domenica

Giovanni De Luna-Le ragioni di un decennio. 1969-1979. Militanza, violenza, sconfitta, memoria (Feltrinelli, Milano 2009)

a cura di Alessandro Pascale

Il libro di De Luna andrebbe letto nelle scuole. Lo so che mi sono già trovato spesso a fare questa esclamazione per molti libri, d’altronde non è colpa mia se a scuola i ragazzi a malapena riescono ad arrivare in maniera decente alla seconda guerra mondiale e non sanno niente della storia della nostra Repubblica… Se gli parli di dc, psi, pli, msi si allontanano pensando che sei stato colpito da chissà quale morbo linguistico che fa straparlare. Se gli parli di pci gli viene voglia di giocare con il loro computer portatile. Però se gli parli di comunismo lì non c’è pericolo: la televisione ha fatto bene il suo dovere, e l’equiparazione con il fascismo non è mai casuale nelle vocine di questi simpatici adolescenti ignoranti. Gramsci, Togliatti e Berlinguer chi li ha mai sentiti?

Il dato terribile della nostra epoca presente è la perdita di memoria. Su questo credo siano un po’ tutti d’accordo. Studiosi, giornalisti, analisti, di destra, centro, sinistra, spesso anche sui giornali lamentano la perdita di memoria che sembra aver colpito la totalità degli italiani, sempre più rapiti e rimbambiti da ipod e grandi fratelli. Si lamenta ad esempio che il popolo non ricordi nemmeno che il lodo Alfano è una versione moderna del lodo Schifani, emanato appena un lustro prima, figurarsi quindi quanto possa essere forte la memoria degli italiani di un decennio ormai distante più di trent’anni: quello iniziato con le proteste studentesche e le lotte operaie di fine anni ’60 e terminato con la loro sconfitta di fine ’70, simboleggiata da una serie di eventi quali l’assassinio di Aldo Moro, la marcia dei 40000 di Torino, l’inizio del calo elettorale del PCI, e via dicendo.

In mezzo un’epoca forse irripetibile (per lo meno in tempi brevi), in cui movimenti vari hanno lottato, ottenuto diritti, rinvigorito temi come l’antifascismo, la centralità operaia, la difesa dei lavoratori e della Costituzione, la presa di coscienza di classe, denunciato la collusione tra mafie e DC, l’ipocrisia del regime culturale borghese e capitalista e, purtroppo, anche deciso di usare le armi per abbattere un regime reazionario, autoritario e repressivo. Un regime che permetteva ai suoi dipendenti (le forze di polizia) di sparare ad altezza d’uomo e uccidere per sedare quegli scalmanati, che chissà cosa avevano mai in testa, forse di fare la rivoluzione, forse di vivere in un mondo migliore…
“Tutti sapevano che lo Stato era colluso con le stragi di stato. Tutti sapevano che gran parte dei politici di governo erano corrotti, o facevano interessi particolari, fossero quindi collusi con Confindustria o con la mafia. Tutti sapevano, e qualcuno reagì prendendo in pugno le armi.”

Più o meno è questo l’assunto di partenza di De Luna, che riesce a riscostruire un decennio nella sua totalità, mettendo in evidenza le differenze di violenza tra destra e sinistra (stragi di massa le prime, omicidi isolati le seconde), senza ovviamente parteggiare per le seconde, ma semplicemente volendo spiegare bene tutto il contesto attorno al quale sono nati fenomeni come le Brigate Rosse e Prima Linea. Un contesto fatto di un regime che vedendosi stretto nella morsa di un PCI sempre più forte e di una serie di movimenti sociali sempre più influenti e radicati, ha saputo rispondere solo con la repressione, lo stragismo di stato, le manganellate e le pallottole. La certezza di una democrazia bloccata (dal fattore K) e la volontà di ottenere giustizia e verità hanno naturalmente portato certe frange dei movimenti di protesta alla violenza, non senza un dibattito aspro e incerto, da cui non è stata esente nemmeno Lotta Continua, oggetto di sguardo privilegiato da parte di De Luna. Oggi però queste storie non sono raccontate. Oggi gli anni ’70 sono semplicemente gli anni di piombo. La spirale di violenza di sinistra che ha avvolto soprattutto la seconda metà del decennio è stata artificialmente espansa a tutto il decennio, cancellando ogni riferimento all’eccezionale positività del primo decennio, in cui il conflitto e la lotta di classe avevano saputo far progredire lo siluppo socio-economico generale in maniera assolutamente non-violenta e pacifica, a dispetto delle stragi di stato create con l’obiettivo di far ricadere la colpa sui comunisti, quando invece è stato assodato dai tribunali che fossero state compiute dai fascisti e da reparti collusi dei servizi segreti.

Queste verità non le racconta nessuno, e oggi il revisionismo storico è ad uno stato avanzatissimo, secondo un progetto iniziato con la lode dei repubblichini di Salò (in un processo avviato nel 1996 dal presidente della Camera Luciano Violante, oggi tra i più illustri esponenti del PD che propongono una riforma condivisa della giustizia con Berlusconi). Si tenta di riscrivere la storia, per poi diffonderla tramite televisioni e discorsi istituzionali. L’unica nostra possibilità di memoria viene ancora una volta dai libri. E allora leggiamoli e ricordiamo i tanti compagni caduti per la libertà, la democrazia, l’antifascismo, e anche il comunismo. E ringraziamo storici come Giovanni De Luna per la loro azione culturale senza la quale saremmo inghiottiti da personaggi orwelliani come Violante.

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