venerdì 26 ottobre 2007

RICORSO PER CASSAZIONE

MOTIVI

Manifesta illogicità della motivazione rilevabile dal testo del provvedimento; mancanza di motivazione.
La gravata ordinanza poggia il primo dei due architravi logici sul presupposto secondo il quale, avendo il Tribunale del riesame già precedentemente valutato in senso confermativo l’originario titolo custodiale e che avverso detto provvedimento [asseritamene] “pende tutt’ora ricorso per cassazione” e che, pertanto, “il procedimento de libertate vertente sull’originaria ordinanza ablatoria è,tutt'ora aperto”, dunque 1’ appello andava rigettato.
Sicchè tale presupposto è del tutto erroneo e, come tale, illegittimo in quanto il ricorrente non ha mai proposto ricorso per cassazione né avverso l’originaria ordinanza impositiva, nè avverso l’ordinanza camerale del riesame n. 1241/05. Non si comprende, quindi, come il Tribunale possa aver posto come fondamento logico alla propria decisione di rigetto un tale erroneo presupposto che è del tutto inesistente, alterando così in radice il complessivo iter ragionativo che esso Tribunale pone alla base della pronuncia reiettiva.
Sotto tale profilo, dunque, del tutto irreparabilmente viziata sul piano logico-giuridico-motivazionale si apppalesa l’ordinanza gravata e per tale ragione se ne chiede l’annullamento.
La stessa ordinanza - ed è questo il secondo presupposto erroneo su cui si fonda il provvedimento impugnato - si dilunga ad illustrare, sul piano del diritto, come le doglianze espresse dall’appellante siano già state rappresentate nella antecedente sede di riesame e che, non essendo frattanto intervenuti nuovi elementi, in sede di appello avrebbe dovuto operare — come è stata fatta operare - la preclusione del giudicato cautelare interno.
Anche tale secondo presupposto appare infondato in diritto e contraddittorio sul piano logico per i motivi che d’appresso si illustrano; sul punto l’ordinanza stessa appare corredata di motivazione meramente apparente, piuttosto che di motivazione sostanziale.
In realtà le doglianze d’ appello si appuntavano unicamente avverso i temi dell’ordinanza reiettiva della istanza di revocaJsostituzione della misura che era stata proposta in data 12/09/05, e con la quale il giudice della cautela, del tutto ignorando le argomentazioni diverse (rispetto a quelle poste alla base di motivi del riesame) e gli oggettivi riferimenti ivi dedotti dalla difesa inerenti principalmente la defedata valenza indiziaria delle dichiarazioni dei due chiamanti in correità - insanabilmente contraddittorie e discrepanti sotto tutti i punti delle rispettive narrazioni - aveva rigettato l’istanza medesima con motivazioni di puro stile e - comunque - non attinenti nel merito alle deduzioni ed alle osservazioni nuove frattanto intervenute e proposte.
Anzi, è a dirsi che il Gip - verosimilmente percepita dall’articolato delle osservazioni difensive la improvvisa caducità dell’iniziale accreditato riscontro interno affidato alle dichiarazioni dei chiamanti - si affretta ad offrire una pronta stampella al proprio impianto logico arrivando ad ammettere che j il contrasto era rilevabile - ancorché riguardante la “secondaria (?) vicenda relativa alla consegna ai coindagati di parte della cocaina...” ma esso [contrasto] era dovuto alla “già rilevata [ma quando mai? in quale atto? in quale delle fasi del procedimento? non è dato punto sapere!!!] condotta processuale del Mancioli il quale nell ‘ammettere proprie ed altrui responsabilità ha più volte tentato di ridimensionare il proprio ruolo”.
E dove, la valutazione sulla importantissima (processualmente) dichiarazione manoscritta dal Mancioli agli atti del procedimento, ove costui, ben prima di effettuare l’interessata chiamata correità assieme al sodale De sclavis contro l’odierno ricorrente, riferisce spontaneamente al magistrato dell’indagine una ben diversa paternità circa l’azione sottrattivi dello stupefacente: “....11 De Sclavis mi disse che durante la perquisizione aveva occultato un sacchetto con la sostanza stupe facente, e me ne consej’nò un involucro...”?
Dove la valutazione del Gip prima, e del Tribunale dopo, ditale rilevante dichiarazione che contiene in sé rilevantissimi elementi di svalutazione circa la attendibilità della successiva chiamata in correità?
Perché non il Gip, né il Tribunale, ne danno ragione o contezza agli effetti del rigetto della richiesta di revoca della misura?
Oggetto dell’appello, dunque, non erano i motivi di merito eventualmente già trattati in sede di scrutinio di riesame come sostiene il Tribunale, ma - al contrario - il merito dell’ordinanza reiettiva che basava la propria motivazione su considerazioni del tutto nuove e diverse rispetto a quelle esaminate in sede di irrogazione della misura, ma sopratutto su palesi omissioni di valutazioni sui fatti nuovi dedotti dalla parte e ritenute, dall’allora appellante, palesemente ingiuste e passibili di gravame.
Il Tribunale del riesame, in sede di appello, avrebbe dovuto passare allo scrutinio la validità delle ragioni esposte nella ordinanza di rigetto del Gip del 2O/O9/OO5, tenuto conto delle numerose nuove e concrete deduzioni articolate nella sede di doglianza innanzì a sé devoluta.
Cosa, questa, del tutto negletta - o meglio - del tutto omessa.
Il Tribunale si è trincerato dietro la apparente (ed illogica) motivazione della intangibilità del giudicato endoprocessuale in circostanza di mancata (ma del tutto astratta e non corrispondente al caso di specie) sopravvenienza di elementi “nuovi” ; così - di fatto - abdicando alla necessità di valutare - liel merito - se le nuove prospettazioni e le nuove deduzioni pur ampiamente avanzate dalla parte a sostegno della
revocabilità o della riformabilità della ordinanza impugnata avessero fornito un effettivo spazio per giustificare il superamento della limitata preclusione del giudicato interno.
Quanto sopra rende il provvedimento del Tribunale cassabile sotto tutti i richiamati profili, ed in riforma dello stesso l’esposto difensore.
CHIEDE
che l’ecc.ma Corte adita, previa declaratoria di annullamento della gravata ordinanza, disponga la cessazione della misura custodiale carceraria
carico del ricorrente Allocca Massimo per mancanza dei gravi indizi di colpevolezza ex art. 273 c.p.p.; oppure, ove gli stessi ritenuti comunque sussistenti ancorché di valenza degradata, disponga l’applicazione della più proporzionata misura custodiale domiciliare.
Roma, 07/01/2006

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