Ricordando Falcone e Borsellino.

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18 anni fa in un caldo pomeriggio di primavera la mafia faceva saltare in aria, a Capaci, l’auto di Giovanni Falcone uccidendo lui, sua moglie e tre uomini della scorta.

Quel 23 Maggio del 1992 ha cambiato probabilmente la storia d’Italia. In quelle ore venne votato a larghissima maggioranza il Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro. Quel tritolo segnò il punto più alto dell’avanzata mafiosa contro lo Stato democratico.

Un’avanzata che qualche giorno dopo avrebbe colpito un altro grande servitore del nostro paese, Paolo Borsellino.
In quei giorni vi fu, non poteva d’altronde essere altrimenti, un clima di unità nazionale reale, vi fu la consapevolezza che bisognava avviare un cambio di passo nella lotta alla criminalità organizzata.  Un risveglio delle coscienze e uno stimolo civico come ha ricordato oggi il Capo dello Stato Giorgio Napolitano. 18 anni fa ero un giovane ventenne che scendeva in piazza con l’associazione degli studenti napoletani contro la camorra, per poi proseguire la mia attività nei gruppi universitari e poi nel sindacato. Ricordo una mobilitazione diffusa, straordinaria e forse più che Mani Pulite furono le morti di Falcone e Borsellino a determinare la chiusura del sipario sulla prima Repubblica.

Oggi come allora avverto il bisogno di tenere alta la guardia di fronte a nuove offensive dei poteri criminali.
La Mafia, la camorra la Ndrangheta e la sacra corona unita sono diventati ancora di più gruppi imprenditoriali e d’affari che vogliono insinuarsi sempre meglio nella vita pubblica, determinare i tempi delle istituzioni, scandire le decisioni della politica.

Ecco perché ho spesso ribadito che chi vuole ricoprire incarichi pubblici e ruoli istituzionali deve essere come la moglie di Cesare, al di sopra di ogni sospetto.

Ricordo con orgoglio l’iniziativa del 18 Marzo con i Magistrati Marino, cui ho dato immediata solidarietà per le pesanti intimidazioni ricevute pochi giorni fa, Barbara Sargenti e Alessandra Clemente figlia di Silvia Ruotolo barbaramente uccisa dai sicari. Parlammo di beni confiscati, di strumenti che scarseggiano per svolgere al meglio le indagini, e di intercettazioni.

Ecco vorrei esprimere solidarietà alle migliaia di giornalisti e ai tanti editori che in queste ore vedono in pericolo la libertà di stampa e assistono ad un attacco senza precedenti all’articolo 21.
Mi rasserena sapere che il relatore della legge, il Sen.

Centaro ex magistrato peraltro, abbia annunciato il ritiro dell’emendamento che inaspriva le pene per i cronisti ma l’essere arrivati a proporre un obbrobrio simile ci indica come il PDL non abbia sempre chiari i capisaldi della nostra costituzione.

Fra questi vi è l’autonomia e l’indipendenza della stampa così come della magistratura. Penso che politica, mass media e magistratura debbano cooperare nell’interesse del paese. Ma salvaguardare la divisione dei poteri e il rispetto dei ruoli è una battaglia alla quale noi tutti dobbiamo partecipare con convinzione.

Da cittadino, prima ancora che da consigliere regionale, voglio sapere cosa combina la classe dirigente del paese e essere informato se un magistrato è in pericolo. Non vorrei che il Governo scambi l’essere liberale con l’essere liberticida.

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