venerdì 30 novembre 2007

Il topo che non può avere il cancro

Gli scienziati dell'Università del Kentucky hanno scoperto che il genePar-4 produce una proteina che attacca le cellule tumorali e non le sane



WASHINGTON - Un topo che non può ammalarsi di cancro perché i suoi geni non glielo consentono. Il ratto è stato creato in laboratorio da un gruppo di scienziati americani dell'Università del Kentucky. La notizia è stata pubblicata oggi sul Journal cancer research e apre scenari importanti perché potrebbe portare a trattamenti anti-cancro sugli esseri umani capaci di evitare al paziente gli effetti collaterali che oggi accompagnano molte terapie, come la nausea, la caduta di capelli o altri dolori dovuti alla chemioterapia. Il topo biotecnologico creato dal dottor Vivek Rangnekar e dalla sua equipe dell'Università del Kentucky è dotato di un gene chiamato Par-4 capace di produrre una proteina molto speciale: attacca le cellule tumorali ma senza danneggiare i tessuti sani. Come riportato dai ricercatori, questi ratti creati in laboratorio sono immuni da molte forme di malattie, come per esempio il cancro al fegato o alla prostata. Alcuni test indicano che la proteina ha effetti significativi anche sul cancro al seno, al pancreas, al cervello e al collo. E, elemento considerato cruciale dai ricercatori, gli animali mostrano di non soffrire alcun effetto collaterale. "Quando un malato va in ospedale, la chemioterapia o le radiazioni a cui si sottopone comportano sempre effetti collaterali importanti - ha spiegato il dottor Rangnekar -. Così noi siamo rimasti molto colpiti nel notare che questa proteina uccideva le cellule tumorali senza però colpire le cellule sane. E ancor più sorpresi siamo stati quando abbiamo verificato che la proteina non ha effetti sull'intero organismo. Riteniamo che questo elemento possa aprire una breccia nella cura del cancro".

In futuro infatti dovrebbe essere possibile adattare questo metodo all'uomo, facendo in modo di introdurre nell'organismo questo gene (o un gene simile) attraverso un trapianto di midollo osseo. Secondo gli scienziati mancano ancora almeno dieci anni prima che sia disponibile una tecnica di questo tipo, tuttavia la proteina scoperta nei laboratori del Kentucky può aprire prospettive affatto interessanti per i ricercatori. "Se sarà possibile trattare il cancro evitando che il paziente abbia a soffrire per gli effetti collaterali della terapia - ha aggiunto Rangnekar - allora davvero sarà fatto un grasso passo avanti. E' esattamente quello che sta avvenendo con i nostri topi - ha concluso lo scienziato -, e per noi è una scoperta meravigliosa". (28 novembre 2007)
http://www.repubblica.it/2007/11/sezioni/scienza_e_tecnologia/usa-topo-cancro/usa-topo-cancro/usa-topo-cancro.html

Mamma dopo il cancro alle ovaie

BOLOGNA - Per la prima volta al mondo una donna è diventata mamma di due gemelline dopo aver vinto il cancro alle ovaie, grazie alla tecnica degli ovociti congelati. La donna - che oggi ha 31 anni, mentre le bambine, che stanno benissimo, hanno dieci mesi - è originaria della Basilicata. Nel 2002, a causa della malattia, aveva subito l'asportazione di entrambe le ovaie: era dunque destinata ad essere sterile, vittima di una menopausa precoce. Il sogno di diventare mamma è invece diventato realtà. La fecondazione - dopo il congelamento e lo scongelamento degli ovuli - è avvenuto al Sant'Orsola di Bologna: la notizia è stata data dalla dottoressa Eleonora Porcu - responsabile del Centro di sterilità del Policlinico bolognese - in occasione dell'apertuta del secondo Congresso mondiale sulla crioconservazione degli ovociti che prende il via oggi a Bologna. "Era il sogno che aspettavamo dal 1997 - commenta la dottoressa Porcu, che non nasconde l'emozione - dicevamo: chissà se riusciremo a raggiungerlo. Oggi questa famiglia e ' felice e noi anche: sono questi i casi in cui un medico si sente utile. (30 novembre 2007)



http://www.repubblica.it/2007/11/sezioni/scienza_e_tecnologia/ovociti/ovociti/ovociti.html

Benedetto XVI, la seconda enciclica

Resi noti i contenuti della "Spe Salvi" tutta centrata sui rapporti tra scienza e fede"La ragione deve vincere sull'irazionalità, ma non può essere staccata da Dio"


Benedetto XVI, la seconda enciclica"Illuminismo e marxismo speranze fallite"' src="http://www.repubblica.it/2007/10/sezioni/esteri/benedettoxvi-17/seconda-enciclica/ansa_11727139_16380.jpg" width=280>
Il Papa mentre firma la sua prima enciclicaROMA - Marxismo e illuminismo sono "speranze terrene fallite", la ragione "staccata da Dio" e la scienza "senza etica" non redimono l'uomo. Sono alcuni punti della seconsda enciclica di Benedetto XVI "Spe salvi" resi noti oggi dalla Santa Sede. Un testo tutto centrato sul rapporto tra libertà, ragione e politica. Benedetto XVI imputa alla filosofia successiva a Francis Bacone di aver trasferito alla teologia il "collegamento tra scienza e prassi", così che la fede è stata spostata sul piano privato e ultraterreno, ed è diventata irrilevante per il mondo: la "crisi della fede è soprattutto crisi della speranza cristiana" , soppiantata dalla fede nel progresso e dalla ideologia del progresso. L'enciclica accenna quindi ai due "grandi temi 'ragione' e 'liberta, per rilevare che "la vittoria della ragione sull'irrazionalità è anche uno scopo della fede cristiana" ma che la ragione non può essere "staccata da Dio" e che "la ragione del potere e del fare" non può essere considerata "già la ragione intera". La "ragione diventa veramente umana - rimarca il Pontefice - solo se è in grado di indicare la strada alla volontà, e di questo è capace solo se guarda oltre se stessa". Se la ragione non è in grado di "guardare oltre se stessa", "la situazione dell'uomo, nello squilibrio tra capacità materiale e mancanza di giudizio del cuore, diventa una minaccia per lui e per il creato". Per quanto riguarda poi la libertà, "bisogna ricordare che la libertà umana richiede sempre un concorso di varie libertà" e che "questo concorso non può riuscire se non è determinato da un comune intrinseco criterio di misura, che è fondamento e meta della nostra libertà". Detto "in un modo molto semplice", sintetizza il Papa, "l'uomo ha bisogno di Dio, altrimenti resta privo di speranza". E un '''regno di Diò realizzato senza Dio, un regno quindi dell'uomo solo, si risolve inevitabilmente nella 'fine perversa' di tutte le cose descritta da Kant".


Nell'enciclica il Papa parla anche del Giudizio universale. Esiste il Giudizio Finale di Dio e non sarà quello dell'iconografia "minacciosa e lugubre" dei secoli scorsi, ma nemmeno un colpo di spugna "che cancella tutto"; esso chiamerà "in causa le responsabilità" di ciascun uomo. Ratzinger riafferma l'esistenza del Purgatorio e dell'Inferno e lega il motivo della speranza cristiana (il filo conduttore del testo) proprio alla giustizia divina. Anzi, Benedetto XVI afferma che proprio "la questione della giustizia costituisce l'argomento essenziale, in ogni caso l'argomento più forte, in favore della fede nella vita eterna". "E' impossibile infatti che l'ingiustizia della storia sia l'ultima parola ", afferma in uno dei passaggi più forti della lettera. "La grazia - spiega ancora Ratzinger- non esclude la giustizia...I malvagi alla fine, nel banchetto eterno, non siederanno indistintamente a tavola accanto alle vittime, come se nulla fosse stato". (30 novembre 2007)

http://www.repubblica.it/2007/10/sezioni/esteri/benedettoxvi-17/seconda-enciclica/seconda-enciclica.html

mercoledì 28 novembre 2007

SwedenBIO Bioethical Conference in Brussels

Location:
Residence Palace, Maelbeek roomRue de la RoiBrussels, Belgium
Date: 4 December 2007
Time from: 09:00
Time to: 16:00


SwedenBIO is a participant in the European-funded FP6-project:"From GMP to GBP: Fostering Good Bioethical Practices (GBP) among European Biotechnology Industry". The project aims at improving understanding of bioethical issues, using information about the daily practice of biotechnology companies to elaborate clear and independent positions based on scientific and techological data.
The objective of the conference is to allow the biotechnology industry to participate in the definition of bioethical policies and proposals.Link: Registration>Attachment: Tentative Agenda (20kb, pdf)>

