cerca i commenti ai testi

A - B - C - D - E - F - G - H - I - J - K - L - M - N- O - P - Q - R - S - T - U - V - Z

La Cattiva Strada



E' una semplice, perfetta, ballata costruita su tre accordi (come dice un caro amico "Quelli che servono, con una chitarra acustica ed un basso"), nella quale la classica ripetizione delle frasi musicali, strofa dopo strofa, sottolinea il viaggio, attraverso situazioni diverse, di uno strano personaggio. Ad ogni strofa l'introduzione di qualche accordo in più o l'entrata di un altro strumento che, in lontananza, aggiunge la propria voce, accompagna l'evolversi di questa specie di sogno surreale e tratteggia la storia (o la parabola?) che nasce davanti ai nostri occhi. Ma le situazioni non sono mai definite e sembrano piuttosto immagini che compaiono dinnanzi ai nostri occhi e immediatamente si dissolvono, lasciandoci il sapore dell'incompiuto in bocca, come se non fossimo riusciti a cogliere un particolare essenziale.

La voce di Faber, come sempre, fà il resto: incisiva, dolcissima, disincantata, ironica eppure traboccante di umanità.

Già il titolo dovrebbe farci sospettare fortemente: il termine "cattiva" usato da Faber e De Gregori non può che significare esattamente il contrario. Cattiva, certo! Ma per i benpensanti... Non certo per coloro che cercano di guardare oltre...

Lo "strano personaggio" si muove silenziosamente, di scena in scena, ed in ogni scena compie un'azione scioccante, dirompente, di una "cattiveria" addirittura gratuita: senza spiegazioni, senza parole... forse perchè le parole sono troppo usate, ormai, e l'atto sferzante spesso riesce a far nascere più domande di un intero discorso.

Sputa negli occhi ad un ragazzo di leva che sfila ad una parata militare: gesto incomprensibile quanto violento ed offensivo...
"Perchè?"
chiede il ragazzo... risposta:

"Questo è niente..."
... Eppure il ragazzo (come gli altri personaggi che si succederanno) comprende .... lascia le armi e lo segue sulla sua "cattiva strada".

Metafora: un ragazzo di leva, innocente, che sta compiendo solo il suo "dovere". Un ragazzo che, innocentemente, se dovesse trovarsi in guerra continuerebbe a fare il suo "dovere", ammazzando altri ragazzi innocenti come lui ....e davanti alla morte uno sputo è davvero "niente"...

La "vittima" successiva è una prostituta alla quale lo strano, violento, personaggio ruba l'incasso della serata ed alla sua domanda

"(Ma) Come?!"
(credi che per me sia facile ed indolore vivere in questo modo?), lui le risponde:

"forse (così) è meglio (forse) è come prima"..

Certamente non peggio.

Io ci leggo un sottinteso "tu vali di più. Il tuo stesso dolore vale di più". Ed anche la prostituta comprende e lo segue, col suo dolore, sulla "cattiva strada".

Lo strano personaggio rimarrà senza nome, fino alla fine ed oltre. Rimarrà una metafora impressa nella nostra mente, o un sassolino nella nostra scarpa, che ci impedirà di camminare "comodamente" (queste erano le "cattiverie" che De Andrè amava fare). Ma il sospetto che quello strano personaggio sia Gesù può cominciare a farsi strada nelle nostre coscienze. "Il più grande filosofo dell'amore", come venne definito dallo stesso De Andrè, è tornato tra gli uomini e parla la lingua violenta della nostra società, evitando accuratamente le parole (ormai consunte dall'inutile uso).

Continuerà a raccogliere adepti, "svegliando" violentemente coloro che incontrerà. Truccherà le stelle (come fossero dadi su un tavolo da gioco) ad un pilota, facendo sfracellare ....

"E' colpa di chi muore..."
dirà...

Cosa significa? Che abbiamo una scelta sempre e comunque?

Che il fidarsi dell'apparenza (le stelle) spesso può far sbagliare e che abbiamo "occhi" con i quali "vedere" oltre le apparenze?

Forse che semplicemente alla fine c'è la morte, per ognuno di noi... [...]
E' la volta poi di un diciottenne alcolizzato. Come scuoterlo? Forse versandogli ancora da bene ... Né Faber né De Gregori sono (concedetemi il presente per entrambi gli autori...) tipi da far prediche, niente di meglio, allora, che porre l'uomo (o il ragazzo alcolizzato) davanti alla dura realtà: "Va bene, bevi ancora... E poi?", ben sapendo che ....

"Amico ci scommetto stai per dirmi,
adesso è ora che io vada "

Inutile girar le spalle, annegare gli occhi in un bicchiere o "... costruirsi il vuoto nell'anima e nel cuore" (da "Il cantico dei drogati" di "Tutti morimmo a stento") il mondo continua a girare, con le sue ingiustizie ed i suoi dolori, ma anche con cieli tersi ed amore.

E il diciottenne alcolizzato sceglie di "vedere" e di vivere ... ed anche lui lo segue...

