Defibrillatore cardiaco impiantabile (ICD)

Pubblicato da webmaster | 08:07


Definizione di morte cardiaca improvvisa
La morte cardiaca improvvisa (MCI) consiste in una morte naturale, preceduta da perdita
improvvisa della conoscenza che si verifica entro 1 ora dall’inizio dei sintomi, in soggetti con o
senza cardiopatia nota preesistente, ma in cui l’epoca e la modalità di morte sono imprevedibili.
Epidemiologia
E’ una delle principali cause di morte in tutti i paesi industrializzati, con un indice di sopravvivenza
agli eventi inferiore al 5% in Europa occidentale3.
Circa l’80% degli episodi di morte cardiaca improvvisa sono causati da tachiaritmie ventricolari
maligne, quali la tachicardia ventricolare sostenuta (SVT) e la fibrillazione ventricolare (VF), indotte
da eventi ischemici acuti. La categoria più a rischio è costituita da coloro che hanno già subito un
infarto miocardico.
2. Descrizione, funzionamento e indicazioni
L’ICD è costituito da un generatore impiantato sottocute e da uno o più elettrocateteri posizionati
nelle camere cardiache, in grado di rilevare, interpretare e memorizzare l’attività elettrica intrinseca
del cuore e, all’occorrenza, di erogare stimolazioni (terapia antibradicardica) o shock elettrici
(terapia antitachicardica).
Il defibrillatore cardiaco impiantabile è l’unico device in grado di riconoscere una tachiaritmia
ventricolare maligna e di erogare automaticamente una terapia elettrica immediata in pazienti a
rischio di morte cardiaca improvvisa.
In base alle modalità di stimolazione, si distinguono ICD monocamerali, bicamerali e biventricolari
(ICD tricamerali)4.
I dispositivi monocamerali, i primi entrati in commercio ed ancora in uso, presentano un solo
elettrodo impiantato nel ventricolo destro con funzioni di stimolazione e registrazione
(pacing/sensing) dell’attività di una camera cardiaca.
I bicamerali richiedono l’impianto di due elettrodi uno in atrio ed uno in ventricolo e permettono la
stimolazione, l’analisi e la classificazione del ritmo sia ventricolare che atriale. La presenza di un
elettrocatetere in atrio destro consente di classificare con più precisione i ritmi cardiaci e, in alcuni
modelli, di interrompere anche alcune forme di tachicardia sopraventricolare, quali ad esempio il
flutter atriale.
I vari modelli prodotti dalle diverse ditte si differenziano tra loro sostanzialmente in base alla
programmabilità, ad algoritmi e a parametri di stimolazione e di memorizzazione dei dati.
I biventricolari riuniscono in un unico device un pacemaker biventricolare con un defibrillatore. La
funzione di pacemaker biventricolare si ottiene attraverso l’inserimento di un elettrodo in seno
coronarico in grado di stimolare il ventricolo sinistro. In aggiunta ai 2 elettrodi standard presenti
nell’atrio e ventricolo destri, permette la resincronizzazione atrio-ventricolare e tra ventricolo destro
e ventricolo sinistro, con un miglioramento della funzione contrattile del cuore. Questi ICD trovano
indicazione nella terapia dello scompenso cardiaco congestizio.
3. Terapie Alternative
Nel trattamento a lungo termine delle aritmie ventricolari trova indicazione la terapia farmacologia
con antiaritmici di classe III, in particolar modo l’amiodarone, che risulta in grado di ridurre
frequenza e durata degli episodi aritmici, ma non di interromperli.

