Terapia comportamentale

La terapia comportamentale è - in psicologia - la terapia che si occupa esclusivamente del comportamento che - secondo il punto di vista dei terapisti - viene appreso naturalmente all'interno del proprio ambiente.

Piuttosto che analizzare le ragioni inconsce che motivano il comportamento dell'individuo, il terapista comportamentale vuole solamente aiutare il paziente a cambiare del tutto o a modificare i suoi comportamenti problematici.

Terapia breve

La terapia breve è più correttamente definita psicoterapia breve strategica, in inglese "Brief Strategic Therapy"; questo modello parte dall'assunto che un problema psicologico, o "sintomo" deve la sua persistenza al fatto che le soluzioni per superarlo non sono state efficaci.
Indice
[nascondi]

* 1 Come funziona
* 2 Storia
* 3 Campi d'impiego
* 4 Voci correlate

[modifica] Come funziona

La psicoterapia breve è un processo limitato nel tempo, rivolto ad un obiettivo circoscritto e ad un'azione preventiva mediante l'uso flessibile di diverse tecniche ed un ruolo attivo del terapeuta su pazienti selezionati motivati, in grado di procedere nell'autogestione delle proprie problematiche.

La BST quindi analizza le soluzioni inefficaci, che svelano la struttura del problema, e costruisce strategie alternative (come ad esempio la prescrizione del sintomo stesso - se riesco a far avvenire un qualcosa che esce dal mio controllo, allora lo controllo...- ) che interrompono il circolo vizioso fra soluzioni inefficaci e sintomo stesso. Le tecniche impiegate ingannano la percezione problematica del paziente portandolo inavvertitamente a provare nuovi comportamenti. Questi si trova a superare una situazione per lui problematica senza riconoscerla come tale, perché la sua attenzione o il suo modo di vedere sono stati opportunamente guidati dal terapeuta.

Questo in genere porta una persona, una coppia, o una famiglia, al totale superamento del problema, o ad un marcato miglioramento, in tempi molto rapidi, cioè, in media, nell'arco di 10-15 sedute di psicoterapia.

[modifica] Storia

La psicoterapia breve strategica fu elaborata dalla Scuola di Palo Alto (California, USA, all'inizio degli anni '60, con i contributi di P. Watzlawick, D. D. Jackson, J. Haley, G. Bateson e altri, e continuamente aggiornata. Le prime ricerche furono pubblicate nel 1974 Watzlawick con altri studiosi del Mental Research Institute. Si attinge ai precedenti piú varî, dal pensiero cinese (come i Trentasei stratagemmi o L'arte della guerra di Sun Tzu) all'arte della persuasione dei sofisti, e agl'insegnamenti dello Zen. Vi sono resistenze da parte dei sostenitori di altre cure e in alcuni casi sembrano preferibili tecniche diverse, ma la fortuna di questa terapia breve si è accresciuta molto velocemente, anche in Italia.

[modifica] Campi d'impiego

Oggi sistemi e tecniche della terapia breve strategica sono sempre piú usati nel management e si sta diffondendo anche la pratica dell'autoaiuto (self-help), grazie ai libri di divulgazione che si trovano sul mercato. Pare probabile che questo modo di pensare trovi impieghi anche piú differenziati nel futuro prossimo.

Terapia familiare

La terapia familiare è un modello di intervento terapeutico che deriva dalle teorie sistemico-relazionali sul significato del disagio e dei sintomi psichici espressi dagli individui.

Esistono anche modelli di intervento familiare di derivazione psicoanalitica particolarmente sviluppati in Inghilterra (Tavistock Clinic), Francia (Kaes e altri) e Argentina, che hanno preso particolare ispirazione fra l'altro dai modelli psicoanalitici di funzionamento dei gruppi (Wilfred Bion e altri) e dei gruppi familiari (Donald Meltzer e Martha Harris).

[modifica] La terapia famigliare

Secondo l'approccio sistemico-relazionale i sintomi e il disagio del singolo individuo sono il risultato di un intersecarsi complesso tra esperienza soggettiva, qualità delle relazioni interpersonali più significative e capacità cognitive di autovalutazione della propria situazione.

I sintomi di una persona, oltre ad esprimere in maniera metaforica il conflitto psichico soggettivo, acquisiscono una funzione precisa all'interno del sistema relazionale in cui emergono.

La famiglia, intesa come il sistema vivente di riferimento principale nell'esperienza emotiva di una persona, è il primo contesto esperienziale all'interno del quale i sintomi assumono una funzione precisa nel funzionamento relazionale del gruppo di persone che ne fanno parte.

I conflitti che tendono a disgregare il sistema-famiglia creano una tensione emotiva che di solito viene vissuta in termini drammatici dal soggetto portatore del sintomo; egli si fa carico, attraverso la manifestazione dei sintomi, di distogliere i membri della famiglia dall'affrontare in modo manifesto le proprie difficoltà di relazione, accentrando l'attenzione su di sé.

Il sintomo ha quindi una doppia valenza: segnala alla famiglia l'esistenza di un disagio e, nello stesso tempo, rende innocuo il suo potere distruttivo accentrando su di sé tutte le preoccupazioni degli altri membri.

La terapia familiare interviene attraverso varie tecniche di lavoro sulle famiglie, operando su 4 livelli principali di osservazione:

* la storia trigenerazionale della famiglia (nonni-genitori-figli)
* l'organizzazione relazionale e comunicativa attuale della famiglia
* la funzione del sintomo del singolo individuo nell'equilibrio della famiglia
* la fase del ciclo vitale della famiglia in cui si presenta il sintomo del singolo (ciclo vitale: rappresenta una tappa delle varie fasi evolutive attraversate da un sistema-famiglia; si parla, ad esempio dell'uscita da casa dei figli a seguito del matrimonio, del decesso di un genitore o della nascita di un figlio etc. Questi eventi costringono il sistema a riorganizzarsi e quindi ad evolvere verso nuovi assetti relazionali.).

Le tecniche, attraverso l'utilizzo di compiti da attuare sia nelle sedute terapeutiche che a casa, si articolano intorno alle problematiche dei ruoli, della gerarchia, delle alleanze, e della qualità della comunicazione.

[modifica] La terapia famigliare

Secondo l'approccio psicoanalitico la famiglia è un particolare tipo di gruppo in cui, come nei gruppi in generale, ostacoli al funzionamento possono derivare da conflitti fra le funzioni, i compiti e i ruoli dei vari membri (Gruppo di Lavoro, nella concettualizzazione di Bion) e dinamiche e pulsioni sottostanti non coscienti (Assunti di Base).

Nella famiglia, in particolare, assumono importanza nel creare disfunzioni e disturbi le confusioni fra ruoli e funzioni adulte e infantili (ad esempio la funzione di un padre assente assunta impropriamente da un figlio maschio che, facendo un salto generazionale, diventa il marito-figlio della madre; oppure un figlio che addirittura vuole insegnare ai propri genitori come essere genitori, eseguendo un doppio salto generazionale andando a ricoprire il ruolo proprio dei nonni.).

L'intervento tende a diminuire le confusioni e favorire la maturazione di funzioni genitoriali distinte dalle componenti infantili, per ricostituire un contenimento sufficiente che riduca gli ostacoli e faciliti l'evoluzione del gruppo-famiglia e dei suoi membri.

Ipnoterapia

L'ipnoterapia è l'applicazione in campo terapeutico dell'ipnosi. (Il termine "ipnoterapia" sebbene sia generalmente usato per dire della terapia fatta con ipnosi è più idoneo a definite la terapia del sonno. Il Prof. F.Granone fondatore Del Centro Italiano di Ipnosi Clinica e Sperimentale propone il termine più adeguato di "Ipnositerapia")

L'ipnosi è conosciuta e studiata ormai da secoli, ma solo da pochi decenni e con pareri discordi è stata accolta in campo terapeutico nella cura di nevrosi o per eliminare disturbi di tipo comportamentale.

Solo con Anton Mesmer, agli inizi del XIX secolo, l'ipnosi comincia a divenire fenomeno culturale "di massa" nella Parigi "bene", conquistando col suo carisma la corte parigina. Mesmer, sottoposto a un'indagine scientifica da parte di due commissioni nominate dal Re di Francia, venne sbugiardato apertamente e conseguentemente allontanato da Parigi. La medicina ufficiale di Vienna, accusandolo di praticare magia, obbligò Mesmer a lasciare l'Austria. Le sue teorie assai poco scientifiche del magnetismo animale, e del fluido magnetico, ebbero un declino.

James Braid, in Inghilterra, coniò i termini di "ipnosi" e "ipnotismo", con un approccio maggiormente scientifico.

La svolta in campo terapeutico avverrà grazie all'opera del medico parigino Jean-Martin Charcot che la utilizzava per curare i casi di isteria nella clinica di Nancy già nel 1880. Suo allievo fu Sigmund Freud che in un primo momento rimase entusiasta del nuovo metodo, ma poi ne sospese l'utilizzo per i gravi inconvenienti legati alla tecnica ipnotica dell'epoca, e al suo uso dell'ipnosi troppo direttivo e paterno, che non trovò applicazione in una sua paziente, facendolo così desistere.

Punto di svolta fu rappresentato dall'opera del medico Milton Erickson che sostituì il "modello unidirezionale" (l'ipnotista si avvale di suggestioni dirette implicanti una risposta di servile accettazione da parte del paziente) con un modello che permette al paziente di condizionare e controllare la trance di tipo ipnotico attraverso la sua mimica e le sue resistenze.

Analisi transazionale

L'analisi transazionale è una teoria psicologica ideata da Eric Berne negli anni cinquanta del XX secolo.

La teoria parte da assunti di base comuni ad altre teorie: ogni comunicazione avviene su due livelli che si influenzano reciprocamente, il contenuto (il cosa si dice) e la forma (il come lo si dice). Si comunica secondo segnali verbali e non verbali e se il verbale è contraddetto dal non verbale, ne è inficiato. Ciascuno di noi è libero e responsabile dei propri comportamenti.
Indice
[nascondi]

* 1 I tre stati dell'Io
* 2 L'egogramma
* 3 Glossario di AT
o 3.1 Carezze (Stroke Economy)
o 3.2 Emozioni parassite
o 3.3 Gioco
o 3.4 Guarigione
o 3.5 Matrice di Svalutazione
o 3.6 OK Corrall
o 3.7 Problem Solving
o 3.8 Qui-E-Ora
o 3.9 Rigenitorializzazione
o 3.10 Script/Copione
o 3.11 Spontaneità
o 3.12 Strutturazione del tempo
o 3.13 Svalutazione

[modifica] I tre stati dell'Io

L'analisi transazionale schematizza l'Io rappresentandolo graficamente come una sola personalità, tre stati dell'Io e dodici variazioni. I tre stati dell'Io sono:

1. Genitore
2. Adulto
3. Bambino

Lo stato Genitoriale si schematizza ulteriormente in:

* Genitore Affettivo
* Genitore Critico

Lo stato Bambino si schematizza ulteriormente in:

* Bambino Libero
* Bambino Ribelle
* Bambino Adattato

La comunicazione tra due individui può essere letta come una transazione (o scambio) tra stati diversi o omologhi dei due Io, quindi, si parla nel primo caso di transazioni invertite e nel secondo di transazioni dirette. Ogni stato dell'Io ha connotazioni positive e connotazioni negative, lo stato Genitoriale Critico, nella sua accezione positiva, guida, insegna e offre regole e valori, lo stato Genitoriale Critico, nella sua accezione negativa, impone, rimprovera, punisce, critica. Lo stato Genitoriale Affettivo, mentre nella sua accezione positiva, cura e incoraggia, nella sua accezione negativa si sostituisce e condiziona il suo affetto ad un avere. Lo stato Adulto, nella sua accezione positiva, vive oggettivamente la realtà, non drammatizza l'errore e decide in base a ciò che è noto, invece, nella sua accezione negativa trascura le emozioni e non si cura dei rapporti interpersonali. Il Bambino Adattato positivo, accetta le regole, collabora e agisce per farsi accettare, il Bambino Adattato negativo, si sottomette alle regole, si compiange e subisce per farsi accettare. Il Bambino Ribelle positivo ha spirito d'iniziativa, il Bambino Ribelle negativo è sempre contrario per principio. Il Bambino Libero positivo si esprime in tutto liberamente, mostrandosi apertamente. La parte Genitoriale dell'Io è dove sono custodite le esperienze e gli esempi, la parte Adulta è dove si elaborano le informazioni, la parte Bambino dell'Io è dove è racchiusa la spontaneità e l'emotività. Uno strumento utilizzato dall'Analisi Transazionale è l'egogramma che consiste in un grafico prodotto esaminando le risposte fornite a dei test.

[modifica] L'egogramma

L'egogramma ha in ordinata i punteggi riferiti alle risposte e in ascissa gli stati dell'Io. L'istogramma che si forma per ogni stato fornisce l'energia spesa, la differenza energetica tra uno stato e l'altro fornisce una descrizione degli stati dominanti, ovviamente, dato che ogni stato dell'Io può avere una forma positiva e una forma negativa, il risultato, non fornisce un giudizio sull'individuo, ma solo la forma probabile che prenderanno le sue transazioni con gli altri individui. Stewart e Joines nel loro libro lo chiamano anche OK Corrall (vedi Glossario).

[modifica] Glossario di AT

[modifica] Carezze (Stroke Economy)

Le transazioni consistono in uno scambio di stimoli che in AT vengono denominati carezze (strokes). L'AT considera le carezze e le modalità del loro scambio come strumento di diagnosi e di terapia. Durante lo sviluppo della personalità, l'individuo può imparare alcune regole che costituiscono la base della cosiddetta Stroke Economy:

* non puoi chiedere le carezze che desideri
* non puoi dare le carezze che desideri dare
* non puoi rifiutare le carezze che non desideri

La Stroke Economy può essere insegnata dai genitori o dalle altre figure di attaccamento nel periodo in cui l'individuo dipende da loro per il proprio sviluppo e per migliorare il controllo necessario legato alla responsabilità. In seguito possono verificarsi negli individui difficoltà a derogare da queste regole. La scelta di non consentirsi deroghe dalla Stroke Economy allontana l'individuo dalla spontaneità, un elemento importante della guarigione. Si generano nell'individuo svalutazioni ed emozioni parassite.

[modifica] Emozioni parassite

Le emozioni in una persona sana sono vissute in armonia con i propri bisogni e desideri. Le emozioni che l'individuo vive però possono anche impedirgli di realizzare quelli che ritiene i propri bisogni e desideri. Per esempio, l'individuo potrebbe essere triste sebbene si trovi ad una festa e desideri socializzare. La tristezza viene vissuta strutturando il tempo nell'isolamento, e si verifica l'impossibilità di procedere nella strutturazione del tempo verso l'intimità desiderata e verso uno scambio di carezze più stimolanti. In tal caso la tristezza si può quindi definire come una emozione parassita.

Le emozioni parassite si presentano unite alle svalutazioni e si contrastano insieme a queste.

[modifica] Gioco

Tipologia di Strutturazione del tempo ad alto contenuto emotivo, ma altamente prevedibile che si svolge secondo uno schema fisso e termina in modo sgradevole per entrambe i partecipanti. Alla base di dipendenze, litigi frequenti, incomprensioni durevoli e simili sofferenze.

Lo schema è il seguente:

G + A = R > S > X > TC

G = Gancio, vale a dire la prima mossa o stimolo che compie il giocatore partendo da una svalutazione di sé, o degli altri, o della realtà, e cercando di coinvolgere altre persone nel proprio gioco (Francesco si lamentava dicendo di non saper eseguire la consegna perché era per lui troppo difficile: svalutazione di sé).

A = Anello, vale a dire l’aggancio dell’interlocutore allo stimolo, il punto debole di chi si lascia "agganciare" (l’insegnante risponde che l’attività non è affatto difficile e che si può eseguire anche in poco tempo).

R = Risposta al G + A nella comunicazione (Francesco dice che proverà a svolgere il compito, ma non lo finisce; l’insegnante si infuria e minaccia di mandarlo fuori in punizione per l’intera giornata).

S = Scambio di ruoli (o Colpo di scena) che avviene ad un certo punto del gioco (Francesco inizia a disturbare in classe perseguitando la maestra; l’insegnante, vittima del suo atteggiamento, sente di non riuscire a dominarlo).

