La Madonnina e gli occhi del Buddha

14:17 / Pubblicato da Paolo Vites / commenti (1)

Via Torino, centralissima Milano, quella dello shopping, della movida notturna e tanto altro. Sto andando a fare un saluto di fine anno agli amici della Fondazione Sussidiarietà. Mentre sono lì ne approffitto per fare due passi sotto a qualche fiocco di neve incipiente. Quando è "chiusa per ferie", Milano sa essere anche bella. Ancora più belle sono le sue chiese, ad esempio la basilica di San Lorenzo, che si trova proprio alla fine di via Torino. Imponente, con la sua struttura circolare, le sue fondamenta poggiano su antichissime strutture paleocristiane. Come dire: i cristiani, da sempre, potevano anche essere dei poveracci ignorantoni mezzi morti di fame, ma non si risparmiavano quando si trattava di costruire la casa del Signore, aggiungendoci nel corso dei secoli sempre qualcosa, fino a quelle meraviglie che sono diventate oggi. A fianco della basilica un altissimo palazzo della vecchia Milano, la cui facciata è un enorme muro bianco. Sopra, ci hanno dipinto un murale. Lo osservo disturbato, è inquietante. Due enormi occhi che mi fissano, fissano la città. Leggo il cartellone che lo spiega: sono gli occhi del Buddha. Dipinti su di un muro, dice la scritta, proteggono dal male. Un tempo, il popolo di Milano con sacrifici enormi aveva innalzato sulla cima più alta del Duomo una Madonnina d'oro. Come diceva la canzone, era lì per proteggerci. Dal male. Oggi la gente preferisce farsi proteggere dagli occhi di un Buddha. Ieri sera sono andato a messa con mia figlia. Il prete ci ha anche chiesto di portare i doni all'altare. Tutto molto bello. Durante l'omelia, quel prete cita una frase di una canzone di Francesco Guccini, "quanto tempo dovrà l'uomo vivere prima che impari a non uccidere più". Pressapoco; non ascolto più Guccini da circa vent'anni e non la ricordo bene come la ricorda quel sacerdote. Però ascolto ancora un grande cantautore cattolico, Claudio Chieffo, che in una sua canzone diceva "non è morto il male del mondo, e noi tutti lo possiamo fare". L'omelia si incentrava appunto sul male degli uomini, e ieri, che la liturgia ricordava la strage degli innocenti, nel momento in cui in Palestina avveniva una nuova strage di innocenti, non c'era niente di più facile che paragonare gli eventi, quello di 2mila anni fa e quello di oggi. Il prete non lo dice, io invece penso che, oggi che ebrei e palestinesi si ammazzano fra di loro, in fondo Gesù era un ebreo della Palestina. Figlio della loro terra, aveva detto loro di essere il figlio di Dio. Qualcuno non gli aveva voluto credere e continua a farlo ancora oggi. Ci sarà un motivo per cui la strage degli innocenti si rinnova con puntualità. E ci sarà un motivo anche per cui certi preti conoscono di più le canzoni di Guccini che quelle di Chieffo. Il male del mondo non morirà mai. E noi tutti lo possiamo fare. Inutile pensare che l'uomo impari (da solo) a non ammazzare. Con nella testa confuse immagini degli occhi di Buddha, Francesco Guccini e la terra Santa, vado in cucina a farmi un caffè. Visto il freddo polare di questi giorni, lo innaffio di una abbondante dose di buon whiskey. Mi cadono gli occhi (i miei, non quelli di Buddha) sul simpatico calendario di Frate Indovino che c'è al muro. In particolare, c'è una frase di Madre Teresa su questo mese di dicembre: "Penso che il mondo di oggi sia sottosopra. C'è tanta sofferenza perché c'è così poco amore in casa e in famiglia. La disgregazione della pace nel mondo comincia in casa". Poi guardo il biglietto di auguri di Vittadini. C'è una frase del Gius: "Che cosa è il cristianesimo? E' un uomo che si è detto Dio, vale a dire, è un uomo che ha detto Io sono la salvezza della tua vita. Io sono il significato della tua vita". Davvero, non c'è bisogno di sentirsi dire altro. Buon anno nuovo dalla fredda, freddissima Milano.

