Il Sole delle Alpi: un simbolo padano. 


di Gilberto Oneto 

 

Tutto quanto segue, immagini comprese, è tratto dal n° 1 dei Quaderni Padani 

editi dalla Libera Compagnia Padana a cui consiglio di associarsi.


 

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Anche “ La Libera Compagnia ” ha adottato come proprio simbolo il cerchio solare a sei raggi noto come“Sole delle Alpi” (Sol ‘d ‘j Alp). Questo incontra crescente successo come segno di movimenti ed associazioni padanista o di gruppi impegnati nella promozione della cultura padana in ambito locale e si è di fatto imposto come il più popolare simbolo di riconoscimento dell’intera comunità dei popoli Padani. La sua prima adozione “moderna” (con significati culturali e politici) risale al 1982 quando il Sol è stato preso come simbolo dal “Centro per lo studio della cultura brigasca e delle altre culture delle Alpi liguri marittime” R nì d’àigüra (“Il nido dell’aquila”). Il successo e il più ampio riconoscimento gli sono però venuti a seguito della pubblicazione del libro Bandiere di Libertà nel quale è stato per la prima volta indicato come stemma (sigillo) della Padania. Da allora la sua diffusione è stata continua: è stato adottato – fra gli altri - dalla Associassion coltural piemonteisa “Äl Sol ‘d j’ Alp”, dall’”ALPI – Associazione Liberi Professionisti e Imprenditori”, dall’Unione Federalista, dalla corrente indipendentista della Lega Nord e - naturalmente – da “ La Libera Compagnia Padana”. L’ampio ventaglio d’origine e di singola specificità degli organismi che l’hanno adottato fa veramente del Sol il simbolo della Padania, riconosciuto al di sopra delle fazioni e dei loro obiettivi contingenti. Graficamente, il Sol è costituito da sei petali (o raggi) disposti all’interno di un cerchio il cui raggio fornisce la cadenzatura dell’intera costruzione (Fig. 2). Il segno è estremamente famigliare e la sua presenza risulta tanto continua e quotidiana da farne forse dimenticare i molteplici significati più antichi e profondi. In realtà, esso è un autentico concentrato di simbologie dotate di grande forza: è infatti contemporaneamente sole, cerchio, ruota, fiore, segno religioso e - naturalmente - la loro intricata commistione e sommatoria di valenze. Il suo nome più usato ripropone il più evidente dei suoi significati: quello di segno solare. Da sempre le rappresentazioni grafiche più diffuse del sole sono un cerchio, un cerchio circondato da raggi, un cerchio con un punto centrale e la cosiddetta “ruota solare”, cerchio suddiviso in quattro parti (“croce celtica”), in sei, otto o più parti. La sua personificazione mitologica più antica è Lug (“il luminoso”) che è anche detto Grianainech (“faccia di sole”) e la cui immagine è all’origine di tutti i soli rappresentati come visi umani circondati da raggi che sono comuni nell’iconografia di tutta l’area alpina. Nella tradizione celtica, il sole non rappresenta solo la luce e la brillantezza, ma anche tutto ciò che è bello, piacevole e splendido. I testi gaelici indicano spesso il sole con la metafora “occhio del giorno”; in irlandese occhio si dice sul, termine bretone e padano (fonetico) che indica il sole. È questo un legame che riporta ad intriganti accostamenti con la simbologia cristiana (ma anche orientale) e nella quale il Cristo è spesso indicato come Sol justitiae o come Sol invictus. Assai interessante è anche la coincidenza di una delle figurazioni del sole più comuni e diffuse (cerchio con punto centrale) con un segno di rappresentazione femminile (segno di sesso femminile, di fecondità, della Terra Madre) che riporta al fatto che il sole nelle lingue celtiche e germaniche (e in tutte le lingue indoeuropee antiche) sia di genere femminile. Di derivazione solare è anche la rappresentazione della ruota, presente in tutte le simbologie più antiche. Essa si rapporta al mondo del “divenire” e della creazione continua attorno ad un centro immobile. La sua forma circolare ricorda l’uroburos, simbolo dell’eterno ritorno o, in