V: analisi delle polveri su vetrino con microscopia ottica
SL: analisi microscopica sulla sezione lucida
SEM-EDS: microscopia elettronica a scansione con microanalisi a raggi X
XRD: diffrazione dei raggi X
FL-UV: analisi microspettrofluorimetrica dei leganti organici
PY-GC-MS: analisi di leganti organici tramite pirolisi gasmassa
EDXRFS: fluorescenza dei raggi X
C: spettrocolorimetria
FT-IR: spettrofotometria infrarossa

EDXRFS

La fluorescenza X (EDXRFS) è una tecnica non distruttiva che permette di determinare le specie atomiche presenti su una determinata superficie. Gli elettroni degli orbitali interni degli atomi dei vari elementi vengono eccitati da una radiazione X e nel ritornare allo stato fondamentale riemettono radiazioni a lunghezze d’onda caratteristiche per ogni elemento. La fluorescenza dei raggi X permette di rivelare anche elementi presenti in tracce ma  non fornisce indicazioni sul tipo di composto in cui un dato elemento è presente.

Nell’effettuare sono state impiegate due strumentazioni di fluorescenza a raggi X:

1- apparecchiatura specifica per l’analisi di elementi leggeri, in particolare zolfo e cloro. L’apparecchiatura è caratterizzata da un tubo a raggi X Hamamatsu con anodo di calcio, che opera a circa 5 kV e 50-100µA, da un rilevatore Si-PIN raffreddato termoelettricamente, e da un analizzatore multicanale. Il tubo X emette le righe K del calcio oltre alla radiazione di bremsstrahung e quindi questo strumento è particolarmente adatto all’analisi di zolfo e cloro nei dipinti murali in quanto la sorgente è in grado di eccitare il calcio, elemento maggioritario negli affreschi ma anche elemento di disturbo nello spettro X, in modo molto modesto. La minima quantità rilevabile di zolfo è circa 0,2-0,3% in un tempo di misura di 100 secondi.

2- apparecchiatura, alternativa alla precedente, per l’analisi di zolfo e cloro caratterizzata da un tubo a raggi X Oxford con anodo di palladio che opera a circa 5-8 kV e a qualche decina di µA. In questo strumento si utilizzano le righe L del palladio, che sono in grado di eccitare con alta efficienza zolfo e cloro; questa apparecchiatura si avvale di un tubo che emette radiazione X di maggiore intensità e meglio collimata che non nel caso del tubo Hamamatsu.

L’analisi che si effettua con entrambe le apparecchiature sopra descritte è superficiale e lo spessore analizzato, per una matrice a base di carbonato di calcio, è valutabile intorno a cento micron. Il diametro della circonferenza analizzata è di circa 5 mm.

3- strumentazione di fluorescenza a raggi X caratterizzata da un minitubo a raggi X con anodo     di tungsteno che lavora a 35kV e 0,3mA e da un rivelatore di raggi X Si-PIN di piccole dimensioni. I tempi di misura sono stati di 100 secondi. 

Le analisi con tecnica EDXRFS sono state condotte dall’Università di Lecce e dall’Università di Sassari in collaborazione con l’Istituto del restauro

V

       L’analisi microscopica dei pigmenti si basa sull’osservazione della forma e del colore dei grani e delle loro caratteristiche ottiche. Per effettuare l’analisi è necessario un microscopio mineralogico fornito di una adeguata serie di obiettivi.  L’esame microscopico richiede una quantità minima di campione che viene posizionato su un “vetrino porta-oggetti”, ricoperto con una goccia di resina sulla quale si pone un “vetrino copri-oggetto”. Il campione può essere osservato immediatamente dopo l’allestimento. Le osservazioni sono state effettuate mediante un microscopio mineralogico (Zeiss Universal) in luce riflessa e in luce trasmessa.

Le analisi microscopiche dei pigmenti sono state condotte dall’Istituto Centrale per il Restauro

SL

L’analisi di microframmenti in sezione lucida permette di determinare la sovrapposizione degli strati in una stesura pittorica.

Un microframmento di campione viene inglobato in resina poliestere. La superficie viene levigata e il campione viene esaminato con microscopio mineralogico (Zeiss Universal) in luce riflessa. Le osservazioni al microscopio sono state condotte utilizzando luce visibile o luce ultravioletta. Mediante l’osservazione in luce ultravioletta è possibile ottenere informazioni sulla presenza di leganti organici. Ad esempio leganti oleosi invecchiati presentano all’ultravioletto una vivace fluorescenza giallo-verde. I campioni preparati in sezione lucida si prestano ad essere analizzati anche con microscopio elettronico a scansione (SEM-EDS) e con tecnica microspettrofluorimetrica .

