• 15 Giu

    LA VISITAZIONE
    Lc 1,39-56

    di p. Attilio Franco Fabris

     

    Dopo i due dittici delle annunciazioni, Luca riferisce la visita che Maria compie alla parente Elisabetta.

    E’ un racconto gioioso permeato da una atmosfera di preghiera.

    Il vangelo sottolinea anzitutto la fretta di Maria nel recarsi da Elisabetta: è questo il segno della sua totale disponibilità e della  sua incrollabile fede.

    I genitori di Giovanni Battista abitavano, secondo la tradizione a est di Gerusalemme, a sei chilometri un villaggio chiamato ‘Ein Karim posto sulla montagna.

    Nazaret distava circa 150 chilometri: un viaggio a quei tempi lunghissimo e faticoso, circa tre giorni di marcia.

    L’incontro fra le due madri “impossibili” è denso di calore umano e spirituale. Da questo incontro sgorga la gioia e la preghiera.

    Maria porta in sé il grande segreto. Un segreto che ha cambiato radicalmente la sua vita, è un segreto meraviglioso e nello stesso tempo quasi temibile, inenarrabile, agli occhi degli uomini incredibile ed incomprensibile. Ma Dio ha scelto ciò che nel mondo è stolto e debole…

    Maria come ogni madre sente il bisogno di annunciare ciò che porta in sé, la sua maternità è fonte di gioia ma nello stesso tempo di travaglio ed interrogativi. Maria si trova infatti sola a portare il peso del mistero.

    Ella lo comunica all’umile e dimenticata Elisabetta, la sterile già al sesto mese di gravidanza.

    Entriamo con discrezione nel testo.

    Appena Elisabetta  ebbe udito il saluto di Maria, il bambino dentro di lei ebbe un fremito ed essa fu colmata di Spirito santo.

    Letteralmente Giovanni fece le capriole (cfr. Gn 25,22): è la gioia  messianica perché Dio è venuto a visitare il suo popolo (v. 68). Giovanni esprime la sua gioia profetica non a parole ma con tutto il essere.

    La preghiera di Elisabetta

    vv. 42-45

    E’ anche in un certo modo la preghiera del piccolo Giovanni pieno di Spirito profetico. Egli inizia a profetare ancor prima di vedere la luce.

    Elisabetta risponde al saluto di Maria. Ora un saluto ha lo scopo di dare all’altro una sua identità che viene da chi saluta.

    Ora la preghiera di Elisabetta si apre con una benedizione entrata poi nell’Ave Maria: Benedetta tu fra le donne…SI tratta di una proclamazione solenne nella quale è riconosciuta l’azione di Dio (cfr. Gdc 5,24; 13,18; Dt 28,4).

    Elisabetta riconosce in Maria la madre del mio Signore (cfr. 2Sam 6,9): Maria è proclamata madre del Figlio di Dio risorto. Ella è per grazia capace di riconoscere il mistero di Maria e la presenza in lei – nuova arca dell’alleanza – del Signore.

    v.45

    Beata te… E’ una beatitudine. Maria è la credente per eccellenza, a differenza dell’incredulo Zaccaria. La maternità fisica (v 42) e la maternità spirituale (v 45) sono qui, come pure in Lc 8,21 e 11,27-28, inscindibilmente unite.

    Per Luca non esiste contraddizione tra colei che ti ha portato nel grembo e ti ha allattato e colei che ha creduto alla parola di Dio.

    La preghiera di Maria

    E’ un testo antologico, nel quale scopriamo come la preghiera deve trovare la sua fonte nella Scrittura. Lo stile è quello dei salmi.

    Luca attribuisce tale preghiera a Maria in quanto “Figlia di Sion”, che riassume in sé tutti i valori spirituali del popolo eletto.

    Il filo conduttore è l’amore di Dio per la povertà-umiltà, l’amore di Dio per gli anawim. Maria si colloca nella loro schiera.

    Nel Magnificat intravediamo in controluce un’altra preghiera, nata dal cuore di una donna che non poteva avere figli: è il cantico di Anna (1 Sam 2), ma scopriamo pure riferimenti nei libri profetici (Ml 3,12; Ab 3.18)..