Bioethical conference in Brussels, Belgium

A conference on 'Good Bioethical Practices' will be held on 4 December in Brussels. The event will address bioethical topics involving biobanks, gene and cell therapies, stem cells and genetic testing with a special focus on issues affecting European small and medium-sized enterprises (SMEs). The conference, co-funded by the European Commission under its Sixth Framework Programme (FP6), aims at allowing biotechnology companies the opportunity to listen to the concerns of society. At the same time, it is intended to allow the public an insight into the questions arising from the daily practices of biotech companies, particularly SMEs.
For further information, please visit: http://www.swedenbio.org/templates/calendar.aspx?id=2036

mercoledì 21 novembre 2007

OGM in Europa

Sarkozy in Frnacia ha sospeso la coltivazione di ogm e il commissario Ue Dimas ha proposto di respingere le richieste di autorizzazione alla coltivazione di due nuovi mais ogm
In Europa continua la discussione sugli OGM. Stavros Dimas, il commissario Ue all'Ambiente ha proposto che le richieste di autorizzazione alla colitvazione di due varietà di mais ogm (Pioneer 1507 e Syngenta Bt11) vengano respinte. Questa decisione è stata presa da Dimas nonostante l'Efsa (l'Autorità europea di sicurezza alimentare di Parma) abbia dato un parere favorevole. Questa è la prima volta che un'opinione scientifica favorevole dell'Efsa non viene accettata come unica base di decisione da un commissario europeo responsabile, in un dossier di autorizzazione di nuovi Ogm. Fino a questo momento, quando l'Autorità di sicurezza ha valutato positivamente, la Commissione europea ha sempre autorizzato l'Ogm in questione. Nella consultazione interservizi, la proposta di bocciatura di Dimas per entrambi i mais Ogm ha incontrato l’opposizione di tutti gli altri servizi interessati: Commercio, Salute dei consumatori, Agricoltura, Ricerca, Industria e Centro comune di ricerca.
Tuttavia il commissario all’Ambiente è il titolare del dossier, e sta a lui proporre la bocciatura o l’autorizzazione. Sembra che la decisione di Dimas si arrivata sopo aver ricevuto nuovi e più recenti studi, non valutati quindi dall'Efsa, sugli effetti ambientali di questo tipo di Ogm. Entrambi, infatti contengono il gene Bt, che conferisce alla pianta resistenza alla piralide, un coleottero che infesta il mais. Per quanto riguarda il mais Pioneer 1507 è stato sviluppato congiuntamente da Pioneer Hi-Bred International, una filiale di DuPont Co., e dall’unità Mycogen Seeds di Dow AgroSciences. Questo Ogm contiene il gene Bt e un gene che conferisce alla pianta la tolleranza all'erbicida totale glufosinate ammonio ed è stato già approvato nel 2005 per l'uso nei mangimi. Il Bt11 è stato sviluppato invece dalla Novartis, poi Syngenta, ed era stato approvato nel 1998 per i mangimi animali, prima della moratoria “de facto” dell'Ue sui nuovi Ogm (1998-2004). Ora non è chiaro che cosa succederà ora, dopo il “no” di Dimas, ma è probabile che la questione venga esaminata dalla riunione di gabinetto di tutti i commissari Ue. Nel frattempo, in Francia il presidente Nicolas Sarkozy ha dichiarato che sospenderà la coltivazione di organismi geneticamente modificati in Francia finchè non se ne discuterà ulteriormente entro la fine dell'anno. Questo è quanto ha detto il presidente parlando della nuova politica ambientale: "Ci sono pesticidi OGM. Ho deciso di sospenderne la coltivazione per precauzione".Redazione MolecularLab.it (06/11/2007)

Ecco perchè l'Italia dice no

Ecco perchè l'Italia dice noagli Ogm

PAOLO DE CASTRO*
Il rispetto del principio di massima precauzione, la tutela della salute dei consumatori e la difesa della qualità delle nostre produzioni agroalimentari restano per l’Italia un obiettivo prioritario: il nostro no agli Ogm verrà dunque ribadito chiaramente in ogni sede di confronto. Per questo, già dall’ultimo Consiglio dei ministri dell’Unione europea, ho avviato un’azione politico-diplomatica partendo dal collega francese Michel Barnier e proseguirò con un fronte sempre più qualificato di altri Stati membri. L’obiettivo immediato è spingere la Commissione a fare un passo indietro sul via libera alla commercializzazione di quattro nuovi semi biotech decisa di recente. In prospettiva c’è però l’intenzione di porre il tema della sovranità alimentare al centro delle politiche comunitarie costruendo, in seno al Consiglio dei ministri, una maggioranza qualificata più attenta alle richieste dei cittadini. In questo senso è confortante il segnale giunto dal commissario all’Ambiente, Dimas che, nonostante il parere favorevole dell’Efsa, ha rotto il fronte del sì dichiarandosi contrario all’autorizzazione alla coltivazione di due tipi di mais Ogm: forse il primo passo verso una completa riflessione a livello europeo in materia di organismi geneticamente modificati. E va in questa direzione anche la proposta italiana di una riforma dei meccanismi autorizzativi per gli Ogm presentata al Consiglio dei ministri all’Ambiente dell’Ue. Da parte nostra poi, già al prossimo Consiglio europeo chiederemo un incontro con il commissario ai Consumatori insieme al collega Barnier e ci auguriamo che le nostre richieste di attenzione possano essere soddisfatte. Per due buone ragioni. La prima è che non è accettabile una politica che si muova in netto e aperto contrasto con una volontà popolare già ampiamente manifestata: i cittadini del vecchio continente che hanno espresso una larga opinione anti Ogm non possono rimanere inascoltati. La seconda è che, al di là della validità e della salvaguardia di una seria prosecuzione delle attività di ricerca nell’ambito del transgenico, siamo convinti che lo stato attuale delle conoscenze non consenta aperture prive di rischio. Infine, un’ultima riflessione. Garantire elevati standard di sicurezza alimentare è un presupposto essenziale per mantenere alta la fiducia dei consumatori verso tutti i prodotti del made in Italy e, quindi, per far crescere le nostre imprese. Da queste considerazioni non possiamo prescindere. Da queste certezze partiamo per far valere in Europa la coscienza collettiva sugli Ogm e costruire un nuovo equilibrio che garantisca la salute dei cittadini, la tutela della biodiversità e il futuro dell’agroalimentare di qualità, senza rinunciare al ruolo centrale che l’innovazione tecnologica - oltre gli Ogm - potrà comunque offrire per lo sviluppo futuro. *ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali

Ecco come coltivare OGM in Italia

L'intera catena di lavoro separata dalle culture tradizionali, critici gli ambientalisti
Le tute di lavoro, le vanghe, le macchine per la semina, le trebbiatrici, i camion: l'intera catena di lavorazione dell'agricoltura transgenica dovrà essere rigorosamente separata per evitare il rischio di una contaminazione dei campi convenzionali e biologici. L'ogm dunque entrerà in Italia in "regime di apartheid": dovrà muoversi in un circuito privo di punti di contatto con gli alimenti tradizionali.Ma questa separazione funzionale non è sufficiente. Occorrerà anche lasciare uno spazio, una barriera fisica: per il mais ci vorranno 200 metri di distanza da un campo convenzionale e un chilometro da un campo biologico; per la soia si scende rispettivamente a 50 e a 200 metri. Questi limiti potranno essere aggirati se a fare da scudo ci saranno almeno 10 file di piante convenzionali, che verranno vendute come biotech presupponendo che possano venire contaminate. Per la colza invece è scattato il disco rosso: l'impollinazione involontaria di specie simili in natura è stata provata (l'ultimo studio è quello inglese che ha documentato gli incroci con la senape selvatica) e quindi in Italia non potrà essere coltivata.Sono queste le linee guida preparate dal Comitato scientifico istituito dal ministero delle Politiche Agricole per orientare l'attività delle Regioni.
Il testo verrà presentato ufficialmente a settembre ma la sostanza è ormai decisa. Anche se ieri sera il ministro Gianni Alemanno ha precisato che il provvedimento non è definitivo e sarà messo a punto in sede di Conferenza Stato-Regioni.Nonostante le assicurazioni di Alemanno ("le linee guida saranno ispirate al principio di precauzione"), il fronte ambientalista è già sul piede di guerra. Per Federica Ferrario, di Greenpeace, si tratta di disposizioni che non offrono sufficienti garanzie: "Si pensa davvero che gli insetti impollinatori possano venire fermati da dieci file di piante convenzionali? Ed è credibile limitare a poche centinaia di metri il raggio di rischio?". Critica anche la Legambiente che ritiene il sistema dei controlli talmente complesso e costoso da rendere molto probabile la violazione delle norme di sicurezza. Secondo Andrea Ferrante, presidente dell'associazione biologica Aiab, "l'unica coesistenza possibile è il divieto di introdurre colture geneticamente modificate sul territorio, mentre con queste linee guida si apre un varco gravissimo per la tutela dell'agricoltura di qualità". In realtà l'atto del ministero delle Politiche agricole è obbligato: il via libera ad alcune colture transgeniche è stato deciso in sede europea. Ma contemporaneamente è stato anche deciso che le colture tradizionali vanno salvaguardate. Mantenere questo doppio impegno potrebbe rivelarsi molto difficile e il conflitto che si sta aprendo lo dimostra. Per il senatore dell'Udc Maurizio Ronconi i commenti degli ambientalisti costituiscono una forma di "terrorismo mediatico: il Parlamento avrà tutto il tempo per valutare con serenità e serietà il contenuto del decreto".Ma le preoccupazioni nel mondo agricolo, che rischia di vedere compromessa l'intera filiera della produzione convenzionale, il circuito del biologico e i prodotti di qualità, continuano a crescere. "Le informazioni scientifiche sui confini della possibile contaminazione sono contraddittorie", ricorda Stefano Masini, responsabile ambiente della Coldiretti. "Per questo proponiamo una moratoria di due anni: mobilitiamo la comunità scientifica in modo da ottenere un quadro affidabile. A quel punto potremo decidere con serenità il da farsi".Incerto è anche il ruolo delle Regioni, competenti in materia agricola. Quindici si sono già dichiarate ogm free e altre tre stanno prendendo in considerazione un passo analogo. Accetteranno l'introduzione delle colture transgeniche?Fonte: LaRepubblica (05/08/2005)

