Vi è una predisposizione genetica ad una disregolazione dei neurotrasmettitori del sistema nervoso gastrointestinale, disregolazione che può avvenire o meno nel corso della vita del singolo individuo in funzione del fatto che si creino anche certe condizioni ambientali scatenanti.
Tra queste condizioni includiamo l’alimentazione non sana, lo stress, le infezioni virali o batteriche gastrointestinali.

riflesso gastro colico accentuato/ probabile sindrome colon irritabile ,

 

Ho letto che l’IBS potrebbe essere legata ad una accesa stimolazione della muscolatura intestinale da parte della serotonina cosa che sta facendo dirigere le sperimentazioni farmacologiche verso l’utilizzo di inibitori selettivi della stessa.
Qualche anno fa il signor ha iniziato una cura per le emicrania con il *** (pizotifene), dopo circa 10 giorni dall’inizio della terapia (due pillole al giorno) tutti i sintomi intestinali sono scomparsi così come le nausee, ed è ritornato il sano appetito.
All’inizio non vi ha dato peso ma da quel momento ha fatto diversi cicli e la situazione si è ripresentata nello stesso modo: scomparsa dei sintomi dopo 10 gg dall’inizio terapia, ricomparsa dopo 7 giorni dalla sospensione.
Ho letto che il principio attivo del *** si comporta come inibitore dei recettori di tipo 1 (5-HT1), diversi da quelli 5-HT3 verso cui agisce l’***...
La mia domanda è dunque, dato per certo che non si tratta di effetto placebo, ha un senso tutto questo?
Inoltre durante le terapie con *** non si ha costipazione... anzi le funzioni intestinali sono a dir poco perfette.
Mi rendo conto che la domanda può essere indaginosa e di non facile risposta ma onestamente mi piacerebbe capire... sa come si dice per sconfiggere un nemico bisogna conoscerlo a fondo! Ho provato a consultare il motore di ricerca Pubmed central e ho scoperto che, apparentemente, c’è un solo studio sull’argomento (1) ed è svolto in una popolazione pediatrica molto selezionata e con prevalenza di sintomatologia dolorosa, dove il farmaco ha dato risultati ottimi.
Lo studio, forse perché unico, forse perché di qualità, viene citato anche ad 8 anni dalla comparsa in una review (2), e nel 2007 sul British Medical Journal.
Allo stesso tempo dobbiamo ammettere che questa linea di ricerca non ha avuto seguito.
L’ipotesi è molto interessante.

1) Symon DN, Russell G. Double-blind placebo-controlled trial of pizotifen syrup in the treatment of abdominal migraines. Arch Dis Child.1995; 72 :48 –50

2) K.-M. Keller Review: famotidine, pizotifen, cognitive behavioural therapy, and peppermint may be effective in recurrent abdominal pain.
Evid. Based Med., November 1, 2003; 8(6): 177 - 177.

Un sorso d´acqua, ingoiare e poi ciak, si gira. Siamo sul set di un ospedale italiano. Il regista, il gastroenterologo x, si aggiusta il camice e controlla le riprese. I suoi assistenti manovrano il software, mentre sullo schermo del computer si susseguono le immagini di un territorio fino a ieri inesplorato. Siamo all´interno del corpo umano. Una telecamera miniaturizzata, delle dimensioni di una pillola, sta viaggiando nelle profondità dell´organismo. Attraversa l´esofago, supera indenne quel girone infernale fatto di acidi tritatutto che è lo stomaco e si avventura nel lungo iter dell´intestino. Quelle che la pillola-telecamera inizia a inviare sugli schermi del computer sono le prime immagini in assoluto del tratto superiore dell´organo.
Hic sunt leones scrivevano fino a qualche anno fa i medici di questa zona del corpo. Impossibile da raggiungere con qualsiasi strumento (a meno di non effettuare un vero e proprio intervento chirurgico), dell´intestino tenue si poteva avere un´idea solo tramite gli esami radiologici. Dal 2001, quando il gastroenterologo e la sua équipe hanno iniziato a sperimentare su alcuni pazienti la pillola telecamera, questa tecnica per la diagnosi ha iniziato a sostituirsi agli esami tradizionali. E se i test iniziati a novembre daranno risultati positivi, la sonda esploratrice rimpiazzerà anche il fastidioso esame della colonscopia, per verificare lo stato di salute del tratto finale dell´intestino.
Ventisei millimetri di lunghezza e undici di larghezza per meno di quattro grammi di peso (ma la versione per l´esplorazione del colon è leggermente più grande: 31 millimetri). Questo è il concentrato di tecnologia in pillola che il medico dell’ospedale sta porgendo alla paziente, insieme a un bicchiere d´acqua per mandarlo giù e dare il via al viaggio. L´esplorazione all´interno del corpo umano durerà in media otto ore (per finire in bagno una volta per tutte), con la pillola che invia le sequenze di immagini a un registratore fissato alla cintura del paziente, e che il giorno dopo il gastroenterologo e la sua équipe guarderanno fotogramma per fotogramma. Dalle due estremità della minuscola navicella esploratrice, che hanno la forma di una cupola trasparente, sporge la coppia di telecamere sincronizzate con un flash luminoso, capaci di fare quattro scatti al minuto e ripercorrere l´iter del cibo lungo il tratto digerente attraverso lo schermo di un computer.