Storia di un bambino che non doveva nascere

17:03 / Pubblicato da Alessandro / commenti (3)

Beatrice abita in un paesello all’imboccatura d’una vallata alpina, non lontano da dove la montagna sfocia nel piano. Ha un marito e quattro figli. Il secondo, Giovanni, cinque anni, soffre di una grave e rara malformazione cardiaca: ipoplasia del ventricolo sinistro. Gli manca la metà sinistra del cuore, ha solo la destra. All’epoca della nascita di Giovanni, su Internet, in italiano, non si trovava quasi niente (oggi ci sono anche blog di mamme che si raccontano le rispettive esperienze). Per saperne qualcosa di più Beatrice e il marito dovevano navigare sui siti americani. Negli Stati Uniti, da tempo si cura con un certo successo la “hypoplastic left heart syndrome”, a differenza di quel che accade in Inghilterra e in Francia, dove pressoché tutte le donne ai cui figli viene diagnosticata quella malattia abortiscono. Beatrice e suo marito l’hanno scoperta durante una ecografia di routine. “A vostro figlio manca la croce” si sono sentiti dire. La croce che segna la separazione dei quattro settori del cuore: due atri, due ventricoli, due destri, due sinistri. Nel centro di ecografia specializzato di una grande città, la sentenza viene confermata. “Non ne ho mai visto uno vivo”, commenta il medico. All’uscita una gentile dottoressa spiega loro che c’è una “via d’uscita”, con tanto di accompagnamento psicologico a carico dell’Asl. Quando Beatrice e il marito, senza un attimo di esitazione, rifiutano (la via d’uscita è l’aborto) la dottoressa non ci vuol credere: “Ripensateci, tra una settimana ne riparliamo”. Non ci ripensano. Cercano altri specialisti. Al centro di ecografia di Monza, il medico è una donna. La prima zona su cui punta i macchinari non è il cuore, è il viso: “Questo è Giovanni”. I due non riescono a trattenere la commozione, e saranno per sempre grati a quella dottoressa. Poi approdano da un’altra cardiologa, a cui rivolgono la solita domanda: “C’è speranza?”. “Certo”. E spiega che c’è un medico americano, William I. Norwood, che si è specializzato su questa patologia e ha messo a punto – fin dagli inizi degli anni Ottanta – un procedimento che ha portato il tasso di sopravvivenza dal venti all’ottanta per cento dei casi. In cardiochirurgia, spiega la specialista ai genitori di Giovanni, “siamo in media vicino al 99 per cento. La patologia di Giovanni è, tra le malformazioni curabili, quella con la percentuale di successo più bassa”. Nel luglio del 2003 Giovanni viene al mondo. Il primario del reparto di patologia neonatale dove è nato ripete un commento già sentito: “Non ne ho mai visto nessuno vivo”. Al piano di sopra, il cardiochirurgo che il giorno dopo lo opererà conferma invece le statistiche di Norwood. Contraddizioni incredibili, alle quali Beatrice e suo marito cominciano a fare l’abitudine. L’operazione al secondo giorno di vita riesce perfettamente, così la seconda a otto mesi, così la terza a tre anni e mezzo. Il primo anno è il più duro. Giovanni non deve assolutamente ammalarsi. Un anno di clausura. Per Beatrice, una prova non da poco. La sorregge un’immagine riportata a casa dall’ospedale. Giovanni, come altri bimbi, è troppo debole per succhiare al seno; il latte va estratto col tiralatte e poi somministrato col biberon. In ospedale c’è un apposito lactarium dove le mamme si ritrovano per svolgere il faticoso compito. Beatrice ne ha adocchiata una, è sempre lì prima di lei, se va dopo che lei è andata, ogni volta ne tira pochissimo, non più di dieci millilitri. Rimane impressionata da questa mamma, che si sottopone a quel sacrificio per dare al suo bimbo almeno un po’ del meglio di sé. Oggi Giovanni conduce una vita sostanzialmente normale, gioca, va all’asilo. Con qualche limitazione. Non può salire oltre mille metri con il padre, appassionato montanaro. Lo attende un trapianto verso i dieci anni, quando il ventricolo destro, che ora fa anche il lavoro del compagno mancante, cederà. Il cuore nuovo durerà una decina d’anni; poi, verso i venti, nuova sostituzione. Poi, chi lo sa: il cardiochirurgo che li segue sa di un solo caso che, finora, ha raggiunto la soglia del terzo cambio di cuore. Nel luglio del 2008 a casa di