “L'inserimento scolastico dei minori stranieri adottati”, Istituto Degli Innocenti, Firenze, pp. 70-84
2007, Chistolini M. e al., Le difficoltà del bambino adottato a scuola, in “Scuola e adozione. Linee guida e strumenti per operatori, insegnanti, genitori”, Franco Angeli, Milano
2007, Fontani S., Adozione e difficoltà di apprendimento, in Bandini G. (a cura di), “Adozione e formazione. Guida pedagogica per genitori, insegnanti, educatori”, Edizioni ETS, Pisa, pp. 213-231
2007, Guerrini A., Odorisio M.L., Quando ci sono delle difficoltà, in “A scuola di adozione. Piccole strategie di accoglienza”, Edizioni ETS, Pisa, pp. 51-62 .

Aspetti approfonditi:

1 - I BAMBINI ADOTTATI HANNO PROBLEMI A SCUOLA?
Sì, l’adozione sembra essere un fattore di rischio verso un buon adattamento scolastico, sia sul versante relazionale che su quello dell’apprendimento.
Fattori di disagio specifici che possono rendere accidentato il percorso scolastico sono, infatti, in media più presenti che nei coetanei non adottati, anche se molti ragazzi adottati hanno percorsi scolastici positivi e anche se gli eventuali problemi variano per intensità e qualità.
Si possono incontrare:
· problemi di apprendimento
· difficoltà in alcune materie
· intemperanze comportamentali
· difficoltà a rispettare le regole
Tuttavia, nonostante le difficoltà incontrate nel percorso di studio, una percentuale elevata di ragazzi adottati raggiunge risultati finali apprezzabili (diploma, laurea), probabilmente grazie all’attenzione e alla cura dei genitori nel seguire il loro percorso scolastico.
Tale evidenza pone però un interrogativo: si tratta di genitori che sostengono in modo ottimale i figli, o che invece investono troppo nel loro successo scolastico?

2 - CHE ORIGINE HANNO I DISTURBI DI APPRENDIMENTO DEI BAMBINI ADOTTATI? DERIVANO DALLA BIOLOGIA O DALLE VICENDE DI VITA?
E' possibile che i bambini adottati soffrano di disturbi specifici di apprendimento dovuti a danni biologici pre e post natali:
- alcolismo, tossicodipendenza, scarsità di controlli medici delle madri in gravidanza;
- alimentazione insufficiente o scorretta nella prima infanzia, incidenza di patologie da noi scomparse o facilmente curabili, carenze affettive nella prima infanzia.
Tuttavia nella maggioranza dei casi le difficoltà di apprendimento sono dovute alla complessa vita interiore dei bambini e ragazzi adottati.
Lo sviluppo di un bambino adottato può essere dominato da un senso di vuoto e di non appartenenza e da una grande fatica emotiva. Egli ha infatti la necessità di rielaborare l'esperienza traumatica originaria, collocarla nel tempo, riconoscerne l'origine esterna (fare una corretta attribuzione delle cause dell'abbandono) per abbandonare la concezione di sé come persona non degna di amore.
I sintomi psicosomatici, i sintomi collegati alla sfera iperattiva, le difficoltà di apprendimento e adattamento scolastico sono espressione di questa fatica che lascia poco spazio per gli investimenti cognitivi.

3 - PERCHE' IMPARARE PUO' ESSERE DIFFICILE?
Per poter apprendere è necessario avere dentro di sé uno spazio tranquillo e sicuro dove immagazzinare ed elaborare le nuove conoscenze. L'ansia impedisce la concentrazione e la ritenzione.
E' necessario avere una buona sicurezza di sé per potersi dedicare a osservare, ascoltare, raccontare.
Bisogna essere in grado di stare un po’ da soli con se stessi, mentre spesso i bambini adottati sono attraversati da un'inquietudine diffusa. Per loro il silenzio e la concentrazione possono essere sinonimi di vuoto e solitudine, per cui qualsiasi comportamento è meglio che star soli con se stessi, perché essere soli significa abbandono.
Anche l'iperstimolazione cognitiva a cui i bambini adottati sono sottoposti per gli enormi cambiamenti delle loro condizioni di vita può sottrarre energie all'apprendimento scolastico

4 - EFFETTI DELLA DEPRIVAZIONE AFFETTIVA
Cfr. Spitz - studi sugli effetti della deprivazione prolungata:
- le capacità cognitive dei bambini vanno incontro a evidente e rapida degenerazione
- depressione analitica, ritardi dello sviluppo fisico, cognitivo, linguistico e motorio
I bambini adottati, soprattutto se precocemente ricoverati in istituto, hanno sofferto di alterazioni dello sviluppo dovute alla deprivazione delle cure materne.
Cfr. anche le teorie dell'attaccamento.