Le immagini sono nitidissime. I piccoli polipi, i diverticoli dell´intestino e i tumori sono perfettamente riconoscibili, come in una fotografia. Chi soffre di sanguinamento interno senza cause apparenti può sperare di mettere a fuoco il loro problema.
A guardarsi da dentro sono stati già alcune centinaia pazienti all’ospedale ed in Italia un´altra decina di centri si affiancano all´ospedale nell´applicare questa tecnologia inventata in Israele da Gavriel Iddan. Ingegnere che lavorava per l´industria militare dello stato ebraico a un sistema di puntamento dei missili, Iddan negli ultimi vent´anni ha preferito dedicarsi alla miniaturizzazione della sua PillCam, facendo fiorire la ditta produttrice Given Imaging, quotata al Nasdaq.
Endoscopia in pillole.
Un sorso d’acqua e il gioco è fatto. Nessun dolore, nessun fastidio e nessun effetto collaterale. Se tutto andrà per il meglio, l’endoscopia del futuro avrà le dimensioni di una capsula da antibiotico.
L’importante, avvertono gli esperti, è non avere fretta e aspettare che la tecnologia perfezioni a poco a poco il marchingegno. Intanto la videopillola, - in cui sono incorporate una videocamera miniaturizzata, una sorgente di luce, due batterie e una radiotrasmittente - pare aver superato la prova in quella che per adesso resta l’unica indicazione: la patologia non occlusiva dell’intestino tenue.
IL PRIMO PASSO DI UNA LUNGA STRADA
Da quando la GIVEN Imaging, un’azienda israeliana specializzata in applicazioni militari, ha lanciato la pillola in grado di filmare il proprio tragitto lungo il tubo digerente, trovando spazio niente meno che su Nature, di questo nuovo strumento diagnostico è stato detto un po’ di tutto. Immediata l’associazione con uno storico film di fantascienza, in cui una capsula (in quel caso con tanto di medici miniaturizzati a bordo) esplorava ogni anfratto del corpo umano. La capsula israeliana è più modesta, si limita all’intestino e non può essere pilotata da nessuno, ma la qualità del filmato è ottima, e il paziente non si accorge di nulla. Quanto basta per destare l’attenzione, e alimentare le speranze, di medici e pazienti: la speranza è soprattutto quella di rimpiazzare esami invasivi e sgradevoli come la gastroscopia e la colonscopia.
Invece niente di tutto questo. Per almeno qualche anno è impensabile sostituire l’intubazione con la pillola. Quest’ultima, come sottolineano i gastroenterologi che la stanno sperimentando in tutto il mondo, è utile solo per esplorare l’intestino tenue, e solo se nel tubo digerente non sono presenti stenosi, che potrebbero ostacolarne il tragitto. Perché questa limitazione? "Stomaco e colon hanno un calibro troppo grande" spiega Roberto de Franchis, responsabile del Servizio di gastroenterologia ed endoscopia digestiva del Dipartimento di medicina interna al Policlinico di Milano, nonché uno dei partecipanti al trial nazionale multicentrico organizzato per sperimentare la capsula. "In questi tratti del tubo digerente la capsula si muove in maniera incontrollata e casuale, e quindi non permette un’esplorazione completa". Viceversa nell’intestino tenue la capsula si infila esattamente nel lume, consentendo una visione a tutto campo delle pareti dell’organo. "Inoltre l’intensità delle sorgenti luminose, piuttosto bassa, non è sufficiente per le porzioni del tubo digerente con calibro maggiore" prosegue il gastroenterologo milanese. Attualmente sono in corso ricerche per migliorare l’illuminazione e per rendere la capsula manovrabile dall’esterno. Solo quando avrà raggiunto questi due obiettivi la pillola endoscopica potrà competere con l’endoscopia tradizionale.
Intanto Dan Schultz, esperto della Food and Drug Administration statunitense, afferma pubblicamente che la videopillola è <<solo il primo passo di una lunga strada per questo tipo di tecnologia>>. E anche se mancano ancora dati ufficiali, la capsula fa capolino qua e là anche su riviste scientifiche quotate. Ha circa un anno la pubblicazione di una correspondence sul New England Journal of Medicine, in cui Mark Appleyard del Royal London Hospital di Londra racconta di aver sperimentato il nuovo metodo su quattro pazienti con sanguinamento gastrointestinale di origine oscura. Il ricercatore, dopo aver descritto i quattro casi uno per uno, conclude che l’efficacia del nuovo strumento diagnostico è buona. Le informazioni che ha permesso di ottenere si sono infatti rivelate utili per decidere il trattamento più appropriato. Da rilevare la soddisfazione dei pazienti: tutti hanno ritenuto la capsula facile da deglutire e hanno trovato l’esame indolore e preferibile rispetto alla classica endoscopia.
COME BERE UN BICCHIER D'ACQUA
Dal punto di vista del paziente tra la videopillola e l’endoscopia tradizionale non c’è paragone. Solo la preparazione all’esame è simile. Per avere pulita la parte distale dell’intestino tenue al fine di non compromettere la visione delle pareti, il paziente deve sottostare a qualche restrizione dietetica: tre giorni di dieta ricca di liquidi e povera di fibre, solo liquidi trasparenti il giorno prima all’esame, quindi il liquido di lavaggio gastrointestinale e 12 ore di digiuno.
Ma da qui in avanti tutto cambia. Il giorno dell’esame il paziente viene fatto sdraiare per poter applicare sull’addome una decina di antenne (simili agli elettrodi dell’elettrocardiogramma) in grado di captare i segnali inviati dalla capsula durante il tragitto lungo il tubo digerente. Il paziente deve quindi indossare una cintura cui si allaccia un registratore di impulsi elettromagnetici, collegato alle antenne, che immagazzina le immagini prodotte dalla microtelecamera presente nella capsula.