OGM in Italia

In Italia l'agricoltura è caratterizzata dalla coltivazione di numerose piante con peculiarità alimentari che le distinguono da quelle del resto del mondo.
Alcuni di queste, tra le più pregiate sono a rischio estinzione, perché gravemente danneggiate dalle infezioni microbiche e dalle intemperie, oltre a non essere in genere piante che si prestano alla produzione su larga scala.
Tra queste abbiamo:
- il pomodoro San Marzano
- il riso Carnaroli
- il melo della Valle d'Aosta
- la vite dell'Oltrepo pavese
Gli unici interventi possibili sono:
- ampio e disseminato utilizzo di pesticidi e diserbanti
- interventi di protezione dalle condizioni avverse dell'ambiente
- modificazione genetica che corregga il difetto
Indubbiamente il capitale investito in Italia in questo settore è estremamente basso rispetto a quello statunitense, ma l'interesse crescente sulle possibilità insite in questa nuova tecnologia ha coinvolto molte organizzazioni del settore privato.
Infatti tra il 1990 e il 1998 sono state concesse delle autorizzazioni a esperimenti in campo di OGM, di cui ben il 73,1% è stato concesso a privati. L'atteggiamento politico degli anni seguenti ha però azzerato la concessione di autorizzazioni, facendo balzare l'Italia dal secondo posto dopo la Francia in questo campo, alla coda della classifica per autorizzazioni.
Dal punto di vista legislativo, comunque, la situazione è paradossale.
In alcune regioni (Veneto, Toscana, Lazio, Puglia e alcuni comuni romani) è stata vietata la coltivazione di OGM, ma questa è già impossibile in quanto nessun semento geneticamente modificato è stato finora registrato. Nel momento in cui questo avverrà, si verificherà un'assurda disparità fra i coltivatori di regioni diverse.
Infine nonostante sia vietata la produzione, non esiste una legge che ne vieti l'importazione, infatti mais e soia transgenica di derivazione oltreoceano pullulano allegramente sulle nostre tavole, anche perché non essendoci nessun rischio finora accertato né prevedibile in seguito al loro utilizzo, non sarebbe giustificabile nei confronti degli Stati Uniti l'embargo totale.


http://www.torinoscienza.it/dossier/apri?obj_id=672

martedì 20 novembre 2007

MON863, continua lo scandalo

Adesso anche l'Efsa ammette la necessità di una maggiore ricerca sul mais Ogm della Monsanto



Roma, Italia — Da tempo Greenpeace sostiene che il mais Ogm della Monsanto MON863 non è un prodotto sicuro. Soltanto ieri l'Efsa ha ammesso pubblicamente che è necessaria una maggiore ricerca sul MON863. In precedenza la stessa Efsa aveva minimizzato le scoperte fatte dai ricercatori indipendenti: è chiaro che il sistema autorizzativo degli Ogm non funziona.

L'Efsa – l'Autorità europea per la sicurezza alimentare - ha discusso il caso del MON863 in una riunione del Panel Ogm il 22 e 23 marzo scorso. Con una breve dichiarazione, pubblicata sul proprio sito web, in sordina, ha successivamente annunciato la necessità di un nuovo esame dello studio sul mais Ogm della Monsanto.

La Commissione europea, infatti, aveva chiesto all'Efsa di esaminare con attenzione lo studio del CRIIGEN, reso noto da Greenpeace, sul mais della Monsanto MON863 e di rivedere il proprio parere positivo.

Dallo studio – recentemente pubblicato sulla rivista scientifica "Archives of Environmental Contamination and Toxicology" – risultano, infatti, segni di tossicità su fegato e reni delle cavie nutrite con questo mais Ogm. E' la prima volta che un prodotto transgenico, autorizzato per il consumo umano e animale, mostra segni di tossicità per gli organi interni.

Questo scandalo dimostra che spesso i dati forniti dalle aziende biotech vengono assunti acriticamente. Senza considerare le opinioni scientifiche divergenti. E i possibili impatti a lungo termine sull'ambiente e la salute. Il sistema autorizzativo degli OGM non è più credibile. Un prodotto altamente rischioso è stato approvato per il consumo umano, nonostante l'evidenza dei possibili rischi.

Il principio di precauzione deve avere la precedenza sugli interessi di multinazionali come la Monsanto.

Secondo Greenpeace, bisogna immediatamente ritirare dal mercato il mais Monsanto MON863. I governi nazionali, inoltre, dovono agire con urgenza per rivalutare gli altri Ogm attualmente autorizzati, oltre a rivedere i metodi analitici impiegati.

Pericolo OGM. Doppia azione in Romania e Francia

International — Questa mattina, gli attivisti di Greenpeace hanno messo in quarantena Braila, un'isola rumena sul Danubio dove si coltiva illegalmente soia OGM. Anche tre volontari italiani hanno partecipato alla protesta. In Francia, invece, è stato marcato in rosso un intero campo di mais transgenico MON810. In Europa il rischio di contaminazioni OGM continua a essere elevato.

In Romania l'azione è cominciata alle ore 8.00. 30 attivisti hanno bloccato il porto di Braila e costruito una "stazione di decontaminazione" per tutti i veicoli che lasciano l'isola, con l'obiettivo di scongiurare la diffusione della contaminazione genetica. I veicoli che trasportano raccolti OGM dall'isola saranno consegnati alle autorità rumene. I climber hanno steso anche uno striscione di 20 metri con il messaggio "Stop OGM". In Francia i volontari, marchiando di rosso il campo di mais OGM MON810, lo hanno reso chiaramente identificabile.

Non è la prima volta che Greenpeace scopre coltivazioni OGM illegali che mettono a serio rischio l'ambiente, la biodiversità e la salute umana. Gli europei non vogliono cibo transgenico nei loro piatti. I Governi devono immediatamente individuare e bloccare tutti questi prodotti prima che entrino nella filiera alimentare.

In Italia, il prossimo 15 settembre, partirà il grande dibattito pubblico promosso dalla Coalizione "ItaliaEuropa - Liberi da Ogm" affinché l'agricoltura italiana sia basata su qualità, sicurezza, libera da OGM.

Greenpeace chiede alla Commissione europea e ai Paesi Membri di:

  • decontaminare immediatamente l'ambiente e la catena alimentare da qualsiasi organismo geneticamente modificato, e garantire che vengano adottate misure adeguate per impedire ulteriori contaminazioni.
  • proteggere e sostenere l'agricoltura e il cibo dalla minaccia degli OGM, mettendo al bando l'importazione e la coltivazione di tutte le colture OGM.

Campi OGM. Api in फुगा http://www.greenpeace.org/italy/news/ogm-api

Roma, Italia — Le api lo sanno che bisogna stare alla larga dagli Ogm! Una ricerca canadese rivela, infatti, che nei campi di colza geneticamente modificata si è verificata una forte riduzione del numero delle api presenti insieme a un forte deficit nell'attività di impollinazione.

Le api - insetti fondamentali per la loro attività di impollinazione - sono un bioindicatore della qualità degli agrosistemi. La loro fuga dai campi biotech è un segnale grave che l'agricoltura non può ignorare.

Questa preoccupante notizia conferma per l'ennesima volta che le coltivazioni Ogm rappresentano una minaccia per la biodiversità e per la libertà di scelta di consumatori e agricoltori.

Il recente rapporto di Greenpeace "Coesistenza impossibile" dimostra, sulla base di analisi di laboratorio e campionature in quaranta campi di mais spagnoli, che le colture tradizionali e gli Ogm non possono coesistere. In almeno un quarto dei casi si è registrata la contaminazione non voluta da Ogm.

Alcuni mesi fa in Spagna, Messico e Filippine gli attivisti hanno marchiato alcuni campi di mais con cerchi e lettere giganti per denunciare il rischio di contaminazione.

Le api sanno distinguere le coltivazioni Ogm da quelle convenzionali. I consumatori, invece, non possono difendersi dai cibi contaminati né gli agricoltori possono proteggere i loro raccolti se i governi europei non garantiscono controlli sempre più rigorosi e normative efficaci.

lunedì 19 novembre 2007

INFERTILITA' FEMMINILE

Una tappa fondamentale del processo riproduttivo femminile è la maturazione periodica ed il rilascio dell’ovulo pronto per essere fecondato. A quest’evento seguono dei mutamenti organici e funzionali che riguardano l’individuo nella sua globalità. L’andamento di questi ritmi influenza notevolmente la natura della vita adulta della donna. Il ciclo ovulatorio è governato ed accompagnato da caratteristici livelli ormonali steroidei e proteici che si riflettono nei cambiamenti tipici degli organi riproduttivi. Il ciclo ovulatorio è suddiviso in varie fasi per rendere possibile la classificazione, la sovrapposizione, la registrazione ed il confronto dei diversi parametri dello stesso. Ogni fase riflette un cambiamento organico ed ormonale caratteristico facilmente definibile. I criteri che regolano tale suddivisione permettono di riconoscere molte fasi differenti nel ciclo ovulatorio. Queste essenzialmente sono:

  1. La fase follicolare
  2. La fase ovulatoria
  3. La fase luteale

La prima comincia realmente 4-5 giorni prima dell’emorragia mestruale e dura fino alla comparsa del picco del relativo ormone luteinizzante (LH) di metà ciclo, durante tale periodo si ha il cosiddetto “reclutamento follicolare” nel quale si ha il reclutamento follicolare, la sua crescita e la sua maturazione. Questa fase è caratterizzata da elevati livelli di ormone follicolo-stimolante (FSH) e bassi livelli di LH, di estrogeni e di progesterone durante il reclutamento e la selezione. Questo processo è seguito da un incremento degli estrogeni durante la crescita e la maturazione del follicolo “reclutato”.
La fase ovulatoria è contraddistinta dal picco di LH causato dagli estrogeni, seguito da una diminuzione dei livelli di estrogeni e da un aumento dei livelli di progesterone.
La fase post-ovulatoria o luteale è caratterizzata da un aumento notevole di progesterone che raggiungono una stabilità circa cinque giorni dopo l’ovulazione. L’associazione di estrogeni e progesterone prepara l’utero per l’impianto dell’uovo fecondato ed inibisce l’ulteriore produzione di LH e FSH che quindi si manterranno bassi durante la fase luteale.
Se l’ovulazione è seguita dalla fecondazione e dal concepimento, entro il nono giorno post-ovulatorio comparirà in circolo l’hCG (gonadotropina corionica umana) che previene la regressione del corpo luteo e ne stimola la funzione. In assenza di concepimento il corpo luteo regredisce ed i livelli di estrogeni e progesterone diminuiscono intorno al decimo giorno dopo l’ovulazione causando lo sfaldamento dell’endometrio (mestruazione) ed aumento dell’FSH determinando un nuovo reclutamento.
Stimoli provenienti dall’ambiente esterno, come gli stimoli visivi ed olfattivi, lo stress e gli stimoli interni causano il rilascio di neurotrasmettitori dalle fibre nervose cerebrali.
Gli ormoni steroidei prodotti dall’ovaio svolgono diverse funzioni:

  • Regolano la maturazione follicolare
  • Determinano l’ambiente ormonale adatto per il trasporto e l’annidamento dell’uovo fecondato
  • Agiscono sull’ipofisi e sull’ipotalamo modulando la secrezione di FSH e di LH.