5 - EFFETTI DEI MALTRATTAMENTI E DELL’ABBANDONO
Un bambino, a causa dell’assenza di schemi cognitivi adeguati che si sviluppano più tardi, non è in grado di elaborare mentalmente eventi quali l'abbandono o i maltrattamenti subiti, facendo una corretta attribuzione delle cause. E' portato ad attribuire a sé le responsabilità per l'abbandono, e ciò è distruttivo per lo sviluppo della sua personalità
Il maltrattamento grave può produrre sintomi post-traumatici (ricordi intrusivi e ricorrenti dell’evento, esplosioni di aggressività, comportamenti ripetitivi, sintomi depressivi, ritiro sociale), che possono avere come conseguenza impossibilità di concentrazione, lentezza nell’elaborazione delle informazioni, disturbi iperattivi.
La distrazione in classe può essere in certi casi riconducibile allo stato alterato di coscienza spesso associato alle vittime di traumi,
Senso di colpa e vergogna accompagnano le vittime di abusi sessuali.
Maltrattamenti emotivi (denigrazione, critiche...) possono causare una compromissione dell’autostima e dello sviluppo delle competenze cognitive di base: percezione, memoria, attenzione, linguaggio; oltre a disordini della condotta, comportamenti antisociali, sintomi depressivi.

6 - IMPARARE UNA NUOVA LINGUA
Il processo di apprendimento linguistico è più lento di quanto si pensi.
Serve molto tempo per acquisire i significati profondi e le regole strutturali di una lingua
Non si deve dare per scontato che le difficoltà linguistiche debbano sempre scomparire con il passare del tempo.
Anche a distanza di anni possono emergere difficoltà nell'acquisizione delle strutture logico-grammaticali, nella capacità di interpretare testi scritti, nell'abilità espositiva.

7 - COMPRENSIONE TESTUALE E DIFFICOLTA’ DI STUDIO
Si riscontrano con una certa frequenza deficit nella comprensione globale del materiale letto (integrazione tra frasi, inferenze sui temi non esplicitamente contenuti nel testo).
E' probabile che si tratti di problemi di autocontrollo metacognitivo, cioè di una difficoltà a inibire le informazioni irrilevanti e a focalizzarsi su quelle essenziali per la comprensione.
La difficoltà di studio può essere attribuibile a deficit motivazionali (il bambino tralascia lo studio perché interiormente impegnato da temi più importanti - interesse per le origini, fantasie sul rifiuto, elaborazione della relazione con la famiglia adottiva - che dominano interamente la sua vita fantasmatica, distraendolo dalla spinta conoscitiva che motiva lo studio.

8 - MOTO PERPETUO
Alcuni bambini hanno bisogno di mettersi sempre al centro dell'attenzione, di evitare il contatto con i momenti di quiete e di ascolto.
Il perpetuo agitarsi di questi bambini non è esibizionismo giocoso, si tratta piuttosto di una paura di fermarsi e trovarsi persi in un vuoto, di confrontarsi e sentirsi perdenti, di continuare a non piacere perché non si è piaciuti a qualcuno all'inizio.
Sono comportamenti che derivano da insicurezze, da incapacità di seguire il normale flusso della classe ("se non ce la faccio mi sottraggo, faccio altro per nascondere la mia incapacità").
Non va dimenticato che l'iperattività ha sempre una valenza depressiva.
Va ricordato anche che molti bambini in precedenza hanno vissuto soprattutto in gruppo (bambini istituzionalizzati), confrontandosi tra pari piuttosto che facendo riferimento a figure adulte, quindi faticano a interiorizzare le routines di comportamento richieste dal nuovo contesto.

9 - STRATEGIE CHE RIMANDANO AL PASSATO
Con azioni che possono turbare gli adulti, in realtà questi bambini parlano delle loro emozioni profonde. Ma rivelano anche strategie che sono state loro utili in passato:
- il furto, oltre a segnalare la necessità di riempire un vuoto, nella vita precedente poteva essere importante per la sopravvivenza;
- l'agitazione continua poteva essere un modo per catturare l'attenzione di un adulto, o per sfuggire a regole opprimenti, o per dimenticare qualcosa che faceva troppo male ricordare;
- le bugie e la fabulazione potevano corrispondere alla costruzione di una realtà parallela, più tollerabile, che consentisse di sfuggire almeno in fantasia alla realtà presente.
Prima di interpretare un comportamento fastidioso come sintomo di un disagio, bisognerebbe chiedersi “che funzione ha questo comportamento? È un'autodifesa? Una compensazione? Una rassicurazione? Un modo di raccontarsi?”