X = Confusione, vale a dire disagio psicologico negli interlocutori (sia Francesco sia l’insegnante avvertono un notevole intensificarsi del vissuto emotivo).

TC = Tornaconto, vale a dire stato d’animo finale negativo in entrambi gli interlocutori (Francesco è triste perché rimane lontano dalla sua maestra e dai suoi compagni tutto il giorno, mentre l’insegnante sente di aver fallito come insegnante e come educatrice).


[modifica] Guarigione

L'obiettivo che ci si prefigge avviando la terapia AT è di ristabilire la spontaneità e di rendere più stabile la condizione di problem solving dell'individuo. In questo senso si tratta quindi di avvicinarsi alla condizione in cui le emozioni ci aiutano a risolvere i nostri problemi e a soddisfare i nostri bisogni, anziché contrastare i nostri sforzi ed intralciarli inutilmente.

[modifica] Matrice di Svalutazione

Strumento sviluppato da Mellor e Schiff. La Matrice di Svalutazione consiste in una matrice con le colonne Stimoli, Problemi, Opzioni e con le righe Esistenza, Importanza, Possibilità di cambiamento, Capacità personali di cambiamento. Procedendo secondo un ordine prestabilito dagli studiosi che lo propongono (a partire dall'Esistenza degli Stimoli) si può scoprire in quale area avviene la Svalutazione. Una volta individuata si può procedere a rimuoverla. Per esempio la casella Esistenza degli Stimoli si compila descrivendo ciò che si prova. Bruciore di stomaco, tristezza, difficoltà di concentrazione, rabbia, rancore, dolore, eccessiva euforia, eccetera. Poi si passerà a determinare l'Importanza di questo Stimolo, il che richiede una conoscenza del corpo e dell'animo umano che si può approfondire appositamente per imparare a compilare la matrice. Si tratta di una tecnica molto accessibile che porta rapidissimi e stabili miglioramenti ripristinando la condizione di Problem Solving.

[modifica] OK Corrall

Si tratta di un modo di rappresentare l'insieme di convinzioni su se stessi e sugli altri su due assi I, U.

[modifica] Problem Solving

Attività, stato e capacità dell'individuo Spontaneo che consiste nell'individuare i propri bisogni e desideri con precisione e realismo ed agire in maniera concreta ed efficace per realizzarli in tempo utile utilizzando tutte le informazioni a disposizione. L'Analisi Transazionale fornisce la base teorica per un lavoro terapeutico che si rivolga a proteggere e sviluppare il Problem Solving.

[modifica] Qui-E-Ora

Insieme di stimoli reali che il corpo percepisce dall'ambiente circostante tramite i cinque sensi qui e adesso. Le Svalutazioni sopprimono, restringono e deformano gli stimoli percepiti nel Qui-E-Ora, impedendo il loro utilizzo per il Problem Solving. Rimanere nel Qui-E-Ora può essere fonte di emozioni molto piacevoli e benefiche. Si tratta di una esperienza che può essere assimilata alla gioia del gioco infantile, produrre uno stato di Flusso (area di performance ottimale) o somigliare a certi tipi e stati di meditazione. Nel caso l'individuo si trovi in compagnia la gestione del Qui-E-Ora conduce alla Strutturazione del tempo (vedi) secondo una modalità precisa.

[modifica] Rigenitorializzazione

Processo terapeutico adottato dagli Schiff basato sul ricreare un ruolo genitoriale temporaneo a scopo terapeutico coltivando nel terapeuta lo Stato dell'Io del Genitore. Gradualmente il paziente si esercita ed apprende attraverso la relazione con il terapeuta-Genitore degli Stati dell'Io Genitore e Bambino più consoni al suo armonioso sviluppo e più sani. Per dare una cornice equa al processo gli Schiff adottavano legalmente i pazienti.

[modifica] Script/Copione

L’A.T. fornisce anche una teoria dello sviluppo infantile. Il concetto di “copione”, tra i più noti in quest’ambito, illustra come molti degli schemi di vita attuali di un soggetto abbiano origine nell’infanzia. Nel quadro del copione, l’A.T. elabora spiegazioni di come l’adulto riproponga continuamente le strategie che ha appreso nell’infanzia, anche quando esse generano risultati dolorosi o autolesionisti: l’A.T. propone così una teoria della psicopatologia.

[modifica] Spontaneità

Una parte essenziale della Guarigione: viene intesa come la capacità di reagire in maniera appropriata a quello che avviene Qui-e-ora. Se siamo spontanei le nostre reazioni naturali ci aiutano a realizzare i nostri bisogni e desideri. Non si parlerà di Spontaneità quando queste invece finiscono con l'ostacolarci o risultare inutilmente costose. Nel primo caso le emozioni verranno chiamate Emozioni Genuine nel caso opposto in AT si parla di Emozioni Parassite. La Spontaneità viene danneggiata dalle Svalutazioni (vedi).

[modifica] Strutturazione del tempo

In AT si considera che ogni individuo posto in presenza di altri sceglierà liberamente di strutturare il proprio tempo in uno dei seguenti modi:

* Isolamento (l'individuo evita gli altri e non vi interagisce)
* Rituali (l'individuo si impegna in interazioni regolate da norme condivise)
* Passatempi (oltre alle norme condivise si presenta la possibilità di ricche variazioni come negli scacchi o alle carte ma sempre sulla base di regole rigide)
* Attività (le regole sono imposte non più dalla convenzione sola ma dalla necessità; un esempio è l'attività lavorativa volta a guadagnarsi da vivere)
* Giochi (interazioni ad alto contenuto emotivo ma di natura ripetitiva: litigi frequenti e discussioni inutili, ripicche; avviene secondo uno schema fisso, vedi "gioco" nel glossario)
* Intimità

La lista è in ordine crescente di rischio e anche in ordine crescente di intensità delle Carezze che si possono scambiare.

[modifica] Svalutazione

Una Svalutazione consiste nell'ignorare un elemento utile alla soluzione del proprio problema o nel conferire eccessiva enfasi ad un elemento che impedisce la soluzione. Contrastare le Svalutazioni permette di ricreare una situazione di Problem Solving. Le Svalutazioni si possono rilevare tramite la compilazione di una Matrice di Svalutazione.
[[Immagine:{{{sfondo}}}|center]]
[[Image:{{{logo}}}|25px]]

Attacco di panico

Un attacco di panico è un periodo di paura o disagio intensi, tipicamente con un inizio improvviso e solitamente della durata inferiore ai trenta minuti. I sintomi includono tremore, respirazione superficiale, sudore, nausea, vertigini, iperventilazione, parestesie (sensazione di formicolio), sensazione di soffocamento o asfissiamento. Il disturbo è significativamente diverso dagli altri tipi di disturbi di ansia, in quanto gli attacchi sono improvvisi, non sembrano provocati da alcunché e spesso sono debililtanti. Un episodio è spesso categorizzato come un circolo vizioso dove i sintomi mentali accrescono i sintomi fisici, e viceversa.

La maggior parte delle persone che hanno un attacco, poi ne hanno altri in seguito. Se una persona ha attacchi ripetuti, oppure sente una forte ansia riguardo la possibilità di avere un altro attacco, allora si dice che ha un disturbo di panico.


Indice
[nascondi]

* 1 Introduzione
* 2 Sintomi
* 3 Fobie provocate
* 4 Occorrenza
* 5 La cura
* 6 Cause
* 7 Collegamenti esterni

[modifica] Introduzione

La maggior parte delle persone che soffrono di attacchi di panico, riferiscono la paura di morire, “impazzire” o perdere il controllo di emozioni e comportamento. L’esperienza generalmente provoca un forte bisogno di evitare o scappare dal posto in cui comincia l’attacco (risposta “combatti o fuggi”) e, quando è associata a dolori nel petto o respiro affannoso, un senso di morte imminente e/o visione del tunnel,sempre risulta nel cercare aiuto al pronto soccorso di un ospedale o ad altri tipi di assistenza urgente.

L’attacco di panico si distingue da altre forme di ansia dall’intensità e la sua natura improvvisa ed episodica. Gli attacchi di panico sono spesso esperiti dalle persone che soffrono di disturbi d’ansia, agorafobia, e altre condizioni psicologiche che comprendono l’ansia, sebbene gli attacchi di panico non siano sempre indicativi di un disturbo mentale.

Fino al 10% di persone altrimenti sane, esperiscono un attacco di panico isolato ogni anno, e negli Stati Uniti una persona su sessanta soffre di disturbo di panico ad un certo punto nella vita. Le persone con fobie esperiscono attacchi di panico, spesso come risultato diretto dell’esposizione al loro elemento scatenante. Questi attacchi di panico sono di solito corti e si attenuano rapidamente una volta che è stato evitato l’elemento scatenante. In condizioni di ansia cronica un attacco di panico può spesso finire in un altro, portando ad un esaurimento nervoso nel giro di pochi giorni.

[modifica] Sintomi

I sintomi di un attacco di panico appaiono improvvisamente, senza alcuna causa apparente. Possono includere:

* Aumento della frequenza cardiaca o palpitazioni
* Sudorazione
* Dolori al petto
* Vertigini, stordimento, nausea
* Difficoltà di respirazione (dispnea)
* Formicolio o intorpidimento alle mani, al viso, ai piedi o alla bocca
* Rossore al viso e al petto o brividi
* Sensazioni di sogno o distorsione percettiva (derealizzazione)
* Dissociazione, la percezione che non si è connessi al corpo o perfino che si è disconnessi dal tempo e dallo spazio (depersonalizzazione)
* Terrore, una sensazione che qualcosa di inimmaginabilmente orribile sta per succedere e si è impotenti per prevenirlo
* Paura di perdere il controllo e fare qualcosa di imbarazzante o di diventare matti
* Paura di morire
* Sensazione di morte imminente
* Tremori fini o a scatti
* Pianto
* Sensazioni di rivissuto (deja-vu)

Un attacco di panico tipicamente dura dai 2 agli 8 minuti ed è una delle condizioni più stressanti di cui una persona può avere esperienza nella vita.

I vari sintomi di un attacco di panico possono essere compresi come segue. Per primo arriva l’improvviso inizio di una paura con poco o nessuno stimolo. Questo porta al rilascio di adrenalina (epinefrina) che causa la cosiddetta risposta “attacca o fuggi”, per cui il corpo si prepara un’attività fisica importante. Questo porta a sua volta ad una frequenza cardiaca accresciuta (tachicardia), respirazione rapida (iperventilazione) e sudorazione (che aumenta la presa e aiuta la perdita di calore). Siccome l’attività vigorosa succede raramente, l’iperventilazione porta ad abbassare i livelli di anidride carbonica nei polmoni e quindi nel sangue. Questo porta al cambiamento di pH del sangue che a sua volta porta a tanti altri sintomi, come formicolio o intorpidimento, vertigini e stordimento. Da parte di qualcuno è anche possibile sentire di non essere in grado di trattenere l’aria che respira, e di conseguenza cominciare a respirare più profondamente: anche questo fa decrescere i livelli di anidride carbonica nel sangue.

Chiunque si iperventila per un breve periodo di tempo può mostrare questi sintomi. Per le persone sofferenti di attacchi di panico che sanno questo, questi sintomi sono visti spesso come prova ulteriore di quanto sia seria la loro condizione. Un circolo vizioso di rilascio di adrenalina alimenta e peggiora i sintomi fisici e lo stress psicologico.

[modifica] Fobie provocate

Le persone che hanno avuto un attacco di panico, per esempio mentre guidavano, facendo shopping in un negozio affollato o stando in ascensore, possono sviluppare paure irrazionali, chiamate fobie, riguardo le situazioni e cominciare ad evitarle. Alla fine, lo schema di evitamento e il livello di ansia riguardo un altro attacco possono raggiungere il punto in cui individui con disturbo di panico possono essere incapaci di guidare o perfino di mettere un piede fuori casa. A questo stadio, si dice che la persona ha un disturbo di panico con agorafobia. Quindi il disturbo di panico può avere un serio impatto sulla vita quotidiana di una persona come altre patologie più gravi.

[modifica] Occorrenza

Il disturbo di panico negli Stati Uniti è un problema grave. Si stima che l’1,6% della popolazione americana soffre di disturbo di panico. Tipicamente colpisce nella prima età adulta; all’incirca la metà di tutti coloro che soffrono di disturbo di panico sviluppano la condizione prima dei 24 anni, con le donne in numero doppio rispetto agli uomini.

Il disturbo di panico può continuare per mesi o anni, a seconda di come e quando si cerca la cura. Se viene lasciato non curato può peggiorare fino al punto in cui la vita della persona è influenzata gravemente dagli attacchi di panico e dai tentavi di evitarli o di nasconderli. Di fatto, molte persone hanno avuto problemi con gli amici e la famiglia o con la perdita del lavoro mentre si affannavano a lottare con il disturbo di panico. Di solito non passa a meno che la persona riceva cure progettate specificatamente per aiutare persone con il disturbo di panico.

Per le persone che cercano cure efficaci dall’esordio del disturbo, la maggior parte dei sintomi può scomparire in poche settimane, con nessun effetto negativo permanente dopo che la cura è completata.

[modifica] La cura

Il disturbo di panico è reale e potenzialmente debilitante, ma può essere controllato con cure specifiche. A causa dei sintomi che accompagnano il disturbo di panico, può essere scambiato erroneamente per una cardiopatia o altre malattie mediche pericolose. Questo malinteso spesso aggrava o scatena attacchi futuri nelle persone disinformate. Spesso le persone vanno al pronto soccorso quando hanno un attacco di panico e possono essere fatti test medici completi per escludere queste altre condizioni di salute.

Altri spesso cercano di rassicurare le persone che hanno un attacco di panico che non sono in un grande pericolo. Espressioni del tipo “niente di serio”, “tutto nella tua testa” o “niente di cui preoccuparsi” possono dare l’impressione che non vi è alcun problema reale e che la cura non sia possibile oppure non sia necessaria. Comunque, mentre i sintomi e la serietà del disturbo di panico è molto reale, la sensazione del panico o del morire che accompagnano molti attacchi di panico sono esagerate. Una notizia importante che molti medici danno a chi soffre di disturbo di panico è che mentre il corpo è sotto l’effetto di un attacco, non si è in pericolo di vita (a parte le reazioni supplementari come fare un incidente con la macchina, correre in mezzo al traffico, suicidarsi, ecc.). Dunque se chi soffre di disturbo di panico può anticipare un attacco e trovare un posto sicuro dove sfogare la crisi, vi sono pochi rischi immediati.

La cura per il disturbo di panico include farmaci e la psicoterapia. Spesso sono risultate più idonee terapie brevi o terapie orientate alla soluzione dei sintomi (fra cui psicoterapie cognitive e cognitivo-comportamentali che insegnano come vedere differentemente gli attacchi di panico e mostrano come ridurre l’ansia e psicoterapie "ericksoniane" che sono in grado di agire in alcuni casi più rapidamente). Cure appropriate da un professionista esperto possono ridurre o prevenire gli attacchi di panico nel 70-90% di persone con disturbo di panico. La maggior parte dei pazienti mostrano un significativo progresso dopo poche settimane di terapia. Possono capitare delle ricadute, ma spesso tali ricadute possono essere efficacemente curate proprio come l’episodio iniziale.

Il 95% di pazienti che cercano una cura attivamente guariscono quasi completamente entro 10-20 settimane dai sintomi più gravi degli attacchi di panico, ma un miglioramento significativo può essere già visto nelle prime settimane di terapia in molti casi. A volte coloro i quali soffrono di disturbo di panico sviluppano agorafobia: le situazioni sociali possono scatenare attacchi e guidare può risultare impossibile. Questo può essere uno degli effetti collaterali più dannosi del disturbo di panico, in quanto può impedire ai malati di cercare la cura in prima battuta.

I farmaci possono essere usati per interrompere la connessione psicologica tra una fobia specifica e gli attacchi di panico, riducendo la frequenza di attacchi di panico nel futuro. I farmaci possono includere antidepressivi (SSRI, MAOI, ecc.) presi ogni giorno, o ansiolitici (benzodiazepine, per esempio: Valium, Xanax, ecc.) durante o in previsione degli attacchi di panico. L’esposizione allo stimolo fobico diverse volte, senza che risulti un attacco di panico (a causa dei farmaci) riesce spesso a rompere lo schema fobia-panico, permettendo alle persone di riprendere il funzionamento normale gradualmente anche in assenza di farmaci. Comunque per le fobie meno importanti che si sviluppano come risultato dell’attacco di panico, se prese per tempo, possono essere eliminate tramite una terapia adeguata (come la cognitivo comportamentale).