Si è potuto determinare che un terzo della popolazione che femminile che si rivolge ai centri per l’infertilità, in cerca di consigli, è affetto da insufficienza ovulatoria. L’anovulatorietà può essere accompagnata da diversi disturbi mestruali, la cui natura è direttamente correlata alle concentrazioni ed al tipo di fluttuazioni degli steroidi ovarici. Esistono diversi farmaci che regolano il ciclo ed inducono l’ovulazione ognuno dei quali può essere assunto secondo diversi dosaggi o schemi di trattamento. Infatti, la terapia farmacologica va opportunamente studiata di caso in caso da cui dipenderà il relativo successo. E’ quindi opportuno classificare in maniera precisa i relativi casi. E’ superfluo dire che una completa analisi della fertilità deve prendere in considerazione i fattori meccanici maschili, immunologici e cervicali. La classificazione attuale raggruppa le donne in tale condizione in 10 gruppi:

  1. Donne con amenorrea primitiva o secondaria, con bassi livelli di gonadotropine endogene e trascurabile attività estrogenica endogena (estrogeni urinari inferiori a 10 mg/24 ore).
  2. Donne con anovulatorietà associata a vari disordini mestruali (inclusa l’amenorrea), con un’apprezzabile attività estrogenica endogena (estrogeni urinari superiori a 10 µg/24 ore) e con concentrazioni urinarie e sieriche di gonadotropine entro valori normali.
  3. Donne con amenorrea primitiva o secondaria dovuta ad insufficienza ovarica associata a bassa attività estrogena endogena e a livelli di gonadotropine patologicamente elevati.
  4. Insufficienza ipotalamo-ipofisaria: donne con amenorrea senza evidente produzione endogena di estrogeni, con livelli di prolattina non elevati, con livelli normali o bassi di FSH e senza rilevabili lesioni espansiva nella regione ipotalamo-ipofisaria.
  5. Disfunzione ipotalamo-ipofisaria: donne con vari disturbi del ciclo mestruale, per esempio insufficienza della fase luteale, cicli anovulatori e amenorrea con evidente produzione endogena di estrogeni, livelli normali di prolattina e FSH.
  6. Insufficienza ovarica: donne con amenorrea senza evidente produzione ovarica di estrogeni, con elevati livelli di FSH, ma normali livelli di prolattina.
  7. Disordini congeniti o acquisiti del tratto genitale: donne con amenorrea che non rispondono con emorragia da sospensione a ripetute somministrazioni di estrogeni.
  8. Donne fertili con iperprolattinemia e con lesioni espansive nella regione ipotalamo-ipofisaria: donne con vari disturbi del ciclo mestruale, come ad esempio insufficienza della fase luteale, cicli anovulatori o amenorrea, con elevati livelli di prolattina e con lesioni espansive a livello ipotalamo-ipofisario.
  9. Donne infertili con iperprolattinemia senza evidenti lesioni espansive nella regione ipotalamo-ipofisaria: analogamente al gruppo precedente, ma senza evidenti lesioni della suddetta regione.
  10. Donne con amenorrea, con livelli di prolattina non elevati e con lesioni espansive evidenti a livello ipotalamo-ipofisario: donne con bassa produzione endogena di estrogeni e normali o bassi livelli di prolattina e di FSH.

Questa classificazione si basa principalmente su tre parametri: le concentrazioni endogene di prolattina, di gonadotropine e di estrogeni. Si ritiene che le gonadotropine urinarie rappresentino l’intera attività gonadotropa o, meglio ancora, si possono dosare separatamente e specificatamente FSH e LH nel sangue. L’attività estrogena endogena può essere valutata mediante la misurazione diretta degli estrogeni urinari o plasmatici, o con metodi indiretti quali la biopsia endometriale ed il punteggio cervicale, oppure attraverso la presenza o meno di emorragia uterina dopo la somministrazione di progesterone.
Una categoria particolare di anovulazione è la luteinizzazione precoce. Questa condizione spesso non viene riconosciuta o viene erroneamente diagnosticata come infertilità inspiegata, difetto della fase luteale o sindrome del follicolo luteinizzato non rotto (LUF). Questa situazione accade se un picco di LH viene intempestivamente determinato come risposta a concentrazioni crescenti di estrogeni, quando il follicolo è ancora immaturo. La luteinizzazione precoce può essere diagnosticata solo se un picco di LH viene individuato in presenza di un follicolo immaturo visualizzato mediante ecografia.
Altro punto da tenere in considerazione è il fattore cervicale. Per raggiungere e quindi penetrare l’ovocita da fecondare, gli spermatozoi devono compiere un percorso lungo e complicato attraverso il tratto genitale femminile. Allo scopo di assicurare un adeguato ritmo produttivo, la natura ha sviluppato un complesso sistema multifattoriale che protegge gli spermatozoi durante il loro passaggio dalla vagina alle tube di Falloppio. Tra le componenti principali di questo sistema figura la cervice uterina. Le funzioni principali della sua attività secretiva nel processo di concepimento sono le seguenti:

  • Proteggere lo spermatozoo dall’ambiente ostile della vagina;
  • Fornire l’energia aggiuntiva necessaria allo spermatozoo;
  • Facilitare il passaggio dello sperma dalla vagina all’utero durante il periodo periovulatorio e intervenire nel trasporto dello sperma in tutti gli altri momenti;
  • Operare una filtrazione selettiva degli spermatozoi morfologicamente anormali impedendone l’avanzamento verso le parti superiori del tratto genitale femminile;
  • Preservare gli spermatozoi vitali entro le cripte cervicali e assicurare la loro successiva liberazione nell’utero. Questa funzione assicura la disponibilità di sperma vitale per un luogo periodo di tempo dopo l’eiaculazione e previene un superaffollamento di spermatozoi nel luogo della fecondazione.


Negli esseri umani, la cervice ha una struttura cilindrica di diversi centimetri di lunghezza, composta principalmente da tessuto muscolare e fibroso. Indicativamente al centro, la cervice uterina è perforata da un dotto longitudinale denominato canale endocervicale. L’estremità prossimale del canale endocervicale (orifizio cervicale interno) si apre nella cavità uterina, mentre l’estremità distale (orifizio cervicale esterno) è situata nella parte superiore della vagina. L’orifizio cervicale esterno è, usualmente, rivolto verso il fornice vaginale posteriore. Dopo l’eiaculazione, l’orifizio esterno della cervice rimane immerso nel liquido seminale deposto nel fornice vaginale posteriore. Il canale endocervicale è rivestito da una membrana mucosa che forma un intricato sistema di pieghe e recessi denominati cripte cervicali. E’ lo spazio più interno delle cripte cervicali che immagazzina gli spermatozoi, ed è l’epitelio della mucosa che produce secrezioni vitali per il sostegno ed il trasporto degli spermatozoi. Le cripte cervicali, cioè le tasche e le pieghe dell’epitelio colonnare, possono correre in varie direzioni, longitudinali, oblique o trasversali rispetto all’asse della cervice uterina. Esse possono biforcarsi o dare origine a delle diramazioni laterali, ma di regola non s’incrociano mai. Il numero, la dimensione e la localizzazione delle cripte cervicali variano con l’età e sono influenzati dall’ambiente ormonale predominante nelle varie fasi del ciclo mestruale. Il canale cervicale, inoltre, contiene delle cellule secernenti muco la cui quantità e composizione dipende dal numero di cripte e dalle concentrazioni degli ormoni sessuali.
Il muco cervicale è una miscela di fluidi uterini, tubarici e follicolari, di trasudato sanguigno e di secrezione dell’epitelio cervicale. I costituenti chimici e di conseguenza le proprietà fisiche del muco subiscono drammatici cambiamenti durante il ciclo mestruale in risposta alle diverse concentrazioni e rapporti fra estrogeni e progesterone. Il muco cervicale è un gel acquoso composto da una matrice proteica e dal plasma cervicale. Entrambi i componenti sono molto ricchi d’acqua di cui sono composti intorno all’85-95%. Quest’ultima agisce da mezzo idratante per la matrice proteica insolubile ad alta viscosità e da veicolo per le molecole solubili del plasma cervicale. Gli estrogeni aumentano mentre il progesterone diminuisce il contenuto di acqua del muco cervicale. I costituenti solubili del muco cervicale sono numerosi, sali inorganici (soprattutto cloruro di sodio, potassio, rame, zinco, calcio, magnesio, ecc.), composti a basso peso molecolare come: maltosio, proteine e lipidi. Il compito principale di questi componenti consiste nel fornire un mezzo adeguato alla preservazione ed alla migrazione dello sperma.
Nel tessuto cervicale sono presenti anche cellule plasmatiche produttrici di IgG e IgM, proprio il fatto che il muco possa contenere delle immunoglobuline, cioè anticorpi specifici, indica che in certe condizioni, gli anticorpi in questione possono impedire la fertilità interferendo nella migrazione e nella vitalità dello sperma. La parte centrale del muco cervicale, che ne determina l’aspetto a gel e gran parte delle proprietà fisiche, è costituita da una macromolecola denominata mucina. La produzione di mucina è stimolata dagli estrogeni, ma le proprietà finali del muco dipendono dal rapporto estrogeni/progesterone che, da un lato, determina la quantità, dall’altro la sua viscosità. Inoltre, acqua, elettroliti, proteine solubili ed altre sostanze provenienti dai vasi sanguigni determinano la composizione finale del muco e di conseguenza le sue proprietà necessarie a svolgere la sua funzione biologica principale e cioè permettere la penetrabilità allo sperma. La penetrazione dello sperma dalla riserva vaginale all’utero è una funzione caratterizzata da almeno 3 differenti aspetti:
  1. La capacità delle unità secretrici cervicali di produrre muco in quantità adeguate e con idonee proprietà fisiche e reologiche;
  2. La natura dell’eiaculato, con particolare riguardo al numero ed alla motilità degli spermatozoi.
  3. Il numero, la dimensione e la capacità funzionale delle cripte cervicali.