Beatrice squilla il telefono. E’ Maddalena, giovane mamma di una città del centro Italia. Ha una figlia di tre anni e attende un bimbo con una patologia simile a quella di Giovanni. L’ha rintracciata per una serie di circostanze assolutamente casuali, per via di parentele lontane. Maddalena aveva già chiaro in testa cosa fare. Poi ci ha ripensato e ha chiamato Beatrice. “Domani parto per Barcellona. Ho prenotato l’aborto lì perché in Italia sono già troppo vicina al limite previsto dalla legge. Abortisco perché non posso mettere al mondo un bimbo infelice, non posso condannare l’altra mia figlia e mio marito all’infelicità”. Non chiede consigli, ha già deciso, vuole solo comunicare la sua risoluzione a qualcuno che la possa capire. Beatrice la ascolta: “Guarda, io sono una donna felice, Giovanni è un bimbo di cinque anni felice, fa le capriole nei prati, salta, corre, va all’asilo. Dopo di lui abbiamo avuto altri due figli”. Maddalena rimane senza parole. Ma come avete fatto? “Per me e per mio marito la vita è una cosa buona. Vorremmo che anche Giovanni capisse che la vita è una cosa buona. E come facciamo a farglielo capire? Gli abbiamo dato altri due fratellini”. Beatrice dà a Maddalena i recapiti della cardiologa di cui sopra. Si salutano. L’indomani sera il telefono squilla di nuovo. E’ Maddalena. “Siamo in aeroporto, stiamo aspettando l’aereo per Barcellona. Viene con noi anche Maria, l’altra figlia. No, non andiamo ad abortire, andiamo a farci una vacanza. No, non è stata la cardiologa. Avevo già deciso dopo la chiacchierata con te. Eravamo da parenti, molto lontano da casa. Stamattina mio marito mi ha detto: prendo il biglietto anche per Maria. A Barcellona andiamo, ma in vacanza”. Al ritorno, le due continuano a sentirsi. Maddalena è un po’ in ansia, ma ormai decisa. Beatrice decide di andare a trovarla. Si mettono d’accordo per incontrarsi a Roma. Maddalena e il marito la accompagnano a fare un giro per la città, piazza Navona, Fontana di Trevi, pranzo in trattoria. Ridono, piangono, scherzano, come si conoscessero da sempre. Beatrice tira fuori una poesia. L’hanno scritta insieme per il nascituro mamma e figlio, Giovanni adora giocare alle rime. Maddalena e il marito la accompagnano in aeroporto. Al momento di salutarsi Maddalena si scioglie in lacrime: “Tu hai dato la vita a mio figlio. Non voglio perderti”. Beatrice non sa cosa dire, vorrebbe sdrammatizzare, alla fine le esce solo un “non piangere”. Sull’aereo, ripensando all’episodio, ha un sussulto. Le viene in mente un passo del Vangelo di Luca su cui tante volte si è soffermata. “Poco dopo, egli si avviò verso una città chiamata Nain, e i suoi discepoli e una gran folla andavano con lui. Quando fu vicino alla porta della città, ecco che si portava alla sepoltura un morto, figlio unico di sua madre, che era vedova; e molta gente della città era con lei. Il Signore, vedutala, ebbe pietà di lei e le disse: ‘Non piangere!’. E, avvicinatosi, toccò la bara; i portatori si fermarono, ed egli disse: ‘Ragazzo, dico a te, alzati!’. Il morto si alzò e si mise seduto, e cominciò a parlare. E Gesù lo restituì a sua madre”. Quante volte si è sentita dire da un amico prete: “Ma come è possibile? Come si può dire a una madre, a una vedova che ha perso l’unico figlio: ‘Donna, non piangere’? Come può Gesù dire una cosa così? Solo perché è in grado di restituirglielo”. A Beatrice corre un brivido lungo la schiena: anche lei ha reso il figlio a Maddalena, anche lei le ha potuto dire “non piangere”. A fine ottobre il bimbo di Maddalena è nato, nei giorni successivi è stato operato, secondo la prassi. L’operazione è riuscita: un breve periodo di suspense, poi si è ripreso alla grande: addirittura, ha già cominciato a succhiare da sé. Beatrice ha spedito a trovare Maddalena una sua amica dei dintorni, una mamma di sei figli di cui uno gravemente autistico. Maddalena vede che la gente convinta che la vita è buona non è poi così rara, si rincuora sempre più. “Adesso che c’è – telefona a Beatrice – l’unica cosa che desidero è che rimanga”. Il piccolo di Maddalena viene battezzato oggi, 27 dicembre, festa di san Giovanni apostolo. Il santo eponimo del piccolo Giovannino. di Roberto Persico su: il Foglio