1o - METTERE ALLA PROVA
Più o meno consapevolmente il bambino adottato mette alla prova il nuovo ambiente (famiglia, scuola) per verificare la realtà dell’affetto dei nuovi genitori e del nuovo contesto.
Comportamenti tipici: sviluppo di comportamenti oppositivo-provocatori, furti, tendenza alla menzogna e alla fabulazione.
Sono comportamenti che possono riproporsi con particolare virulenza nella preadolescenza e nell’adolescenza.

11 - CHE FARE?
- valutare nella progettazione degli interventi le peculiarità evolutive associate all'adozione;
- evitare di considerare i disturbi dell’apprendimento come sintomi circoscritti, da eliminare con il semplice utilizzo di tecniche specifiche, ma considerarli anche come modalità comunicative del particolare disagio associato alla storia evolutiva del bambino;
- affiancare interventi di tipo metacognitivo rivolti allo sviluppo delle abilità di comprensione e pianificazione a interventi psicoterapeutici tesi alla rielaborazione dei vissuti conflittuali;
- utilizzare metodologie di apprendimento cooperativo (che evitano al bambino di stare solo con se stesso, sollecitando la collaborazione, l'aiuto reciproco, l'accettazione);
- conoscere e valorizzare l’esperienza passata del bambino anche in ambito scolastico, per migliorare la sua autostima e per contrastare il cambiamento drastico di punti di riferimento (la mancata considerazione degli insegnanti della sua esperienza passata - collegata alla constatazione di una diversità rispetto ai coetanei - è per il bambino adottato ulteriore fattore di disagio);
- abbassare le aspettative: è possibile che i bambini stiano ricevendo più informazioni di quante siano capaci di elaborare; avere aspettative ragionevoli e flessibili abbassa il livello d'ansia del bambino e gli consente di apprendere meglio;
- riconoscere i sentimenti del bambino, piuttosto che criticare i suoi comportamenti;
- aiutarlo a scoprire e sviluppare le abilità che possiede (esiste per tutti qualcosa in cui si riesce bene);
- dialogare e collaborare con la famiglia.
Per i genitori:
- non sovrainvestire l'ambito scolastico; essere consapevoli che le aspettative per il successo scolastico dei figli potrebbero non realizzarsi mai a causa della loro impossibilità di destinare all'apprendimento scolastico adeguate risorse emotive e cognitive;
- ritardare l’inserimento a scuola, inserire il bambino in una classe inferiore a quella anagrafica, evitare di sottoporlo a tour de force per colmare le lacune;
- ricordare che ripetere un anno non è un dramma;
- imostrare sempre accettazione, indipendentemente dai risultati;
- motivare il bambino ad apprendere per se stesso;
- coltivare interessi extrascolastici (riuscire bene in un campo – anche non scolastico – migliora l’autostima e consente di sopportare meglio la frustrazione di qualche fallimento scolastico);
- guardare lontano (l’impegno e la perseveranza pagano, non drammatizzare gli insuccessi).

LIVIA BOTTA
http://www.psicologia-genova.it/

4 commenti:

  1. Grazie per questo interessante articolo e buon lavoro. Antonietta DV.

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  2. Ho trovato l'articolo molto interessante ed estremamente utile
    Silvia

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  3. Grazie x l'articolo. Nel mio caso, Martha 6 anni, con me da due e due passati in orfanotrofio in Namibia e due e mezzo con la madre biologica, sembre che l'aggressione aumenti quando non viene accettatao presa in considerazione dai compagni e/o maestri.

    Ho letto e capito l'articolo ed ero al corrente delle problematiche comportamentali specialmente in bambini adottati in tarda etá.

    Cosa non capisco é come comportarmi quando i maestri mi dicono che mia figlia ha morsicato un bambino, o giocato pericolosamente con coltelli e vetri?

    Sembra che se gli viene spiegato che non si fa, capisce e promette di non farlo ma lo rifa con cadenza bi settimanale quindi abbastanza spesso. Visto il comportamente ripetuto devo utilizzare altre metodologie oltre al spiegare che non si fa? Visto che poi lo rifá?

    Grazie una mamma un pó preoccupata e stanca
    Claudia

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  4. Il commento-domanda da lei inserito nel blog mette in evidenza una situazione che si presenta abbastanza frequentemente nel caso di bambini adottati.
    Se lei è d'accordo, vorrei inserire il suo commento nella nostra lista di discussione http://it.groups.yahoo.com/group/adozionescuola/, e sollecitare i suggerimenti di genitori e insegnanti che hanno a che fare con situazioni analoghe.
    Sempre se è d'accordo, dovrebbe indicare anche l'indirizzo mail con cui vuole essere inserita nella lista di discussione.

    Livia Botta (contatti@adozionescuola.it)

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