L’eiaculato umano contiene mediamente da 100 a 500 milioni di spermatozoi che vengono depositati nel fornice vaginale e sulla cervice. La prima porzione dell’eiaculato, contenente lo sperma alla massima concentrazione, può penetrare il muco cervicale molto rapidamente. La porzione che rimane in vagina si coagula immediatamente, in maniera da proteggere lo sperma dagli effetti negativi dovuti al basso pH presente. Dopo la liquefazione del coagulo, in seguito all’azione degli enzimi proteolitici seminali, la massa di sperma entra nella cervice uterina ed inizia la migrazione verso la parte superiore, dove le cripte vengono colonizzate entro due ore dall’inseminazione. E’ stato dimostrato che solo gli spermatozoi vivi raggiungono le cripte cervicali, per poi migrare nell’utero, mentre quelli morti rimangono nel canale dove i leucociti presenti possono efficacemente eliminarli. Inoltre il muco cervicale è indubbiamente uno dei mezzi migliori per garantire la motilità degli spermatozoi, infatti, sono stati ritrovati spermatozoi mobili nel canale cervicale fino a 205 ore dopo il coito. Le predette osservazioni sembrano indicare, in modo convincente, che la cervice uterina e la sua secrezione fungano sia da serbatoio che da selettore di spermatozoi.
Le condizioni patologiche che compromettono una qualsiasi delle complicate funzioni della cervice, possono causare un’alterazione della penetrazione dello sperma e quindi infertilità. Tra tutte le possibili alterazioni cause d’infertilità solo il trasporto alterato dello sperma rappresenta una malattia della cervice uterina. Per una valutazione del muco esistono diversi test, tra questi il test postcoitale (PCT) che si basa sulla valutazione del numero di spermatozoi in movimento qualche ora dopo il coito.
L’approccio generale alla classificazione ed al trattamento dell’infertilità dovuta ad un’alterazione della funzione cervicale può essere sintetizzato nei seguenti termini:

  • Nei casi di ridotta penetrazione spermatica dovuta a deficienza estrogenica, la valutazione del fattore cervicale rivela una risposta normale della mucosa endocervicale alla stimolazione esogena. Dopo la somministrazione di etinilestradiolo, viene prodotto un muco abbondante, con qualità fisiche e biologiche normali. In questi casi, il fattore cervicale è normale, e l’induzione dell’ovulazione con gonadotropine umane determinerà una corretta stimolazione della cervice, una produzione di muco adeguato ed una normale penetrazione spermatica. Test postcoitali persistentemente negativi, concomitanti con la ridotta penetrazione dello sperma del marito attraverso il muco della moglie e dell’eventuale donatrice, indicano un difetto spermatico che può essere più o meno evidenziato all’esame del liquido seminale.
  • Nei casi di test postcoitali anormali che mostrano ripetutamente un’assenza totale di sperma nel muco cervicale, ma in cui risulti un buon muco cervicale facilmente penetrabile dallo sperma del marito in vitro, il problema principale riguarda un’alterazione della deposizione spermatica. In casi rari e facilmente diagnosticabili, una deposizione spermatica alterata può essere imputata a ragioni anatomiche, quali differenti gradi di ipospadia, malposizione cervicale o prolasso uterino grave. Nella maggior parte dei casi essa deriva da una funzione sessuale impedita. Tecniche coitali errate o impotenza celata o non comunicata sono le cause principali di questa alterazione. In tali casi, l’inseminazione artificiale con sperma del partner rappresenta il trattamento più efficace. Va ricordato che questa terapia costituisce semplicemente una soluzione medica efficace e non deve essere mai applicata senza una concomitante terapia psicologica e/o sessuologica.
  • La mancanza di una risposta da parte delle cripte endocervicali alla stimolazione estrogenica (dismucorrea) può costituire la sequela tardiva di un processo infiammatorio o la conseguenza di tecniche chirurgiche quali la conizzazione, l’amputazione o l’elettrocoagulazione della cervice uterina. Una delle tecniche che trova maggiore risultato è l’inseminazione intrauterina, utilizzando sia l’eiaculato frazionato che lo sperma “purificato” del marito.

Il trattamento dell’ostilità del muco cervicale, cioè l’incompatibilità immunologia tra spermatozoi e secrezione cervicale è tuttora oggetto di discussione. Sono state proposte terapie a base di corticostreoidi, l’inseminazione intrauterina o rapporti sessuali protetti (condor) al fine di stimolare la produzione di muco, ma infine si può sostenere che l’esatto meccanismo che regola la produzione di muco cervicale non è ancora del tutto chiarito. Così come molte interazioni sperma/muco e le informazioni sulle cause immunologiche. Di certo si può sostenere che nel complesso meccanismo che regola la fecondazione non è quasi mai possibile individuare una singola causa ma diverse insieme ed è quindi necessaria un’attenta valutazione di tutto il sistema.

Bibliografia

  • Bettendorf G. Braendle W. - Effect of gonadotrpin treatment during inhibited pituitari function - New York.
  • Gemzell CA - Outcome of pregnancy in women with pituitary adenoma - Fertil. Steril 31:363
  • Maia H Jr Barbossa IC - induction of ovulation with epimestrol and clomiphene in patients resistant to clomiphene alone. - Abstract of 11th World congress on fertility and sterility - Dublin.
  • Rabau E. Lunenfeld B. Insler V - The treatment of fertility disturbances with special reference to the use of human gonadotropins - fertility disturbances in men and women - Basel
  • Schimidt SS Schoysman R. Stewart BH - Surgical approaches to male infertility - Mosby St Louis.

lunedì 12 novembre 2007

infertilità maschile


La medicina della riproduzione ha permesso negli ultimi tempi di risolvere problemi di infertilità maschile che solo pochi anni fa parevano insolubili. Nonostante ciò l'uomo può essere definito un animale poco fertile. Una giovane coppia senza problemi di salute che ha regolari rapporti senza precauzioni contraccettive, non ha più del 25% di possibilità di gravidanza ogni mese.
Il percorso diagnostico è rappresentato dall'anamnesi, dall'esame obiettivo, dall'esame del liquido seminale e dal dosaggio dell'FSH
Una attenta anannesi dell'uomo con problemi di sterilità può fornire utili indicazioni per un inquadramento generale.
Vanno ricercate malattie veneree, infiammazione acute e croniche alla prostata e alle vescicole seminali.
La parotite, quando si manifesta dopo la pubertà può causare orchite bilaterale il cui risultato è un'atrofia testicolare irreversibile con azoospermia (assenza di spermatozoi).
La tubercolosi può colpire vie spermatiche, dotto deferente ed epididimo causando ostruzione non correggibile chirurgicamente.
Il diabete nell'uomo può provocare alterazioni della fertilità e della dinamica dell'eiaculazione.
La fibrosi cistica spesso comporta assenza congenita del dotto deferente e della vescichette seminali.
Deve poi essere raccolta una attenta anamnesi che includa l'abuso dei farmaci e l'esposizione a sostanze tossiche quali pesticidi dell'agricoltura, solventi presenti in vernici, esposizione a metalli pesanti (mercurio, arsenico, piombo, cadmio, et.), esposizione a radiazioni e temperature elevate.
Vanno indagate la libido, l'erezione e l'eiaculazione in modo da escludere cause da impotenza coeundi.
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ESAME OBIETTIVO
La visita comprende la palpazione scrotale, l'apprezzamento del volume testicolare, l'esplorazione rettale per la valutazione della prostata. La valutazione del volume testicolare è particolarmente importante perche' è espressione della quantità di tubuli seminiferi attivi mentre una sua riduzione (meno di 15 ml) può essere indice di un danno testicolare.

ESAME del LIQUIDO SEMINALE
L'esame seminale o spermiogramma è l'indagine di laboratorio fondamentale a cui deve essere sottoposto l'uomo con problemi di fertilità. Esso può evidenziare un problema di cui si deve tendere ad identificare la causa.
Vi è comunque da tenere presente l'alta variabilità dei risultati per cui in presenza di un esame anomalo esso deve essere ripetuto a distanza di tempo. Vi sono infatti fattori che possono alterare il seminale quali l'assunzione di antibiotici, periodi di febbre alta precedenti l'esame, il trasporto impreciso del seme al laboratorio.
Lo spermiogramma può mettere in evidenza un ridotto numero di spermatozoi : si tratta di oligospermia se il numero di spermatozoi è inferiore a venti milioni per ml.
Si definisce azoospermia la mancanza totale di spermatozoi ed aspermia l'assenza di liquido seminale (per esempio a causa di una ostruzione).
Si parla di astenospermia quando è ridotta la motilità degli spermatozoi per cui essi non sono in grado di raggiungere l'ovocita a livello tubarico.
Ci possono poi essere difetti nella forma (teratozoospermia ) cosicchè uno spermatozoo è incapace di penetrare all'interno dell'ovocita.
L'esame seminale alterato andrebbe completato a nostro avviso con la spermiocultura per evidenziare eventuali germi presenti e con la ricerca di anticorpi antispermatozoi mediante il test di agglutinazione mista (MAR test)



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DOSAGGI ORMONALI
Il dosaggio dell'FSH mediante un semplice prelievo di sangue, rappresenta il rilievo fondamentale per l'orientamento diagnostico: alti valori di FSH indicano un danno testicolare primitivo; bassi valori associati ad azoospermia o a oligozoospermia severa sono sospetti per un'ipogonadismo ipogonadotropo; valori normali di FSH sono d'altra parte presenti in forme ostruttive e talora in casi di azzoospermia con danno testicolare primitivo.
A completamento dell'indagine ormonale può essere utile il dosaggio di Prolattina; LH e Testosterone.