Oltre a tutto il resto, le persone che soffrono di disturbo di panico, possono avere bisogno di cure per altri problemi. La depressione clinica viene spesso associata con il disturbo di panico, così come l’alcolismo e l’abuso di sostanze. Circa il 30% delle persone che soffrono di disturbo di panico fanno uso di alcol e il 17% fanno uso di sostanze come cocaina o marijuana per alleviare l’angoscia e lo stress causati dalla propria condizione. Uno studio ha anche suggerito che i tentativi di suicidio potrebbero essere più frequenti nelle persone che soffrono di disturbo di panico, sebbene questo studio rimanga controverso. Come per molti altri disturbi, avere una struttura di supporto o una famiglia e amici che capiscono la situazione può aiutare ad aumentare la rapidità di guarigione. Durante l’attacco non è inusuale per il malato sviluppare una paura immediata e irrazionale, che può spesso essere dispersa da un sostenitore che conosce la situazione. Per una cura più seria e attiva ci sono gruppi di supporto per i malati d’ansia che possono aiutare le persone a capire e affrontare il disturbo.

Altre forme di trattamento includono il tenere un diario, in cui il paziente annota le sue attività ed emozioni giorno per giorno in un registro per trovare e affrontare il suo stress personale, e gli esercizi di respirazione. Attività anti-stress come il tai-chi, lo yoga e l’esercizio fisico possono anche aiutare a migliorare le cause del disturbo di panico.

[modifica] Cause

Spesso i primi attacchi sono scatenati da una malattia fisica, uno stress severo o alcuni farmaci. Alcune persone che tendono a prendersi troppe responsabilità possono sviluppare la tendenza a soffrire di attacchi di panico. Anche i pazienti con DPTS mostrano una maggiore frequenza di disturbo di panico rispetto alla popolazione generale. Le cause esatte del disturbo da panico sono ignote e sono soggette ad una intensa ricerca scientifica.

Studi condotti su animali ed umani si sono concentrati nel localizzare le aree specifiche del cervello che sono coinvolte nei disturbi di ansia come il disturbo di panico. La paura, un’emozione che si è evoluta per affrontare il pericolo, causa un’automatica, rapida risposta protettiva, che avviene senza il bisogno di pensiero cosciente. È stato scoperto che la risposta di paura è coordinata da una piccola ma complicata struttura all’interno del cervello, chiamata amigdala.

Anche l’ipoglicemia può causare attacchi di panico. In questa condizione i recettori dell’insulina non rispondono in maniera appropriata all’insulina, interferendo con il trasporto di glucosio attraverso le membrane delle celle. Il cervello dipende da un rifornimento sostenuto di glucosio, la sua unica fonte di energia. Quando si verifica una caduta improvvisa dei livelli di zucchero nel sangue, il cervello manda un segnale ormonale alle ghiandole adrenergiche per produrre adrenalina. Questo ormone agisce innalzando il livello di zuccheri nel sangue convertendo il glicogeno in glucosio, perciò prevenendo la mancanza di energia al cervello, ma è anche un ormone del panico che è responsabile degli attacchi di paura.

Agorafobia

L'agorafobia (dal greco agorà, "piazza") è la paura degli spazi aperti , dei luoghi affollati e della eventuale difficoltà di trovare una fuga immediata verso un luogo sicuro (di solito la propria abitazione).

Il termine si riferisce quindi a un miscuglio di fobie: di uscire di casa; di entrare nei negozi, nei luoghi pubblici; o di viaggiare da soli nei bus, nei treni o negli aerei. Sebbene la gravità dell'ansia e dei comportamenti evitanti siano di misura variabile, questo è di gran lunga il disturbo fobico più invalidante, in quanto chi ne soffre spesso diventa completamente dipendente dalle mura domestiche; molti sono terrorizzati dalla possibilità di avere un collasso e di essere lasciati senza aiuto in pubblico. Oppure dalla mancanza di un'uscita di sicurezza immediata (una delle caratteristiche chiave di queste situazioni agorafobiche). Chi ne viene colpito sono in prevalenza donne in età compresa fra i 20 e i 32 anni. Sintomi depressivi e ossessivi e fobie sociali possono essere presenti ma non dominano il quadro clinico. In assenza di una cura effettiva, l'agorafobia spesso diviene cronica, sebbene di solito altalenante.

Lista di fobie

In psicologia sono state classificate una vastissima gamma di fobie, dalle più comuni (claustrofobia, agorafobia) alle più rare come la bibliofobia (paura dei libri) o la amatofobia (paura della polvere).

Si riportano di seguito un elenco di nomi di fobie note. La struttura del nome è generalmente derivata dal greco (più raramente latino o altre lingue), e comprende il suffisso -fobia ("paura") preceduto da un sostantivo che indica l'oggetto della paura. Molti di questi termini hanno un corrispondente in -filia che rappresenta l'amore o l'attrazione per il medesimo oggetto (pedofilia).

Alcuni di questi termini (e dei loro corrispettivi in "-filia") sono usati anche nel linguaggio comune per indicare una generica avversione/attrazione per un certo oggetto, senza connotazioni patologiche in senso stretto; alcuni esempi sono "bibliofilia", "xenofobia", "omofobia".
Indice: Top - A B C D E F G H I J K L M N O P Q R S T U V W X Y Z

[modifica] A

* Ablutofobia: paura di lavarsi o fare il bagno.
* Acarofobia: paura di avere prurito; degli insetti che causano prurito.
* Acatartofobia: paura dello sporco e della polvere.
* Acerofobia: paura dell'acidità.
* Acluofobia: paura del buio.
* Acrofobia: paura dell'altezza e dei luoghi alti.
* Acusticofobia: paura dei rumori.
* Aeroacrofobia: paura di posti alti e aperti.
* Aerofobia: paura dell'aria (di inghiottire aria; di aria contaminata).
* Aeronausifobia: paura di vomitare a causa del mar d'aria.
* Afefobia: paura del contatto, di esser toccati.
* Agiofobia: paura dei santi, delle cose sacre.
* Agliofobia: paura del dolore.
* Agorafobia: paura degli spazi aperti o dei luoghi affollati (da agorà, piazza).
* Agrafobia: paura degli abusi sessuali.
* Agrizoofobia: paura degli animali selvatici.
* Agyrofobia: paura delle strade o di attraversare le strade.
* Aicmofobia: paura degli oggetti acuminati e taglienti.
* Ailurofobia: paura dei gatti.
* Albuminurofobia: paura di ammalarsi ai reni.
* Alectorofobia: paura dei polli.
* Algofobia: paura di soffrire (di provare dolore).
* Alliumfobia: paura dell'aglio.
* Allodoxafobia: paura delle opinioni diverse dalle proprie.
* Altofobia: vedi acrofobia
* Amartofobia: paura di sbagliare o peccare.
* Amatofobia: paura della polvere.
* Amaxofobia: paura di guidare un'automobile.
* Ambulofobia: paura di camminare.
* Amnesifobia: paura di soffrire di amnesia.
* Amycofobia: paura dei graffi o di essere graffiato.
* Anablefobia: paura di guardare in alto.
* Anchilofobia: paura dell'immobilità di un'articolazione.
* Ancraofobia: vedi Anemofobia.
* Androfobia: paura degli uomini (maschi).
* Anemofobia: paura del vento, delle correnti d'aria.
* Anginofobia: paura di soffocare.
* Anglofobia: paura dell'Inghilterra, degli inglesi.
* Angrofobia: paura di avere fame e non trovare cibo. Gli angrofobici portano sempre con sé qualcosa da mangiare.
* Antlofobia: paura delle inondazioni.
* Antofobia: vedi Antrofobia.
* Antrofobia: paura dei fiori.
* Antropofobia: paura della gente e dei contatti sociali (dal greco "anthropos", uomo).
* Anuptafobia: paura di non sposarsi.
* Apeirofobia: paura dell'infinito.
* Apifobia: paura delle api.
* Apotemnofobia: paura delle persone con amputazioni.
* Arachibutyrofobia: paura del burro di arachidi attaccato al palato.
* Aracnefobia: vedi Aracnofobia.
* Aracnofobia: paura dei ragni.
* Arithmofobia: paura dei numeri.
* Arsonfobia: vedi pirofobia.
* Asimmetrofobia: paura delle cose non simmetriche.
* Astenofobia: paura di svenire o di sentirsi deboli.
* Astrafobia: paura dei tuoni e dei fulmini.
* Astrofobia: vedi siderofobia.
* Ataxofobia: paura dell'atassia (scoordinamento dei muscoli).
* Athazagorafobia: paura di essere dimenticati o ignorati, o di dimenticare.
* Atefobia: paura delle rovine.
* Atelofobia: paura dell'imperfezione.
* Atomosofobia: paura delle esplosioni atomiche.
* Atychifobia: paura di fallire.
* Aulofobia: paura dei flauti.
* Aurofobia: paura dell'oro.
* Aurorafobia: paura dell'aurora.
* Autofobia: paura di essere soli o di se stessi.
* Autodismorfofobia: paura di essere sgradevoli, brutti.
* Automatonofobia: paura di tutto ciò che è fatto ad imitazione di un essere umano (burattini, bambole, statue di cera, spaventapasseri)
* Automisofobia: paura di essere sporchi.
* Aviatofobia: vedi aviofobia.
* Aviofobia: paura di volare (paura degli aerei)

[modifica] B

* Bacillofobia: paura dei microbi.
* Bacteriofobia: paura dei batteri.
* Ballistofobia: paura dei proiettili.
* Barofobia: paura della gravità (del peso).
* Basifobia: vedi basofobia.
* Basofobia: paura di cadere (se si sta in piedi o si cammina).
* Batofobia: paura della profondità e delle altezze.
* Batonofobia: paura delle piante.
* Batracofobia: paura delle rane e degli anfibi.
* Belonefobia: vedi aicmofobia.
* Bibliofobia: paura dei libri (da biblios, libro).
* Blennofobia: paura delle cose viscide.
* Bogyfobia: paura dei folletti o degli spauracchi.
* Bolscefobia: paura dei Bolscevici.
* Bribolofobia: paura dei briboli (o triboli).
* Bromidrofobia: paura degli odori corporei.
* Bromidrosifobia: vedi bromidrofobia.
* Brontofobia: paura dei tuoni.
* Bufonofobia: paura dei rospi.

[modifica] C

* Cacofobia: paura della bruttezza.
* Cainofobia: paura di cose o idee nuove.
* Cainotofobia: vedi cainofobia.
* Calliginefobia: paura delle donne belle.
* Cancerofobia: paura di ammalarsi di cancro
* Carcinofobia: vedi cancerofobia.
* Carcinomafobia: vedi cancerofobia.
* Cardiofobia: paura del cuore o delle malattie del cuore.
* Carnofobia: paura della carne.
* Catagelofobia: paura di essere ridicolizzati e presi in giro.
* Catapedafobia: paura di saltare.
* Catisofobia: paura di sedersi.
* Cenofobia: vedi cainofobia.
* Cenotofobia: vedi cainofobia.
* Ceraunofobia: paura dei tuoni.
* Chaetofobia: paura dei capelli.
* Cheimafobia: paura del freddo.
* Cheimatofobia: vedi cheimafobia.
* Chemofobia: paura delle sostanze chimiche.
* Cherofobia: paura della felicità.
* Chinofobia: paura della neve.
* Chiraptofobia: paura di essere toccati.
* Chorofobia: paura di ballare.
* Chrometofobia: paura del denaro.
* Cibofobia: paura del cibo.
* Ciclofobia: paura delle biciclette.
* Cinetofobia: paura del movimento.
* Cinofobia: paura dei cani (di essere morsi).
* Claustrofobia: paura degli spazi chiusi.
* Cleisiofobia: paura di essere rinchiusi in un luogo.
* Cleithrofobia: vedi cleisiofobia.
* Cleptofobia: paura di rubare.
* Climacofobia: paura delle scale o di cadere dalle scale.
* Clinofobia: paura di andare a letto.
* Cnidofobia: paura degli spaghi.
* Coimetrofobia: paura dei cimiteri.
* Coitofobia: paura dell'atto sessuale.
* Colerofobia: paura della rabbia (di provare rabbia).
* Cometofobia: paura delle comete.
* Contreltofobia: paura dell'abuso sessuale.
* Coprastasofobia: paura della costipazione.
* Coprofobia: paura delle feci.
* Coulrofobia: paura dei clown.
* Counterfobia: il piacere di un fobico nel ricercare situazioni che lo spaventano.
* Crematofobia: vedi chrometofobia.
* Cremnofobia: paura dei precipizi.
* Criofobia: paura del freddo, del gelo, del ghiaccio.
* Cristallofobia: paura del vetro, dei cristalli.
* Cromatofobia: paura dei colori.
* Cromofobia: vedi cromatofobia
* Cronofobia: Paura del tempo, da cronos ("tempo").
* Cronometrofobia: paura degli orologi.
* Cyberfobia: paura dei computer o di lavorare al computer.
* Cymofobia: paura delle onde o di movimenti ondeggianti.
* Cyprifobia: paura delle prostitute o delle malattie veneree.
* Cyprianofobia: vedi Cyprifobia.
* Cypridofobia: vedi Cyprifobia.
* Cyprinofobia: vedi Cyprifobia.


[modifica] D

* Daemonofobia: paura dei demoni
* Decidofobia: paura di prendere decisioni.
* Defecaloesiofobia: paura di una defecazione dolorosa.
* Deipnofobia: paura di cenare o di conversare a cena.
* Dementofobia: paura della follia.
* Demofobia: paura della folla.
* Demonofobia, : vedi daemonofobia.
* Dendrofobia: paura degli alberi.
* Dentofobia: paura dei dentisti.
* Dermatofobia: paura delle lesioni o delle malattie alla pelle.
* Dermatopatofobia: vedi dermatofobia.
* Dermatosiofobia: vedi dermatofobia.
* Dextrofobia: paura degli oggetti alla destra del corpo.
* Diabetofobia: paura del diabete.
* Didascaleinofobia: paura di andare a scuola.
* Dichefobia: paura della giustizia, dei giudici o dei processi.
* Dinofobia: paura delle vertigini o dei vortici.
* Diplofobia: paura di vedere doppio o delle cose doppie.
* Dipsofobia: paura di bere.
* Disabiliofobia: paura di spogliarsi di fronte a qualcuno.
* Dismorfofobia o Quasimodofobia: paura di essere o apparire deformi.
* Domatofobia: paura delle case, di trovarsi in casa o nei dintorni di casa.
* Dorafobia: paura del pelo o della pelle degli animali.
* Dromofobia: paura dei mezzi di locomozione (treni).
* Dystychifobia: paura degli incidenti.


[modifica] E

* Ecclesiofobia: paura delle chiese.
* Ecofobia: paura di restare soli in casa.
* Edonofobia: paura di provare piacere fisico.
* Efebofobia: paura dei giovani imberbi.
* Eisoptrofobia: paura degli specchi.
* Electrofobia: paura dell'elettricità.
* Eleuterofobia: paura della libertà.
* Eliofobia: paura del Sole.
* Elurofobia: vedi ailurofobia.
* Ematofobia: vedi emofobia.
* Emetofobia: paura di vomitare.
* Emofobia: paura del sangue.
* Elmintofobia: paura dei vermi o di esserne infestati.
* Enetofobia: paura degli spilli.
* Enissofobia: paura di aver commesso un peccato imperdonabile o di ricevere critiche.
* Enofobia: paura del vino.
* Enochlofobia: paura della folla.
* Enosiofobia: vedi enissofobia.
* Entomofobia: paura degli insetti.
* Eosofobia: paura dell'alba.
* Epistaxiofobia: paura delle emorragie dal naso.
* Epistemofobia: paura della conoscenza.
* Equinofobia: paura dei cavalli.
* Eremofobia: paura di essere sé stessi o della solitudine.
* Ereutofobia: paura del colore rosso, delle luci rosse o di arrossire.
* Ergasiofobia, : paura di lavorare, di operare (da parte di chirurghi)o timore di agire e provocare esiti disastrosi.
* Ergofobia: paura del lavoro.
* Eritrofobia: vedi ereutofobia.
* Erotofobia: paura dell'amore sessuale o delle questioni sessuali.
* Erpetofobia: paura dei rettili o degli animali che strisciano.
* Eterofobia: paura del sesso opposto.
* Eufobia: paura di sentire buone notizie.
* Eurotofobia: paura dei genitali femminili.