A scuola nessun Presepe. Halloween invece...

22:06 / Pubblicato da Alessandro / commenti (1)

Nelle solite scuole "politicamente corrette" non si è fatto il presepe per non offendere i mussulmani, etc. http://unpoliticallycorrect.ilcannocchiale.it/post/2121058.html E CON HALLOWEEN COME LA METTIAMO? Non si tratta di una tradizione religiosa (pagana) che offende i cristiani, oltre che i mussulmani? Abbiamo 6 pesi e 6 misure? Perché la religione pagana di Halloween è rappresentabile a scuola e invece quella cristiana no? E com'è che gli studenti ebrei sono presenti qui da noi da quando frate Francesco costruì il primo presepio e nessuno si è mai preoccupato di accertarsi che esso desse loro fastidio? Nella foto in alto: una moschea inserita in un presepe a Genova, presso la chiesa di Nostra Signora della Provvidenza... da: (http://unesorcistarisponde.blogspot.com/) La Bellezza salverà il mondo. Clicca qui sotto per una versione bellissima di Tu scendi dalle stelle!

Il nostro Presepe

18:43 / Pubblicato da Alessandro / commenti (0)

Cari amici, vi mando alcune foto del Presepe Vivente che ha radunato insieme e ha visto rappresentati tutti quelli che sono piú vicini al Regno dei Cieli, chi nella sofferenza come i malati, chi nello sguardo come i bambini. Uno spettacolo incredibile che apre il cuore, vedere come tutti si sono coinvolti: i bimbi cantavano nel coro degli angeli, i malati han portato i doni dei Re Magi, San Giuseppe non poteva essere più perfetto: Jorge, malato di Aids di origine ebraica. E poi le anziane della casa di accoglienza, che hanno acclamato il Signore vestite da pastorelle, mentre nella paglia piangeva appena nato Arnaldito, bimbo sieropositivo della Casita. Un Presepe così bello e così commovente apre il cuore alla venuta del Signore, Buon Natale da tutti gli ospiti della clinica e i bambini della casita. Padre Aldo

BUON NATALE!

18:49 / Pubblicato da Alessandro / commenti (5)

Il nostro Salvatore, carissimi, oggi è nato: rallegriamoci! Non c’è spazio per la tristezza nel giorno in cui nasce la vita. Nessuno è escluso da questa felicità.

Prison experience

21:39 / Pubblicato da Alessandro / commenti (0)

L'entusiasmo della precedente esperienza ci ha spinto a riproporre il gesto della cioccolata calda in compagnia degli amici della Casa Circondariale di Chiavari, offrendo chili di torte e biscotti e pentoloni di cioccolata calda ai passanti del centro. Siamo felici di averlo fatto, anche se c'era il rischio di esagerare con le proposte e nonostante la fatica di passare il tempo del fine settimana sotto il solito tendone bianco... Siamo felici perchè comunque tutti quelli che erano lì sotto sorridevano e alla fine è stato chiaro che non è stato tempo perso, anzi... Ancora una volta la realtà si è rivelata e ci ha stupito: la bellezza dell'incontro con queste persone ha superato ogni nostra fragilità, facendoci vincere la fatica e la diffidenza. E' esattamente questo che ci spinge ad andare avanti con l'associazione, non i risultati, non le cifre raccolte, e nemmeno le persone che riusciremo ad aiutare, ma gli incontri, gli uomini e le donne che incrociamo nel nostro percorso e che condividono qualche passo con noi, rendendoci sempre più evidente che ognuno di noi è fatto per essere felice, che ognuno di noi desidera essere accolto per quello che è veramente. Grazie ancora a tutti per queste due belle giornate insieme.

Un Natale all' incontrario

20:23 / Pubblicato da Alessandro / commenti (0)

