domenica 12 giugno 2011

SETTEMBRE 2004 LA STRAGE DI BESLAN

 PER NON DIMENTICARE



STRAGE DI BESLAN:
LA BRUTALITA’ DEL TERRORISMO
E IL CINISMO DEI “SALVATORI”
Sulla ferocia e la brutalità dei terroristi ceceni non c’è discussione. La stessa
decisione di prendere d’assalto una scuola con dentro oltre mille persone la dice
lunga sul grado di fanatsimo che rasenta la follia di un gruppo armato destinato alla
sconfitta più cocente. Non c’è lotta di liberazione che tenga quando nel mirino della
lotta armata entrano i civili, figuriamoci quando la maggioranza dei civili è
rappresentata da bambini.
Detto questo va però subito sgomberato il campo da un equivoco: il massacro
avvenuto nella scuola di Beslan, in Ossezia, non è da attribuirsi alla componente
islamica della resistenza cecena – o se preferite ai terroristici ceceni tout court – ma
in larghissima parte al comportamento scellerato ed assassino delle truppe speciali
dei servizi segreti russi.
Nella più assoluta mancanza di una versione ufficiale credibile, quanto è accaduto
venerdì 3 settembre a Beslan si può così riassumere:
ORE 13.03 LOCALI (LE 11.03 IN ITALIA): Una violenta esplosione proveniente
dalla scuola dove sono tenute in ostaggio circa 1.200 persone (nella stragrande
maggioranza donne e bambini) dà il via ad un attacco delle forze di sicurezza russe
tra cui spiccano gli uomini del famigerato gruppo Alfa. La versione comune sostiene
che l’intervento avviene perché i terroristi nell’aprire il fuoco contro alcuni uomini
della protezione civile avvicinatisi per raccogliere i cadaveri provocati nel momento
dell’assalto alla scuola causano l’innesco di esplosivo da loro depositato.
L’esplosione apre un varco in un muro e consente ad alcuni sequestrati di fuggire,
mentre i terroristi aprono il fuoco su chi sta scappando.
Si tratta di una versione assolutamente incredibile per un motivo semplicissimo:
l’intervento delle truppe russe, da terra, anche con l’impiego di mezzi corazzati e dal
cielo con l’utilizzo di aerei è stato assolutamente sincronizzato. Il che vuol dire che
l’attacco era stato pianificato. E’ infatti impossibile che mezzi corazzati e soprattutto
aerei - che hanno bisogno di un certo tempo per essere operativi - si muovano
contemporaneamente ad un gruppo appiedato, come quelli del gruppo Alfa.
Evidentemente i piloti erano stati avvertiti che l’attacco sarebbe avvenuto n un dato
momento.
E’ quindi probabile che - come ha affermato il gen. Oleg Danilovic Kalugin, già alto
funzionario del KGB, che ben conosce il modo di operare delle teste di cuoio russe -
siano stati proprio gli uomini del gruppo Alfa a minare parte del perimetro della
scuola, provocando in questo modo assurdo di agire il crollo del tetto che ha
provocato la maggior parte di vittime.
LE BUGIE: Per 48 ore le autorità russe - e di conseguenza la stampa internazionale
- ha parlato di 350 ostaggi prigionieri nella scuola, di cui 132 bambini. Quando
venerdì mattina 26 bambini vengono rilasciati, alcuni di loro riferiscono che dentro
la scuola ci sono più di mille persone. Solo alle 18 dello stesso giorno, a strage già
avvenuta, i russi ammettono che nella scuola ci sono almeno 1.200 persone.
Lo stesso balletto delle cifre riguarda il numero delle vittime. Poco dopo l’inizio del
blitz criminale fonti ufficiali russe affermano che i bambini sono quasi tutti salvi e
forniscono la cifra di circa 400 feriti. Alle 17 di venerdì 3 settembre, mentre la
battaglia con i terroristi ceceni infuria ancora, le autorità russe parlano di 100 morti,
mentre i feriti salgono a 646, di cui 227 bambini. Solo sabato mattina il procuratore
russo parla di 330 vittime, di cui 156 bambini. Ancora domenica 5 settembre, ad
oltre 48 ore dalla fine tragica della vicenda, le cifre ufficiali sono incerte: 394 morti,
330 dispersi (sicuramente morti), 447 feriti.
Anche questi dati, lontani dal bilancio finale, la dicono lunga sul massacro perpetrato
dal criminale blitz russo nella scuola di Beslan: sono almeno 1.119 le persone colpite.
Una vera carneficina.
LA TRATTATIVA: le autorità russe continuano ad affermare che i terroristi
ceceni non avevano intenzione di intavolare alcuna trattattiva. Si tratta di una palese
falsità atta a giustificare l’intervento stragista del gruppo Alfa. Lo dimostra un fatto
concreto: quando il mediatore Ruslan Aushev ha aperto un canale di dialogo ha
ottenuto la liberazione di 26 bambini.
C’è poi da considerare che per i terroristi sarebbe stata un’azione senza senso
prendere una scuola manu militari senza avere alcun obiettivo strategico. Se si fosse
trattato di un’azione meramente suicida, marcata dal desiderio di immolazione dei
sequestratori, la scuola sarebbe stata fatta esplodere molto tempo prima.
In realtà ciò che ha prevalso a Beslan è la solita maniera russa di condurre la lotta al
terrorismo, schiacciare l’avversario, infischiandosene delle vittime civili. Era