STUDI GENETICI
L'esame del cariotipo deve essere eseguito in tutti i maschi infertili con un numero di spermatozoi nel seminale inferiore a dieci milioni/ml e ciò in considerazione che le anomalie cromosomiche sono dieci volte più frequenti nei maschi infertili (5,3%) rispetto alla popolazione normale(0,6%).
Lo studio delle microdelezioni del cromosoma y è consigliatoa tutti i soggetti con un numero di spermatozoi inferiore a 5 milioni/ml; l'analisi della letteratura mostra un'incidenza di circa il 10%di microdelezioni nei soggetti azoospermici e del 5-7% dei soggetti oligozoospermici.Non si ritrovano generalmente microdelezioni nei soggetti con seminale normale a riprova che le microdelazioni sono strettamente associate a un danno della spermatogenesi.
Lo studio delle microdelezioni è anche un indice prognostico per il ritrovamento di spermatozoi nel testicolo o nell'epididimo (TESA,PESA) tramite un ago - aspirato ambulatoriale per poterli poi iniettare negli ovociti tramite la ICSI



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ESAMI STRUMENTALI COMPLEMENTARI
In base agli esiti dell'esame seminale o per sospetti clinici particolari possono essere richiesti dal medico esami strumentali aggiuntivi quali:
- Ecografia scrotale e del testicolo, per diagnosticare alcune anomalie tra cui l'agenesia dei vasi deferenti, le patologie dell'epididimo, tumori testicolari misconosciuti, spermatocele etc.
- Ecografia trans-rettale per diagnosticare una eventuale agenesia delle vescichette seminali e dei vasi deferenti, patologie prostatiche quali prostatite, ascesso prostatico, ipertrofia prostatica oltrechè forme ostruttive acquisite delle vie seminali distali
- Eco-Doppler: per la diagnosi e la valutazione dell'entità di un varicocele.

LE SOLUZIONI TERAPEUTICHE ALLA INFERTILITA' MASCHILE
In seguito ai progressi fatti negli ultimi anni, soggetti precedentemente definiti "sterili senza speranza" possono diventare fertili grazie ai nuovi approcci terapeutici in Medicina della Riproduzione.
Purtroppo esistono comportamenti altamente criticabili da parte di medici che senza ricercare le vere cause della sterilità ricorrono immediatamente alla fecondazione assistita.
La fecondazione assistita (FIVET/ICSI )non è il primo passo del trattamento della sterilità. Essa diventa indispensabile solo se le tube sono chiuse o se il numero e la motilità degli spermatozoi sono ridotti a valori estremi.

Vi sono varie situazioni intermedie in cui i valori dell'esame seminale possono essere migliorati con terapie mediche (noi consigliamo di non sottovalutare aprioristicamente anche l'apporto della medicina naturale) in modo da poter ricorrere a tecniche meno impegnative della ICSI/TESE-ICSI.
E' anche il caso di ricordare in questa sede che esistono quadri di azoospermia (assenza di spermatozoi) curabili con terapia medica (ipogonadismo ipogonadotropo).
In ogni caso per avere più probabilita'di gravidanza e soprattutto di "avere un bambino in braccio "nella nostra esperienza, dati alla mano, bisogna potenziare il potere fecondante degli spermatozoi nel maschio e mimare nella donna il più possibile ciò che avviene in natura e comunque dando precedenza alle tecniche meno invasive che comportano minore stimolazione alla donna e quindi minori rischi di gravidanze gemellari ed iperstimolazione.
A ciò si aggiungono alcuni consigli quali moderare il fumo e l'alcool, evitare processi lavorativi e sostanze lesive per gli spermatozoi, evitare un innalzamento della temperatura a livello dei testicoli con biancheria intima e pantaloni comodi।Naturalmente bandire l'abuso di farmaci non strettamente necessari.

http://www.fecondazione.org/inf_maschile.htm

“Fecondazione assistita”

Mettendo il video del giorno, oggi ho deciso di orientare questo blog su qualcosa che fa parlare molto, che ha provocato un vero e proprio moto di diffusione sia scientifica sia mala informazione prodotta dai media televisivi, dalla Chiesa e da tutte quelle istituzioni o scuole di pensiero che sono a favore o contro.

Poi ci si è messo un Referendum di dubbia incomprensione, dove oltre la difficoltà oggetiva di comprendere il senso del quesito referendario, c'è stata anche la difficoltà di spiegare a chi nulla sa a riguardo di cosa si stava parlando.
Ho trovato su questo sito questo articolo di un livello di comprensione molto semplice, ve lo posto ma mi piacerebbe saperei vostri pensieri a riguardo.
Il video "Ogni spermatozoo è Sacro" è un pò pesante ma credo riassuma pienamente la situazione odierna tra scienza e Chiesa.







L’espressione “Fecondazione assistita” indica le procedure capaci di permettere e favorire la fecondazione di una cellula uovo di una donna da parte di spermatozoi maschili nel caso in cui essa non avvenga in modo naturale.

Una data da ricordare è sicuramente il 25/7/1978: nasce Louise Brown la prima bambina concepita in provetta con la tecnica denominata “fecondazione artificiale”.

Le tecniche di fecondazione assistita possono dividersi in due tipi principali:



1) Fecondazione assistita in vivo: le modalità utilizzate per questo tipo di fecondazione sono l’inseminazione artificiale e la cosiddetta GIFT.

L’inseminazione artificiale prevede, al di là delle differenze metodologiche, l’iniezione degli spermatozoi ( del partner se è omologa, di un donatore se è eterologa ), nelle vie genitali della donna.

La GIFT, invece, avviene attraverso il trasferimento intratubarico dei gameti: si iniettano cioè, all’interno delle tube femminili sia gli spermatozoi ( del marito o di un donatore ) che le cellule uovo ( della donna stessa o di una donatrice ).



2) Fecondazione assistita in vitro: con questo tipo di fecondazione si cambia il luogo dell’inizio della formazione delle prime cellule embrionali che non avviene più all’interno della donna, ma in provetta. La principale tecnica utilizzata la cosiddetta F.I.V.E.T. ( fecondazione in vitro ed embrio-transfer ). È un procedimento complesso ed invasivo ( soprattutto per il corpo femminile ) che si svolge in due fasi: l’incontro dei gameti (le cellule riproduttive maschili e femminili) in provetta ( F.I.V. ) ed il successivo trasferimento degli embrioni che si sono formati nell’utero ( E.T. ).

Le ovaie della donna sono sottoposte al trattamento di agenti farmacologici ed a vari cicli di controlli e terapie generalmente quotidiane. Dopo 34-36 ore, in anestesia generale, viene effettuata l’aspirazione degli oociti (i gameti femminili o cellule uovo). Entro 18 ore può avvenire il processo di fecondazione che si compie all’interno di provette. Gli embrioni selezionati ( di solito due o tre ) sono quindi trasferiti nell’utero femminile ( o nelle tube di Falloppio ).



“Le questioni aperte”



La “fecondazione in vivo” omologa (i gameti appartengono ad entrambi i partner), sembra comportare esclusivamente problemi legati all’intrusione medica nell’intimità del rapporto di coppia, ed alla manipolazione del corpo ( soprattutto femminile ).

Quella eterologa (i gameti appartengono a dei donatori), invece, solleva questioni molto più complesse, soprattutto di natura giuridica.

Alcuni degli interrogativi che si potrebbero porre riguardano la paternità (nel caso il donatore sia un uomo) o la maternità (nel caso il donatore sia una donna) di un bambino: che diritti ha il donatore nei confronti del bambino? Ha diritto il bambino a conoscere il padre biologico? Sono tenuti il padre, la madre ed il bambino a conoscere l’identità dei donatori, in virtù anche del fatto che il nascituro avrà il corredo genetico del genitore biologico?

Riguardo questa domanda è opportuno ricordare che la scienza medica non è ancora in grado di escludere con certezza se un gamete maschile o femminile possa essere portatore di una qualche forma di patologia: le tecniche di oggi potrebbero essere capaci di individuare o escludere solo alcuni tipi di malattia.

Tuttavia, il fatto che la fecondazione in vivo lasci l’atto del concepimento della vita umana all’interno del grembo materno, evita un complesso numero di problematiche proprie della fecondazione in vitro.

La fecondazione in vitro richiama alla mente motivi faustiani: questa tecnica, come i versi del poeta tedesco Goethe, sembra rispondere alla volontà di appropriazione dell’origine, spostando i luoghi del concepimento tra laboratori e provette, aprendo le possibilità di intervento e manipolazione sull’origine stessa della vita.

Inoltre, da non trascurare è il problema di quella che è stata definita la “medicalizzazione della vita”: l’autonomia del singolo, la sua stessa possibilità di agire, sembrano cedere il posto alle scelte del “tecnico della vita”, un uomo anch’egli, ma investito di una sacra autorità che gli permette di gestire e controllare opportunità e modalità esistenziali di altri esseri umani.

Ciò comporta l’entrata in gioco del fattore medico all’interno del rapporto di coppia, la scelta, delegata a canoni presupposti scientifici, tra la vita, la morte e la crioconservazione (congelamento) degli embrioni.



“Il problema degli embrioni”



Particolare attenzione merita la questione relativa agli embrioni prodotti dalla tecnica di fecondazione artificiale in vitro.

La domanda fondamentale è: è possibile attribuire all’embrione umano lo status di “persona” ( e quindi preservarlo da qualsiasi manipolazione)?

Ci si chiede se sia giusto riconoscere all’embrione umano i diritti propri degli individui sviluppati, primo fra tutti il diritto inequivocabile alla vita.