Le sezioni lucide sono state preparate presso l’Istituto Centrale per il Restauro da Luigi Arceri, fotografate da Marcello Leotta. La loro archiviazione è a cura di Giovanna Meloni.

SEM-EDS

Il microscopio elettronico a scansione (SEM) è basato sull’utilizzo di onde elettroniche, anziché luminose come nel microscopio ottico. Il SEM è in grado di fornire immagini con ingrandimento fino a 20000x, caratterizzate da un elevato grado di definizione e che richiamano la sua forma tridimensionale. L’immagine viene formata dagli elettroni secondari, emessi punto per punto dalla superficie del campione che viene colpito da un sottilissimo fascio di elettroni (primari). È necessario  perché si verifichi l’emissione secondaria che la superficie del campione sia elettricamente conduttiva. A tal fine la superficie della sezione viene ricoperta di un sottilissimo film di materiale conduttore (di solito carbonio fatto vaporizzare e depositare in film sottile sotto vuoto). L’emissione secondaria della superficie colpita da elettroni accelerati può consistere sia di elettroni (secondari) responsabili della formazione dell’immagine, o anche di raggi X, capaci di rendere possibili analisi elementari di superficie (microsonda elettronica). Il sistema SEM-EDS combina le informazioni morfologiche offerte dal microscopio elettronico a scansione con le informazioni qualitative e quantitative offerte dei raggi-X (vedi tecnica EDXRFS) direttamente sulla sezione. In questo modo è possibile osservare la distribuzione degli elementi presenti nella sezione in funzione della distanza dalla superficie.

Le analisi mediante SEM-EDS sono state condotte presso l’università di Roma La Sapienza, facoltà di ingegneria in collaborazione con l’istituto per il restauro.

FL-UV

Mediante la tecnica microspettrofluorimetrica è possibile effettuare analisi stratigrafiche dei campioni di pellicola pittorica ottenendo importanti informazioni sulla natura dei componenti presenti e sulla loro distribuzione all’interno della pellicola stessa, principalmente per quanto riguarda le sostanze con funzione di leganti (oli, colle animali, uovo) e di vernici. La tecnica microspettrofluorimetrica consente di analizzare di pellicole pittoriche potendo abbinare la sensibilità tipica delle tecniche fluorimetriche e la risoluzione spaziale del microscopio.

 L’analisi microspettrofluorometrica eseguita inizialmente su campioni standard opportunamente preparati in laboratorio o derivati da Autori dei quali è perfettamente nota la tecnica pittorica, ha permesso di organizzare una banca dati di spettri di riferimento utile all’interpretazione dei risultati delle analisi su campioni pittorici incogniti. Mediante gli standard di riferimento si è potuto mostrare che gli spettri dei leganti olio, colla animale ed uovo differiscono sia per la posizione del picco che per la larghezza della banda di emissione. La presenza contemporanea di più leganti da luogo a curve più complesse che possono essere interpretate mediante procedure computerizzate per la deconvoluzione spettrale. Di notevole importanza è anche il fatto che l’applicazione della tecnica non comporta alcuna alterazione del campione in esame, che può pertanto essere sottoposto a successive analisi. 

L’analisi microspettrofluorometrica è stata eseguita in condizioni di epi-illuminazione mediante lamina al quarzo 50/50% mediante microspettrografo Leitz associato ad un analizzatore ottico multicanale (OMA-III) che permette la ricostruzione delle curve spettrali e l’ elaborazione e memorizzazione dei dati ottenuti.

L’analisi del campione prevede le seguenti fasi:

- identificazione, centratura e delimitazione della regione di campione da analizzare. Le misure possono essere eseguite su porzioni di campione di dimensioni fino al limite della risoluzione del microscopio (0.4 mm);

- eccitazione della regione selezionata mediante lampada a vapori di Hg da 100 Watt e filtro interferenziale per selezionare la riga d’emissione a 366 nm;

- selezione della regione spettrale di analisi ed eliminazione della luce di eccitazione riflessa mediante filtro di sbarramento a 386 nm.

- registrazione dello spettro in tempi compresi tra i 0.5 e 2 secondi, riducendo al minimo i rischi dovuti ad effetti fotochimici che potrebbero causare distorsioni nella forma dello spettro.