A questo punto il paziente, con l’aiuto di un bicchier d’acqua, ingerisce la capsula precedentemente attivata dal medico. Da questo momento la microtelecamera per otto ore circa (è l’autonomia delle batterie) capterà tutto ciò che vede al ritmo di due immagini al secondo. Il paziente può muoversi liberamente. Può andare in giro e riprendere le normali attività con l’unica accortezza di non sottoporsi a campi magnetici, che potrebbero compromettere l’esito dell’esame: non può effettuare una risonanza magnetica, meglio che eviti di andare in banca, dove potrebbero verificarsi interferenze con il metal detector, meglio che non prenda l’aereo. Tre ore dopo l’ingestione della capsula può riprendere a mangiare e bere. La capsula viene espulsa naturalmente dopo un intervallo di tempo compreso tra un giorno e una settimana.
Una volta terminata la ripresa, circa otto ore dopo l’ingestione della capsula, il medico può staccare il registratore dalla cintura del paziente e visionare il filmato. Si calcolano un paio d’ore abbondanti per riversare sul computer e processare i dati immagazzinati e un’ora e mezza circa per la lettura completa del filmato. Presto sarà diffuso un apposito software che sarà in grado di tracciare il percorso fatto dalla capsula nell’intestino. Ciò permetterà al medico sia di andare a vedere i tratti dell’apparato digerente che gli interessano di più, sia di risalire al punto esatto di una lesione osservata, al fine di dare indicazioni molto precise al chirurgo che dovrà operare.
I PRIMI RISULTATI
Si può dire che la videopillola ha ben superato il collaudo. L’Italia, tra l’altro, è il paese che vanta il maggior numero di collaudatori: ha finora ingerito la capsula un centinaio abbondante di pazienti, reclutati nei tre centri coinvolti nello studio multicentrico (oltre a quello di Milano, il centro diretto da Francesco Paolo Rossini all’Ospedale San Giovanni di Torino e quello di Lucio Capurso al San Filippo Neri di Roma).
De Franchis, presentando i dati preliminari, si dichiara soddisfatto della sperimentazione, condotta su una trentina i pazienti, per lo più con sanguinamento di origine oscura. Il gastroenterologo milanese ha ritenuto di aggiungere una quarta indicazione a quelle previste dal protocollo originale: il trapianto di intestino. "In questo caso la capsula endoscopica potrebbe avere due funzioni" prevede de Franchis. "Potrebbe permettere di monitorare gli esiti del trapianto a distanza di tempo, sostituendo la più invasiva ileoscopia retrograda, ma soprattutto potrebbe mostrare eventuali segni espressivi di rigetto". L’indagine è in corso. E’ presto per fare ipotesi, ma i quadri finora visionati suggeriscono una dinamica di adattamento progressivo dell’intestino al nuovo ospite.
Riguardo ai dettagli tecnici, è emerso per esempio che il tempo medio di transito dalla bocca al piloro è più basso del previsto: un quarto d’ora, ma con una notevole variabilità individuale, andando da un minimo di quattro minuti a un massimo di tre ore e venti minuti Il transito intestinale, il passaggio cioè dal piloro alla valvola ileocecale, ha invece una durata media di quattro ore (da un minimo di due ore e mezza a un massimo di sei ore e un quarto): in tutti i casi esaminati la durata della batteria è stata sufficiente per l’esplorazione completa dell’intestino tenue.
Nonostante il numero di pazienti sia ancora troppo basso, si comincia ad avere un’idea della resa diagnostica. "L’esame ha permesso di arrivare alla diagnosi nel 30 per cento dei pazienti reclutati con sanguinamento di origine oscura, ma la percentuale sale a quasi il settanta per cento se si considerano solo i casi di emorragia palese, escludendo cioè quelli di sangue occulto" riporta de Franchis. "In almeno due casi la videopillola è stato un autentico salvavita. Il primo era un paziente in trattamento anticoagulante con episodi periodici di melena che avevano portato progressivamente a un’anemizzazione. La pillola endoscopica ha rivelato un getto di sangue a livello del digiuno prossimale, in una zona già esplorata dall’enteroscopio senza successo. La causa dell’emorragia era un emangiona estrinseco della parete intestinale. Nel secondo caso la capsula ha mostrato una piccola formazione polipoide del digiuno distale con una stria rossa alla sommità: si trattava di un GIST, ovvero un tumore stromale gastrointestinale maligno, che per fortuna era ancora abbastanza circoscritto".
Qualche rischio? Quello teorico è che la capsula incontri tratti stenotici, restando bloccata nel tubo digerente. E’ la ragione per cui la videopillola è per il momento negata a chi soffre di morbo di Crohn e di tumori potenzialmente stenosanti. Ma che succede se la pillola incontra una stenosi non prevista? "Nulla di grave: resta semplicemente bloccata" tranquillizza De Franchis. "E’ quello che è avvenuto, in effetti, a due dei nostri pazienti, ma in entrambi i casi la pillola ha risolto il quesito diagnostico e ha permesso di localizzare il punto in cui era necessario intervenire chirurgicamente. Il primo caso riguardava un soggetto che soffriva di melena ricorrente, e che era stato operato 20 anni prima per via toracica a causa della rottura traumatica del diaframma. L’intervento aveva provocato la formazione di aderenze tra intestino e diaframma, e il cieco si era spostato senza dare tuttavia segni di ostruzione. La capsula si è fermata lungo il tragitto e l’esame del filmato ha mostrato una stenosi serrata dell’ileo - probabilmente a causa di una ferita rimarginata - preceduta da una dilatazione in cui si erano formate ulcere sanguinanti. Il paziente è stato operato con successo. Stessa sorte in un caso analogo: una donna in cui la capsula ha rivelato una stenosi postchirurgica preceduta da una tasca piena di ulcere”.
Marta Erba