4. Evidenze cliniche
Studi clinici pubblicati
In una revisione sistematica di 8 studi multicentrici, randomizzati e controllati il trattamento con ICD
mono e bicamerali è stato indagato e confrontato con la terapia farmacologica antiaritmica,
principalmente con l’amiodarone, nella prevenzione secondaria, ovvero in pazienti con anamnesi
positiva per pregresso arresto cardiaco o per aritmie ventricolari maligne, e nella prevenzione
primaria, in pazienti considerati ad alto rischio di morte improvvisa che non hanno avuto un
documentato evento clinico.
In 4909 pazienti sono stati valutati gli effetti della terapia con ICD sulla mortalità totale, end-point
primario, e sugli indici di morte cardiaca improvvisa5.
La review ha evidenziato che l’impianto di un ICD riduce significativamente la mortalità totale
rispetto alla terapia farmacologica (RR 0.74; IC95 %, 0.67-0.82).
Dall’analisi separata degli studi risulta che nella prevenzione secondaria l’uso degli ICD è
associato ad una significativa riduzione della mortalità totale (di un terzo nei sopravvissuti ad
arresto cardiaco), mentre nella prevenzione primaria i benefici dell’ICD sono risultati strettamente
legati al rischio di base per morte cardiaca improvvisa.
Nei pazienti ad alto rischio che non hanno però ancora avuto un arresto (quali pazienti con
patologia coronarica e grave disfunzione sistolica ventricolare sinistra) la riduzione della mortalità è
risultata simile a quella ottenuta nella prevenzione secondaria.
Non è stato evidenziato nessun impatto significativo sulla mortalità nei pazienti a basso rischio di
morte cardiaca improvvisa, ovvero in pazienti con disfunzione sistolica ventricolare sinistra ma
senza patologia coronarica o aritmia ventricolare inducibile.
La review ha, inoltre, evidenziato come l’uso di ICD determini una significativa riduzione del rischio
relativo di morte cardiaca improvvisa (RR 0.43; IC95%, 0.35-0.53), sia nella prevenzione primaria
(RR 0.37; IC95%, 0.27-0.50) che nella secondaria (RR 0.50; IC95%, 0.38-0.66).
Non è stata evidenziata alcuna riduzione del rischio di morte non cardiaca (non aritmica) con l’uso
dei defibrillatori impiantabili rispetto alla terapia farmacologica.
Nel 2003 è stata pubblicata su JAMA una metanalisi di quattro studi clinici controllati e
randomizzati (trials CONTAK CD, InSync ICD, MUSTIC e MIRACLE), condotta su un totale di
1634 pazienti per determinare se la terapia di resincronizzazione cardiaca riduca la mortalità
dovuta a scompenso cardiaco progressivo6.
Negli studi i pazienti sono stati randomizzati a ricevere un defibrillatore-cardioverter impiantabile o
un pacemaker in grado di erogare una resincronizzazione cardiaca grazie ad un elettrocatetere in
seno coronarico attivo, oppure solo un ICD o un pacemaker con l’elettrocatetere in seno
coronarico disattivato.
I risultati della metanalisi evidenziano che nei pazienti sintomatici con disfunzione ventricolare
sinistra la resincronizzazione cardiaca riduce la mortalità dovuta a scompenso cardiaco
progressivo del 51% rispetto ai controlli (OR 0.49; IC95%, 0.25 – 0.93).
Viene inoltre evidenziata una riduzione delle ospedalizzazioni dovute a scompenso cardiaco del
29% (OR 0.71; IC95%, 0.53 – 0.96).
Non emerge invece alcun effetto significativo sulla mortalità non dovuta a scompenso cardiaco
(OR 1.15; IC95%, 0.65-2.02).
La riduzione della mortalità da scompenso cardiaco progressivo in pazienti con disfunzione
sintomatica ventricolare sinistra suggerisce che la terapia di resincronizzazione cardiaca possa
avere un sostanziale impatto sul più comune meccanismo di morte tra i pazienti con scompenso
cardiaco avanzato.
Per valutare l’efficacia dell’uso preventivo di ICD biventricolari nel paziente con insufficienza
cardiaca avanzata con severa disfunzione ventricolare sinistra o con cardiomiopatia non ischemica
è stato condotto lo studio multicentrico controllato COMPANION7.
Sono stati arruolati 1520 pazienti con insufficienza cardiaca avanzata, causata da cardiomiopatia
ischemica o non-ischemica, in classe NYHA III o IV e con un intervallo QRS di almeno 120 msec

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