Un Natale all’incontrario, questo che ci vorrebbero far passare nel 2008. Un Natale all’incontrario, dove un ministro viene detto – giustamente! – coraggioso perché ricorda a tutti che bisogna dare da mangiare e da bere a chi non riesce più a farlo da solo. All’incontrario, perché lo stesso ministro deve pure spiegare che se in un ospedale italiano verrà lasciato morire di fame e sete un malato, quell’ospedale ne subirà le conseguenze. All’incontrario, perché proprio per aver detto questo lo stesso ministro viene denunciato per violenza privata aggravata. Un Natale all’incontrario, dove Marcello Matera, sostituto procuratore generale che dovrebbe garantire il rispetto delle leggi, dice che un provvedimento del ministro, nei fatti, è ininfluente, e che è “teoricamente possibile il ricorso alla forza pubblica per ottenere l’esecuzione della sentenza”, cioè secondo lui potrebbero intervenire i carabinieri , e a fare che? A staccare il sondino ad Eluana? Oppure direttamente contro il ministro? Un Natale all’incontrario, dove un ospedale si sente “intimidito” se un ministro ricorda la legge vigente in Italia, e dove lo stesso ospedale si dice esterno al Servizio Sanitario Nazionale. E a quale servizio sanitario farebbe riferimento il Friuli? Non hanno dei ministri di riferimento? O forse in Friuli non hanno votato alle ultime elezioni politiche? Forse hanno solo le elezioni regionali? Un Natale all’incontrario, dove l’atto di indirizzo del Ministro non sarebbe vincolante perchè si riferisce ad una convenzione internazionale (nell’atto di indirizzo di Sacconi si fa riferimento ad una Convenzione internazionale dell’Onu, secondo la quale non si può negare idratazione ed alimentazione ai disabili): forse il Friuli non fa parte dell’Onu? O forse il Friuli non intende rispettare la Convenzione Onu sui disabili? E poi una volta a Natale si ricordavano i pastori che andavano a trovare un bambino appena nato, gli portavano doni e pure gli animali cercavano di proteggerlo dal freddo. In questo Natale all’incontrario ci sono altri pastori, sono i “volontari di Eluana”, una ventina di infermieri che andranno appositamente a stare vicino a lei mentre muore di fame e di sete, ad assicurarsi che tutto vada secondo quanto stabilito dai giudici. A titolo gratuito. Una ventina, o anche più, perché dovranno fare i turni: ci vorranno almeno 15 giorni, ad Eluana, per morire, o forse più. Andrà per le lunghe. E’ Natale. Se Eluana sarà portata via da Lecco, nella sua ultima camera a Udine ci saranno persone intorno a lei che si avvicenderanno, in quattro giorni le sospenderanno del tutto idratazione e alimentazione, gradualmente, per consentire una “familiarizzazione del personale assistenziale con le manifestazioni cliniche di Eluana”.
La osserveranno mentre muore. In quei quindici (o più) giorni le daranno saliva artificiale (!), spray di soluzione fisiologica e gel, per eliminare “l’eventuale disagio”, quel “disagio” che notoriamente si prova quando si muore di fame e di sete. Ce lo racconta Repubblica, che anticipa la descrizione del protocollo previsto per Eluana, e ci descrive questa “catena di solidarietà”, quella dei volontari intorno al letto di morte di Eluana. E siccome si sono tutti sperticati ad assicurare che Eluana non sente dolore, saranno attentissimi a controllare le sue reazioni, somministrando medicinali e sedativi, con visite mediche per “verificare l’eventuale modifica della terapia, qualora fosse insufficiente a evitare la comparsa di segni clinici di sofferenza”. Vogliono farci fare un Natale all’incontrario. Non più una festa per Uno che nasce, ma per una che muore, che viene fatta morire di fame e sete. E vorrebbero pure che su tutto cali il silenzio – adesso - dicendo che è un fatto privato (ma chi è stato a renderlo pubblico?). Io non ci sto. A. Morresi

MERCATO 4

20:24 / Pubblicato da Alessandro / commenti (0)

Cari amici “puó una madre abbandonare i suoi figli?” “Ebbene Io non ti dimenticheró mai” dice il profeta. Un fatto accaduto nella clinica che mi ha riempito di gioia. Viene ricoverato un uomo anziano,ammalato grave di cancro alla prostata. Viveva in una sgabuzzino del famoso “ Mercato 4 ” cosi chiamato e conosciuto in tutto il Paraguay per essere l´ immondezzaio della vendita a poco costo di tutto e centro di qualunque traffico. Pericolosissimo passare di notte per quella zona. L´hanno trovato solo, sporco, abbandonato. La donna, una persona anonima ci disse per telefono: “andateli…e troverete un uomo solo e che soffre”. Mi sembrava di ascoltare l´annuncio degli angeli quelle notte a Betlemme ai pastori: “andate e troverete…”. E cosí fu per noi. Portato alla clinica, subito ben pulito e lavato e posto in un bellissimo letto bianco, con la camera con l´aria condizionata a tutto vapore (48º sono troppi…fuori). Una volta ambientato si sfoga raccontando il suo dramma terribile. “Padre, grazie, padre grazie” Vede io sono nato in una regione italiana (per rispetto non diró né il nome, ne i luoghi). Sono rimasto orfano da piccolo e sono stato messo in un istituto agrario gestito da religiosi. Sono nato nel 1922. Li ho studiato diventando perito agrario. Il fascino di quella congregazione mi spinse a farmi religioso. Vissi fino alla seconda guerra mondiale in un convento in Italia. Poi i superiori mi mandarono in Paraguay dove vivo da 50 anni. Ho fatto di tutto nelle diverse case della congregazione. Poi ho perso la testa per una donna e la mia vita é diventata un inferno. Tutti mi hanno abbandonato. Ero un condannato a morte…quella morte morale che distrugge l´uomo. Ho fatto di tutto, Padre. Solo qualche confratello si ricordava di me (anche nella chiesa, aggiungo io, succede quello che dice il profeta a proposito della madre). Peccato, solitudine, disperazione…e adesso sono qui. “Padre mi confessi, mi perdoni”. Il mio cuore addolorato i miei occhi umidi, l´ho ascoltato, assolto…abbiamo rinnovato insieme i voti religiosi…in fondo anch´io sarei un ex religioso, peró sono come non mai, tutto di Gesú. Vedendolo, questo fratello, sorrideva, una volta in piú ho sentito quelle braccia di Giussani che mi accoglievano in Via Martingo 17 quel 25 marzo 1989. Se una parte di chiesa che ha servito e amato lo ha abbandonato per il suo peccato, sempre un altra parte di chiesa lo ha accolto, abbracciato, amato. Che bella la clinica: c´é solo parte per i disgraziati, peccatori come me. E il vecchietto Oscar adesso é con me, rivive la sua vita religiosa, ha rinnovato i suoi voti, ha riconosciuto i suoi peccati. Rare volte ho visto e sentito una confessione come lui. Mi verrebbe da dire: se per gustare cosí il senso di essere peccatore e soprattutto di confessarsi come lui, servisse una vita disordinata come lui….ne varrebbe la pena. Ho ritrovato un santo…vedessi come riceve la Eucaristia, come sopporta il cancro che lo consuma, come mi guarda. Solo i peccatori, cioé quelli che hanno incontrato Cristo hanno questo sguardo. Mi sento uno fariseo paragonandomi con lui. Gli innocenti Victor, Celeste, Cristina, Aldo convivono con l´innocenza, comportano l´ospedale con i santi innocenti recuperati, che grazie al dolore diventato confessione Eucaristica hanno recuperato l´innocenza dottrinale. Un abbraccio P. Aldo

