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UNA LUMACHINA CORRE IN AZIENDA

VALENTINA LUCCHI
nata il 12 Agosto 1986 a Tregnago
residente a Monteforte d'Alpone (Vr) in quartiere Sandro Pertini, 23 A
cell.: 349 17 11 837

Titolo della tesi: UNA LUMACHINA CORRE IN AZIENDA
Tesi in ECONOMIA E GESTIONE DELLE IMPRESE
Relatore: Ch.mo Prof. CLAUDIO BACCARANI
Data di laurea: 18 APRILE 2009
Votazione finale: 101/110
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Milano, sono nella centralissima via Torino, sede dello shopping più sfrenato. Passeggiando, guardo il delirio di ogni giorno. Vedo gente ossessionata dalla velocità, dal desiderio di ottenere tutto sempre più velocemente. Tutti comunicano, agiscono e interagiscono in tempo reale. L'unico obiettivo è ridurre il tempo. Dominati dalla “tirannia dell'urgenza” si ritrovano in una specie di istantaneismo che non consente di controllare l'avvenire. Sorseggio la mia coca-cola e la mia mente naviga. Ritorna a quando la tv era in bianco e nero e Carosello era l'Mtv dei ragazzi. La parola stress non aveva ancora colonizzato l'esistenza di metà degli uomini che abitano il pianeta terra ed Ernesto Calindri, imperturbabile come un gentlemen britannico, contro il logorio della vita moderna sorseggiava l'antidoto a base di carciofo seduto seraficamente al centro di un carosello di auto che oggi sembrerebbe un’oasi di serenità.
Ritorno alla realtà, sono qui per un incontro importantissimo: mi è stata data la possibilità di effettuare un'intervista doppia a Luciano Ziarelli e a Bruno Contigiani, il primo è il guru dello smile management, il secondo è il guru del vivere lento e fondatore dell'associazione “L'arte di vivere con lentezza”. Guardo l'orologio. Sono in anticipo. Non posso ancora sapere cosa realmente accadrà, ma l'emozione che vivo in questo momento è così misteriosamente affascinante che mi riporta a quelle mattine presto, quanto fuori era ancora buio e mi alzavo per scoprire i regali di Natale portati nella notte. Mi avvicino al luogo dell'incontro, una pasticceria di Via Torino, un posto molto carino e tranquillo. Guardo l'orologio. Sono in anticipo, mi piacerebbe arrivare e trovare già là i miei interlocutori. Sono nervosa, faccio un giro. Arrivo alla pasticceria Montagna Angelo. Ho pensato molto a come sarebbe stato questo momento. Anche questa volta potrei scoprire che la vita non assomiglia mai a quello che ci aspettiamo. Entro e lo vedo seduto a un tavolino, non potrei non riconoscerlo, tante volte l'ho visto in foto e servizi televisivi: Luciano Ziarelli mi aspetta bevendo tranquillamente una tisana. Sorrido e mi avvicino, anche lui mi sorride e si alza per stringermi la mano. Parliamo un po' del più e del meno, in attesa dell'arrivo di Bruno Contigiani. Spiego che da questo pomeriggio vorrei tornare a Verona, con una chiacchierata e non con un'intervista canonica. Lui inizia a parlarmi come dice lui di “quando non avevo i capelli bianchi”. Mi parla degli anni dell'università alla facoltà di Scienze Politiche e degli anni in cui era Amministratore Delegato di una società di servizi telematici operante in Lombardia. Io curiosa per natura pongo subito una domanda: “Come mai a un Amministratore Delegato di una grande impresa viene l'idea di creare un progetto come quello di Smile Manager?”