E' la volta delle persone "dabbene", pronte a giudicare con il metro dell'apparenza, del perbenismo o forse solo per abitudine, le azioni degli altri. Felici di scordare (come tutti noi...) "la trave conficcata nel loro occhio per cercare la pagliuzza nell'occhio del vicino".

"Ad un processo per amore
baciò le bocche dei giurati"


Perchè Faber ha scelto di parlare di un processo per amore?

Perchè "l'amore" è ricco di tabù per la nostra società? Perchè può portare ad infrangere la legge degli uomini (il tradimento) o quella della nostra stessa natura (l'omicidio)?

Poter giudicare gli altri spesso ci fa sentire parte del branco, della maggioranza, dei "buoni" e dei "giusti", mentre forse dovrebbe farci sentire semplicemente "inadeguati"

Forse un semplice bacio sulla bocca riesce a far saltare, di colpo, i giurati dall'una all'altra parte della barricata, mettendoli fuori dal branco, in minoranza, tra i cattivi e tra coloro che "sbagliano". E, forse, avrà fatto capire loro com'è facile trovarsi dall'altra parte di quella barricata, a volte senza neppure comprenderne il motivo

E i giurati lo seguono......

Alla fine Gesù scompare e, come se una luce si spegnesse, la gente è nuovamente pervasa dal dubbio.........

"è stato un male " .... " è stato un bene "....
Non ci rassicura, non ci fornisce soluzioni....

" non vi conviene
venir con me dovunque vada..."


perchè, seguendolo, dovremo fare scelte scomode, pensate; soprattutto pensare per scegliere, senza lasciarci trasportare dalla corrente.

E' la voce narrante da dare una speranza ... un "ma" che apre uno spiraglio

".. c'è amore un po' per tutti..."
... sulla "sua cattiva strada" ognuno di noi potrà trovare amore e comprensione se, a sua volta, saprà amare e comprendere. E non è mai troppo tardi per imboccare quella strada sconnessa e confusa; non è mai troppo tardi per aprire gli occhi e vedere veramente.


AVVERTENZA

Questa "esegesi" non è mia: l'ho trovata in giro per il web, ed era firmata "L'Aquila" ... credo sia del webmaster del sito "planando". Credo che sia molto ben fatta e poi c'è il riferimento cristico quindi non posso che condividere! :)

6 commenti:

nephilimdie ha detto...

si son d'accordo..è ben fatta!! e la condivido molto!

Rosalba Crosilla ha detto...

Felice di trovarla anche qui, la mia recensione/spiegazione de La cattiva strada! Soprattutto felice che ne condividiate la lettura.

Ovviamente grazie a Marco per averla diffusa sul suo blog.

Ciao!

Rosalba Crosilla
(l'Aquila di Planando )

Gabriele ha detto...

che canzone!! secondo me significa questo http://significatocanzone.blogspot.it

Anonimo ha detto...

"Egli prese il cieco per la mano, lo condusse fuori dal villaggio; GLI SPUTO' SUGLI OCCHI,pose le mani si di lui e gli chiese VEDI QUALCOSA?....poi Gesù gli mise di nuovo le mani sugli occhi, ed egli guardò e fu guarito E VEDEVA OGNI COSA CHIARAMENTE"

Unknown ha detto...

perfetta

Sandman66 ha detto...

Ma perchè sempre e comunque tirare fuori Gesù Cristo? E va bene Faber parlava di Vangeli apocrifi forse per questo? Ma trovo pretenzioso dire con certezza che parlasse di Cristo...

il mio romanzo

Una vita e mezza
Una Vita e Mezza è un libro che parla soprattutto dell’assenza. O meglio della ricerca, tanto demotivata quanto inconsapevole, di come si può costruire una ciambella salvagente intorno a quel buco che ti si crea dentro quando perdi una persona. Cosicché quel buco, che risucchiava tutto il presente privandolo di senso, possa trasformarsi nel nostro galleggiante. E addirittura salvarci, traghettandoci verso il futuro.
È la storia di un viaggio, metaforico quanto reale, di un ragazzo che è stufo del suo galleggiare, ma che non sa dare una scossa alla propria esistenza. Così parte fidandosi e affidandosi al suo amico, sperando che qualcosa di imprevisto lo colga per assaporare un po’ di brivido della vita.
Riuscirà a trasformare il suo futuro innamorandosene anziché rimanendone schiacciato e afflitto?
Se c’è un’intenzione mirata in tutto ciò, è la creazione del neologismo che indica il dolore per il futuro mancante, la mellontalgia. In contrapposizione con la nostalgia, che indica l’afflizione per il ritorno a casa (nostos), per il passato, per l’infanzia, questa è l’afflizione per to mellon cioè l’avvenire o le cose future, in greco antico. Vuole indicare un dolore attribuito al futuro negato e non vissuto. A ciò che poteva essere e invece non sarà mai. Chissà se se ne sentiva la mancanza.