Il concetto di “persona” presenta esso stesso delle difficoltà inerenti alla sua stessa definizione, difficoltà non da poco. Sono, infatti, diversi gli intendimenti di tale concetto e per molti versi gli uni opposti radicalmente agli altri.

Nel dibattito odierno sullo status da attribuire all’embrione si affermano due ipotesi contrapposte:

- La posizione, sostenuta principalmente dal Cattolicesimo, che attribuisce all’embrione lo stato giuridico di persona sin dalla formazione delle sue prime cellule basandosi sulla sacralità della vita.

- La posizione convenzionalmente definita laica (ma non mancano tra i suoi sostenitori diversi religiosi ), che ritiene l’embrione al suo stato iniziale come un agglomerato di cellule privo di caratteristiche tali (ad esempio l’autocoscienza) da poterlo riconoscere come persona. Tuttavia i sostenitori di questa ipotesi hanno stabilito convenzionalmente un limite massimo di 14 giorni per poter intervenire sull’embrione. Intorno al 13-14 giorno compare la cosiddetta “stria primitiva”, segno di una primitiva diversificazione specialistica delle cellule che compongono l’embrione. Prima di tale periodo le cellule staminali embrionali sono definite “totipotenti” cioè capaci di potersi sviluppare in qualsiasi tipo di tessuto.

Questi due atteggiamenti si confrontano, spesso anche con toni aspri, in virtù del fatto che i sostenitori della seconda posizione ritengono la prima una sorta di freno allo sviluppo scientifico: una volta non riconosciuto l’embrione come persona sarebbe possibile, sulla base di alcuni studi scientifici, attraverso lo studio delle cellule staminali totipotenti trovare una cura per le malattie oggi incurabili. Alcuni scienziati ipotizzano, infatti, di poter controllare lo sviluppo di queste cellule verso una determinata e voluta specializzazione.

I propugnatori della personalità dell’embrione ribattono che gli studi in questo versante sono del tutto incerti facendo anche notare l’altissima propensione a mutarsi in cellule cancerogene delle cellule staminali totipotenti. Principalmente, inoltre, la loro avversione è dovuta anche al fatto che lo studio di queste cellule comporta la soppressione dell’embrione stesso al momento del loro prelievo.

Risulta chiara la totale incompatibilità con una visione personalistica dell’embrione.

È opportuno ricordare che, oltre alle cellule staminali embrionali, esistono altri due tipi di staminali sui quali è comunque rivolta la ricerca scientifica:

- le cellule staminali presenti nel sangue del cordone ombelicale;

- le cellule staminali fetali che sono ricavate da aborti.

Lo studio di queste cellule potrebbe, comunque, per ammissione dell’intera comunità scientifica, risolvere i medesimi problemi che la ricerca sulle cellule staminali embrionali si propone di superare.

La sperimentazione su quest’ultime non esaurisce il campo di ricerca avente come oggetto gli embrioni.

Le moderne tecnologie, accompagnate dalle conoscenze in materia di corredo genetico che esse stesse hanno consentito, rendono possibile prevedere in anticipo alcune eventuali malattie che, l’embrione una volta divenuto adulto, potrà sviluppare.

Ciò introduce l’interrogativo se sia giusto o meno intervenire sul suo patrimonio genetico in modo da modificarlo ed eliminare il rischio di tali possibili patologie.

Inoltre seri problemi sorgerebbero quando, con la conoscenza del patrimonio genetico di un individuo, inizierebbero a farsi strada strane tentazioni, come quella di scegliere le caratteristiche fisiche del nascituro, o magari creare ad hoc un individuo con i desiderati tratti somatici.

Questa prospettiva inficerebbe non poco il rispetto della libertà dell’individuo e della sua libera autodeterminazione: partendo, ad esempio, dall’eliminare progressivamente patologie come la sindrome di Down, poiché l’individuo che ne è affetto non potrebbe condurre una vita consona alla categoria sociale di appartenenza, si potrebbe arrivare al programmare gli “esseri perfetti” per la società.

Gli uomini diverrebbero le creazioni di altri uomini e verrebbero così privati della loro libertà di esseri nati da coincidenze naturali e non precostituite e conseguentemente anche della loro libertà sociale, essendo, in ogni caso, il frutto di scelte dettate dalle preferenze sociali dominanti ossi di criteri eugenetici.

Giornata Mondiale dell'alimentazione

Comunicato stampa
Roma, 12
novembre 2007




In occasione della Giornata Mondiale dell'alimentazione




Convegno

DONNA E ALIMENTAZIONE

Un confronto su ruoli e significati profondi

espressi dalla donna nel campo dell'alimentazione



Interverranno tra gli altri:

Maria Rita Saulle, Giudice della Corte Costituzionale

Luca Biolato, Ambasciatore e Segretario Generale Commissione UNESCO

Ilaria Sisto, FAO

Donata Lodi, UNICEF

Francesca Brezzi, Università Roma Tre

Patrizia Ninci, Assessore al Turismo della Provincia di Roma



Martedì 13 novembre, ore 14.30

Aula Magna del Rettorato

Università Roma Tre - via Ostiense 159



Il convegno Donna e alimentazione - Il contributo di genere alla realizzazione di un
diritto fondamentale. Un percorso tra diritti e doveri è promosso dall'Università
Roma Tre, dalla Commissione Nazionale Italiana dell'UNESCO e dalla FAO - Food and
Agriculture Organization nell'ambito delle celebrazioni per la Giornata Mondiale
dell'alimentazione 2007.



La Giornata mondiale dell'alimentazione è stata istituita dai paesi membri della FAO
nel novembre 1979, in occasione della XX Sessione della Conferenza
dell'Organizzazione.

La data prescelta, il 16 ottobre, è l'anniversario della fondazione della FAO. Da
allora è stata celebrata ogni anno in oltre 150 paesi. Il tema della Giornata
mondiale dell'alimentazione scelto per il 2007 è il diritto all'alimentazione.



Attraverso le Celebrazioni Ufficiali Italiane per questa Giornata, che si
estenderanno anche quest'anno dall'1 ottobre al 15 dicembre, l'Italia mira a
sensibilizzare fortemente l'opinione pubblica sul tema del cibo e delle sue
implicazioni sociali, economiche e culturali.

La Commissione Nazionale Italiana per l'UNESCO ha aderito, come ormai avviene da
molti anni all'invito del Comitato Nazionale per le Celebrazioni Ufficiali, nella
convinzione profonda che l'alimentazione e quanto vi è correlato (povertà, diritti
umani, equa distribuzione delle risorse) meritino la più ampia attenzione da parte
dell'Organizzazione e dell'azione formativa svolta in qualità di agenzia capofila
delle Nazioni Unite nel settore dell'educazione.



La realizzazione del Convegno Donna e alimentazione è a cura della Prof.ssa
Francesca Brezzi, Docente di Filosofia morale, Direttrice del Dipartimento di
Filosofia dell'Università Roma Tre e Delegata del Rettore per le Pari Opportunità -
Studi di genere.



Il convegno, presieduto dal Giudice della Corte Costituzionale Maria Rita Saulle, si
avvarrà del contributo internazionale di numerose relatrici per proporre una
riflessione 'di genere', che metta in luce ruoli e significati profondi espressi
dalla donna nel campo dell'alimentazione.



Programma:



Presiede: Prof.ssa M. R. Saulle, Giudice della Corte Costituzionale

Introducono:

Prof.ssa Francesca Brezzi, Università Roma Tre

Ambasciatore Luca Biolato, Segretario Generale Commissione UNESCO

- Donne e alimentazione: l'importanza del loro ruolo nella lotta alla fame

Prof.ssa Silvia Macchi, Sapienza Università di Roma - 'Empowerment per la sicurezza
alimentare'

Prof.ssa Bianca Elisa Venezian Scarascia, Segretario Generale ITAL-ICID - 'Il
contributo di genere alla lotta contro la fame'

Dott.ssa Solange Maliona, Associazione AMKA onlus - 'Il ruolo della donna nella
Repubblica Democratica del Congo'

Dott.ssa Ilaria Sisto, FAO e Dott.ssa Donata Lodi, UNICEF - 'Disparità di genere: un
pericolo per la sicurezza alimentare'

- Storia e storie dell'alimentazione: il ruolo delle donne

Prof.ssa Maria Bettetini, Delegato per le Pari Opportunità presso lo IULM - 'Gola,
vizio capitale: dal medioevo istruzioni per chi vuole tutto per sé'

Prof.ssa Carla Severini, Presidente del Corso di Laurea in Scienze e Tecnologie
Alimentari, Università di Foggia - 'Dall'uso del fuoco alle Tecnologie Alimentari:
idee e ruoli di uomini e donne'

Dott.ssa Laura Rangoni, scrittrice, fondatrice CESTAG-Centro Studi Tradizioni
Alimentari e Gastronomiche - 'Il cibo come nemico: donna e dieta nei paesi
occidentali'

- Le donne e l'alimentazione: il ruolo della donna nel mantenimento delle tradizioni
alimentari

On.le Patrizia Ninci, Assessore al Turismo Provincia di Roma - 'Patrimonio immateriale'

Dott.ssa Lucia Sepe, Unità di Ricerca per la Zootecnica Estensiva, Bella, Potenza -
'Il formaggio nell'alimentazione quotidiana fra tradizione al femminile e
informazione'

Dott.ssa Marilena Marri, Responsabile Slow-food Amatrice - 'Donna come protagonista
della comunità del cibo slow-food nell'area dei Monti della Laga'

- Imprenditoria al femminile

Dott.ssa Veronica Navarra, Presidente Delegato Osservatorio Nazionale Imprenditoria
Femminile del Ministero Politiche Agricole e Dott.ssa Laura Brida, Coordinatrice
regionale Donne in Campo - 'Imprenditoria agricola al femminile'

Alfonsina Migliore, Azienda Agricola La Fattoria di Carlotta - 'Testimonianza
diretta: un'imprenditrice italiana nel settore agricolo'

Dott.ssa Silvana Giacoletto, AIDDA - 'L'imprenditoria femminile per scelta o per
necessità'

Conclusioni





Per informazioni:

Commissione Nazionale Italiana per l'UNESCO - Ufficio Stampa

tel. 06 6873712/211 unesco.stampa@esteri.it

domenica 11 novembre 2007

वोलोंतरी सर्कासी....