“Quando sono anni che partecipi, da dirigente, a percorsi formativi, sempre costosi e impegnativi in termini di tempo, non puoi fare a meno di constatare che man mano che acquisisci esperienza nel tuo lavoro e cresci nelle tue responsabilità, la formazione tradizionale, per quanto intelligente e innovativa essa sia, perde progressivamente di appeal in termini di contenuti realmente utili al tuo ruolo. È normale che sia così. In un mercato dove tutto cambia molto in fretta, spesso non c’è neppure il tempo di riprogettare un prodotto formativo che questo è già diventato obsoleto. Succede, cioè, che i manager sempre più spesso devono “inventarsi” nuove soluzioni destinate magari a servire solo in una certa circostanza e poi da dimenticare. “È il mercato globale, piccola – direbbe Humphry Bogart - e tu non puoi farci niente”. E io, invece, mi sono detto che forse qualcosa si poteva tentare. Puntando non più sulle competenze e sulla razionalità ma sulla creatività e sulle emozioni. Perché questa è merce che deperisce meno in fretta delle tecniche e dei metodi e si rivela ogni giorno più efficace per comprendere i segnali spesso deboli del cambiamento e per attrezzarsi ad affrontarlo da protagonisti, senza subirlo. Tutto questo, sia ben chiaro, senza avere alcuna pretesa di sostituire i percorsi e le tecniche di formazione tradizionali, ma unicamente con l’intenzione di affiancare a questi una proposta realmente innovativa. Forse rivoluzionaria, come sostiene qualcuno. In fin dei conti, non ho fatto altro che tentare di tradurre le teorie di Goleman sull’intelligenza emotiva in un progetto pratico di emotional management”. Pongo la domanda successiva: “Più esattamente, qual è il cambiamento, se così possiamo definirlo, didattico?” Ziarelli azzarda un sorriso, “Intanto nella durata dei work-shop, rigorosamente di mezza giornata, perché oggi come oggi se un manager ha parecchio tempo disponibile vuol dire che è già fuori dal mercato. Quattro ore possono sembrare poche se si tratta di insegnare cose nuove, siccome però il progetto Smile Manager è nato non per insegnare ma per far riflettere i partecipanti su cose che già conoscono, reinterpretandole però con la parte destra del cervello, quella appunto delle emozioni, della creatività e dell’intuito, ecco che il tempo è sufficiente. Poi nel catturare l’attenzione con provocazioni emozionali esterne al contesto professionale. Musiche, poesie, filmati e immagini fanno da supporto ai contenuti sui quali vogliamo riflettere. Così si può anche scoprire che le cosiddette canzonette, ad ascoltarle con attenzione, hanno qualcosa da dirci e da darci per diventare più efficaci. Sia ben chiaro, migliaia di imprenditori, manager e professionisti avrebbero avuto certamente migliori occasioni per andare a teatro negli ultimi quattro anni; se hanno scelto di “sposare” questa filosofia di approccio al lavoro e alle relazioni umane, credo stia a significare che se ne sentono arricchiti davvero. Il fatto è che con gli strumenti multimediali a disposizione e maneggiando tre-quattro telecomandi riesco a far “scomparire”, quando occorre, l’effetto spettacolo, per concentrarci assieme sul tema proposto magari dallo strip di Kim Basinger in “Nove settimane e mezzo”. Consideri che in “Prove di Volo”, con cui ho vinto il premio eccellenza nel 2007, lavoro con tre computer, tre proiettori, un impianto di amplificazione ambientale di tutto rispetto, radiomicrofoni e quant’altro necessario a creare le condizioni emozionali desiderate.” Proprio mentre finiva di rispondere a questa domanda ci ha raggiunti anche Bruno Contigiani che si inserisce in questa discussione: “Quando ho scritto i comandalenti pensavo fossero allegri, ingegnosi e colorati post-it che permettono di affrontare le nostre frenetiche e spesso ripetitive giornate, con lo spirito di quegli adolescenti che trovano il divertimento nel nulla, che stanno bene anche nel caos e nel dolce far niente e che riescono a svuotare magicamente la propria vita dall'ansia e dallo stress da produzione, da consumismo o dall'apparire. Almeno ogni tanto. Non sono anche queste emozioni??? Nel nostro quotidiano, ad alzare il livello di stress, a volte è solo il nostro modo di parlare, di respirare o di pensare troppo veloce e affrettato. In questo caso occorre creare il post-it più adatto alla situazione, fermarsi a riflettere e trovare quelle piccole e personali azioni che, nel tempo, possono portare a buoni risultati. La cosa migliore è che ognuno elabori, con un'abbondante dose di ironia, i propri comandalenti, pronto a rinnovarli ogni tanto e magari disponibile a condividerli con gli altri”.