[modifica] F

* Fagofobia: paura di mangiare (o di essere mangiati).
* Falacrofobia: paura delle calvizie.
* Fallofobia: paura del pene (in erezione).
* Farmacofobia: paura dei medicinali.
* Felinofobia: vedi ailurofobia.
* Filofobia: paura di innamorarsi.
* Fobofobia: paura di aver paura.
* Fonofobia: paura dei suoni.
* Fotofobia: paura della luce
* Francofobia: paura od ostilità verso la Francia o verso i francesi.
* Frigofobia: vedi criofobia

[modifica] G

* Galeofobia: vedi ailurofobia.
* Galiofobia: vedi francofobia.
* Gamofobia: paura del matrimonio, di sposarsi.
* Gatofobia: vedi ailurofobia.
* Gefirofobia: paura dei ponti (di attraversare ponti).
* Genufobia: paura delle ginocchia.
* Gerontofobia: paura dei vecchi, di invecchiare.
* Gimnofobia: paura della nudità (di essere nudi, delle persone nude).
* Ginofobia: paura delle donne
* Glossofobia: paura di parlare (in pubblico).
* Gonofobia: paura degli angoli dei palazzi (estens. di urtare persone che sbucano da un angolo) da non confondersi con spigolofobia.
* Grafofobia: paura di scrivere.

[modifica] I

* Iatrofobia: paura dei medici.
* Idrofobia: paura dell'acqua.
* Idrofobofobia: paura della rabbia.
* Igrofobia: paura dell'umidità.
* Insectofobia: vedi entomofobia.
* Ipnofobia: paura di dormire.
* Ippofobia: vedi equinofobia.
* Ittiofobia: paura dei pesci.

[modifica] K

* Keraunofobia: paura dei tuoni.

[modifica] L

* Laliofobia: paura di parlare.
* Leprofobia: paura della lebbra.
* Leucofobia: paura del colore bianco.
* Lilapsofobia: paura delle tempeste.
* Limnofobia: paura dei laghi.
* Logofobia: paura delle parole (di determinate parole).

[modifica] M

* Maniafobia: paura della malattia mentale.
* Mastigofobia: paura di essere puniti.
* Megalofobia: paura delle cose grandi.
* Melanofobia: paura del colore nero.
* Melissofobia: vedi apifobia.
* Melofobia: paura della musica.
* Meningitofobia: paura delle malattie al cervello.
* Menofobia: paura delle mestruazioni.
* Metallofobia: paura dei metalli.
* Micofobia: paura dei funghi.
* Microbiofobia: vedi bacillofobia.
* Microfobia: paura delle cose piccole.
* Mirmecofobia: paura delle formiche.
* Misofobia: paura di rimanere "contaminati" dal contatto con corpi estranei, più spesso dal contatto umano; ne conseguono numerose precauzioni igieniche da parte del soggetto misofobo.
* Mnemofobia: paura dei ricordi.
* Monofobia: paura della solitudine.
* Monopatofobia: paura di ammalarsi relativa a una singola, determinata malattia.
* Murofobia: vedi musofobia.
* Musofobia: paura dei topi.

[modifica] N

* Necrofobia: paura della morte o di corpi morti.
* Nefofobia: paura delle nuvole.
* Neofobia: paura delle novità.
* Nictofobia: paure del buio (della notte).
* Noctifobia: vedi nictofobia.
* Nosocomefobia: paura degli ospedali.
* Nosofobia: paura di ammalarsi.
* Nudofobia: vedi gimnofobia.

[modifica] O

* Obesobofobia: paura di ingrassare.
* Obofobia: paura dei barboni
* Odinofobia: vedi algofobia.
* Odontofobia: vedi dentofobia
* Ofidiofobia: paura dei serpenti
* Oicofobia: vedi domatofobia.
* Oikofobia: vedi domatofobia.
* Ombrofobia: paura della pioggia.
* Ommetafobia: paura degli occhi.
* Omofobia: paura delle persone omosessuali, di essere considerato o di diventare omosessuale.
* Ornitofobia: paura degli uccelli.

[modifica] P

* Pagofobia: paura del ghiaccio.
* Panofobia: paura di tutto.
* Papirofobia: paura della carta.
* Parassitofobia: paura dei parassiti.
* Partenofobia: paura delle vergini o delle ragazze giovani.
* Patofobia: paura delle malattie.
* Pediculofobia: paura dei pidocchi.
* Pedofobia: paura dei bambini.
* Peniafobia: paura della povertà.
* Pirofobia: paura del fuoco.
* Placofobia: paura delle tombe (lapidi).
* Plutofobia: paura della ricchezza.
* Pluviofobia: paura della pioggia.
* Pocrescofobia: vedi obesofobia.
* Pogonofobia: paura delle barbe.
* Polifobia: paura per molte cose (insieme di fobie).
* Potamofobia: paura dei fiumi (dell'acqua corrente).

[modifica] R

* Radiofobia: paura delle radiazioni, dei raggi X.
* Rupofobia: paura dello sporco e di ciò che non è igienico, dalla quale spesso deriva l'ossessione a pulire

[modifica] S

* Satanofobia: paura di satana o del diavolo.
* Scatofobia: vedi coprofobia
* Sciofobia: paura delle ombre.
* Scolecifobia: paura dei vermi.
* Scopofobia: paura di essere guardati.
* Scopulofobia: paura degli scogli sommersi dal mare
* Scotofobia: vedi acluofobia
* Scotomafobia: paura di diventare ciechi.
* Scriptofobia: paura di scrivere (in pubblico).
* Selenofobia: paura della Luna.
* Sesquipedalofobia: paura delle parole lunghe.
* Sessuofobia: paura del sesso.
* Sfecsofobia: paura delle vespe (di essere punti).
* Siderodromo: paura dei treni (di viaggiare in treno).
* Siderofobia: paura delle stelle.
* Siderudromofobia: paura degli oggetti metallici in movimento
* Simmetrofobia: paura delle cose simmetriche.
* Sinofobia: paura della Cina, dei cinesi.
* Sitofobia: vedi cibofobia.
* Sociofobia: paura dei rapporti sociali.
* Spigolofobia: paura degli oggetti spigolosi (da non confondersi con gonofobia).
* Staurofobia: paura delle croci (dei crocifissi).
* Stenofobia: paura degli spazi stretti.

[modifica] T

* Tacofobia: paura della velocità.
* Tafofobia: paura di venire sepolti vivi.
* Talassofobia: paura del mare (di annegare).
* Tanatofobia: paura ossessiva della morte
* Taurofobia: paura dei tori.
* Tecnofobia: paura della tecnologia.
* Teofobia: paura della religione, di Dio, degli dèi.
* Termofobia: paura del calore.
* Tomofobia: paura dei tagli, delle operazioni chirurgiche.
* Topofobia: paura di determinati luoghi.
* Toxofobia: paura di essere avvelenati.
* Traumatofobia: paura di ferirsi.
* Tricofobia: paura dei capelli.
* Triscaidecafobia: paura del numero 13.
* Tropofobia: paura di muoversi (di cambiare luogo).

[modifica] U

* Uranofobia: paura del cielo (del paradiso).
* Urofobia: paura dell'urina (di urinare).

[modifica] V

* Vaccinofobia: paura delle vaccinazioni.
* Venustrafobia: paura delle belle donne.
* Verbofobia: paura delle parole.
* Verminofobia: paura dei germi.

[modifica] X

* Xantofobia: paura del colore giallo.
* Xenoglossofobia: Paura delle lingue straniere
* Xenofobia: paura degli stranieri (degli sconosciuti).
* Xerofobia: Paura della siccità.
* Xylofobia: 1) Paura degli oggetti di legno. 2) Boschi.

-->

[modifica] Z

* Zemmifobia: Paura di un grosso topo.
* Zeusofobia: Paura degli dei.
* Zoofobia: paura degli animali.

Fobia

La parola fobia, in psicologia e psichiatria, indica una paura inaccettabile.

L'individuo che la prova non può fare a meno di essere terrorizzato sebbene il suo insight sia sufficientemente buono da rendersi conto dell'irrazionalità e della sproporzionalità di questo sentimento, che permane per un determinato periodo di tempo e determina un disadattamento del soggetto al suo ambiente.

I tipi di fobia sono l'agorafobia (Paura degli spazi aperti), la fobia sociale (che spesso si manifesta con ansia anticipatoria) e la fobia specifica fra cui si citano:l'aracnofobia (Paura dei ragni), la claustrofobia (Paura dei luoghi chiusi), etc.

In generale le cause delle fobie si riteneva fossero imputabili a elementi rimossi (vedi psicoanalisi) che manifestano il loro effetto portando l'individuo ad evitare una certa situazione che attraverso un fenomeno di spostamento può essere ricondotta ad un evento traumatico avvenuto sia durante l'infanzia che l'età adulta.

Attualmente, la più moderna psicoterapia cognitivo comportamentale sostiene che il disturbo derivi da un cattivo apprendimento che può avvenire per condizionamento classico (teoria del Preparedness di Selingman) o per apprendimento sociale (Bandura).

Il disturbo si viene poi a mantenere per condizionamento operante tramite l'evitamento, dove, il rinforzo negativo è rappresentato dalla sensazione di diminuzione dell'ansia per effetto dell'allontanamento dalla situazione fobica.

Un altro tipo di fobia è la fobia scolare. La forma più grave, in genere, si manifesta quando il bambino è ancora piuttosto piccolo e si configura con il rifiuto di andare a scuola, fino all'incapacità di abbandonare/staccarsi dai propri genitori anche per brevi periodi. Questa fobia è da ricondurre ad alcune tipologie di relazioni problematiche all'interno dalla famiglia. Raramente si può ricondurre a veri problemi scolastici.

La maggior parte degli autori insistono sulla necessità di distinguere l'ansia da separazione da quest'ultima appena trattata, dove il disturbo predominante consiste nel lasciare le figure genitoriali anche durante le attività ludiche.

Disturbo ossessivo-compulsivo

Il disturbo-ossessivo-compulsivo viene definito dal "Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali" (DSM-IV, 1994) come un disturbo d'ansia caratterizzato da ossessioni e compulsioni.

Per ossessione si intende precisamente un pensiero ricorrente e pervasivo che il soggetto giudica come eccessivo e inappropriato, ma al quale non riesce a sottrarsi. È un pensiero intrusivo, è cioè egodistonico.

Per compulsione si intende invece una particolare azione, spesso ripetitiva e inadeguata, una sorta di rituale stereotipato che il paziente mette in atto al fine di ridurre l'ansia e il disagio dovuti alle ossessioni. Queste possono riguardare diverse tematiche come la contaminazione, il perfezionismo, l'ordine, il controllo.

Le compulsioni possono implicare il lavarsi, il contare, il ripetere parole e numeri in silenzio, tanto che il soggetto, ad esempio, può arrivare a lavarsi le mani continuamente durante il giorno al fine di ridurre il timore legato all'ossessione della contaminazione.

Il disturbo viene riconosciuto come tale solo se compromette il normale ritmo delle attività quotidiane e il funzionamento sociale e lavorativo del soggetto e se non può essere meglio giustificato da altri disturbi d'ansia o da malattie psichiatriche dovute a condizioni mediche generali.

Il disturbo ossessivo-compulsivo non è da confondere con il disturbo ossessivo-compulsivo di personalità.

[modifica] Trattamento

Secondo la letteratura basata sulle evidenze cliniche, le tecniche cognitive-comportamentali si sono dimostrate le più efficaci tra le psicoterapie nella cura del disturbo.

In diversi trial emerge l'efficacia anche in abbinamento agli psicofarmaci. Tuttavia rispetto alla mera somministrazione di psicofarmaci, il trattamento psicoterapico cognitivo-comportamentale riduce significativamente le ricadute.

Psicofarmaco

Psicofarmaco
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai a: Navigazione, cerca
Simbolo convenzionale di nocività
Simbolo convenzionale di tossicità
Questa voce contiene informazioni che possono generare situazioni di pericolo.
I dati presenti hanno solo un fine illustrativo e in nessun caso esortativo. Non hanno, inoltre, alcun valore prescrittivo medico.
Leggi il disclaimer

Con la definizione di psicofarmaci si identificano diverse classi di farmaci che agiscono sul sistema nervoso centrale. Si possono classificare in base al tipo di molecole (classi farmaceutiche) o all'effetto terapeutico. Fra essi i più utilizzati sono: gli ansiolitici, gli antidepressivi e i neurolettici (o antipsicotici); che a loro volta includono molecole appartenenti a classi diverse. A questi possiamo aggiungere il litio e gli antiepilettici usati come stabilizzatori dell'umore.

Non si può parlare di un effetto terapeutico comune degli psicofarmaci proprio per la eterogeneità delle molecole e dei disturbi trattati (Responder, non responder): alcune patologie si risolvono con una terapia ben condotta, altre croniche e recidivanti (ovvero perduranti nel tempo o che si ripresentano ciclicamente, soprattutto se i trattamenti farmacologici sono discontinuati), il loro effetto è di attenuare almeno i sintomi del disturbo mentale, favorendo una eventuale psicoterapia, o almeno una convivenza con la malattia mentale, nei casi in cui questa renda impossibile al paziente mantenere un lavoro e una vita normali.

In ogni caso l'uso e la prescrizione di psicofarmaci va valutato attentamente per gli effetti collaterali, a volte pesanti, e la possibilità di errori nell'assunzione, che possono portare a una riaccensione dei sintomi o a vere e proprie intossicazioni, il cui esito è raramente letale; inoltre il trattamento con alcuni tipi di psicofarmaci deve essere interrotto gradualmente, pena l'insorgere di sintomi di astinenza.


Indice
[nascondi]

* 1 Ansiolitici
o 1.1 Effetti fisiologici
o 1.2 Effetti psicologici
o 1.3 Sintomi di assunzione
o 1.4 Sintomi di intossicazione acuta
o 1.5 L'astinenza da farmaci sedativo-ipnotici
* 2 Benzodiazepine
o 2.1 La dipendenza da benzodiazepine
o 2.2 Complicanze generali
* 3 Barbiturici
o 3.1 Sintomi specifici di astinenza
* 4 Antidepressivi
o 4.1 Triciclici
+ 4.1.1 Intossicazione acuta da TCA
o 4.2 SSRI
+ 4.2.1 Effetti collaterali
+ 4.2.2 Controindicazioni
o 4.3 Inibitori delle monoammineossidasi (IMAO)
* 5 Neurolettici
o 5.1 Effetti collaterali
o 5.2 Effetti extrapiramidali

[modifica] Ansiolitici

La classe degli ansiolitici e dei sedativo-ipnotici comprende le benzodiazepine (BDZ), gli azapironi, le imidazopiridine, i ciclopirroloni, le beta-carboline e i barbiturici, questi ultimi non più utilizzati con questa indicazione per i gravi effetti indesiderati e la elevata probabilità di decesso in caso di assunzione di quantità eccessive (noto ad esempio il suicidio di Marilyn Monroe). Alcune di queste sostanze sono inserite in Italia nelle tabelle ministeriali III e IV (legge 309/90, disciplina delle sostanze stupefacenti) e richiedono una ricettazione medica particolare.

[modifica] Effetti fisiologici

I sedativi ipnotici:

* diminuiscono la trasmissione degli impulsi nervosi
* diminuiscono il tempo di addormentamento e il sonno REM
* abbassano la pressione sanguigna e la frequenza cardiaca
* diminuiscono l'ampiezza e il tono delle contrazioni gastro-intestinali

[modifica] Effetti psicologici

Gli effetti soggettivi di queste sostanze variano molto con la dose, l'ambiente e la personalità di chi la assume: a basse dosi danno disinibizione, euforia, diminuzione dell'ansia, visione meno angosciante e immediata dei propri problemi. L'assunzione per via endovenosa di BDZ accompagnata da alcol può produrre uno stato di stasi insensibile nel quale tutto passa e il soggetto è privo di vera coscienza, non si accorge di niente, non sa che cosa succederà e qualsiasi cosa accadrà attorno a lui non verrà vissuta né percepita.