Perché lui è un bravo ragazzo (happy birthday Alessandro)

12:52 / Pubblicato da Paolo Vites / commenti (12)

La prima volta che l’ho conosciuto non è che mi stesse proprio simpatico. Sembrava la versione economica di James Dean. O una specie di Big Jim venuto male. Poi era l’unico ad avere il vespino e se la tirava un casino. E non me lo ha mai imprestato una volta. A scuola però era un esempio per tutti noi: studioso, serio, molto impegnato. Credo non si sia mai fatto beccare a copiare un compito, anzi era sempre pronto a offrirsi disponibile a fare anche i nostri. Quando sono andato a vivere a Milano l’ho un po’ perso di vista, però mi tenevo informato: una brillante carriera universitaria, così mi dicevano, e poi anche una splendida attività imprenditoriale. Prima che Sir Richard Branson aprisse la catena di palestre Virgin famose in tutto il mondo, lui ci aveva già pensato e a Genova facevano tutti la fila per andare alle palestre “Alexander’s Boys and Girls”. Ma lui non è mai stato uno che faceva le cose per i soldi. Non sono mai stati la sua preoccupazione principale. Non mi ha mica mai rubato i miei dischi, no, se li è sempre andati a comprare. Chiuse addirittura la palestra per aprire una scuola di calcio per i bambini poveri in Brasile. Così mi dissero. Ci siamo rivisti dopo anni al suo matrimonio. Mi chiese di fargli da testimone. Veramente, quando arrivai in chiesa, e lo vidi con quello splendido completino stile Al Capone, pensai di aver sbagliato indirizzo e già stavo tornando a Milano. No, era proprio lui. Vabbé, si stava sposando con una santa donna che si sarebbe abituata al suo look, alla sua collezione di boccette di profumi da tutto il mondo, agli shampoo che si fa venire apposta dall’Australia e dalle boutique di Dolce & Gabbana e finanche anche alla tintura di capelli quando cominciò a diventare brizzolato. (Ale & Franci, una coppia con lo sguardo puntato nella stessa direzione) Però lui, a differenza mia, i capelli non li ha mai persi, ed è un altro dei motivi per cui sono così invidioso di lui. No, non sono invidioso, sono riconoscente di aver condiviso con lui gli ultimi quasi trent’anni della mia vita. Perché, nonostante un carattere un po’... come dire… burbero, è un grande amico. Uno che mi richiama sempre all’essenziale. Uno che prima di dire di sì, magari ci mette un po’, magari non vuole che gli altri lo capiscano, ma nel cuore lo ha già detto da tempo. Prima degli altri. E guardate che casino ha messo in piedi con questa Associazione Amici di Simone: anche Padre Aldo la cita nelle sue lettere. Ci vuole un grande cuore per tenere su una cosa del genere. Ma lui ha gli amici che lo aiutano. Peccato che io sia a quassù, se no gli darei una mano anche io. Lo faccio allora con la preghiera. E tanti auguri di buon compleanno, Alessandro. Ps: quando è che mi restituisci tutti i dischi che mi hai “ciullato”? (Il George Clooney della Riviera di Levante)