Mi piace quest'uomo e gli pongo subito un'altra domanda: “cosa ribattete a chi vi dice che siete degli ottimisti?” Prende subito la parola Bruno Contigiani: “Non siamo ottimisti, conserviamo la fiducia in un futuro migliore senza ignorare la realtà dei fatti. Bisogna coltivare l'attitudine della mente che ci permette di vedere il mondo reale così com'è: a volte duro, difficile, incerto, sbagliato, ingiusto, crudele, ostile, ma tenendoci ancorati al presente, ci consente di avere fiducia nel domani. Un domani che non sappiamo quando arriverà e che, quindi, non possiamo e non vogliamo controllare sparando e sperando in scadenze a caso. E' importante capire e far proprio il concetto di vivere il presente, perché la partita si gioca tutta lì: nella capacità di vederlo, il Tempo, di non entrare in conflitto con quello presente, di non continuare a rimpiangere quello passato e di non avere paura di quello futuro. Il presente è spesso complicato, ma accettabile. Il presente è l'unica realtà che abbiamo, è l'unica concretezza che possediamo, è quello che abbiamo veramente sempre a portata di mano. E noi, come ci comportiamo nei suoi confronti? Saliamo sull'altalena passato/futuro e decidiamo di non vivere, di non assaporare il piacere delle piccole cose dell'oggi di tutti i giorni, di essere schiacciati e tramortiti dai ricordi o d'inseguire, con il retino in mano, come canta Luigi Sailer nelle sue indimenticabili rime della Vispa Teresa, delle aspettative che con ogni probabilità tali rimarranno. Rallentare, avere fiducia e vivere il presente sono delle necessità, se vogliamo vivere meglio, e non sono certo frutto dell'ottimismo tout court”.
Purtroppo, il tempo che a me potevano dedicare è finito, ritorno verso piazza Duomo per prendere la metro e raggiungere la stazione. Qua e là do una sbirciatina alle vetrine. Un negozio di scarpe... la mia passione... Entro. Davanti a me c’è un murales con una scritta immensa: “Camper: Immagination Walk. Don't run: walk!”. Non è la classica catena di negozi che si trovano in tutto il mondo. Come “Le Pain Quotidien” il mio bar preferito durante il mio soggiorno parigino i cui punti vendita sono tutti uguali, tutto in legno chiaro, tipico del Nordeuropa: pavimento, tavoli, sedie, armadi, bancone. Mentre mangi ti senti uno scoiattolo del bosco. Qui invece no, ci sono moltissimi modelli, uno più bello dell'altro. La parete di fronte a me è piena di scritte. Persone, molte persone, hanno scritto come vorrebbero questo negozio. Wow... qualcuno ha perfino disegnato come vorrebbe i divanetti. Alle mie spalle qualcuno mi chiede se anch'io voglio scrivere. Preferisco fare due chiacchiere con la commessa di nome Michela. E così scopro che le scarpe sono prodotte da un'azienda spagnola che partendo dal concetto di camminare ha creato scarpe di qualità legate alla tradizione con tecnologie sostenibili. Ha dato spazio a tutto ciò che è lento, come creatività e immaginazione, dando vita inoltre a un sistema interno eco-compatibile. Ancora, ha attuato una comunicazione improntata alla lentezza. I negozi oltre a rispecchiare la filosofia aziendale rappresentano la città che li guarda “oltre la vetrina”. Inoltre vengono sostenuti progetti per sensibilizzare i bambini all'educazione ambientale. Michela mi spiega che Camper ritiene che i modi diversi di camminare comodamente siano moltissimi, si può affermare che ogni persona ne ha uno proprio che esprime il personale modo d’essere. Quindi la sfida per l'azienda è stata quella di rispondere alla diversità. La mia domanda forse era un po' scontata: “Come?” Michela, del tutto divertita dalla mia curiosità, mi invita a guardarmi intorno: Camper ha deciso di impegnarsi nella creatività che permette a ogni uomo una varietà di prodotti confortevoli, casual, utili, funzionali e versatili. Camper rende le scarpe oltre che un oggetto per camminare anche per immaginare. Indossando la calzatura, allora non solo si può passeggiare, ma si può vedere la realtà con una nuova visione, con il filtro dell'immaginazione che ha come parenti la fantasia, l'innovazione, il divertimento, con una chiara ispirazione mediterranea. Michela che mi vede presa dalla sua spiegazione continua dicendo “Questa diversità è il modo intendere la libertà e il rispetto delle identità personali. Camper non è una rigida idea a cui le persone si devono adattare, ma l'esatto contrario, con la sua vasta gamma di prodotti che cerca di adeguarsi alla peculiarità di ogni cliente. I prodotti riescono a rendere compatibile la migliore tradizione artigianale con la moderna tecnologia. Un mix di estetica, comodità e immaginazione. Comfort per i piedi e per la testa.” Le faccio i miei complimenti, non avrei mai immaginato che una commessa potesse essere così preparata sulla mission della propria azienda. Mi spiega che in realtà lavora per il segmento punti vendita e che il suo compito è proprio quello di fare da ponte tra l'impresa e la realtà che circonda il punto vendita. La ringrazio ancora per il tempo che mi ha dedicato ed esco da questo negozio con una speranza in più. Tutta la discussione di oggi con Contigiani e Ziarelli non è il sogno di qualche rivoluzionario, è , almeno in parte, una realtà.




Valentina Lucchi



Premiazione