Nome comunemente assegnato a una nuova tecnica endoscopica che sfrutta una capsula (di 3,7 grammi di peso e lunga 27 millimetri) contenente un sistema video miniaturizzato.
E’ una pillola hi-tech ingoiabile, che percorre l’apparato digerente e invia all’esterno nitide immagini di interesse diagnostico. Non è una metodica che punta a soppiantare gastroscopia e colonscopia: questo sofisticato dispositivo miniaturizzato (che promette di ripetere nel mondo delle macchine la rivoluzione che l’incredibile riduzione del chip al silicio ha prodotto nell’elettronica) punta a sondare soprattutto l’intestino tenue, finora valutabile solo in modo incompleto e difficoltoso con le tecniche tradizionali. Confezionata in materiale biocompatibile e resistente all’azione dei succhi gastrici, la videopillola contiene 4 leds luminosi, una lente, una microtelecamera, 2 batterie, una radio trasmittente e un’antenna.

Una volta ingerita, comunica con un sistema di antenne indossato dallo stesso paziente e applicato sull’addome: consiste in 8 sensori, simili agli elettrodi che vengono impiegati per eseguire l’elettrocardiogramma. Le antenne sono poi collegate a un registratore digitale e a un insieme di pile, posizionati nelle tasche di una cintura.
La durata delle batterie, e quindi della registrazione, oscilla tra le 6 e le 8 ore. La videopillola, sospinta attraverso l’apparato digerente dalla peristalsi (le contrazioni naturali che muovono l’intestino e sospingono il cibo ingerito), trasmette le immagini al registratore. Il quale, con un segnale lampeggiante, avverte che l’acquisizione delle fotografie sta avvenendo regolarmente.

Alla fine del test, il sistema di antenne e la cintura vengono rimossi: a questo punto si collega il registratore (con le sue quasi 60 mila immagini raccolte) a un computer.
In generale, quest’esame (che tecnicamente ha un’etichetta ben precisa: enteroscopia con capsula) è indicato quando viene sospettata una qualsiasi patologia a carico dell’intestino tenue.
Al momento attuale, si presta soprattutto per identificare un’eventuale perdita di sangue. Ma può costituire un valido aiuto anche nel riconoscimento dei tumori.

I tumori maligni dell’intestino tenue sono neoplasie molto rare, rappresentando l’1-3% di tutte le neoplasie maligne del tubo digerente. I leiomiosarcomi costituiscono il 9-11% dei casi. Ma la sintomatologia è vaga e aspecifica. Ciò spiega il motivo per cui il riconoscimento di tali affezioni è tardivo. Le manifestazioni spesso sono legate alla comparsa di una complicanza, rappresentata più frequentemente dall’occlusione e poi, in modo decrescente, dalla emorragia digestiva e dalla perforazione.
La diagnostica, rappresentata dalla radiologia e talora dall’endoscopia, è in verità poco affidabile e scarsamente dirimente.
Così, questo microrobot, consentendo un check completo dell’intestino tenue e identificando difetti anche minimi, non evidenziabili con gli esami radiologici, può dunque fornire un concreto ausilio nella diagnosi.

Il viaggio della videopillola dev’essere preceduto da un’adeguata pulizia intestinale: il paziente deve seguire per una settimana circa una dieta ricca di liquidi e povera di fibre (come se dovesse eseguire una colonscopia); quindi il giorno prima assume un preparato lassativo e rispetta infine 12 ore di digiuno. La videopillola è monouso e viene espulsa con le feci.
Inventore della videopillola è il dottor Gavriel Iddan, ingegnere impegnato nello sviluppo dei sistemi di immagini per i missili per conto del ministero della Difesa israeliano, in collaborazione con il gastroenterologo inglese Paul Swain. In prospettiva, il dispositivo sarà dotato di prestazioni maggiori: sono in corso ricerche per migliorare l’illuminazione e per rendere la capsula manovrabile dall’esterno. Solo quando avrà raggiunto questi due obiettivi la pillola endoscopica potrà competere con l’endoscopia tradizionale.

Capsuloscopia


Viaggia nel tubo digerente registrando tutto il tragitto. Forse porterà una rivoluzione nella diagnostica, ma oggi la sua vera indicazione è una sola: i sanguinamenti intestinali di cui l'endoscopia tradizionale non riesce a individuare l'origine

Le applicazioni
I limiti
I lavori in corso
I primi pazienti
Conclusioni
Bibliografia



La microcamera che filma l'intestino
Marta Erba - redazione (Milano)


CAPSULE ENDOSCOPY
Occhio Clinico 2001; 7: 33

Key Words
Gastrointestinal Endoscopy; Gastrointestinal Haemorrhage; Wireless Capsule Endoscopy

Summary
The wireless capsule endoscopy, which is being tested in clinical trials, could represent an innovative diagnostic tool for examining the small intestine. Actually, this part of the digestive system is still hard to image with conventional endoscopy. To date, the capsule cannot be used for visualising wider gastrointestinal tracts such as the stomach and the large bowel. While further improvements aimed at overcoming these limits are being developed, good results have already been achieved. For now, the ideal candidates are patients whose diseases of the small bowel are hardly detectable using common diagnostic tools, provided there are no obstructions and narrowings along the intestine. Moreover, this procedure eliminates the discomfort experienced by patients when they undergo gastrointestinal examinations.