    Potremmo dividerlo in due strofe con due protagonisti: Maria e Israele.

    Ogni strofa è conclusa dal memoriale dell’amore di Dio:

    v. 50: la sua misericordia di generazione in generazione su quelli che lo temono.

    V. 54b-55: ricordandosi della sua misericordia come aveva promesso ai nostri padri a favore di Abramo e della sua discendenza per sempre.

    La prima strofa contrappone Maria umile all’onnipotenza di Dio.

    La seconda strofa, parlando di Israele, allinea una serie di parallelismi antitetici:

    forza di Dio / orgogliosi

    potenti / umili

    affamati / ricchi.

    Scopriamo altri preziosi elementi: il Magnificat è invito a scoprire il Dio della gioia e del riso (Gn 18,12-13; Pr 8,30-31; Gb 40,29). Il rapporto con Dio deve essere gioioso, giocoso. Il gioco è visione opposta all’economia del mondo, è contemplazione, speranza e gioia.

    Dio in qualche modo gioca con Maria, come con tutti coloro che a lui si abbandonano.

    L’uomo trova così la gioia nel dare, nella contemplazione, nell’essere lode vivente con tutto il suo essere: Oh Signore, io sarò la tua musica (J. Donne).

    Agli occhi degli uomini Dio compie sempre scelte estrose. E’ la logica di tutta la storia della salvezza, sino ad arrivare al suo culmine che è la croce.

    Il Magnificat è il canto della speranza. Maria guarda la storia partendo, non guardando al mondo così com’è, dalla speranza riposta in Dio.  Esso si colloca così nella linea delle beatitudini.

    Nella sofferenza Maria con tutti i poveri del regno attende nella speranza il ritorno di Dio e la trasformazione dei cieli e della terra. In Lei questa venuta è già iniziata, ed è per questo che ella può celebrarla e cantarla già al presente. Ella infatti ha già sperimentato la salvezza in Dio “mio salvatore”: Maria è la prima tra i salvati.

    In tal senso Maria parte dalla sua esperienza personale per guardare la realtà che la circonda (Non si può conoscere il Dio del Vangelo se uno non fa esperienza della salvezza sua personale, C.M.Martini).

    Nel Magnificat c’è la certezza che Dio ribalterà le sorti di questa “sgemba storia umana” (G: Ravasi).

    In questo senso Il cristiano è un uomo che aspetta (H. Newmann).

    v.56

    Si fa riferimento a 2Sam 6,11. Elisabetta è benedetta e gioiosa per la presenza dell’Arca dell’Alleanza.

    Veramente Dio è ora presente in mezzo al suo popolo che è venuto a salvare.

    Linee di riflessione

    – Dio viene a visitare il suo popolo. E’ lui a prendere l’iniziativa. La salvezza promana sempre dall’amore di Dio che sempre ci precede. Maria è lo strumento attraverso il quale Dio entra nella storia e si fa incontro al suo popolo.

    – La visita di Dio è evangelo, fonte di gioia. Maria è portatrice della grazia e della gioia.

    – Dall’incontro con Dio, dal riconoscere le sue opere sgorga il ringraziamento e la preghiera di lode.

    – Dio si rende prossimo, vicino al suo popolo in modo concreto e fattibile. Maria è segno di questa concretezza d’amore di Dio.

    Dall’enciclica Redemptoris mater, 36

    Nella visitazione la fede di Maria acquista una nuova consapevolezza ed una nuova espressione. Le parole usate da Maria costituiscono una ispirata professione di questa fede, nella quale la risposta alla parola della rivelazione si esprime con un’elevazione religiosa e poetica di tutto il suo essere verso Dio.

    In queste sublimi parole traspare la personale esperienza di Maria, l’estasi del suo cuore. Splende in esse un raggio del mistero di Dio, la gloria della sua ineffabile santità, l’eterno amore che, come un dono irrevocabile, entra nella storia dell’uomo

    Da CdA, 777

    Maria non si ripiega su se stessa, ma va a far visita a Elisabetta sua parente. La prima evangelizzata diventa la prima evangelizzatrice: proclama le meraviglie del Signore, con la presenza gioiosa e santificante, il cantico di lode e il servizio.

    Posted by attilio @ 09:19

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