Il cibo nell’antica Roma

Al tempo dei romani innanzitutto si deve distinguere tra città di mare che avevano il sale, da città o paesi nell’entroterra, e teniamo conto che l’impero romano si espandeva anche in Oriente e comunque in vari paesi d’Europa, con varie abitudini alimentari. Comunque già nel II-III secolo A.C. a Roma il pane era fatto di farro, orzo, segale, il granoturco non era ancora conosciuto all’epoca.
Molto usati erano i legumi come fave, ceci, e ortaggi, ma non esisteva ancora in Europa la patata, il pomodoro, la melanzana e il fagiolo.
Erano molto diffusi formaggi, soprattutto di latte di pecora e capra, e la frutta secca.
Come frutta fresca mangiavano uva, fichi, mele cotogne, pere, ciliegie, melone ,albicocche, prugne.
La carne era selvaggina oppure pollo, volatili, maiale, capra, pecora, poco manzo, uova di pollame vario, e una curiosità, gli antichi romani si cibavano anche di cicogne, che erano un piatto prelibato per loro.
Era molto usato invece il pesce, da cui si otteneva una salsa, con pesce marinato e sale, molto usata, il garum, con cui condivano tanti cibi. Un condimento per eccellenza era l’olio d’oliva. Lo zucchero non era conosciuto e come dolcificante veniva usato il miele.
Non si consumavano alcolici e distillati , a parte il vino, e non esistevano il thè e il caffè.
Le abitudini dei romani a tavola erano diverse da quelle di oggi. Un antico romano si svegliava presto e faceva colazione, una colazione che era sostanziosa a base di pane e formaggio, frutta e carne, infatti la colazione era uno dei due pasti principali della giornata.
A metà mattina faceva il prandium, lo spuntino, sobrio e veloce.
L’altro pasto principale è al tardo pomeriggio, quando il Romano abbiente, dopo il consueto bagno alle terme, si siede comodamente a tavola e ci resta fino al calare del sole. Sempre parlando di classe sociale abbiente, la cena era formata da portate numerose, anche sei.
C’è un antipasto - gustatio – e poi le portate principali di carne e pesce, cucinati con cura e con ricette molto elaborate, infine le secundae mensae, l’odierno dessert.
Dopo la cena la serata continua con il simposio, in cui alla mescita di vino - sempre annacquato - si accompagna ancora qualche cibo, come ad esempio i porri, che stimolano la voglia di bere.
A tavola ci sono anche delle regole di buona educazione: nel triclinio ovvero la sala da pranzo, il padrone fa disporre i lettini tricliniari, su cui gli invitati si stendono a due o tre, e si possono sostenere con il braccio sinistro piegato. I cibi sono poggiati su tavolini bassi davanti ai lettini e con la mano destra gli invitati possono coglierli.
Nelle case più ricche i triclinii vengono sistemati a seconda della stagione dell’anno: i triclini estivi sono orientati a nord, mentre quelli invernali a ovest, per cogliere gli ultimi raggi di sole della giornata in ogni momento dell’anno. Il Romano povero, ovviamente, non ha cibi importati e costosi come il romano ricco e in casa non ha neanche il triclinio. Egli continua la tradizione antica di pasti frugali ed economici seduto su sedute povere.