Dalla fantascienza alla scienza il passo è breve. Soprattutto quando la tecnologia all'avanguardia di un'industria specializzata in applicazioni militari si mette al servizio della ricerca biomedica. E' quanto ha fatto la Given Imaging di Yoqneam, in Israele, mettendo a punto uno strumento che, pur sembrando una capsula di antibiotico, è in realtà un endoscopio senza fili, che permette di visualizzare tutto il tratto digerente, dalla bocca al colon, per scoprirne eventuali lesioni o malformazioni. Nella capsula, infatti, sono incorporate una videocamera miniaturizzata, una sorgente di luce, due batterie e una radiotrasmittente (vedi la tabella a lato) che invia le immagini registrate lungo il tubo digerente a una serie di rilevatori sparsi sul corpo del paziente. La ripresa, che dura circa sei-otto ore, viene immagazzinata in un registratore portatile, e poi esaminata dal medico con un apposito software. Quest'ultimo elabora i segnali video trasmessi, e dalla loro intensità può risalire anche alla localizzazione esatta della capsula nel tratto gastroenterico. Lo strumento è stato proposto l'anno scorso (1), e recentemente sono state riportate le prime prove sul campo (2).
LE APPLICAZIONI


Come è fatta
  • una cupola trasparente
  • una lente
  • due sorgenti di luce laterali
  • una piccola telecamera
  • due batterie
  • una radiotrasmittente

I vantaggi teorici della capsula endoscopica sono notevoli. Un sistema che percorre da solo le vie intestinali permette innanzitutto di esplorare alcune sezioni finora poco accessibili: la terza porzione del duodeno e l'intestino tenue fino al confine con il colon. Oggi per scrutare le pareti dell'intestino tenue si utilizzano endoscopi molto lunghi, che vengono introdotti per bocca e fatti progredire per un metro o due dopo il duodeno. L'esame è comunque incompleto e provoca forti disagi al paziente, tanto da richiedere l'anestesia generale. Il secondo vantaggio è quindi la maggior compliance: per quanto l'endoscopia tradizionale, purché eseguita correttamente, sia quasi sempre ben tollerata, è innegabile che la semplice ingestione di una capsula sia preferibile. Anche i costi dovrebbero essere accettabili: pur considerando che la capsula è monouso, la spesa per ogni esame non dovrebbe superare molto quella di un'endoscopia tradizionale.
Per il momento le sue applicazioni sono però limitate. A tutt'oggi esiste un'unica indicazione assoluta: le patologie dell'intestino tenue non occlusive. Si escludono per esempio il morbo di Crohn e i tumori potenzialmente stenosanti. In sostanza, a trarre vantaggio da questo nuovo strumento sono soprattutto le lesioni intestinali non rivelate dall'endoscopia convenzionale. La capsula nella fase attuale ha quindi soltanto una funzione di completamento di quest'ultima.
I LIMITI


L'esame con la pillola

vantaggi

svantaggi

  • non è invasivo né doloroso
  • fornisce immagini di alta qualità del piccolo intestino
  • è un esame ambulatoriale
  • non permette di fare né biopsie né trattamenti
  • è indicata solo per patologie non occlusive del piccolo intestino

Non può essere usata per eseguire prelievi bioptici o trattamenti locali e al momento non è idonea per esplorare lo stomaco o il grosso intestino. Il loro calibro infatti è troppo grande per garantire una visione ottimale: in essi la capsula si muove in maniera incontrollata, registrando in una direzione casuale e facendo quindi un'esplorazione solo parziale. Nell'intestino tenue, invece, garantisce una visione a tutto campo delle pareti, riprendendole in avanti o in retromarcia a seconda dell'orientamento che prende entrando. Inoltre l'intensità delle sorgenti luminose è ancora insufficiente per le porzioni del tubo digerente di calibro maggiore. Si sta quindi cercando di migliorare l'illuminazione, e soprattutto di rendere la capsula manovrabile dall'esterno. Una volta raggiunti i due obiettivi (non prima di una decina d'anni) l'endoscopia tradizionale sarà forse definitivamente superata.
I LAVORI IN CORSO
La capsula oggi utilizzata è stata testata su una ventina di volontari sani e su qualche malato, e ora attende di superare le prove sperimentali su un gruppo di pazienti più vasto. Dopo la prima sperimentazione su volontari sani è infatti partito uno studio multicentrico europeo, che coinvolge anche l'Italia, con lo scopo di verificarne tollerabilità, sicurezza e resa diagnostica. Tre i centri interessati nella penisola: il Servizio di gastroenterologia ed endoscopia digestiva dell'Ospedale San Giovanni di Torino diretto da Francesco Paolo Rossini (coordinatore per l'Italia dello studio), il Servizio di gastroenterologia e endoscopia digestiva del Dipartimento di medicina interna diretto da Roberto De Franchis all'Ospedale maggiore di Milano e il Servizio di gastroenterologia di Lucio Capurso al San Filippo Neri di Roma. Ciascun centro deve reclutare venti pazienti idonei alla sperimentazione, ovvero con disturbi dell'intestino tenue ma senza restringimenti tali da bloccare la capsula durante il suo tragitto. Non sono quindi ammessi i pazienti con malattie potenzialmente stenosanti o che abbiano subìto interventi chirurgici allo stomaco. Per escludere la presenza di ostruzioni si effettua prima una radiografia dell'addome senza mezzo di contrasto alla ricerca di eventuali livelli idroaerei.
I candidati appartengono dunque a tre categorie: soggetti con sanguinamenti intestinali non identificati dalle indagini endoscopiche tradizionali, con poliposi nell'intestino tenue o con malattia celiaca resistente al trattamento dietetico (per la presenza di lesioni ulcerative digiuno-ileali o per la sovrapposizione di un linfoma intestinale). Se la nuova tecnica si dimostrerà sicura, ben tollerata ed efficiente, verrà promossa a metodo standard per le patologie non occlusive dell'intestino tenue.
I PRIMI PAZIENTI