[modifica] Sintomi di assunzione

* processi mentali rallentati;
* concentrazione impossibile, confusione mentale;
* pesantezza degli arti e deambulazione instabile;
* stanchezza e difficoltà a parlare;
* torpore, sonnolenza;
* rilassamento muscolare.

[modifica] Sintomi di intossicazione acuta

* umore instabile e irritabile;
* disinibizione sessuale e aggressività;
* pronuncia indistinta e loquacità;
* movimenti scoordinati;
* deficit di memoria, di attenzione e capacità critica;
* compromissione delle attività sociali e lavorative.

[modifica] L'astinenza da farmaci sedativo-ipnotici

L'astinenza si ha interrompendo bruscamente un uso prolungato e ad alte dosi di barbiturici, o un uso più prolungato di BDZ. Se compaiono convulsione, delirium, psicosi, si parla di astinenza maggiore, la quale comporta:

* nausea
* malessere, debolezza
* tachicardia e ipertensione
* sudorazione e ipertermia
* forte tremore di mani, lingua e palpebre
* ansia diffusa e insonnia iniziale

Possibili complicazioni possono essere:

* dispercezioni o ipersensibilità a stimolazioni sensoriali (visive, olfattive, acustiche)
* deficit della memoria a breve e a lungo termine
* agitazione psicomotoria
* desiderio di assunzione (craving).

Il principio basilare dell'interruzione dell'assunzione è sottrarre lentamente il soggetto al sedativo ipnotico, controllando attentamente il paziente per assicurare una astinenza con il minimo di sintomi. Bisogna fare anche attenzione al possibile insorgere di convulsioni dovuta ad un'astinenza troppo rapida. Le strategie da utilizzare sono:

* lento scalare della sostanza che da dipendenza
* sostituzione con un agente a lunga durata d'azione e successiva graduale riduzione.

[modifica] Benzodiazepine

L'introduzione delle benzodiazepine, per la loro efficacia nei più vari casi di ansia, il loro buon effetto ipnoinducente, la buona tollerabilità, la bassa tossicità e la scarsa interazione con altri farmaci, portò ben presto a sostituire con esse i barbiturici come terapia d'elezione per il trattamento dell'ansia, sia da parte dei medici generici che degli psichiatri. A partire dalla metà degli anni '70, una serie di studi hanno incominciato a valutare sistematicamente le conseguenze dell'abuso, dell'uso scorretto, della dipendenza farmacologica e dei problemi connessi alla sospensione del trattamento.

Le benzodiazepine sono usate nel trattamento di:

* sindromi ansiose
* sindrome mista ansioso-depressiva
* insonnia
* tensione muscolare
* ipertensione

La somministrazione avviene usualmente per via orale, in forma di compresse o gocce, ma sono disponibili anche forme iniettabili. Gli effetti dei sedativi ipnotici consistono in una generale depressione del SNC, del sistema respiratorio e del sistema cardio-vascolare. Raramente tali sostanze inducono una reazione d'ira, durante la quale la persona diventa violenta e imprevedibile. L'effetto delle BDZ è dipendente dalla dose assunta: dopo un uso quotidiano prolungato il paziente sviluppa tolleranza, più rapidamente agli effetti psicoattivi che verso gli effetti depressivi del sistema respiratorio; gli abusatori possono ingerire una dose tossica nel tentativo di ripetere gli effetti gratificanti della sostanza. L'overdose da benzodiazepine provoca coma e depressione respiratoria. Complicazioni frequenti sono shock e aritmie cardiache. Raro il decesso. Antidoto: Flumazenil.


BDZ di uso comune:

* alprazolam
* lorazepam
* clorazepato
* diazepam

L'uso di BDZ, deve avvenire sotto controllo medico e deve essere accompagnato da un adeguato sostegno affettivo, dal supporto sociale e familiare. È importante non miscelare mai BDZ con altre sostanze o alcol, perché gli effetti di questi ultimi vengono potenziati. L'interruzione dell'uso di BDZ deve avvenire gradualmente: si possono sostituire temporaneamente con basse dosi di neurolettici sedativi, o in casi particolari con dosi minori di BDZ ad emivita più lunga.

[modifica] La dipendenza da benzodiazepine

Nel caso delle BDZ il fenomeno della dipendenza può essere così definito: moderata dipendenza fisica e moderati fenomeni da sospensione dell'uso, scarsa tolleranza, tendenza ad un'elevata dipendenza psicologica. Nel trattamento con BDZ per dosi terapeutiche si osservano evidenti ma non gravi fenomeni da sospensioni, non vi è tendenza all'aumento dei dosaggi, mentre vi è una tendenza a protrarre il trattamento anche quando non vi sono ragioni cliniche evidenti che ne consiglino la prosecuzione. Gli effetti di astinenza sono aumentati in soggetti alcolisti. L'inizio dei sintomi di astinenza può insorgere dalle 12 alle 14 ore dopo l'interruzione del trattamento per le BDZ con vita breve fino a 3-10 giorni per quelle a lunga durata d'azione.

Il trattamento della dipendenza da BDZ dovrebbe essere sempre personalizzato. Gli effetti sul sistema nervoso centrale variano con il dosaggio, la durata d'uso, lo stato nutrizionale e il livello di dipendenza. Per una disintossicazione completa dalle BDZ possono servire fino a sei settimane, in cui i pazienti possono provare ansia transitoria, attacchi di panico e desiderio verso la sostanza, che può durare fino a sei mesi. Possono essere utili sedute di rilassamento o biofeedback.

[modifica] Complicanze generali

Le benzodiazepine possono intervenire sul livello di attenzione e di capacità di percepire i pericoli e di attivare le difese: possono compromettere o eliminare la capacità di critica e di indirizzo della propria vita. Le BDZ danno forte dipendenza fisica e psicologica e sono difficili da scalare, poiché riaffiorerebbero tutti i problemi per le quali sono state assunte. Possono dare sonnolenza, scadimento delle prestazioni psicointellettive, difficoltà di coordinazione motoria, minor rendimento nelle attività quotidiane, maggior rischio di infortuni o incidenti se associate ad alcol e accentuazione di problemi al fegato.

[modifica] Barbiturici

Le BDZ hanno sostituito i barbiturici nella terapia degli stati ansiosi nei primi anni '60. Oggi i barbiturici sono confinati nella terapia dell'epilessia e nell'induzione dell'anestesia, visto il grosso pericolo di abuso di queste sostanze.

[modifica] Sintomi specifici di astinenza

* aumento del tono muscolare e contrazione
* riflessi tendinei rapidi
* anoressia
* crampi addominali
* pupille dilatate
* convulsioni e possibile stato epilettico
* psicosi con allucinazioni visive e, a volte, uditive
* confusione e ideazione paranoica
* delirium (specialmente di notte, con disorientamento spazio-temporale)

[modifica] Antidepressivi

Nei primi anni '50 furono scoperte casualmente le proprietà euforizzanti dell'iproniazide, che allora veniva usato nella terapia della tubercolosi, e che fu efficace nel trattamento di pazienti depressi. Dall'iproniazide derivò la prima classe di antidepressivi, gli inibitori delle monoammino ossidasi (IMAO). Pochi anni dopo vennero riconosciute all'imipramina, che era usata come antipsicotico, anche proprietà antidepressive. Proprio dall'imipramina nacque l'altra grande classe di antidepressivi, i triciclici (TCA), così chiamati per la loro struttura molecolare. Con il progressivo approfondirsi delle conoscenze sui meccanismi d'azione degli antidepressivi e sui correlati biologici dei disturbi dell'umore, a queste due famiglie storiche si sono aggiunte altre sostanze di varia struttura chimica, definiti antidepressivi atipici o di seconda generazione, come il Prozac.

In soggetti che non presentano disturbi depressivi, i farmaci antidepressivi non hanno alcun effetto positivo ma danno una generale sensazione di fatica e alcuni sgradevoli effetti collaterali, quindi non c'è il rischio di abuso di antidepressivi. In persone depresse invece, gli antidepressivi migliorano spesso il tono dell'umore, sbloccano l'inibizione psicomotoria tipica del depresso, attivano l'appetito e in alcuni casi moderano l'ansia del soggetto.

[modifica] Triciclici

Questa classe di antidepressivi ha soppiantato quasi del tutto gli antidepressivi IMAO: l'efficacia di questi farmaci è stata ampiamente dimostrata da una serie di studi clinici effettuati negli ultimi 25 anni. Alcuni TCA come l'amitriptilina e la doxepina possiedono una maggiore attività sedativa rispetto ad altri TCA, infatti vengono impiegati negli episodi depressivi con una forte componente ansiosa e/o insonnia.

Nella pratica clinica i principi attivi più usati sono i seguenti:

* amitriptilina
* clorimipramina
* desipramina
* dotiepina
* imipramina
* maprotilina
* nortriptilina


I TCA vengono usati nella terapia della depressione, a fronte di questi sintomi:

* disinteresse, stanchezza, difficoltà a concentrarsi
* pensieri tristi, voglia di piangere, sensi di colpa
* insonnia
* perdita dell'appetito
* perdita del senso del valore di sé e della propria autostima, idee di suicidio

[modifica] Intossicazione acuta da TCA

Il sovradosaggio di TCA può dare un'intossicazione acuta, che va valutata sulla base della quantità di farmaco assunta e dei livelli plasmatici di principio attivo. L'ingestione di alte dosi di antidepressivi triciclici provoca una sintomatologia da intossicazione acuta (vedi sotto) e può essere mortale. L'intossicazione acuta da TCA interessa in particolare il cuore e il sistema nervoso centrale, i sintomi tipici sono:

* dilatazione pupillare
* agitazione psicomotoria e stato confusionale
* disartria e convulsioni
* paralisi respiratoria e intestinale
* cute secca e arrossata, diminuzioni delle secrezione mucosa
* gravi aritmie cardiache
* coma

Le interazioni dei TCA con altri psicofarmaci sono molto pericolose. In particolare l'interazione fra TCA e antidepressivi IMAO deve essere evitata per l'insorgere di convulsioni, ipertensione arteriosa, collassi cardio-circolatori, morte improvvisa. Anche l'associazione di TCA con antiparkinsoniani, antistaminici, alcuni antispastici, deve essere evitata. I TCA aumentano inoltre l'effetto sedativo di molte sostanze che deprimono il sistema nervoso centrale: alcol, barbiturici, BDZ e altre ancora. I TCA possono anche potenziare gli effetti delle amfetamine e di farmaci amfetamino-simili. Sono stati riportati casi di crisi ipertensiva ed emorragie cerebrali talvolta fatali nei casi (documentati) di tali interazioni farmacologiche.

Il trattamento dell'intossicazione acuta da TCA deve essere sempre effettuato in un'unità di terapia intensiva, il soggetto intossicato deve essere quindi accompagnato immediatamente in ospedale.

[modifica] SSRI

Gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (Serotonin Selective Reuptake Inhibitors) sono una classe di antidepressivi piuttosto recente, rapidamente impostisi per la maggior sicurezza rispetto ai triciclici e alle minori controindicazioni rispetto agli antiMAO (IMAO, MAOi). Il primo antidepressivo di questa categoria è stata la fluoxetina (Prozac), adoperata con successo nelle sindromi depressive, ossessivo-compulsive e nella bulimia nervosa (binge-eating). Il trattamento, come per gli altri antidepressivi, deve durare almeno sei mesi, mentre i primi effetti non si manifestano prima di due settimane dalla prima assunzione.

[modifica] Effetti collaterali

* Sonnolenza
* Confusione
* Alterazioni visive
* Alterazioni del sonno
* Ansia, agitazione motoria
* Sindrome serotonergica (raramente)
* Riduzione della libido, deficit erettili
* Tremori
* Vomito, nausea

[modifica] Controindicazioni

Si evita nel modo più assoluto la somministrazione contemporanea di SSRIs e altre classi di antidepressivi, in quanto la combinazione potrebbe portare a sindrome serotonergica. In genere si deve osservare un intervallo di almeno 14 giorni tra la sospensione di un SSRI e l'inizio di una terapia con iMAO o triciclici. Per lo stesso motivo è da evitare l'assunzione di triptofano od Erba di San Giovanni (iperico).

[modifica] Inibitori delle monoammineossidasi (IMAO)

Gli IMAO sono farmaci ormai obsoleti, sia perché non hanno mai mostrato efficacia superiore a quella dei TCA più conosciuti, sia perché meno maneggevoli e meno tollerabili a causa delle pesanti restrizioni che impongono alla dieta del paziente. Questi farmaci agiscono con un meccanismo diverso da quello dei TCA e degli altri antidepressivi inibendo l'azione delle monoaminossidasi, enzimi duputati al catabolismo delle catecolamine (serotonina, dopamina, noradrenalina), inducendo una maggiore biodisponibilità di neurotrasmettitori nei processi sinaptici. In Italia è al momento presente sul mercato un solo IMAO, la tranilcipromina (Parmodalin, in associazione alla trifluoperaziona - un neurolettico), il cui utilizzo è generalmente limitato ai casi di grave depressione psicotica.

[modifica] Neurolettici

Ai primi del '900 si scoprì che un derivato dell'anilina, la prometazina, possedeva interessanti proprietà sedative e antiallergiche. Da questa fu derivata la cloropromazina, che usata inizialmente come sedativo, Henry Laborit scoprì essere in grado di indurre una specie di particolare indifferenza agli stimoli ambientali senza peraltro alterare lo stato di vigilanza. Proseguendo nelle ricerche Delay e Deniker scoprirono come questo farmaco fosse in grado di migliorare le condizioni dei pazienti psicotici. La cloropromazina è stata usata a lungo anche per i suoi effetti antinausea, antivomito, antivertigine, per alcuni tipi di somatizzazione e di cefalea.

Grazie all'enorme successo commerciale della cloropromazina, la ricerca dei nuovi neurolettici era comunque avviata e nel giro di una decina di anni si giunse all'individuazione e alla messa a punto di quasi tutte le maggiori classi di prodotti antipsicotici di cui disponiamo oggi: in tutto una ventina di diverse fenotiazine, prodotti assai simili strutturalmente alla cloropomazina, ed anche tioxanteni, dibenzazepine, il butirrofenone, le difenilbutilpiperidine ed altre ancora. Recentemente si è vista l'introduzione di nuovi antipsicotici, dotati di una affinità ad ampio spettro per i siti dopaminergici e serotonergici, quali risperidone, clozapina, olanzapina e quetiapina. Questi nuovi antipsicotici sembrano determinare con frequenza sensibilmente minore i sintomi extrapiramidali, e sono efficaci nel trattamento dei sintomi sia positivi che negativi delle psicosi gravi e croniche.

Gli antipsicotici presentano un'azione prevalentemente antidelirante e antiallucinatoria e non sono dei "supersedativi", come alcuni credono. Vengono impiegati prevalentemente per la terapia della schizofrenia e di altre manifestazioni psicotiche: possono essere somministrati per via orale, intramuscolare o endovenosa: a dosaggi adeguati riducono il delirio, le allucinazioni, i comportamenti deviati degli psicotici, favorendone il reinserimento sociale. Se assunti da un soggetto non psicotico, non producono uno stato di sedazione quanto piuttosto una estrema indifferenza agli stimoli ambientali e un fortissimo appiattimento emotivo.
A causa di questo effetto sui pazienti non psicotici, in passato si sono verificati casi di abuso di antipsicotici in nosocomi e altre strutture di cura, usati dal personale medico non per la terapia ma come camicia di forza chimica.

Si nota un potenziamento reciproco dell'effetto negativo, quando i neurolettici vengono amministrati in associazioni con altri farmaci come gli ansiolitici, gli ipnotici, droghe come gli oppiacei e l'alcool. Alcuni antiacidi, i succhi di frutta, tè e caffè possono ridurre l'assorbimento di molti neurolettici. Molti neurolettici possono d'altra parte ridurre l'effetto di alcuni prodotti anticoagulanti.

[modifica] Effetti collaterali

L'indice terapeutico dei farmaci antipsicotici è in genere estremamente elevato: è quasi impossibile che un paziente riesca a suicidarsi ingerendo solo queste sostanze. Il suicidio può riuscire quando il soggetto assume grandi quantità di farmaci diversi: barbiturici, antidepressivi, sali di litio, alcool. In tal caso è necessario portare il soggetto in ospedale.