generale, dell’eternità. Essa simboleggia anche un luogo sacro (nemeton) circoscritto e difeso che benissimo si adatta alla terra Padana racchiusa dai mari e dai monti e gravitante su un centro fisico e sacrale: l'etimo di Milano va possibilmente ritrovato secondo alcuni non solo in Mediolanum ma anche in Medionemeton. Nelle dottrine magiche il cerchio ha una funzione di difesa dagli spiriti cattivi. Talune danze circolari (girotondo, rondò, ronde) possono  essere considerate “cerchi danzati”, con origini apotropaiche spesso collegate con i festeggiamenti dei solstizi e con il sole. Il legame solare della ruota è comunque evidente: nel solstizio d’estate ruote infuocate venivano fatte rotolare giù dai monti in un rito che ricorda la “ruota di fuoco” celtica e la sua doppia rotazione. La ruota è attributo di Taranis (“dio della ruota”) ed ha la stessa funzione del fulmine di Giove: ancora un simbolo solare che si connette con le coppelle, con le “pietre di tuono” e con tutto l’universo simbolico delle incisioni rupestri alpine. Non è infatti un caso che incisioni di ruote si trovino lungo tutto l’arco delle Alpi. Sul calderone di Gundestrup è rappresentato un guerriero (“servitore della ruota”) che tiene sollevata e fa girare la ruota cosmica. Alla ruota sono legati anche i diffusi simboli cristiani della “ruota della vita” e della “ruota della fortuna” (mai ferma ma sempre soggetta a mutamento), spessissimo rappresentata a sei raggi. A questa fa curioso riferimento il decimo degli “Arcani maggiori” dei Tarocchi che sta ad indicare “il salire e lo scendere della vita, il destino, l’inevitabilità”. Stranamente, il segno della ruota con sei raggi è anche il simbolo alchemico del verderame. Legato alla ruota è il significato di rotazione che accomuna una vastissima gamma di segni antichissimi: dal triscele (triskel) allo svastica, soprattutto nella sua versione basca di Lau buru (“quattro raggi”). In questo caso la connessione con il nostro Sol non è ti tipo grafico (il Sole delle Alpi non ha segni di rotazione) ma può essere ritrovata nel suo processo costruttivo che avviene mediante successive puntature del compasso sulla circonferenza che producono un doppio moto rotatorio: quello del compasso e quello della punta sulla circonferenza originaria. In alcune  culture locali, il Sol è anche chiamato “Fiore delle Alpi” o “Margherita a sei petali” per il suo aspetto che richiama rappresentazioni stilizzate di crisantemi o di fior di loto che sono però - ancora una volta - simboli solari. I fiori infatti simboleggiano l’energia vitale, la gioia di vivere, la fine dell’inverno. Un segno così carico di metafore come il Sol non poteva non avere anche profondi significati religiosi o essere ripreso da simbologie religiose cristiane. Risulta facile ed immediato il suo accostamento grafico – mediato dalla simbologia solare e da quella della ruota - con il Chrismon, monogramma formato dalle iniziali greche di Cristo, X (chi) e P (rho).La ripartizione in sei non può poi non far venire in mente anche il “Sigillo di Salomone” o il Maghen David (“Stella di Davide”). Quest'ultimo elemento porta a fare alcune considerazioni sul sei, un numero non in sé ricchissimo di valenze simboliche: è infatti quasi solo ricordato per la creazione del mondo, definita Hexaemeron (“Opera dei sei giorni”). La sua importanza cresce invece di molto se lo si intende come il doppio di tre o come la sommatoria dei primi tre numeri (1+2+3). Il tre è numero sacro per eccellenza, in particolare presso la cultura celta. Come unione di tre numeri diversi in entità, il sei si rivela poi invece perfetto a rappresentare la Padania , somma organica di componenti molto diverse fra di loro come dimensione. Un corollario recente di questa considerazione è quello che lega il Sol alla rappresentazione dei sei ceppi etno-linguistici che popolano la Padania : il Celto- italico (Piemontese, Ligure, Lombardo, Emiliano e Romagnolo), il Veneto, il Tirolese (Südtiroler e Welschtiroler), il Friulano, il Ladino (e Grigionese) e l’Occitano-Arpitano. Per quanto concerne il suo uso storico, il Sole delle Alpi è sicuramente un segno antichissimo: ruote si trovano in tutte le incisioni rupestri proto-storiche dell’arco alpino e dell’appennino ligure. Il suo legame con il mondo celtico è di tipo simbolico (si tratta - come visto - di significati in gran parte generati da quel mondo e lì ampiamente presenti), di tipo geometrico (la costruzione a cerchi successivi è tipica delle geometrie celtiche ad intreccio) ed è documentata da numerose presenze archeologiche. Una particolare concentrazione di Sol in epoca celtica si ritrova in Galizia e fa pensare - vedendo la diffusione del segno del sole a ruota nell’arco alpino soprattutto occidentale - ad una ancora più lontana comune origine ligure. La sua fortuna continua nel Medioevo (con particolare ricorrenza nelle decorazioni longobarde) e prosegue ininterrotta fino ad oggi. La presenza nell’iconografia longobarda può – in particolare - spiegare la sua attuale diffusione anche nelle alpi orientali e in molti paesi, abitati da popolazioni di ceppo celtogermanico - con esse confinanti. Più in generale, le ricorrenze più consistenti si hanno – fuori dalla Padania e dall’arco alpino - soprattutto nei paesi celti, celto- romanzi e celto-germanici: Galizia, Catalogna, Occitania, Baviera, Polonia meridionale, Slovenia e Transilvania. Risulta estremamente interessante considerare il tipo di uso piuttosto peculiare che ne è stato fatto e che denota una notevole costanza nel tempo e nello spazio. Innanzitutto si deve notare che il Sol non ha mai avuto utilizzi “nobili”: esso non esiste nell’araldica nobiliare e se ne trovano tracce solo insignificanti su manufatti (architetture, monumenti, decorazioni, ecc.) aulici prodotti da culture dominanti. La sua diffusione è invece incredibilmente massiccia e capillare nell’arte e nell’iconografia popolare: esso orna gli edifici modesti, decora i costumi popolari e - soprattutto - gli utensili e gli oggetti della vita quotidiana. Lo si ritrova costantemente – ad esempio - sugli stampi per il burro, sui mobili, sui finimenti degli animali e sugli attrezzi di lavoro con particolare rilevanza per tutti i manufatti che sono vitali per la vita della comunità. La sua particolare fattura geometrica ne fa un segno “di incisione” e di decorazione pittorica (e non di ricamo o scultura in rilievo) che meglio si presta all’utilizzo della pietra, del legno e dell’intonaco. Per questo motivo, lo si trova soprattutto nelle aree deve questi materiali sono dominanti e, quindi, in Padania. La sua diffusione in queste aree deve molto anche allo speciale procedimento di tracciamento che richiede l’impiego esclusivo del compasso (strumento di scalpellini e falegnami) che non può non richiamare taluni dei significati simbolici di questo strumento: nei riti iniziatici delle corporazioni “del legno e della pietra” le punte del compasso univano il cuore dell’iniziato a quelli di tutti gli altri sodali. Questo legame con il compasso serve anche a spiegare la grande diffusione della versione con la circonferenza “a petali”. Si può sicuramente con tutto ciò affermare che si tratta del segno più diffuso in Padania nella cultura subalterna, in quella cultura popolare contadina, montanara ed artigiana che è ancora radicata e ricca e che rappresenta il più forte e vitale tessuto connettivo del paese. Anche per questo non ci può essere simbolo migliore del Sol per rappresentare un paese che ha sempre mantenuto la sua unità culturale anche sotto secolari divisioni politiche e culture dominanti, spesso forestiere ed imposte con la forza o con l’inganno. Ora che questa terra sta faticosamente lottando per ritrovare la propria cultura più profonda, non può darsi sigillo più antico, ricco e popolare di questo che significa luce, fecondità e ritorno eterno alla propria tradizione ed alle proprie radici più antiche.

Il sole esamero delle Alpi di Davide Fiorini

Il Sole delle Alpi: altre interpretazioni di Giuseppe Aloè