L'esame passo dopo passo
  • è necessario il digiuno almeno per otto ore prima dell'assunzione della capsula e per due ore dopo
  • la capsula viene attivata prima dell'ingestione; le batterie hanno un'autonomia di otto ore, normalmente sufficienti per completare il percorso
  • sul torace e sull'addome del paziente vengono applicati ricevitori simili agli elettrodi dell'ecg, che captano gli impulsi radio
  • in una specie di cintura sono contenuti un registratore di impulsi elettromagnetici e una smart card (analoga a quelle utilizzate nelle fotocamere digitali) che immagazzina le immagini prodotte dalla microtelecamera
  • è possibile svolgere le normali attività durante la registrazione; vi sono poche precauzioni da ricordare, tra cui evitare campi elettromagnetici, per esempio andare in luoghi con metal detector
  • finita la ripresa, il medico estrae la smart card; un software elabora le informazioni registrate e realizza un video del percorso intestinale
  • la capsula, monouso, viene eliminata con le feci

La capsula è stata sperimentata su quattro malati con sanguinamento gastrointestinale di origine oscura o non controllato (2).
Il primo caso era una donna di 60 anni con teleangectasia emorragica ereditaria, trasfusa ogni anno con 12-15 unità di sangue. Gli estrogeni e l'elettrocoagulazione bipolare delle lesioni sanguinanti in corso di enteroscopia avevano ridotto la richiesta a circa quattro unità l'anno. La capsula ha mostrato angiodisplasie a livello di stomaco, duodeno e digiuno prossimale. Sono state trovate due grandi lesioni sanguinanti nel digiuno e nell'ileo. Il sanguinamento si è poi bloccato spontaneamente, senza richiedere un intervento chirurgico.
Il secondo paziente, un uomo di 39 anni con teleangectasia emorragica ereditaria, aveva bisogno di dieci unità di sangue ogni due mesi e non aveva risposto né al trattamento ormonale né a quello endoscopico delle lesioni. La capsula ha rivelato otto angiodisplasie nel duodeno e nel digiuno prossimale, nessuna lesione nel tratto distale del piccolo intestino e tre angiodisplasie nel crasso, sfuggite a una colonscopia eseguita poco tempo prima. E' stata quindi rinviata l'enteroscopia intraoperatoria e proseguito il trattamento delle angiodisplasie del colon e del tratto alto del tubo digerente.
Il terzo paziente era un ragazzo di 16 anni con melena e una pregressa emorragia intestinale all'età di due anni. Il suo livello di emoglobina era 9 g/dL. L'enteroscopia, la colonscopia e l'esplorazione delle vie digerenti superiori non avevano mostrato lesioni. La capsula non ha rivelato alcuna anomalia ed è stata così evitata l'enteroscopia intraoperatoria proposta in precedenza.
Per il quarto caso, un settantottenne con angiodisplasie gastrointestinali multiple, servivano ogni anno ben 72 unità di sangue. L'elettrocoagulazione aveva dimezzato la richiesta di trasfusioni. Nel 1955 era stato sottoposto a gastroenterostomia e vagotomia per un'ulcera duodenale. La capsula ha rivelato angiodisplasie multiple solo all'intestino tenue prossimale, per le quali è stato proseguito il trattamento.
CONCLUSIONI
La capsula endoscopica si propone come strumento utile per lo studio dei sanguinamenti intestinali, ma l'esame non può ancora essere prescritto.
E' però possibile, di fronte a un paziente che presenti le caratteristiche richieste, rivolgersi ai centri sopra riportati nei quali sono al momento in corso sperimentazioni cliniche.
Bibliografia (torna indietro)

 