accaduto al teatro Dubrovka è accaduto nella scuola di Beslan.
LA STRAGE DI BESLAN (2):
SPETSNAZ,
PROFESSIONE MACELLAI
Spetsnaz è un acronimo. Sta per Spetzialnago Naznachenija, in russo Truppe per
Operazioni Speciali. In realtà si tratta solo di una delle più sanguinarie bande
criminali esistenti al mondo che opera però sotto l’egida (e quindi la copertura) di
uno Stato, anche se di uno Stato come quello russo, all’interno dei cui corpi militari
pochissimo o nulla è cambiato rispetto ai tempi del regime sovietico.
Formato essenzialmente da avanzi di galera, reclutato tenendo bene in conto la fedina
penale di ciascuno (più sporca è, più è facile l’arruolamento), gli Spetsnaz sono un
commando dell’FSB, il servizio segreto russo erede del KGB, cui sono affidate le
operazioni sporche. Diviso in due gruppi - il gruppo A, detto Alfa, cui competono le
azioni all’interno della Russia e il gruppo, B dedicato all’attività oltreconfine - il
gruppo d’assalto degli Spetsnaz subisce un addestramento durissimo che può durare
anche cinque anni ma basato quasi esclusivamente sulle tecniche di eliminazione del
nemico, senza tener conto di alcun elemento tattico o psicologico. In questo senso il
gruppo Alfa in particolare più che un corpo di elite può essere considerato una forza
d’urto travolgente, una massa sanguinaria abituata a non distinguere tra sequestratori
ed ostaggi, ma incaricata unicamente di eliminare il problema laddove esso sorge
senza curarsi delle conseguenze.
Guidato dal vicedirettore dell’FSB, Vladimir Pronizhev, il gruppo Alfa è dotato di
armi, equipaggiamento, mezzi ed attrezzature d’avanguardia, ma non possiede alcuna
nozione circa il modo di gestire una crisi. La dimostrazione si è avuta nel modo in cui
è stata trattata la scena del sequestro di oltre mille persone nella scuola di Beslan. Il
luogo non è stato “sigillato” - come insegnano le regole più elementari - ma cogestito
dalla presenza - al fianco degli uomini Alfa - di chiunque, polizia o civili, fosse
dotato di un’arma.
Il modus operandi di questo gruppo di teste di cuoio è talmente palese che in Russia,
quando si parla di un azione brutale in risposta ad un’altra azione brutale si dice: “un
lavoro da Spetsnaz”.
STRAGE DI BESLAN (3):
I VECCHI RANCORI
DELL’OSSEZIA CON L’INGUSCEZIA
La strage di Beslan rischia di rilanciare un conflitto civile mai realmente sopito in
una regione come quella caucasica, percorsa da una fitta trama di odii antichi e
recenti e porta in primo piano il pericolo di una nuova guerra fra Ossezia del Nord e
Inguscezia, già protagoniste negli anni '90 di pesanti violenze interetniche.
Gli osseti sono furiosi per l'asserita presenza di terroristi ingusci nel commando
responsabile della strage di Beslan. Quell'alleanza con la guerriglia cecena trova
d'altro canto le sue ragioni proprio nelle rivendicazioni dei nazionalisti ingusci nei
confronti degli odiati osseti.
Come spesso accade nelle guerre che continuano a insanguinare il Caucaso, la radice
dell'odio risale ai tempi di Josif Stalin: nel 1944, furioso per il presunto appoggio
dato da ceceni e ingusci alle forze di occupazione naziste, il dittatore sovietico
ordinò la deportazione in massa di quelle popolazioni nelle steppe siberiane. Parte
delle terre tradizionalmente ingusce fu ceduta all'Ossezia del Nord. Dopo la
denuncia dei crimini staliniani fatta da Nikita Krusev nel XX congresso del Partito
comunista sovietico, nel 1956, ingusci e ceceni vennero riabilitati: l'anno dopo,
riebbero una loro repubblica comune e i profughi iniziarono il ritorno. Ma la regione
di Prigorodny rimase in mano all'Ossezia.
Con la caduta dell'URSS le antiche rivendicazioni ripresero forza: nell'ottobre del
1992, scontri alla frontiera sfociarono in una vera e propria guerra, con incursioni
ingusce oltre confine, battaglie fra carri armati e purghe etniche da parte degli osseti.
Anche l'elemento religioso, emarginato sotto il regime comunista, tornava a separare
quei popoli: l'Ossezia è ortodossa, l'Inguscezia islamica come la Cecenia.
La guerra osseto-inguscia provocò almeno 500 morti (secondo i dati ufficiali) e fra i
30 e i 60.000 profughi. Solo nel '95, su pressione del Cremlino - che impegnato
militarmente in Cecenia cercava di sedare altri possibili focolai caucasici - le due
repubbliche raggiunsero una fragile e controversa intesa territoriale. Ma già fra il
1998 e il 1999 si registravano nuove scaramucce al confine: a innescare quelle
tensioni era stavolta la massiccia ondata di profughi dalla Cecenia, che riproponeva
ai forzati ospiti ingusci il problema della sovranità sulla regione di Prigorodny.
L'odio seminato dai terroristi a Beslan trova quindi un terreno già fertile: un terreno
forse scelto accuratamente, in base al suo potenziale di innesco di nuovi conflitti nella
regione del Caucaso.

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