Gli effetti collaterali più comuni sono pesantezza del capo, torpore, debolezza, senso di svenimento, secchezza della bocca e difficoltà di accomodazione visiva, impotenza, stitichezza, difficoltà urinarie, sensibilizzazione della pelle (alterazione del colorito ed eruzioni cutanee), alterazione del ciclo mestruale, tendenza all'ingrassamento, aumento della temperatura corporea, sbalzi di pressione sanguigna; possono accentuare la tendenza alle convulsioni i pazienti epilettici. La clozapina può provocare un drammatico calo di globuli bianchi.

Recentemente è stato osservato che gli antipsicotici atipici possono provocare disfrenia tardiva

[modifica] Effetti extrapiramidali

Rigidità dei muscoli e dei movimenti, mancanza di espressività del volto, irrequietezza motoria, lentezza o blocco dei movimenti, rallentamento della ideazione e dei riflessi. Gli antipsicotici di prima generazione provocavano anche discinesia tardiva (movimenti involontari o semivolontari rapidi simili a tic, lente contorsioni muscolari di lingua, volto, collo, del tronco, dei muscoli della deglutizione e della respirazione), che in un caso su tre poteva perdurare anche dopo l'interruzione del trattamento, se questo era molto prolungato nel tempo.

Visita il Portale di Medicina

Psicoterapia

Con la parola psicoterapia - etimologicamente "cura dell'anima" - si definisce una tecnica della psicologia applicata da psicologi e psichiatri per la cura di disturbi diversi che vanno dal modesto disadattamento all'alienazione profonda e ch'è uso definire nevrotici e psicotici. Si tratta dunque di terapie della psiche realizzate con strumenti psicologici - la parola, l'ascolto, il pensiero, la relazione con lo psicologo - nella finalità del cambiamento consapevole di un stile di vita o dell'apprendere ad affrontare con le proprie risorse, le vicende della propria vita, malgrado la presenza di sintomi definiti come ansia, depressione, fobie, eccetera.
Indice
[nascondi]

* 1 Definizioni e scuole
o 1.1 Scuola psicoanalitica
o 1.2 Scuola psicosintetica
o 1.3 Scuola sistemico-relazionale
o 1.4 Scuola cognitivo-comportamentale
o 1.5 Scuola ericksoniana
* 2 Sintomi
* 3 Legislazione
* 4 Bibliografia

[modifica] Definizioni e scuole
Per approfondire, vedi la voce Categoria:Psicoterapia.

Attualmente (2005) nel mondo esistono numerosissime scuole (e ancora più numerose definizioni) di psicoterapia pertinenti a teorie che in buona parte sono tra loro in conflitto epistemologico. Queste concezioni teoriche usano tecniche di psicologia applicata assai diverse tra loro. In Italia le teorie psicoterapeutiche rientrano in quattro filoni principali:

* l'indirizzo psicoanalitico,
* l'indirizzo sistemico-relazionale,
* l'indirizzo cognitivo-comportamentale
* l'indirizzo umanistico o esistenziale.

[modifica] Scuola psicoanalitica
Per approfondire, vedi la voce psicoanalisi.

Per gli psicoterapeuti di indirizzo psicoanalitico il sintomo manifestato dal paziente è la conseguenza di un conflitto inconscio. Per poter sopravvivere ad avvenimenti che non sa gestire l'individuo sviluppa delle difese di tipo psicologico (ad esempio la rimozione); l'evento traumatico viene così sepolto, ma resta come conflitto inconscio: il sintomo rappresenta l'espressione somatica di tale conflitto.

La terapia prevede una stretta relazione tra psicoterapeuta e paziente, grazie alla quale questo riesce a comunicare i conflitti responsabili dei sintomi. Conosciuta la causa, lo psicoterapeuta guiderà il paziente alla correzione dei conflitti interiori e degli effetti provocati da questi.

Il trattamento da un punto di vista tecnico consiste nell'attivare una terapia analitica con un setting rigido al fine di favorire lo sviluppo del transfert, cioè l'espressione di una corrente pulsionale che viene a stabilirsi tra paziente e terapeuta, il soggetto attiverà nelle sedute una rappresentazione inconscia di stili relazionali primari patologici. L'interpretazione del transfert e delle libere associazioni prodotte in seduta cercherà di favorire la chiarificazione delle cause e dei conflitti per permettere al soggetto paziente di modificare i propri stili relazionali al fine di ottenere una ristrutturazione del proprio sè il più funzionale possibile alla sopravvivenza e al più corretto adattamento alla vita sociale e relazionale.

Lo scopo del trattamento psicoanalitico non è la cura del sintomo, ma la possibilità di ottenere il più alto grado di ristrutturazione del sè del paziente che è spesso il massimo che il paziente può ottenere per poter riprendere un funzionamento non patologico.

[modifica] Scuola psicosintetica
Per approfondire, vedi la voce psicosintesi.

La psicosintesi è un vasto movimento psicologico di derivazione psicoanalitica, fondato agli inizi del secolo dallo psichiatra Roberto Assagioli (1888-1974) e sviluppatosi poi come indirizzo umanistico-esistenziale, vicino anche a temi transpersonali. Gli psicoterapeuti psicosintetisti ritengono che il sintomo sia l'espressione di un allontanamento dal Sé transpersonale il cui riflesso nel campo della coscienza è il sé o io personale. L'uomo ha dentro di sé l'aspirazione alla completezza e alla sintesi e si muove nella sua vita secondo due dinamiche fondamentali, quella del conflitto tra molteplicità ed unità e fra passato e futuro. La terapia, che si basa su una prima fase di tipo analitico, procede con colloqui generalmente faccia a faccia, esercizi di disidentificazione e autoidentificazione oltre a tecniche specifiche come le visualizzazioni per sviluppare le varie parti che compongono la personalità del paziente (subpersonalità) e armonizzarle quindi attorno al sé. Cardini della terapia sono la scoperta e lo sviluppo della volontà (non vittoriana ma come funzione del sè) e l'attenzione per la parte spirituale o transpersonale dell'individuo. Il percorso terapeutico si snoda quindi in un percorso dove il dolore e la sofferenza hanno opportunità evolutive; si passa perciò da una fase conoscitiva a una interpretativa per arrivare alla parte attivo-sintetica mediante la quale il sé agisce attivamente sulla situazione per trasformarla o comunque accettarla. Per la psicosintesi il rapporto terapeutico ha due scopi fondamentali: il dissolvimento o la traformazione dello stesso, in quanto il paziente ricerca la sua autonomia e capacità di guidarsi da solo, e la guarigione esistenziale, intesa non tanto come perdita dei sintomi quanto come acquisto in salute e maturazione psichica di cui la sofferenza costituisce la naturale gestazione.

[modifica] Scuola sistemico-relazionale

La psicoterapia ad indirizzo sistemico-relazionale considera la persona portatrice del sintomo il cosiddetto "paziente designato". Ovvero che il paziente sia il soggetto del sistema famiglia (per famiglia si intendono sia la propria che le due generazioni che l'hanno preceduta famiglia nucleare-allargata) che esprime o segnala il funzionamento disfunzionale di uno o più dei sistemi di cui egli è uno dei vertici. Designato dal sitema stesso, secondo una prospettiva bio psico sociale, in quanto portavoce esperto di una modalità disfunzionale di vivere, pensare, agire. Talvolta specialmente in casi che riguardano i bambini o gli adolescenti (ambito ove la terapia familiare risulta particolarmente un approccio valido) come conseguenza di un blocco evolutivo, in modo tale da accentrare su di sé tutte le tensioni divenendo il controllore di forze ed energie al prezzo sentimenti di sofferenza e vissuti di disgregazione. In questa ottica, le tecniche si utilizzano hanno per obiettivo sia la modificazione del singolo che del gruppo di riferimento, per ciò che concerne la modificazione delle modalità di comunicazione e di interazione dei membri. Gli psicoterapeuti che si rifanno a questo approccio nato da un vasto movimento di teorie e idee che si sono diffuse negli Stati Uniti durante gli anni 60 e conosciute come teorie della prima e seconda cibernetica, ottengono la remissione dei sintomi e il benessere del paziente con tempi e modalità che fanno esplicito riferimento alle terapie brevi; numero di sedute ridotto tempi rapidi. La psicoterapia ad indirizzo sistemico relazionale si è molto diffusa in Italia e in Europa durante gli anni 80 in modo particolare nei servizi di salute pubblica nel campo della patologia psichiatrica adulti nella neuro-psichiatria infantile nel campo delle tossicodipendenze e negli ultimi anni nelle problematiche che riguardano la separazione-divorzi con la mediazione e nelle problematiche scolastiche con il counselling; inoltre nell'ambito della psicologia del lavoro ha trovato importanti e significative applicazioni

[modifica] Scuola cognitivo-comportamentale

Gli psicoterapeuti di indirizzo cognitivo-comportamentale, invece, adottano un punto di vista del tutto diverso, fondato su una lunga tradizione di ricerca scientifica, che inizia con i primi studi di Pavlov sui riflessi condizionati e prosegue tutt'oggi con migliaia di studi sperimentali. Essi presumono che il "sintomo" sia l'espressione di un precedente apprendimento di schemi comportamentali, emotivi e di pensiero errati o disadattivi, derivanti da peculiari esperienze di vita del paziente, eventualmente mantenuti da un contesto interpersonale patogeno nel presente. Il soggetto che li mostra viene pertanto considerato portatore di strutture cognitive non adeguate (convinzioni), o di processi cognitivi inadatti a selezionare e ad elaborare in modo funzionale gli stimoli ambientali. Lo psicoterapeuta in questo caso può attuare, con l'aiuto del paziente, tecniche di condizionamento o decondizionamento sperimentalmente validate, al fine di modificare in modo diretto le risposte emozionali e gli schemi che si sono rivelati disadattivi, o sostituirli con nuovi schemi più funzionali, tramite esperienze (es. esposizione a stimoli prima evitati) e/o comportamenti di tipo nuovo (prescrizioni comportamentali). Un esempio è l'acquisizione di nuove abilità, come più efficaci competenze comunicative, tramite il "role playing" o pratica recitativa. Il terapeuta può anche usare procedure di vario tipo (anch'esse codificate e validate), dal "dialogo socratico" alla ristrutturazione cognitiva, per permettere al paziente di identificare ed esaminare criticamente e quindi modificare sia i propri processi (e strutture) cognitivi sia i comportamenti non funzionali ai suoi scopi. Infine, il terapeuta può adottare specifici atteggiamenti interpersonali all'interno della relazione terapeutica, per consentire al paziente una correzione dei suoi schemi interpersonali di base. Il trattamento pertanto è costituito da procedure di tipo maieutico e psicoeducativo, mentre il cambiamento nel paziente si assume sia legato a processi di apprendimento e ristrutturazione. Una volta eliminati tutti i "sintomi" ed acquisiti comportamenti alternativi, comprese le consonanti strutture cognitive, viene semplicemente eliminato il disturbo. Nuovi atteggiamenti del soggetto nonché i vantaggi dei nuovi comportamenti stabilizzeranno i cambiamenti ottenuti.

[modifica] Scuola ericksoniana

L'ipnoterapia ericksoniana è una psicoterapia che deriva dal lavoro clinico di Milton H. Erickson e basa una parte importante della sua efficacia sull'ipnosi. L'ipnosi è un metodo che viene utilizzato anche in altre psicoterapie. L'ipnoterapia ericksoniana, o psicoterapia ericksoniana, viene definita anche come psicoterapia breve (si deve proprio a Erickson il primo uso di questa locuzione). Si basa su alcuni assunti importanti:

* il paziente è un individuo unico e pertanto unico sarà l'approccio utilizzato per curare il paziente (tayloring);
* l'inconscio di ciascun individuo è pieno di risorse per risolvere i problemi del vivere quotidiano; le persone sono considerate come capaci di autoguarirsi e autocorregersi se riescono a farlo;
* qualche individuo ha bisogno di aiuto per correggere i propri problemi e guarire dai propri sintomi; qualche volta una persona deve prima imparare delle abilità o deve orientare la propria attenzione verso nuovi modi di vedere le cose o di pensare;
* i sintomi e i problemi comportamentali sono frutto di un'inadeguata relazione tra mente conscia e mente inconscia;
* l'attività psicoterapeutica dell'ericksoniano è principalmente orientata alla risoluzione dei sintomi o dei problemi comportamentali portati nel setting dal paziente.

[modifica] Sintomi

I problemi oggetto di intervento dello psicoterapeuta vanno dal generico disagio esistenziale fino alle più gravi forme di alienazione con interpretazione delirante della realtà, spesso con allucinazioni uditive, visive o tattili; fenomeni sintomatici sono l'ansia, la depressione, il disturbo maniacale, le fobie, le ossessioni, i disturbi diversi del comportamento alimentare - anoressia e bulimia - e della sfera sessuale, il comportamento compulsivo, l'abuso di sostanze, eccetera, tutti riferiti ad eventuali disturbi della personalità con esiti attraverso fenomeni complessi quali il mobbing, il conflitto coniugale, il disturbo antisociale ed altri. In generale lo psicoterapeuta si può interessare anche di riabilitazione di soggetti con disturbi psichiatrici e della riabilitazione di tossicodipendenti, sia all'interno di strutture sanitarie pubbliche (per esempio i Centri di Salute Mentale per i soggetti psichiatrici e i SERT nel caso delle tossicodipendenze) o all'interno comunità terapeutiche.

Tradizionalmente, alcune scuole di psicoterapia si sono occupate in particolare di determinati sintomi, come nel caso dell'indirizzo psicoanalitico, con l'attenzione alle cosiddette nevrosi (ansia, depressione, fobie, ossessioni). Altri, come il caso dei terapeuti cognitivo-comportamentali, si sono specializzati nel trattamento di disturbi da stress, depressione, fobie, disturbi ossessivo-compulsivi, disturbi sessuali, alimentari, del sonno e dipendenze patogene. Altri ancora, come i terapeuti familiari sistemico-relazionali, si sono occupati in particolar modo dei disturbi della condotta alimentare come anoressia e bulimia negli adolescenti.

[modifica] Legislazione

In Italia la Legge 18 febbraio 1989, n. 56, in materia di "Ordinamento della professione di psicologo" stabilisce che l'esercizio dell'attività psicoterapeutica, in ambito pubblico o privato, è riservata a Psicologi e Medici psichiatri iscritti nei rispettivi Albi e Ordini professionali; per tale attività la legge prevede una formazione professionale da acquisire, dopo il conseguimento della laurea in psicologia o in medicina e chirurgia, mediante corsi presso Scuole di Specializzazione Universitarie con il pagamento delle sole imposte accademiche, ed eventualmente - a titolo oneroso - presso istituti privati autorizzati da apposita commissione ministeriale.

Psicoanalisi (psicanalisi)

Psicoanalisi, termine coniato nel XX secolo unendo le parole psico e analisi (sul modello tedesco di psychoanalyse), definisce una particolare teoria psicologica che propone un modello di funzionamento della mente e dei processi psichici dell'uomo da un punto di vista dinamico, con particolare enfasi sull'inconscio, i sogni e la sessualità infantile; è usato anche per indicare il metodo terapeutico che in quella teoria ha le sue basi, appunto il metodo psicoanalitico. Fondatore di questa disciplina è stato Sigmund Freud.

La psicoanalisi si pone come scopo precipuo quello di individuare le cause delle nevrosi non in rapporto a specifici fatti traumatici accaduti in un passato più o meno remoto, ma in funzione di una possibile e complessiva distorsione della personalità conseguente ad un disarmonico sviluppo dell'istinto. Oltre che un metodo di cura, la psicoanalisi è anche una metapsicologia, ovvero una teoria del funzionamento della mente umana.

Sotto diversi aspetti la psicoanalisi - che nel corso del XX secolo si è sviluppata e modificata con il contributo di studiosi di diversa nazionalità - ha molto contribuito, assieme alla filosofia moderna, alla formazione del pensiero dell'uomo, analizzandone i sogni, gli istinti e le pulsioni sessuali, le modalità relazionali come i lapsus e gli atti mancati.