La capsula endoscopica, Quattro luci nel buio dell'intestino tenue
Inviato da Andrea
martedì 18 ottobre 2005
Ultimo aggiornamento martedì 25 ottobre 2005
La capsula endoscopica, Quattro luci nel buio dell'intestino tenue di Paolo Bodini e Guglielmo Bianchi
(U.O. Medicina Generale e d'Urgenza Ospedale di Cremona - Servizio di Endoscopia Digestiva) II
Sistema Diagnostico Given Imaging mediante videocapsula prende spunto dalla necessità di esplorare uno dei tratti più
oscuri ed irraggiungibili dell'apparato gastroenterico: l'intestino tenue.
Il merito di avere realizzato tale sistema spetta ad una azienda israeliana specializzata in applicazioni militari. Il progetto,
in particolare, si basa su una invenzione di Gavriel Iddan, spinto in questa impresa dal racconto di un gastroenterologo
incontrato durante un viaggio a Boston, che lo aveva incuriosito parlandogli delle difficoltà di esplorare il tratto
gastroenterico per la mancanza di tecniche diagnostiche adatte.
Il cosiddetto piccolo intestino, infatti, è ancora una regione, nella quale l'endoscopia tradizionale non ha potuto
esprimersi sia per le difficoltà tecniche di esecuzione sia per la discreta invasività e il relativo fastidio per il paziente. Oltre a
ciò, l'enteroscopia classica non va oltre i 70-100 centimetri del primo tratto dell'intestino tenue, che misura 6-7 metri di
lunghezza.
Il paziente deve, inoltre, sopportare una sedazione profonda, se non addirittura un'anestesia generale, con un lungo
tempo di indagine e con un certo numero di complicanze.
Anche l'esplorazione radiologica tramite clisma del tenue presenta limiti tecnici oggettivi, non permettendo la visione
diretta della mucos a intestinale. La videocapsula rappresenta un gioiello dell'attuale tecnologia video. Le dimensioni
effettive sono di 11 mm. di diametro per una lunghezza di 27 mm, facilmente ingeribile da parte del paziente. In essa
sono contenuti quattro diodi luminosi per visualizzare in modo ottimale la parete gastroenterica,
un obbiettivo, una microtelecamera per la ripresa delle immagini video, un trasmettitore ed una serie di antennine per la
trasmissione di quanto ripreso, il tutto alimentato da due batterie.
L'obiettivo ha un angolo di ripresa di 140°, con una focale minima pari alla distanza tra lo stesso obbiettivo e la cupoletta
trasparente di protezione. Ciò permette di ottenere immagini sempre a fuoco, anche se contro parete. L'involucro esterno,
trasparente nella parte frontale davanti all'obbiettivo, è di materiale plastico biocompatibile e naturalmente indigeribile.
La forma cilindrica, rastremata alle due estremità, fa in modo che la capsula durante il tragitto sia spinta dalla stessa
peristalsi e scorra in asse con l'intestino tenue, assicurando la visione frontale continua di tutta la parete. Nei rari casi in
cui la capsula dovesse imboccare il tenue nella posizione di visione retrograda, essa non farà altro che riprendere le
stesse immagini posteriormente.
La microcamera è in grado di acquisire due immagini al secondo, per la durata di circa otto ore dalla sua attivazione,
corrispondenti all'autonomia delle batterie.
Automaticamente, le immagini vengono trasmesse ad un registratore digitale per mezzo di otto sensori applicati
all'addome del paziente secondo un preciso schema.
Il registratore, particolarmente leggero, è sostenuto alla vita del paziente da un'apposita cintura regolabile.
Durante l'esame il paziente può lasciare l'ospedale e dedicarsi alle sue abituali attività, con l'unica avvertenza di evitare
l'esposizione a campi magnetici, in grado di interferire con il funzionamento della capsula (per esempio la risonanza o il
metal detector delle banche). Trascorse otto ore il paziente tornerà in ospedale per la consegna del registratore. Nel
momento in cui la capsula finisce la propria autonomia non si dovrà fare altro che scaricare le otto ore di registrazione in
un apposito computer, dove uno specifico software provvedere a compattare le immagini in un vi deo di 45 minuti per
una rapida lettura e per la successiva inter-pretazione diagnostica. La capsula verrà espulsa per vie naturali nell'arco di 24-
48 ore seguenti. Basta un goccio d'acqua e la microcamera va giù
La capsula endoscopica non sostituisce la gastroscopia, ma rappresenta uno strumento aggiuntivo e
complementare II limite maggiore di questo strumento di indagine è che nella sua forma attuale si presta
esclusivamente allo studio dell'intestino tenue e questo per due motivi.
Il primo motivo è che lo stomaco ed il colon hanno un calibro piuttosto ampio e le sorgenti luminose della capsula non
sono abbastanza potenti per garantire l'illuminazione necessaria; il secondo è che la capsula non è guidabile e quindi,
sia nello stomaco che nel colon, a differenza del tenue dove si infila perfettamente, tende a girare su se stessa,
riprendendo a caso e impedendo un'esplorazione completa dell'interno dei visceri.
La capsula, dunque, non sostituisce la gastroscopia né la colonscopia, rappresentando uno strumento aggiuntivo e
complementare nell'individuazione di anormalità dell'intestino tenue, con particolare attenzione alla ricerca delle cause di
sanguinameto oscuro, al morbo di Crohn, alla poliposi e alla celiachia refrattaria. L'indagine con videocapsula è
controindicata durante la gravidanza, in pazienti portatori di pace-maker cardiaci o di altri dispositivi elettromedicali, in
pazienti gastroresecati o con restringimenti noti a carico dell'apparato digerente.
Pertanto, l'utilizzo della capsula endoscopica deve essere riservata a pazienti selezionati, a completamento di un
adeguato iter diagnostico.
Anche gli aspetti economici non sono trascurabili. Il prezzo della capsula, che per ovvi motivi non è riutilizzabile, è di
circa 8OOmila lire, ma se ne prevede una significativa diminuzione non appena si arriverà alla produzione industriale. Per
quanto riguarda l'intera apparecchiatura il costo è all'incirca di 80 milioni di lire.
L'impossibilità di telecomandare la capsula dall'esterno, di eseguire biopsie, di utilizzare questo strumento, a causa delle
sue dimensioni, nei pazienti con stenosi intestinali, non ci permettono attualmente di applicare in maniera estesa questa
metodica, ma riteniamo che l'ulteriore evoluzione tecnologica con il superamento dei limiti suddetti, metterà in discussione
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non solo il ruolo degli esami radiologici, ma ridimensionerà anche quello
dell'endoscopia tradizionale. Il sistema diagnostico mediante videocamera rientra certamente nel campo della
endoscopia intesa come strumento per andare a &ldquo;vedere dentro&rdquo;, ma è ben diverso il feeling con il
paziente rispetto ai tradizionali esami endoscopia.
Infatti, al di là di un lieve fastidio nell'inghiottire la capsula, peraltro poco più grande di una pillola antibiotica, il paziente
non si accorgerà di avere un &ldquo;corpo estraneo&rdquo; che sta percorrendo il suo corpo. Sei lunghi metri di
esplorazione, centimetro per centimetro, senza nessuna difficoltà per il paziente.
Tanti anni fa Mary Poppins cantava «basta un poco di zucchero e la pillola va giù». Ora anche i pazienti potranno
affermare con soddisfazione «basta un mezzo di bicchiere di acqua... e la videocapsula va giù». Paolo
Bodini e Guglielmo Bianchi L'articolo è stato tratto dal quotidiano "La Provincia di Crema e Cremona" .
Non ricordo purtroppo la data del giornale, dovrebbe comunque trattarsi degli ultimi giorni del mese di gennaio 2002.
Crohn.it
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Grazie alla collaborazione della ditta distributrice in Italia del sistema di endoscopia basato sull'utilizzo di una video capsula è stato possibile mettere a vostra disposizione una raccolta di materiale su tale argomento.
Cos'è il sistema di endoscopia con Video Capsula
Fino a poco tempo fa per potere esplorare dall'interno il piccolo intestino (intestino tenue ed ileo) era necessario utilizzare il tradizionale endoscopio. Si tratta di una sonda a fibre ottiche che trasmette ad un monitor le immagini riprese dall'interno dell'apparato digerente. Per sottoporsi a tale esame il paziente era costretto ad una procedura di preparazione che prevedeva, tra l'altro, la somministrazione di farmaci tranquillanti per rendere il più confortevole possibile la procedura. Il paziente veniva inoltre trattenuto in Day Hospital. In casi estremi si procedeva ad un intervento chirurgico esplorativo.
Con l'arrivo della Video Capsula la somministrazione dei tranquillanti non è più necessaria e neppure il ricovero in day hospital. Il paziente ingerisce una capsula dalle dimensioni di un antibiotico (26mm x 11mm) ed è libero di uscire.
Composizione del sistema di diagnostica
I componenti di questo rivoluzionario sistema di endoscopia sono 3:


