Salute e ambiente
Ultimo aggiornamento:
24/01/03
Temperature
fatali
Assideramento, cioè un freddo
da morire. Il concetto è chiaro e in termini tecnici si parla di
ipotermia. Ovviamente, non si tratta della temperatura esterna,
quella della cute, ma di quella che si raggiunge sotto la superficie
corporea. I disturbi da ipotermia, di fatto, cominciano quando la
temperatura interna, determinata con la misurazione rettale o
timpanica, scende sotto i 35 gradi centigradi. Da questa quota in
poi l’organismo comincia a vedere compromesse le sue
attività.
Azioni e
reazioni Il corpo reagisce agli abbassamenti della sua
temperatura attraverso sostanzialmente due tipi di meccanismi:
fisici e chimici. Tra i primi rientra la vasocostrizione periferica,
cioè la riduzione dell’afflusso del sangue alla periferia del corpo,
così da aumentare l’afflusso di sangue caldo ai visceri per cercare
di mantenere stabile la temperatura. Sempre allo scopo di richiamare
sangue “al centro”, si produce anche una vasodilatazione delle masse
muscolari profonde. Se questo non basta a ristabilire le condizioni
fisiologiche scattano i meccanismi endocrini, e quindi chimici,
mediati soprattutto dall’ipotalamo. La prima fase è la stimolazione
del sistema simpatico, provvede ad aumentare la frequenza cardiaca,
così da aumentare la circolazione sanguigna. Sempre dall’ipotalamo,
dalla parte laterale per l’esattezza, viene avviata una serie di
contrazioni muscolari periodiche, i brividi, che hanno lo scopo di
generare calore attraverso il lavoro. In effetti il sistema è
efficiente, visto che la produzione muscolare di calore aumenta da
10 a 20 volte, ma sfortunatamente è una misura a breve termine,
perché il calore sviluppato viene sottratto piuttosto rapidamente
dall’ambiente. Infine, l’ipotalamo passa a stimolare le ghiandole
surrenali e la tiroide allo scopo di aumentare il metabolismo. In
questo modo aumenta la quantità di zuccheri "bruciata" per produrre
energia e quindi calore.
Il termometro
cala ancora Se queste reazioni non hanno effetto,
tutte le funzioni difensive e fisiologiche cominciano a indebolirsi
progressivamente. Per cominciare, sotto i 35° spariscono
generalmente i brividi e già nell’intervallo tra 35 e 32° si assiste
a una modificazione dell’attività cardiaca: si presenta tachicardia
(battito accelerato) spesso accompagnato da tremori (che sono cosa
ben diversa dai brividi). Se la temperatura scende ulteriormente, si
assiste alla fibrillazione atriale, vale a dire che il cuore
comincia ad avere contrazioni "inutili" ai fini della funzione di
pompa, a un rallentamento delle pulsazioni (bradicardia) e si
presentano altre alterazioni caratteristiche, che possono essere
facilmente identificate anche elettrocardiograficamente. Sempre a
carico del sistema cardiovascolare si presentano altri due effetti:
per cominciare, aumentano le resistenze vascolari, cioè il sangue
incontra un ostacolo due-tre volte maggiore a scorrere all’interno
delle arterie e delle vene. Secondariamente aumenta la stessa
viscosità del sangue che, in pratica, diventa più denso: a 25° la
viscosità è 1,8 volte superiore a quella misurata a
37°.
Danni a tutti gli
organi Se la circolazione viene compromessa gli altri
organi non possono non risentirne, in primo luogo in termini di
insufficiente ossigenazione. I reni per esempio, a 27° presentano
sia una circolazione sanguigna sia un tasso di filtrazione ridotti
ai minimi termini. Anche il metabolismo presenta forti alterazioni e
principalmente l’iperglicemia, dovuta all’aumento della circolazione
di ormoni glucocorticoidi, oltretutto non trattabile facilmente
perché l’insulina non ha effetto a temperature così basse. Anche la
pancreatite è una conseguenza piuttosto frequente dell’ipotermia
profonda.