Poiché studia il contenuto conscio ed inconscio dei pensieri dell'essere umano, e il rapporto che esso ha con l'immaginazione e la creatività fantastica, la psicoanalisi può confinare - nell'immaginario collettivo - con un certo tipo di magia di influenzamento, che in terminologia scientifica si chiama fantasia di onnipotenza.
Indice
[nascondi]

* 1 Gli inizi della psicoanalisi
* 2 La tecnica psicoanalitica
* 3 Critiche alla psicoanalisi
o 3.1 Il dibattito sull'efficacia terapeutica
o 3.2 Critiche recenti alla psicoanalisi
* 4 Note
* 5 Bibliografia
* 6 Voci correlate
* 7 Collegamenti esterni

[modifica] Gli inizi della psicoanalisi
Per approfondire, vedi la voce Storia della psicoanalisi.

Poche altre imprese culturali hanno avuto la stessa straordinaria fortuna della psicoanalisi. A seguito dell'opera di Sigmund Freud, nella cultura occidentale si è diffusa per la prima volta la teoria che spiega, attraverso l’interpretazione di osservazioni non sistematiche e argomentazioni pseudo-scientifiche, le zone più recondite dell'animo umano. Freud privilegiò come terreno d'indagine quelle che apparivano come le componenti più irrazionali della personalità umana: i lapsus e gli atti mancati, il sogno e sintomi vari di natura psichiatrica. Fu lui ad attribuirne l’origine nei ricordi dell'infanzia e soprattutto in un oscuro “serbatoio degli istinti” che chiamò ”inconscio”, una parte di mente presente nel soggetto, al di fuori della sua mente cosciente.

La nuova “scienza” nacque alla fine del XIX secolo con lo scopo di spiegare e curare particolari disturbi nevrotici, come i disturbi isterici, di cui la medicina dell’epoca stava cercando una causa obiettivamente dimostrabile nell’ambito della neurologia nonché terapie efficaci. Di fronte al sostanziale fallimento anche della psicoanalisi come terapia, Freud sviluppò la teoria delle “resistenze”, ridefinendo sistematicamente come tali le contestazioni che la persona (paziente o allievo) opponeva alle sue interpretazioni. L’accettazione da parte del soggetto delle interpretazioni freudiane veniva quindi considerata un passaggio dei contenuti inconsci alla coscienza.

Si concentrò verso manifestazioni trascurate fino ad allora come le molteplici attività mentali fuori della norma (lapsus, amnesie) e i sogni, che erano state fino allora considerate marginali "distrazioni" o forme di indebolimento dell'attività della coscienza o forme di psicopatologia (comportamenti ossessivi, fobie, etc.) fino ad allora non bene inquadrate.

Secondo Freud, partendo dallo studio di simili manifestazioni, sarebbe stato possibile portare alla luce i meccanismi operanti nell’”inconscio”, che immaginava come fonte di forze o impulsi ad agire, che la coscienza avrebbe dovuto tenere a bada perché disdicevoli o socialmente inammissibili, così come una società si difende dai suoi elementi devianti. Secondo Freud, i vari comportamenti nevrotici erano spiegabili da questa “repressione” o “rimozione” degli impulsi istintivi.

Il presupposto di base consisteva nell’assunto che esistono leggi che governano la vita interiore e che queste sarebbero diverse da quelle della vita esteriore, cosa che permetteva di definire un campo di indagine autonomo dalle altre scienze, chiamato da Freud “psicologia del profondo”. Ciò esentava la psicoanalisi dal sottoporsi ai metodi di indagine e di verifica richiesti nelle scienze, come ad esempio nella psicologia.

Precisamente queste leggi sono tre:

1. l'esistenza dell'”inconscio”

La cui presenza si presumeva scientificamente dimostrata dal tentativo stesso di dare una spiegazione univoca sia a sintomi nevrotici, sia agli atti sintomatici e i lapsus.

2. l’esistenza di una energia psichica o “libido”

Originatasi nell’”inconscio”, vi sarebbe una energia di natura prevalentemente sessuale che tenderebbe ad avere una via di uscita attraverso una varietà di comportamenti, quali ad esempio i sintomi nevrotici,

3. il determinismo psichico o principio di causalità

Nella mente, al contrario che nella natura fisica, nulla avverrebbe per caso ma ogni rappresentazione mentale sarebbe concatenata e dipendente dalla precedente.

Seguendo questa strada, Sigmund Freud e sua figlia Anna Freud indagarono su fenomeni psichici apparentemente contraddittori, quali ad esempio le risposte a conflitti tra motivazioni opposte, gli auto-inganni o i falsi moralismi, interpretandoli come “meccanismi di difesa”. Ad esempio, l'uomo che nega a sé stesso certe rappresentazioni mentali disturbanti, mentendo a sé stesso sulla loro presenza, lo farebbe per ottenere il vantaggio di non provare dolore. Oppure, atteggiamenti moralistici, interpretati come l’effetto di un senso di colpa per azioni riprovevoli o della trasformazione delle pulsioni sessuali represse o deviate dal loro obiettivo naturale.

In questo modo, comportamenti apparentemente giustificati o anche ammirevoli appaiono in realtà derivanti da motivazioni poco lusinghiere o inconfessabili, soprattutto di natura sessuale.

Nell’esplorare la vita psichica dei pazienti e nel condurre le sue “terapie”, talvolta molto energiche e direttive, Freud si accorse ben presto che i pazienti sviluppavano talvolta nei suoi confronti reazioni molto emotive, positive o negative, come odio o innamoramento. Ne concluse, in accordo con la sua ipotesi dell’origine infantile delle nevrosi, che si trattava di un trasferimento verso la sua persona di atteggiamenti affettivi, ovvero nel suo lessico di cariche “libidiche”, che i soggetti stessi avevano provato nell’infanzia verso i propri genitori.

Credette quindi che si trattasse di un nuovo fenomeno, ovviamente inconscio, che chiamò “transfert”, ed arrivò a teorizzare che non vi potesse essere guarigione se questo non fosse “superato”, cioè se il paziente non accettasse l’interpretazione dell’analista di tali reazioni emozionali. La “teoria del transfert” divenne quindi uno dei capisaldi della costruzione teorica della psicoanalisi.

Le teorie di Freud suscitarono scandalo negli ambienti più conservatori della borghesia austriaca, nei primi anni del 1900, soprattutto in rapporto alle formulazioni sulla sessualità infantile, che era considerata da Freud la base dell'intera vita psichica. Dai colleghi dell'Università Freud era già stato fortemente criticato per certe sue conclusioni affrettate tratte da precedenti studi sulla cocaina, di cui pare sia stato un assiduo consumatore. Dopo l'esposizione delle teorie psicoanalitiche, fu quasi del tutto ignorato negli ambienti accademici.

Freud dovette andarsene dal reparto ospedaliero di Neurologia dove lavorava e fu costretto all'attività privata, in cui ebbe successo. Critici e detrattori successivi di Freud, che ebbero sempre meno fortuna di lui, furono spesso accusati, talvolta giustamente, di antisemitismo.

La psicoanalisi ebbe ben presto dei seguaci, riuscendo Freud a farla accettare (ma al di fuori della medicina ufficiale) come tecnica terapeutica per un certo tipo di malattie psichiatriche come le nevrosi, che non avevano ancora trovato terapie efficaci. Così intorno a Freud, nella città di Vienna, si andò formando il primo gruppo di allievi; questo permise a Freud di fondare nel 1910 l'International Psychoanalytical Association definendo così i criteri di formazione dei futuri analisti basati sull'analisi personale, le supervisioni, i corsi clinico-teorici. In quel periodo si vennero formando le prime società psicoanalitiche che aderiranno all'I.P.A.

Questo insegnamento iniziò attraverso regole che Freud codificò ben presto; sono regole che comportano un particolare stato di soggezione del candidato “psicoanalista”; questi doveva ed ancora oggi deve sottoporsi allo stesso trattamento che riserverà ai futuri pazienti. Tale relazione rendeva e rende possibile un vero e proprio indottrinamento da parte dell'analista.

Così la psicoanalisi, assumendo vari indirizzi e applicata ad ambiti diversi da quello originario, divenne ben presto una ideologia, cioè una concezione generale della natura umana e dei suoi rapporti con il mondo (Weltanschauung), in cui l’uomo viene visto come “agito” da forze oscure, inconfessabili o autodistruttive (come l’”istinto di morte”) su cui non ha sostanzialmente alcun controllo consapevole. Dopo l’immane disastro provocato dalla prima Guerra Mondiale, ma in una epoca in cui c’era ancora grande fiducia nella scienza, il clima era probabilmente favorevole ad accettare tale visione della natura umana.

I principali nomi da ricordare fra i primi analisti sono Otto Rank, Karl Abraham, Max Eitingon, Ernest Jones, Sandor Ferenczi e Hans Sachs. Un posto particolare spetta alla variante della Psicologia analitica, di Carl Gustav Jung, psichiatra svizzero, il cui interesse si incentrò sullo studio dei modelli (o schemi mentali) impersonali e collettivi, che presumeva operassero anch’essi nell'inconscio, modelli che chiamerà "archetipi". Qui Jung credette di trovare la chiave per un'interpretazione sociale di particolari fenomeni psicologici, come l'”identificazione con un modello archetipico” che il bambino opererebbe nel giocare, o di fenomeni culturali, religiosi ed artistici che Jung vede come espressioni di “modelli archetipici”, presenti in una particolare raccolta mentale chiamata “inconscio collettivo”.

La psicoanalisi influenzò molti scrittori e pensatori del ‘900 come Italo Svevo, James Joyce, George Groddeck, Bertrand Russell ed Herbert Marcuse; inoltre, molti intellettuali si sottoposero all’analisi, contribuendo ad aumentarne il credito e quindi a diffonderla.

La psicoanalisi entrerà in Italia passando da Trieste dove Edoardo Weiss, analizzato da Federn, allievo di Freud, diede impulso decisivo alla Società Psicoanalitica Italiana che era stata fondata a Teramo nel 1925 da Marco Levi Bianchini, libero Docente presso l'Università di Napoli, Direttore dell'Ospedale Psichiatrico di Teramo. Nel 1932 la S.P.I. fu trasferita a Roma e riorganizzata da Weiss che, nello stesso anno fondava la Rivista di Psicoanalisi, che è tuttora l'organo ufficiale della S.P.I. In quel periodo spiccavano le figure di Cesare Musatti, Nicola Perrotti, Emilio Servadio e Alessandra Tomasi di Palma che contribuiranno, anche in seguito, alla divulgazione e al progresso clinico-teorico della psicoanalisi in Italia e all' estero.

Nel corso del secolo, soprattutto nel secondo dopoguerra ed anche per influenza dello sviluppo delle scienze umane, come la psicologia sociale, la psicoanalisi dei successori (“neofreudiana”) si è progressivamente distaccata dagli originari approcci "pulsionalisti", ovvero legati alle dinamiche intrapsichiche delle pulsioni e della “libido”. Si sviluppano invece versioni "relazionali", orientate alla comprensione delle dinamiche dei cosiddetti “investimenti oggettuali” e della loro articolazione nelle relazioni interpersonali.

Il luogo ultimo di origine di tali investimenti e quindi delle motivazioni umane rimane comunque l’”inconscio”, concetto che non ha riscontri in alcuna altra scienza. I molti orientamenti di stampo più relazionale nati dalla iniziale psicoanalisi, non hanno rinunciato ai pilastri teorici della “libido”, del “determinismo psichico” o del “transfert”, e soprattutto dell’”inconscio”. Questi sono indicati, in campo clinico, come psicoterapie “psicoanalitiche”. Altri trattamenti o orientamenti vengono invece chiamati “psicodinamici” o psicoanalitici, anche se poco hanno a che vedere con le suddette basi teoriche.

“Psicoanalisi” è considerata la dicitura corretta, volendo alcuni riservare il termine Psicanalisi (senza la "o") solo alla psicoanalisi di orientamento Lacaniano.

Tra gli anni '80 e gli anni '90 si sono ridotti gli studi che si proponevano di controllare gli esiti della psicoanalisi come metodo clinico. Tale tendenza si è però modificata negli ultimi anni, con la ripresa di ampi studi e meta-analisi sull'efficacia degli approcci psicodinamici (ovvero, derivati dalla psicoanalisi) nell'ambito della psicoterapia; interessanti appaiono a questo proposito gli attenti lavori di ricerca supportati, a livello internazionale, dalla SPR, Society for Psychotherapy Research Society for Psychotherapy Research.

[modifica] La tecnica psicoanalitica

La psicoanalisi fu sviluppata da Freud per cercare di affrontare i problemi di alcuni pazienti con cui falliva la tecnica catartica (ipnosi) utilizzata prevalentemente dal suo collega Breuer.

Freud parte da un modello in cui la mente umana ha una struttura tripartita: Io, SuperIo ed Es; il primo è il substrato cosciente ed è quello di cui si ha consapevolezza, l'Es è esattamente il suo opposto (inconscio) il quale raccoglie e memorizza un'enorme quantità di informazioni che vanno dal periodo della prima infanzia sino alla morte. Tuttavia nell'adulto il contenuto psichico dell'Es è celato e reso normalmente inaccessibile dal SuperIo che rappresenta il 'censore' della mente umana. In una situazione di normalità i ricordi rimossi che stazionano nell'Es vengono ostacolati dal SuperIo e quindi non riescono a raggiungere l'Io, quando invece un qualsiasi elemento cosciente riesce a 'risvegliare' un oggetto rimosso nasce un conflitto tra il ritorno del rimosso e le resistenze del SuperIo. Freud chiama tale situazione nevrosi (o psicosi nel caso in cui l'alterazione della personalità risulti tale da compromettere del tutto il contatto con la realtà).

Il metodo psicoanalitico si basa sull'idea che le nevrosi scaturiscano dall'incapacità dell'Io di impadronirsi delle idee rimosse: in altre parole, per Freud la conoscenza del motivo patologico è già di per sé cura del disagio stesso. Tuttavia gli elementi rimossi non sono noti a priori e quindi è impossibile cercare in una direzione precisa. Per questo motivo Freud basa la tecnica terapeutica sul concetto di associazione libera ovvero sul lasciare il paziente completamente svincolato da qualsiasi regola di condotta nei suoi discorsi.

Il soggetto viene quindi invitato a parlare liberamente di ciò che vuole, senza censurare nulla di quello che pensa ed a cambiare argomento ogniqualvolta lo desideri. La 'speranza' dell'analista è che, in seguito ai condizionamenti inconsci, il paziente rievochi elementi (o parti di essi) rimossi e permetta quindi all'analista di aiutarlo nella ricostruzione dei fatti, che in termini tecnici si chiama 'interpretazione'.

Particolare importanza hanno per Freud i sogni, egli infatti parte dal presupposto che durante il sonno REM la vigilanza del SuperIo sia ridotta, facilitando quindi il ritorno del rimosso all'Io sotto forma di materiale onirico, che si può ricordare al risveglio. In pratica il sogno è la strada maestra per addentrarsi nelle rappresentazioni simboliche e stratificate dell'inconscio.

Il fenomeno comunemente chiamato sogno è caratterizzato dall'avere un contenuto manifesto, ciò che effettivamente si ricorda al risveglio e un contenuto latente, composto da elementi rimossi alterati. Il passaggio dal contenuto latente a quello manifesto è operato dal lavoro onirico che è sostanzialmente strutturato in due processi: lo spostamento e la condensazione. Lo spostamento comporta la deviazione dell'elemento rimosso verso oggetti differenti, mentre la condensazione comporta l'unione di più elementi rimossi in un unico 'blocco audiovisivo'. Compito dell'analista è proprio quello di interpretare il sogno, al fine di ottenere il contenuto latente a partire da quello manifesto, facendo associare il paziente sulle rappresentazioni audiovisive che l'inconscio lascia filtrare.

[modifica] Critiche alla psicoanalisi

Freud considerava la psicoanalisi una scienza: "Ho sempre considerato una grande ingiustizia il fatto che non si sia voluto trattare la psicoanalisi come qualunque altra scienza naturale" (Sigmund Freud, "La mia vita e la psicoanalisi").

Tra le prime critiche al proposito va menzionata quella di un altro famoso viennese di quei tempi, l'umorista Karl Kraus (1874-1936) che era di diverso avviso su quella che va considerata, la creatura di Freud: la psicoanalisi. La psicoanalisi, sosteneva Karl Kraus, è più una passione che una scienza. Tra i corrosivi aforismi di Kraus contro la psicoanalisi il più celebre è forse quello che la definisce "quella malattia di cui ritiene di essere la terapia".

