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La videosorveglianza nei Comuni

Con l'approvazione in via definitiva del D.L. Del 23 febbraio 2009, n. 11, convertito in legge del 23 aprile 2009, n. 38, ai Comuni viene concessa, in via espressa, la facoltà di avvalersi di telecamere per garantire la sicurezza nel territorio urbano di propria competenza. Ciò si incardina in un percorso che negli anni ha sempre di più investito le amministrazioni locali di poteri indirizzati alla tutela della sicurezza per i propri cittadini.

Già con il testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali – articolo 54 – al Comune erano state affidate alcune funzioni relative all'ordine ed alla sicurezza pubblica. In particolare al Sindaco, quale ufficiale del Governo, era assegnato il compito di sovrintendere: 1.all'emanazione degli atti che gli sono attribuiti dalla legge e dai regolamenti in materia di ordine e sicurezza pubblica; 2.allo svolgimento delle funzioni affidategli dalla legge in materia di pubblica sicurezza e di polizia giudiziaria; 3.alla vigilanza su tutto quanto possa interessare la sicurezza e l'ordine pubblico, informandone preventivamente il prefetto.

Il compimento di tali funzioni sempre per espressa previsione normativa era ed è sottoposto al continuo controllo del Prefetto, il quale può disporre ispezioni per accertare il regolare svolgimento delle funzioni affidategli e, in caso di inattività del Sindaco, può intervenire con proprio provvedimento. In questo quadro, il decreto qui in commento specifica in maniera chiara e puntuale quali mezzi può utilizzare al fine di garantire e tutelare la sicurezza urbana (pubblica). Orbene in tale quadro, l'articolo 6, comma 7 del Dl 11/2009, offre alcuni mezzi in più, se vogliamo maggiormente penetranti e incisivi, all'Ente Locale. Si tratta della possibilità di utilizzare mezzi di videosorveglianza sia in luoghi pubblici che in luoghi aperti al pubblico all'interno del proprio territorio di competenza al fine di garantire la sicurezza urbana. Recita la norma: “Per la tutela della sicurezza urbana, i comuni possono utilizzare sistemi di videosorveglianza in luoghi pubblici o aperti al pubblico”. Il problema che comporta tale “concessione” normativa ricade in maniera automatica sulla privacy dei cittadini: perchè se da un lato la videoregistrazione comporta, sia in termini di prevenzione (fonte di deterrenza) che di repressione dei reati (fonte di prova in un eventuale processo), un notevole mezzo atto a garantire la sicurezza, dall'altro rischia di invadere troppo la riservatezza delle persone comuni condizionandone fin troppo il comportamento e la vita quotidiana.

E ciò rileva maggiormente se tale norma viene letta alla luce dell'articolo 53 del decreto legislativo del 30 giugno 2003, n. 196 (cd Codice della privacy). Detta norma prevede che: “Al trattamento di dati personali effettuato (omissis) da organi di pubblica sicurezza o altri soggetti pubblici per finalità di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, prevenzione, accertamento o repressione dei reati, effettuati in base ad espressa disposizione di legge che preveda specificamente il trattamento, non si applicano le seguenti disposizioni del codice: a) articoli 9, 10, 12, 13 e 16, da 18 a 22, 37, 38, commi da 1 a 5, e da 39 a 45; b) articoli da 145 a 151. Non c'è dubbio che tale norma riguardi anche i Comuni, in quanto soggetti pubblici che trattano dati per finalità di ordine e pubblica sicurezza, per cui a tutti i tipi di trattamento, con qualsiasi mezzo effettuati (la norma non specifica al riguardo) non si applicano più alcune tra le più importanti norme del Codice, tra cui l'articolo 13 che obbliga al rilascio dell'informativa prima dell'inizio del relativo trattamento dei dati. In questo caso (videosorveglianza) secondo quanto previsto dal provvedimento a carattere generale del Garante della Privacy del 29 aprile 2004 (sulla videosorveglianza) – ora rinnovato in data 8 aprile 2010 - sarebbe stato obbligatorio avvisare i cittadini che la zona è stata sottoposta a videocontrollo con rilevazione/registrazione delle immagini.

ALLEGATI

 
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