Galeotto fu il cacao

18:25 / Pubblicato da Alessandro / commenti (3)

Indovina chi sono i carcerati? Il 7 e l'8 dicembre nel cuore (borghese) di Chiavari tra i vari stands gastronomici del Festival del Cioccolato, ricolmi di piccoli capolavori di pasticceria e cioccolatini così belli da vedere che pareva un peccato mangiarli, c'era un gazebo un po' diverso dagli altri. Sicuramente meno elegante, senza tanti fronzoli e persino un po' caotico, ma certamente pieno di vita e alla portata di tutti (a differenza dei cioccolatini a 50 euro al kg!): era il gazebo dell'associazione Amici di Simone Tanturli in quest'occasione con dei partners davvero speciali, come non se ne vedono in giro... anche perchè si tratta dei carcerati di Chiavari!!! Avete capito bene, abbiamo trascorso due giorni interi in compagnia di questi nuovi amici, indaffarati a vendere le buonissime torte realizzate nel laboratorio di pasticceria del carcere,(devolvendo interamente l'incasso all'associazione), mentre noi preparavamo e offrivamo quintali di cioccolata calda ai chiavaresi infreddoliti ma numerosi!!!! E' stata un'esperienza bellissima scoprire come sia semplice vincere la diffidenza e il pregiudizio, quanto poco ci voglia per guardare l'altro soltanto per quello che è, cioè un uomo, cioè desiderio di felicità, disperato bisogno di essere amato e perdonato, esattamente come ognuno di noi. Grazie dunque a chi ha reso possibile questa bella esperienza, a chi l'ha ideata e a chi ne ha permesso la realizzazione trascorrendo le sue ore di festa in piedi e al freddo, ma in Compagnia. Francesca

Solo lo stupore

16:23 / Pubblicato da Alessandro / commenti (0)

Cari amici, guardate il miracolo di Don Giussani: Celeste fa la prima comunione mentre il “condannato” a morte per i medici, Dionisio, ammalato terminale (vedeste in che condizioni era giunto qui...nessuno avrebbe immaginato questo miracolo... la nostra intelligenza e troppo euclidiana...) celebra il suo matrimonio. Solo lo stupore permette di vedere la grandezza del mistero presente, anche nella peggiore condizione l’uomo é desiderio di felicità e puó essere felice. É la mia vita e quella dei miei moribondi a gridarlo perché i sordi, i borghesi come li chiamerebbe Peguy, ascoltino e si commuovano. Guardate il volto di Celeste: non vedete il segno potente del Mistero? “Io sono Tu che mi fai” ci ripete all’infinito Carron. Ci crediamo o no? Oggi fa 48º di caldo... ma vivendo guardando stupito Celeste il mio cuore é fresco come una rosa bella. Se volete il miracolo ripetete piú che potete “Io sono Tu che mi fai” e “anche i capelli del mio capo sono contati”. É Celeste a dircelo. P. Aldo.

La Certezza (lettere da un amico)

15:34 / Pubblicato da Alessandro / commenti (3)