Gli obbiettivi usati per effettuare le misure sono il 25X ed il 40X, scelti in funzione delle dimensioni delle zone da analizzare.

Le analisi dei leganti attraverso la tecnica di microspettroscopia di fluorescenza UV-VIS sono state condotte dal Centro di Studio per l’Istochimica CNR- Pavia.

XRD

La diffrazione di raggi X (XRD), utilizzata su campioni in polvere, consente di individuare  sostanze inorganiche cristalline quali materiali costitutivi (es. pigmenti e intonaco) e di restauro oltre i prodotti inorganici di degrado. E’ stata impiegata una apparecchiatura automatica per polveri Seifert ID 3000, utilizzando la radiazione Kα del rame, nelle condizioni operative di 40 kV e 30 mA.

Le analisi mediante diffrazione dei raggi X sono state condotte presso l’Istituto Centrale per il Restauro.

PY-GC-MS

Pirolisi gasmassa (PY-GC-MS). Con questa tecnica è possibile analizzare macromolecole organiche e di riconoscerle mediante il loro caratteristico pirogramma.

La pirolisi consiste in una degradazione termica controllata in assenza di ossigeno con produzione di molecole neutre relativamente leggere o comunque gascromatografabili. Utilizzando un gascromatografo in serie ad un pirolizzatore si ottiene un cromatogramma o pirogramma caratteristico di ogni matrice. L’accoppiamento con uno spettrometro di massa permette il riconoscimento qualitativo dei singoli frammenti da mettere in relazione con la struttura di partenza. La pirolisi analitica nel suo più usato assemblaggio PY-GC-MS è stata largamente utilizzata negli ultimi anni per la caratterizzazione di strati pittorici, fornendo significativi tracciati relativi alla  loro componente organica. L’analisi di campioni di affresco  con pirolisi non dovrebbe prevedere tracciati significativi se non picchi provenienti da inquinamento organico ambientale: quindi la presenza di un significativo tracciato di sostanze organiche può, ad esempio, permettere di individuare il tipo di legante impiegato in finiture o ridipinture a secco o il polimero utilizzato per trattamenti superficiali di restauro.

Quindi, oltre alla caratterizzazione di leganti e protettivi naturali, utilizzati nella pittura originale, tale tecnica si presta molto bene al riconoscimento di fissativi e di consolidanti impiegati nel restauro. Esistono in letteratura diversi lavori che riguardano l’analisi in pirolisi di polimeri di sintesi, mentre non è stato dato sufficiente rilievo alla classe di sostanze utilizzate in campo artistico: fissativi, protettivi, consolidanti, sia su dipinti che per complessi monumentali, risultano di grande interesse, poiché non esiste una grande casistica al riguardo.

I campioni analizzati sono costituiti da polveri o da microframmenti di peso variabile tra 0,01 e 0,15 milligrammi. La strumentazione impiegata è costituita da un pirolizzatore CDS, Pyroprobe 100, che è stato fatto operare a una temperatura di pirolisi di 600°C per 10 sec. Il pirolizzatore è accoppiato a un gascromatografo Varian 3400 CX, munito di colonna SUPELCO SPB5 30m, Ø 0.32mm (fase stazionaria 0.25mm, 95% difenil-, 5% dimetil-silicone). Per il gascromatografo è stato utilizzato il seguente programma termico: isoterma iniziale a 50°C per 10 minuti, gradiente termico di 5°C al minuto fino a 290°C, isoterma finale a 290°C per 10 minuti. L’analisi delle masse in uscita dal gascromatografo è stata condotta con uno spettrometro di massa Saturn II (range di massa da 40 a 450 m/z, ionizzazione elettronica 70 eV, acquisizione 1 scansione al secondo).

Le analisi mediante pirolisi gasmassa sono state condotte presso il dipartimento di Chimica dell’Università di Bologna.

FT-IR

Spettrofotometria infrarossa in trasformata di Fourier (FT-IR). Tale tecnica, basata sull’assorbimento selettivo delle radiazioni infrarosse da parte di alcuni gruppi funzionali, permette di individuare composti organici e inorganici.

Gli spettri infrarossi sono stati registrati con uno spettrofotometro FT-IR Nicolet 510 P.

