Le città dell'Apocalisse

Il termine “post-traumatico” si riferisce all’evidenza delle conseguenze, a quel che resta di ciò che è andato perduto dopo il trauma. Gli spazi attorno a questo punto cieco registrano l’impressione di quell’evento come una cicatrice.
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Come può un sistema dare il senso di un’esperienza che eccede la sua capacità di assimilarla?
Dato che la ricognizione è sempre e solo retroattiva, il processo di assimilazione dell’evento, del dargli un senso, comincia quando s’inizia ad analizzare le prove, nel tentativo di costruire una storia plausibile, comporre una scena e sviluppare le coordinate di un nuovo paesaggio esperienziale.
Poco a poco, la ripetizione di questi tentativi comincia a tessere una trama di base e nuovi futuri si sovrappongono a quelli vecchi.
Il trauma è il dramma in cui sia la storia sia il futuro sono in gioco, mantenuti in una crisi sospesa: le carte sono state gettate in aria, ma non sono ancora ricadute. Il trauma segna il punto in cui il sistema deve reinventarsi o perire. Un altro termine può essere introdotto per valutare le possibilità di azione in questo contesto: “resilienza”
Se i due poli rappresentati da continuità/ripetizione e discontinuità/trauma formano due tendenze asintotiche (si avvicinano indefinitamente senza mai coincidere), la resilienza descrive la capacità di muoversi tra di loro. La resilienza è la capacità di un sistema di riprendere le sue caratteristiche dopo aver assorbito degli urti. Il recupero, però, non è mai un semplice ritorno allo stato precedente di ripetizione periodica. Dopo aver assorbito un urto, il sistema resiliente esplora e percorre in modo creativo nuove forme di stabilità. A questo punto una qualche forma di continuità è fondamentale (dobbiamo ribadire la nostra distanza dall'idea di una tabula rasa). Resilienza non è mai un ritorno, ma neppure segna una totale rottura: se salta oltre il momento dell’interruzione, porta con sé la continuità di una carica storica che le conferisce forza adattativa.
Siamo ora in grado di dare una risposta provvisoria alla questione posta in precedenza: come questi nuovi problemi avrebbero trasformato l’urbanistica coniugandola col termine trauma?
Per cominciare, ciò dovrebbe implicare un approfondimento del discorso circa un design incentrato sull’ottimizzazione con idee che siano tarate per le crisi, come l'adattamento e la resilienza.
Una città resiliente è una città che si è evoluta in un ambiente instabile e si è adattata per confrontarsi con l'incertezza. In genere tali adattamenti assumono la forma di allentamento e di ridondanza nelle sue reti. Diversità e distribuzione, siano esse territoriali, economiche, sociali o infrastrutturali, saranno valutate di più rispetto all’efficienza centralizzata. La città post-traumatica sfida tutte le teorie cibernetiche del flusso d’informazioni e della programmazione poiché sostiene che questi apparati di conoscenza e di calcolo implicano sempre la coesistenza di punti ciechi, in particolare per l'arrogante applicazione di metodi quantitativi in una sfera qualitativa.
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