3/12

Ve la ricordate Celeste? L’avevamo mandata qui dall’ospedale per bambini gravemente ammalata di leucemia, permorire. Guardatela: é risorta. Per settimane stiamo chiedendo il miracolo a Don Giussani... e questi sono gli effetti. Il primario ha dichiarato: non é piú ammalata terminale. Paralizzata pure, adesso muove le braccia, sorride, passeggia in carozzella e... SORRIDE felice. Che ne dite? Giussani é vivo e come ha curato me... segue curandomi e con me i miei Amici. Amici o ci crediamo a Gesú, ma crederci é crederci e basta. Come dire: “per me vivere é Cristo”. Pensate alla mia gioia fra tante spine: domenica Celeste fa la sua prima comunione. Con affetto P. Aldo
5/12 Cari amici, Siamo convinti o no che esiste la Provvidenza e che il principio della economia e´il Santissimo Sacramento e l´Adorazione? Questa mattina presto stavo con gioia, come tutte le mattine davanti al Santissimo sposto, in adorazione quando suona il cellulare: “Pronto sono P. Aldo” “Padre sono la deputada Olga Ferreira…desidero comunicarti che il parlamento ha votato all´unanimitá di portare il finanziamento ordinario della Clinica da 1.270.000.000 a 1.400.000.000. La tua amica é “ex alumna” senatrice Zulma Gomez, presidente della commissione “salute” del Senato ha vinto. Padre sono felice e anche se é ancora notte, volevo comunicarti la mia gioia. Un abbraccio e buona giornata” Chi ha orecchi che intenda. Sono tornato davanti al Santissimo commosso, con le lacrime. Una volta ancora Lui ha risolto tutto, si perché Lui e solo Lui e´il Parrocco, l ´economo, il direttore sanitario, il capo. Nota: e pensare che la senatrice Zulma Gomez quando era Nostra alunna alla facoltá di medicina di Villarrica per mangiare cercava nei rifiuti delle immondizie qualche pezzo di carne. Che grande storia ho vissuto con lei, povera ragazza con 4 figli a 25 anni sola, e adesso é quello che é. E per di piú se avessimo chiesto 2000 milioni invece di 1.300 lei li avrebbe ottenuti tutti. Mi ha detto: “il prossimo anno P. aldo mi arrangio io a fare le domande al Parlamento e chiederó 2000 milioni. Significa 400.000 dollari” “Con questa somma copriamo il 60% delle spese ordinarie della Clinica Mentre la nuova Clinica ci costa 1.300.000 dollari, che la Provvidenza certamente anche attraverso di te ci fará avere” Ieri sera è stato qui con noi il vicepresidente della Repubblica, Dr. Franco (vedi le foto allegate). Ha partecipato alla Messa, letto la lettura, ha vissuto con allegria l´atto conclusivo della scuola e ha mangiato con i miei bambini. Ha detto “ma padre qui si vede cosa vuol dire educazione…non ho mai visto una cosa simile” Davvero Giussani é vivo e il rischio educativo é palpabile, presente…prenderlo sul serio cambia tutto e tutti. Grazie Gesú e Madonnina cara per questi regali. Peró senza dolore, senza adorazione continua tutto ció sarebbe impossibile. E´Lui, solo Lui che fa….CHIARO! L´universitá serve ma solo dentro questa posizione questa certezza. Con affetto. P. Aldo 5/12

Cari amici, il miracolo continua.

Ecco Celeste e il mio figlio adottivo Trento Aldo participare al grest estivo con gli altri bambini.

Chi l´avrebbe detto? Non i medici che me l´hanno consegnata per seppellirla, ma solo chi ha fede e crede che la vita é un continuo miracolo.

Leggere il vangelo di oggi venerdi per favore. Don Giussani sia davvero una presenza che attraverso Carron e S.D.C ci segue e ci educa.

P. Aldo

Shameless self promotion

18:58 / Pubblicato da Paolo Vites / commenti (1)

Gli americani dicono così, "shameless self promotion", farsi pubblicità da soli senza vergogna. Ed è quello che faccio con queste righe, e dunque grazie all'ospitalità di Alessandro che mi ha detto che potevo farlo. Anzi dovevo. Il fatto è che sono qui a presentarvi il vostro regalo di Natale... vabbè non esageriamo. Per chi fosse interessato, comunque, andando su questo sito http://ilmiolibro.kataweb.it/ (per adesso si trova ancora in homepage, nelle "novità in vetrina", ma comunque cercando il mio nome sul motore di ricerca del sito) si può ordinare il mio libro, dove per la prima volta dopo averne scritti diversi, parlo sì di musicisti rock e di dischi, ma parlo soprattutto di me, della mia vita. Sono racconti, alcuni dei quali pubblicati (ma adesso rivisti, espansi, e poi ce ne sono molti pubblicati per la prima volta) sul mio blog nel corso degli anni e che ho pensato di mettere tutti insieme in un libro alla vecchia maniera, cioè di carta. Perché un libro rimane, il computer si spegne e con esso le storie che vi si raccontano. Allora prendetevela soprattutto con don Pino de Bernardis se questo libro adesso esiste: diversi editori mi hanno detto negli anni quanto piacesse loro quello che scrivevo, tanti amici pure (mia moglie no, non legge mai quello che scrivo e in fondo la capisco...), ma quando l'estate scorsa don Pino mi ha detto che forse avrei dovuto pubblicare un libro, allora è stato sufficiente per capire che forse quello che ho scritto aveva un senso. Perché lui mi è stato padre, e allora come si fa a non credere a quello che dice un padre? Storie di incontri con leggende del rock, dischi che hanno segnato la mia vita, la bellezza della mia terra (la Liguria), posti lontani come Dublino, amici che porto nel cuore: ecco quello che è questo libro. Ma tutto, sempre, segnato dalla bellezza di quello che si vede e si ascolta, quella bellezza che è poi il segno evidente di quell'Altro a cui tutti aneliamo. E un modo per lasciare alle mie figlie quel qualcosa di me che probabilmente con le parole non ho mai saputo né mai saprò dire. E a mia moglie, sperando che questo lo legga.