Le misure sono state eseguite in assorbimento, in pasticca trasparente ottenuta mescolando la polvere prelevata con bromuro di potassio (KBr) e comprimendo la miscela con una pressa. Per alcuni prelievi si è registrato lo spettro con il dispositivo micro-FT-IR (NIC-PLAN IR microscope), preparando il campione su cella di diamante. L’attribuzione dei segnali degli spettri è stata eseguita mediante confronto con campioni standard. In alcuni casi, la presenza simultanea di prodotti inorganici altamente assorbenti (quale ad esempio il carbonato di calcio, sempre presente perché costitutivo della superficie pittorica) rende molto difficile l’individuazione di eventuali sostanze di restauro o di prodotti di degrado, se presenti in quantità modeste. Al fine di semplificare l’analisi, la polvere prelevata è stata estratta con  solvente. Dopo filtrazione e concentrazione, la sostanza è stata depositata come film sottile su pasticca di KBr e, dopo completa eliminazione del solvente, è stato registrato lo spettro di assorbimento. Analogamente, nei casi in cui il prelievo è stato eseguito per estrazione a impacco con solvente, la carta giapponese o l’ovatta impiegati sono stati a loro volta estratti con solvente e l’estratto, filtrato e concentrato, è stato depositato su pasticca di KBr e analizzato. Prima di eseguire l’ analisi si è verificato che il solvente utilizzato non estraesse nessun composto dall’ovatta o dalla carta giapponese.

Le analisi infrarosse sono state condotte presso l’istituto centrale per il restauro.

C – Analisi Spettrocolorimetriche

Le misure colorimetriche hanno avuto almeno tre finalità:

1) Compiere una campagna di monitoraggio della superficie dipinta prima e dopo il restauro, per porre in evidenza le differenze legate alla eliminazione di efflorescenze, depositi particellari, sostanze sovrammesse alterate del passato e all’applicazione di formulati impiegati nel presente intervento (detergenti, solventi, fissativi, consolidanti).

2) Misurare i parametri CIELab dei colori in aree particolarmente significative (comprendendo le alterazioni già avvenute) per fotografare la situazione del ciclo pittorico dopo il restauro, in modo da costituire una banca dati di riferimento per i controlli futuri.

3) Eseguire misure di colore delle principali stesure pittoriche, per identificare le coordinate tricromatiche, da mettere in relazione con i riferimenti tecnici delle fonti storiche (in particolare il testo di Cennino Cennini).

In definitiva la campagna di misure spettrocolorimetriche è stata effettuata sui dipinti murali della Cappella degli Scrovegni prima e dopo il restauro, al fine di determinare la variazione cromatica su alcune zone scelte come campione.

Analisi spettrocolorimetriche sono state eseguite anche durante i test sui trattamenti desolfatanti

Terminato il restauro, inoltre, su alcune aree della pellicola pittorica è stata eseguita una campagna di misure colorimetriche, mirata a mettere in evidenza cromaticamente alcuni aspetti della tecnica pittorica di Giotto, quali gli sfumati, i cangianti e la tecnica del risparmio utilizzata negli incarnati; tali misure sono state integrate dall’analisi dei pigmenti, prelevati in aree particolarmente significative.

Le misure spettrocolorimetriche sono state eseguite con uno spettrofotometro X-Rite SP68, modo C 2° (illuminante C, osservatore a 2°) e registrate escludendo la riflessione speculare. Tale sistema misura gli spettri di riflettanza (R%) nel visibile e le componenti cromatiche nel sistema di misura CIELab (1976).

Lo spazio CIE Lab, come noto, è uno spazio di colore sferico, le cui coordinate danno una misura quantitativa del colore: la luminanza L indica il grado di bianco (L = 100 per il bianco e 0 per il nero, quindi una diminuzione di L è legata ad un inscurimento del colore e viceversa) le coordinate a e b definiscono la croma: componenti rosso-verde (a) e giallo-blu (b). Valori di a positivi indicano la componente rossa, negativi la componente verde; valori di b positivi indicano la componente gialla, negativi la componente blu. Le coordinate CIELab permettono di comporre un colore aggiungendo o togliendo da una miscela uno dei colori primari senza dover “interpretare” mentalmente l’effetto risultante; oppure consentono di verificare, per esempio, se le variazioni di colore durante la pulitura di una superficie hanno influito sul giallo, sul rosso o su entrambi e di valutare la percezione finale del colore rispetto a quella iniziale.

Il valore assoluto della componente cromatica è correlato a quanto il colore è saturo; in particolare, se ad esempio dopo il restauro in un punto di colore rosso si nota un aumento di a, vorrà dire che tale rosso è divenuto più vivo, più saturo; se su un bianco si nota una diminuzione di b, vuol dire che la componente gialla ad esempio, dovuta alla presenza di un prodotto organico alterato, è diminuita.