 1.

 La video capsula che viene inghiottita dal paziente. L'avanzamento della stessa lungo il tratto gastro-intestinale è assicurato dalla normale peristalsi (il movimento naturale dell'intestino). Durante il percorso, trasmette i segnali video che sono memorizzati nell'unità ricevitore. Questi segnali permettono inoltre di monitorare la posizione della capsula all'interno del tubo digerente. Alla fine viene espulsa naturalmente assieme alle feci.


Schema della Video Capsula:
1. Corpo ottico; 2. Lente; 3. LED di illuminazione; 4. CMOS; 5. Batterie; 6. Trasmettitore ASIC; 7. Antenna

Sezione della Video Capsula

 2.

 Un registratore portatile che viene portato alla cintura e che riceve i segnali inviati dalla capsula grazie ad un sistema di sensori sistemati sull'addome del paziente. Le caratteristiche del registratore permettono al paziente di continuare la normale attività giornaliera.

3. 

 Un computer, equipaggiato con software (programmi) appositamente studiato che elabora i dati registrati nel registratore e produce un breve video del transito oltre ad una serie di informazioni supplementari sul tratto intestinale.

 

La procedura diagnostica
Sottoporsi a questo tipo di esame è molto semplice e, soprattutto, indolore. Il paziente resta digiuno a partire dalla cena precedente il giorno dell'esame. Prima di ingerire la capsula viene posizionato il sistema di sensore ed assicurato alla cintura il registratore. Quindi:

Analisi dei risultati
Una volta completata la procedura il paziente restituisce la cintura con il registratore. I dati sono quindi scaricati dalla cintura al computer. Questo permette al medico di guardare il video prodotto dalla capsula, oltre che individuare ad ogni istante dove si trovava. Il programma permette inoltre al medico di avanzare un fotogramma alla volta per una migliore analisi delle immagini.
Centri in cui è stata distribuita la Video Capsula

Fonte: M.G. Lorenzatto distributore italiano della video capsula

 

Il sistema di diagnosi per immagini M2ATM GIVEN, è stato adottato dall'Unità di Gastroenterologia di Feltre, uno fra i primi reparti in Italia ad usare questo metodo, prodotto dalla ditta statunitense Given Imaging, e distribuito in Italia dalla M.G.Lorenzatto S.p.A. di Grugliasco (To).

Il suo acquisto da parte dell'Unità di Gastroenterologia di Feltre è assolutamente innovativo; il sistema è infatti destinato a rivoluzionare le diagnosi delle malattie intestinali ed eviterà i consueti disagi al paziente durante l'esame. Come affermato dal responsabile del servizio bellunese, il dott. Michele De Boni, l'Unità comincerà ad usare questo metodo nel maggio 2001.

Il sistema M2ATM GIVEN è composto da tre semplici strumenti:



L'inizio dell'esame consiste nell'ingestione, da parte del paziente, della capsula M2ATM che, una volta nello stomaco e nell'intestino trasmette immagini a colori ed è in grado di visualizzarle durante il transito attraverso l'apparato digerente. Il movimento della capsula nell'intestino è assicurato dall'attività peristaltica dei muscoli intestinali.
La somministrazione della capsula è ambulatoriale, non causa alcun disagio o sensazioni sgradevoli durante l'ingerimento e consente al paziente illimitata autonomia di movimento.
Una volta raccolti i dati, grazie alla cintura con sensori e registratore di immagini a colori allacciata alla vita del paziente, questi vengono analizzati ed elaborati dal software RAPID TM WORKSTATION.


Il software RAPIDTM consente un'ampia gamma di elaborazioni quali la memorizzazione dei dati, l'elaborazione delle immagini, la produzione di video e la predisposizione di una barra temporizzatrice in sincrono con il percorso della capsula.
Nella foto qui sotto sono messi a confronto il "vecchio" ed il "nuovo" metodo di analisi: appare sicuramente evidente la minor invasività di quest'ultimo.

N.B.: la Capsula M2ATM non sostituisce in alcun modo ne' la gastroscopia ne' la colonscopia.
L´impiego della "videocapsula" non sostituisce gli esami endoscopici di primo livello come per esempio la gastroscopia, anche se il progressivo rimpicciolimento delle sonde e l´impiego delle micro telecamere può presto portare a novità pure in questo campo.

Tra le indicazioni di impiego della videocapsula endoscopica c´è il sanguinamento gastrointestinale oscuro o occulto, il sospetto e il follow-up del morbo di Crohn, la sorveglianza delle poliposi familiari.