Dopo di lui, Egon Friedell (1878-1938), anche lui viennese, sostiene in un suo imponente lavoro dal titolo "Kulturgeschichte der Neuzeit" la stessa tesi: che la psicoanalisi non è scientifica e dopo aver sottolineato fortemente che la psicoanalisi non è una scienza giunge alla conclusione che Freud è un poeta e la psicoanalisi è la fede di una setta poiché sebbene si atteggi a scienza di fatto è una religione. Freud che si considerava un materialista convinto viene quì tacciato di metafisico, che sempre secondo il Friedell, la sua attenuante è quella di non saper di esserlo. Friedell sembra ribaltare tutti i giudizi, visto che la psicoanalisi da molti viene considerata come esercizio della riflessione per antonomasia, quì viene invece addirittura accusata di bloccare l'esercizio della critica nei cosiddetti adepti.

Su questo tema del fascino della psicoanalisi ottenebrante la ragione ritornerà più tardi il logico e filosofo Ludwig Wittgenstein (1889-1951). La psicoanalisi è "una mitologia che ha molto potere". Più in particolare, il procedimento della libera associazione delle idee, fa presente Wittgenstein, è alquanto oscuro, "perché Freud non chiarisce mai come possiamo sapere dove fermarci, dove la soluzione sia giusta".

Una credenza diffusa vorrebbe che Albert Einstein fosse un grande ammiratore di Freud, ma come ha fatto notare A. H. Esterson, si tratta di un mito: in una lettera a uno dei suoi figli nei primi anni trenta[1] Einstein scrisse che non era rimasto convinto dalle opere di Freud e che riteneva i suoi metodi dubbi se non fraudolenti.

Dopo Wittgenstein, tra le critiche provenienti da personaggi in vista della scienza e della filosofia, la critica più nota nei confronti della psicoanalisi freudiana è sicuramente quella di Karl R. Popper. La posizione di Popper rispetto alla psicoanalisi è molto chiara: la psicoanalisi non è scientifica semplicemente per il fatto che non è falsificabile. E "quanto all'epica freudiana dell'Io, del Super-io e dell'Es non si può avanzare nessuna pretesa ad uno stato scientifico, più fondatamente di quanto lo si possa fare per l'insieme delle favole omeriche dell'Olimpo. Queste teorie descrivono alcuni fatti, ma alla maniera dei miti. Esse contengono delle suggestioni psicologiche assai interessanti, ma in forma non suscettibile di controllo". Ciò in contrasto con la maggior parte delle teorie fisiche le quali "sono del tutto [...] altamente falsificabili sin dall'inizio".

In questo dibattito interviene Adolf Grünbaum, autore del famoso libro "Philosophical Problems of Space and Time" (1963; ed. ampl. 1976), di "The Foundations of Psychoanalysis" e "Reflections on the Foundations of Psychoanalysis". Grünbaum critica il falsificazionismo di Popper e nega validità alla critica di Popper contro Freud. Se la teoria psicoanalitica non è scientifica perché non falsificabile, come sostiene Popper, tuttavia - si chiede Grünbaum - "quale dimostrazione ha mai offerto Popper per ribadire con enfasi che il corpus teorico freudiano è completamente privo di conseguenze empiricamente controllabili?". La conseguenza a cui arriva il procedimento logico di Grünbaum è che "l'incapacità di certi filosofi della scienza di individuare una qualsiasi conseguenza controllabile della teoria freudiana, dimostra che essi non ne hanno studiato a fondo, o non ne padroneggiano, il contenuto logico, non dimostra certo una carenza scientifica della psicoanalisi".

Sbaglia Popper a criticare Freud sulla base di una presunta non falsificabilità della psicoanalisi, questa è in sintesi la posizione di Grünbaum che tuttavia sostiene che in ogni caso la psicoanalisi non regge ugualmente. E non regge, tra altre ragioni, perché i dati clinici non sono attendibili: essi sono irrimediabilmente contaminati dall'analista. Ne conclude pur criticando le posizioni di Popper sulla scientificità della psicoanalisi che tuttavia attualmente la psicoanalisi non è in ottimo stato, "per lo meno per quanto riguarda i suoi fondamenti clinici".

A partire dagli anni settanta del ventesimo secolo, studiosi come Ellenberger, Cioffi, Sulloway hanno messo in dubbio l'integrità scientifica di Freud, appoggiandosi su prove documentali: sono state sottolineate ad esempio discrepanze fra le descrizioni di casi clinici negli articoli pubblicati di Freud e i resoconti degli stessi casi nella sua corrispondenza privata. Sulla scorta di questi studi, lo psicologo clinico Jacques Bénesteau (autore del libro Mensonges freudiens: Histoire d'une désinformation séculaire, vincitore nel 2003 del premio assegnato dalla Société française d'histoire de la médecine per il migliore libro dell'anno per la ricerca nella storia della medicina) ha sostenuto che Freud ha mentito su tutti i casi da lui trattati nei suoi scritti: "[...] abbiamo appreso, di pubblicazione in pubblicazione, e rivelazione dopo rivelazione, che Freud aveva manipolato i fatti, inventato dei malati, con i loro sintomi e una eziologia, fabbricato degli effetti terapeutici inesistenti e delle false prove, il tutto dissimulando le sue costruzioni sotto la protezione di una retorica straordinaria e dietro "fantasmi" supposti inconfutabili, quali il complesso d'Edipo, questa fantastica barriera disinformativa. La disinformazione e la sottrazione dei documenti dovevano fare il resto del lavoro."[2] Studiosi come il filosofo della scienza Frank Cioffi hanno tratto dalle critiche sulla veridicità degli scritti di Freud conseguenze riguardo alla validità della teoria psicoanalitica: "Allora, perché Freud è uno pseudoscienziato? La ragione principale è la seguente: ha dichiarato di aver testato -e dunque di aver fornito delle prove suscettibili di legittimare in modo convincente- delle teorie che erano inconfutabili o, quando erano confutabili, non erano state testate."[3]

Il Premio Nobel per la medicina Peter Medawar ha scritto nel 1975: "Gli psicoanalisti continueranno a prendere le più spaventose cantonate finché persevereranno nella loro convinzione impudente e intellettualmente debilitante secondo cui godono di un 'accesso privilegiato alla verità'. Si sta affermando l'opinione secondo cui la teoria psicoanalitica dottrinaria è la più prodigiosa truffa intellettuale del ventesimo secolo: nonché un prodotto terminale- qualcosa di simile a un dinosauro o a uno Zeppelin nella storia delle idee, una vasta struttura dal progetto radicalmente mal concepito e senza posterità."[4] E. Fuller Torrey, definito dal Washington Post "il più famoso psichiatra americano", scrivendo in "Witchhdoctors and Psychiatrists" (1986) ha sostenuto che le teorie psicoanalitiche non hanno un fondamento scientifico superiore a quello delle teorie dei guaritori indigeni tradizionali. Un numero crescente di scienziati considera la psicoanalisi una pseudoscienza (F. Cioffi, 1998), anche se diverse migliaia di psichiatri e psicologi, in particolare in paesi come la Francia e l'Argentina, la ritengono tutt'ora una delle teorie più clinicamente utili nell'ambito della psicoterapia. Nell'Europa del Nord e nei paesi anglosassoni, invece, secondo quanto riferisce Catherine Meyer, curatrice de "Le Livre noir de la psychanalyse", "essa non è quasi più insegnata nelle facoltà di psicologia e ha trovato rifugio nelle facoltà di lettere o di filosofia. Nei Paesi Bassi, paese in cui si consumano meno ansiolitici, la psicoanalisi è quasi inesistente come terapia. Negli Stati Uniti, solo 5000 persone seguono una psicoanalisi (secondo la rivista Times, 2003): in confronto a 295 milioni di Americani, questa cifra appare al giorno d'oggi del tutto marginale. [...] Il "Myers", quel manuale che serve da opera di consultazione per gli studenti di psicologia americani, consacra solo 11 pagine alle teorie freudiane, su 740 pagine complessive." Secondo Meyer, la Francia e l'Argentina rappresentano nel mondo più l'eccezione che la regola per quanto riguarda la predominanza della psicoanalisi nei campi della psicologia e della psicoterapia.[5]

È del 2000 il libro: “Il caso Marilyn M. e altri disastri della psicoanalisi” del prof. Luciano Mecacci, docente di Psicologia generale all’Università di Firenze. Si tratta di una durissima e documentata requisitoria contro la psicoanalisi, in cui si sostiene che le teorie psicanalitiche sono troppo soggettive ed arbitrarie per essere credibili e inoltre che la formazione degli psicanalisti non garantisce affatto che abbiano risolto i loro problemi interiori (come credono e vorrebbero far credere) e che quindi i pazienti e gli analisti stessi si trovano dentro rapporti a grave rischio. Il libro va a scavare negli intrecci perversi tra la vita privata degli psicanalisti più celebri, quella di allievi analizzandi, pazienti e loro familiari (intrecci e “costellazioni” dagli esiti spesso letali). Rivela impietosamente i tragici insuccessi (verificatisi più a causa della psicanalisi che nonostante essa), l’impressionante numero di suicidi tra psicanalisti, loro figli e loro pazienti, le falsificazioni dei casi clinici, ecc., insomma gli innumerevoli scheletri nell’armadio che la psicanalisi ha cercato di rimuovere.


[modifica] Il dibattito sull'efficacia terapeutica

Anche per quanto riguarda l'efficacia terapeutica della psicoanalisi il dibattito è stato molto forte, ed ha visto posizioni spesso contrapposte. Tra i critici, il succitato Jacques Bénesteau ha affermato che "È ormai ammesso che nessun malato è stato guarito da Sigmund Freud, e non si possiede alcuna prova che uno solo sia stato realmente migliorato dal suo "metodo". [...] In base alle expertise sull'efficacia terapeutica, i cui risultati sono regolarmente pubblicati, al giorno d'oggi è possibile dire che, dall'inizio del ventesimo secolo, il metodo psicoanalitico non ha avuto alcun successo terapeutico al suo attivo, neppure di miglioramento dei problemi psicologici di un solo paziente. Se la psicoanalisi avesse avuto una qualche efficacia superiore a 400 altre psicoterapie esaminate, ci si sarebbe affrettati a far valere, con i fatti, la superiorità di questi brillanti risultati, e la discussione sarebbe chiusa poiché il mondo medico avrebbe avuto l'obbligo morale di aderirvi."[6]

Molti altri importanti autori non condividono però queste posizioni, definite come "ipercritiche"; vi è anzi, sottolineano questi ultimi, una solida e ricca produzione scientifico-clinica sugli esiti positivi degli interventi psicoterapeutici psicodinamicamente orientati, produzione che nel corso degli anni si è progressivamente irrobustita ed ulteriormente articolata: si veda ad esempio l'ampia meta-analisi sull'efficacia della psicoterapia psicodinamica breve in numerosi disturbi psicologici di F.Leichsenring, S.Rabung, E.Leibing, nei prestigiosi Archives of General Psychiatry, 61, 2004, reperibile di seguito assieme ad altri studi clinici controllati sull'argomento Archivi. In ogni caso, come fanno notare nello stesso studio Leichsenring et al., diversamente da quanto avviene per la psicoterapia psicodinamica a breve termine, "per la psicoterapia psicoanalitica a lungo termine e la psicoanalisi, c'è un urgente bisogno di ricerca convincente sui risultati."[7]

In Francia, l'Institut national de la santé et de la recherche médicale (l'organismo pubblico francese dedicato alla salute e alla ricerca medica) ha pubblicato nel 2004 l'expertise collettiva "Psychothérapie: Trois approches évaluées", una rassegna critica di studi clinici e di meta-analisi precedenti, in cui veniva valutata l'efficacia di tre diversi approcci psicoterapeutici, fra cui quello di ispirazione psicoanalitica.[8] Gli otto esperti che hanno realizzato tale rapporto provenivano da indirizzi diversi di psicologia clinica, sei di loro erano stati psicoanalizzati e uno era uno psicoanalista lacaniano. Lo psichiatra e psicoterapeuta Jean Cottraux, uno di questi otto autori, riassume le caratteristiche e i risultati dell'expertise nel modo seguente: "[...] il rapporto INSERM non si occupava della psicoanalisi nel senso stretto del termine, esso valutava l'efficacia delle terapie psicoanalitiche brevi, della terapia familiare [di vari indirizzi] e delle terapie cognitivo-comportamentali. Le sue conclusioni erano particolarmente misurate. Erano stati studiati sedici disturbi. Le terapie cognitivo-comportamentali hanno dimostrato un effetto positivo in quindici disturbi su sedici, le terapie familiari in cinque disturbi su sedici, le terapie d'ispirazione psicoanalitica in un solo disturbo su sedici. Si trattava di disturbi della personalità in cui anche le TCC [sigla che sta per "terapie cognitivo-comportamentali"] hanno dimostrato la loro efficacia. Erano proposte indicazioni precise per ciascun disturbo, il che permetteva alle diverse correnti di dividersi il terreno in funzione dei loro poli di eccellenza. Il rapporto consentiva così ai pazienti di compiere una scelta informata. Le terapie psicoanalitiche brevi venivano considerate una buona indicazione in almeno il 30% delle domande di psicoterapia che provenivano da pazienti affetti da un disturbo di personalità isolato o associato alla depressione, o da un disturbo ansioso."[9]

A proposito dell'efficacia della psicoanalisi è poi interessante il parere aneddotico di Eric Kandel, uno dei più famosi neuroscienziati riduzionisti del mondo, che ha recentemente ricordato come anni fa si sottopose ad un'analisi personale, che gli produsse notevoli effetti benefici. Tuttavia, lo storico della psicologia Allen Esterson, criticando Mark Solms, ha fatto notare come Kandel non ritenga che lo stato attuale delle conoscenze neuroscientifiche confermi la teoria psicoanalitica: secondo quanto Eric Kandel ha scritto nel 1999, "la base neurale di un insieme di processi mentali inconsci" delineata dalle scoperte attuali in neuroscienza "non mostra alcuna somiglianza con l'inconscio di Freud. [...] [Questo inconscio] non è collegato a pulsioni istintive o a conflitti sessuali, e l'informazione non entra mai nella coscienza. Questi insiemi di scoperte rappresentano la prima sfida a una scienza neurale orientata psicoanaliticamente."[10]

[modifica] Critiche recenti alla psicoanalisi

Recentemente, nel 2005, si è fatto un gran parlare sui media in Francia (dove la psicoanalisi dopo l'insegnamento di Lacan in particolare, rispetto ad altre nazioni regna regina incrontrastata) di un libro-libello contro la psicoanalisi dal titolo significativo: Le livre noir de la psychanalyse ("Il libro nero della psicoanalisi") un poderoso volume di ben 800 pagine che punto per punto mette in pubblico i misfatti della psicoanalisi definita dagli autori, una quarantina molto qualificati e di diverse nazionalità, "una colossale mistificazione".
La polemica si è infuocata su stampa, radio e televisioni e non è tardata a venire la risposta: "L'anti libro nero della psicoanalisi" che critica la corrente della TCC (terapia cognitivo-comportamentale) che ha fra i suoi antenati Pavlov e Skinner, e alla quale appartengono diversi autori del "Libro nero". Tuttavia, gli autori principali del "Livre noir", hanno negato che questo "Anti-livre noir" possa considerarsi una vera replica al loro volume: essi osservano infatti come l'"Anti-libro nero" consista nel rimaneggiamento di 47 relazioni presentate a un "Forum anti-TCC" tenutosi 5 mesi prima della pubblicazione del "Libro nero della psicoanalisi", e come solo tre di queste relazioni rielaborate, oltre alla prefazione, citino quest'ultima opera.[11]
In verità queste critiche alla psicoanalisi non sono una novità ma quello che ha suscitato uno choc negli stessi psicoanalisti è stata la virulenza e la potenza mediatica di questo attacco portato alla psicoanalisi che non ha paragoni in passato.

La traduzione italiana del "Livre noir" (Il libro nero della psicoanalisi) è stata pubblicata nell'autunno del 2006 con una "Premessa all'edizione italiana" della direttrice dell'opera Catherine Meyer.