Le
cause Ovviamente la prima è l’esposizione a
temperature ambientali molto basse, soprattutto se non si è
adeguatamente protetti dall’abbigliamento. A questo proposito si
tenga presente che la testa è un formidabile radiatore di calore,
cioè ne cede molto all’ambiente e, quindi, il cappello non è un
optional in certe situazioni (cosa che non riguarda soltanto gli
alpinisti, ma anche i normali turisti in viaggio a certe
latitudini). Inoltre, esistono condizioni favorenti, come l’elevato
consumo di alcol, tanto che i casi di assideramento sono
particolarmente frequenti tra gli etilisti. Infatti, contrariamente
a quanto si crede, l’alcol favorisce l’abbassamento della
temperatura corporea interna per almeno due motivi: induce
ipoglicemia che, a sua volta, causa di per sé un abbassamento della
temperatura; poi, favorendo la vasodilatazione periferica, favorisce
la cessione di calore all’ambiente (in pratica contrasta il primo
meccanismo di difesa dal freddo). Quindi, a dispetto dei San
Bernardo, meglio un caffè (vasocostrittore) che un grappino dopo una
passeggiata tra la neve. Anche l’alimentazione ha un peso non
indifferente. Per contrastare l’effetto dell’ambiente freddo,
infatti, si deve alzare il metabolismo e, quindi, si consuma di più.
E’ stato calcolato che nel personale delle stazioni geofisiche
polari il fabbisogno calorico sale anche a 7-8.000 calorie al giorno
(ovviamente non si deve esagerare: per andare a Madesimo o al
Terminillo non serve tanto…). Tuttavia l’ipotermia può anche
essere conseguente a intossicazione da alcuni farmaci (per esempio
barbiturici) o ad alcune malattie (come il mixedema), ma sono casi
diversi.
Come va trattata
l'ipotermia Soprattutto con la prevenzione: persone
anziane, forti bevitori, bambini non devono esporsi a lungo ad
ambienti freddi. E’ importante anche riconoscere i primi segni
dell’abbassamento della temperatura interna: sotto i 35°, come
detto, non ci sono brividi, e la persona colpita pur restando vigile
manifesta segni di confusione mentale. La cute è ovviamente fredda,
pallida ma può presentare anche eritemi soprattutto dove sottoposta
a pressione. Dal punto di vista soggettivo, comunque, la regola è
che quando cominciano i brividi si deve correre ai ripari:
raggiungere un luogo riscaldato servirsi di coperte e termocoperte
eccetera. Diverso il discorso quando ci si imbatte in persone già
in ipotermia avanzata. E’ inevitabile ricorrere al pronto soccorso.
Nei casi più gravi, infatti, è necessario attuare misure invasive
per innalzare la temperatura. Per esempio si può infondere al
paziente della soluzione fisiologica riscaldata o attuare la dialisi
peritoneale riscaldata o l’emodialisi vera e propria. Anche
l’ossigeno che viene erogato in questi casi viene riscaldato, anche
se a temperature non superiori a 40-45 gradi per evitare il rischio
di ustioni polmonari. In effetti i mezzi a disposizione sono
diversi e non esiste un sistema migliore a priori di un altro. E’
invece certo che nei casi più gravi non si può ricorrere al
riscaldamento periferico, in quanto il primo effetto del calore
applicato dall’esterno è il riversarsi di sangue freddo verso il
cuore. Questo, a sua volta, può provocare la fibrillazione
atriale. A parziale sdrammatizzazione va detto che se l’ipotermia
ha effetti devastanti, il recupero del paziente è possibile anche in
condizioni apparentemente disperate. Basti pensare che in
letteratura sono descritti casi in cui il paziente si è ripreso
completamente dopo aver raggiunto una temperatura interna di 16° con
presenza di fibrillazione atriale.
Maurizio
Imperiali
Fonti Hurst JW (a cura di) Medicina
Clinica. Edizione Italiana. Masson Editori 1986.
Mattu A et
al. Electrocardiographic manifestations of hypothermia. Am J Emerg
Med 2002 Jul;20(4):314-26
Kelly M et al. Hypothermia
management. Nurs Times 2001 Mar 1-7;97(9):36-7
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