Per quest'attività stiamo cercando tanti volontari se conosci qualcuno interessato ad aiutarci per il periodo Natalizio saremo felicissimi. Poi abbiamo organizzato altre iniziative:
Lotta alla trasmissione verticale del virus dell'HIV/AIDS

Uno dei progetti più importanti dell'Associazione è dedicato alla lotta al virus dell'HIV/AIDS. Il 1 dicembre, in occasione della Giornata mondiale contro l'AIDS, AMKA organizza un convegno sul tema presso l'Osservatorio parlamentare in via del Seminario 113. In particolare saranno affrontate le problematiche della vita delle donne in Africa e della lotta al virus, e verrà raccontata l'esperienza degli ultimi anni di lavoro in due strutture ospedaliere della città di Lubumbashi. Il progetto ha l'obiettivo di intervenire nella prevenzione della trasmissione del virus dalla mamma al bambino e prevede tre fasi: il counselling pre-test, la fase post-test, e la fase del parto e dell'allattamento. La donna viene quindi seguita durante la gravidanza e il parto e poi - anche con il bambino - per i 6 mesi successivi al parto. Oltre ai farmaci e al kit per l'allattamento artificiale, sono garantiti supporto psicologico e assistenza socio-sanitaria.





Conferenza UNESCO "Donna e alimentazione: il contributo di genere ad un diritto fondamentale"

Martedì 13 novembre, dalle ore 14.30, presso l'Aula Magna del Rettorato dell'Università Roma TRE (Via Ostiense, 159) si terrà una conferenza sul tema "Donna e alimentazione" organizzata dalla Commissione Italiana UNESCO e da Roma TRE nell'ambito delle celebrazioni della "Giornata Mondiale dell'Alimentazione". La Dott.ssa Solange Maliona, collaboratrice di AMKA, sarà una delle relatrici e terrà un intervento sulla condizione delle donne in Congo.

Convegno "La Ruashi, importazione diretta dalla Repubblica Democratica del Congo" organizzato da Pangea

Mercoledì 21 novembre, dalle 18.00, alla Città dell'Altreconomia (Largo Dino Frisullo, Campo Boario – Testaccio), si terrà una conferenza sullo sviluppo del Commercio Equo in Africa e sul progetto che AMKA e "Pangea-Niente Troppo" portano avanti insieme agli artisti del quartiere de "La Ruashi" nella città di Lubumbashi. Durante la conferenza verrà proiettato il video "Gli artisti della malachite".

giovedì 8 novembre 2007

ला वित è उन दोनो?

Vorrei porvi questa domanda:" LA vita è un dono?".
Ho pensato e ripensato prima di pubblicare sul blog questo post e la foto, ma poi mi sono detto, su un tema del genere si può parlare sotto tanti aspetti, dall'etico fino a giungere alla biologia dello sviluppo.
Mi chiedo però, quanto l'Etica modifichi il nostro essere davanti ad un discorso del genere????

Il caso Parmigiano-Reggiano

1
Problematiche ambientali e sanitarie relative
all’utilizzo di colture geneticamente modificate (OGM)
per l’alimentazione animale
Il caso Parmigiano-Reggiano
Giugno 2007
2
Introduzione

Il rilascio in natura di Ogm può produrre effetti irreversibili sugli ecosistemi. Gli Ogm sono organismi
viventi e possono riprodursi, moltiplicarsi e diffondersi, sfuggendo a qualsiasi controllo.
Sulla sicurezza degli Ogm per l'alimentazione umana e animale sussistono seri dubbi e ci sono
sempre nuove evidenze che gli Ogm non vengono adeguatamente testati sul piano della sicurezza
alimentare. La maggior parte delle ricerche più recenti sono studi di breve periodo, realizzati
in collaborazione con le aziende biotech. I dossier che queste aziende sottopongono alle autorità
competenti in cerca di autorizzazioni contengono, in genere, una composizione di dati e studi di
breve termine sull'impiego di Ogm come alimenti per animali.
In molti di questi studi, vengono osservate importanti differenze nella composizione della piante
Ogm rispetto a quelle non-Ogm (es. contenuto vitaminico), e nelle risposte degli animali che se
ne nutrono (es. livello di glucosio, dimensione degli organi), ma spesso queste osservazioni
vengono definite "non di rilevanza biologica" dalle aziende biotech e, poco dopo, dalle stesse autorità
competenti.
Per questo motivo, i regolamenti sull'approvazione degli Ogm sono in molti casi un fallimento.
Non si hanno certezze sulla sicurezza degli Ogm nell'alimentazione umana o animale. E questo si
riflette in una continua controversia a livello scientifico e politico sulla sicurezza degli Ogm.
Questo documento si concentra nella prima parte sulle problematiche ambientali e sanitarie relative
alla produzione di colture geneticamente modificate (Ogm) ed al loro utilizzo per
l’alimentazione animale. Tra queste figurano effetti nocivi sull’ambiente, rischi per la salute
dell’uomo e degli animali e la possibilità di conseguenze imprevedibili dovute al processo stesso
di ingegneria genetica.
Nella seconda parte si analizzerà un caso italiano emblematico: l’utilizzo di Ogm nella filiera di
produzione del Parmigiano-Reggiano.


1. Impatto ambientale delle colture Ogm
L’impatto ambientale degli Ogm rappresenta la principale preoccupazione relativa all’utilizzo di
queste coltivazioni nell’alimentazione animale: ogni coltura destinata alla produzione di mangimi
deve infatti avere un proprio luogo di produzione.
Soia, mais e altre colture Ogm sono utilizzate nell’alimentazione animale e possono rappresentarne
una frazione sostanziale. L’impatto ambientale dovuto alla presenza di Ogm è considerevole:
numerosi ingredienti per mangimi (per es. la soia) sono commercializzati su scala globale.
L’acquisto di un litro di latte derivato da una mucca nutrita con soia Ogm in Italia, ad esempio,
potrebbe finanziare l’aumento della produzione di soia Ogm in Sudamerica. Con tutte le conseguenze
negative, sia sociali che ambientali, del caso.
Outcrossing
Una particolare problematica associata a qualunque tipo di coltura Ogm è l’outcrossing o impollinazione
incrociata, tra coltivazioni Ogm e varietà selvatiche o tradizionali. In Canada, ad esempio,
l’outcrossing di colza Ogm ha portato alcune varietà a sviluppare resistenza a diversi tipi di
erbicida [1] e, in Gran Bretagna, colza Ogm si è incrociata con una varietà selvatica. [2] Varietà
selvatiche o tradizionali contaminate da Ogm possono preservarsi nel tempo e fungere da riser3
ve di transgeni, aprendo la strada a possibili contaminazioni. Esiste il forte rischio che questi
nuovi incroci possano infestare, contaminandole, intere popolazioni selvatiche. [3]
Oltre ai possibili effetti nocivi sulla biodiversità, la contaminazione da Ogm rappresenta un pericolo
per la sicurezza alimentare, poiché è proprio in queste varietà tradizionali e selvatiche che,
attraverso le convenzionali tecniche di selezione, vengono selezionati nuovi geni (ad es. per la
resistenza alla siccità).


Effetti sulla biodiversità


Oltre alle problematiche generali relative alle colture Ogm, sono oggi ben documentati i seguenti
effetti ambientali, specifici per colture Ogm resistenti ad insetti ed erbicidi.
Di seguito alcuni esempi:
a) per colture Bt resistenti agli insetti [4]
􀂃 effetti tossici su organismi non-target, quali le farfalle. È stato provato che
l’esposizione a lungo termine a polline Bt (Bacillus thuringiensis) proveniente da mais
transgenico resistente agli insetti, ha conseguenze negative sulle larve della farfalla monarca
nel Nord America
[5].
􀂃 effetti tossici su insetti benefici. Le colture Bt sono dannose per le crisoperle [6]. Le
crisoperle sono insetti benefici, che svolgono un ruolo importante nel controllo naturale
dei parassiti. Gli effetti tossici delle colture Bt sulle crisoperle avvengono attraverso
l’ingerimento della preda, la quale, a sua volta, si è precedentemente nutrita con colture
transgeniche Bt.
􀂃 l’emergere di fenomeni di resistenza nei parassiti, con conseguente intensificazione
dell’utilizzo di insetticidi. Negli Stati Uniti, sono in vigore complesse pratiche
per le aree seminate con coltivazioni Bt, al fine di rallentare lo sviluppo di fenomeni di resistenza
alla tossina Bt da parte degli insetti. I "rifugi Bt", tuttavia, non sono adeguati per
le piccole aziende agricole in Italia ed altrove, notevolmente diverse dai vasti appezzamenti
degli Stati Uniti. Questo problema è già stato riscontrato, ad esempio, per il cotone
Bt in India. [7]
􀂃 effetti nocivi sull’ecosistema del suolo. Le colture Bt, secernono le tossine Bt dalla
radice nel suolo [8]
e, inoltre, i residui vegetali rimasti nei campi a fine stagione contengono
la tossina Bt attiva. [9] Questa permane nel suolo, specialmente se la stagione invernale
è rigida [10], aumentando la possibilità di un accumulo di tossine Bt nel terreno
[11], possibile causa di problemi per organismi non-target e, più in generale, per la salute
dell’intero ecosistema del suolo.
b) per colture tolleranti agli erbicidi: [12]
􀂃 effetti tossici degli erbicidi sugli ecosistemi. Ad esempio, il glifosato (utilizzato nelle
colture OGM Roundup Ready della Monsanto), ha dimostrato la propria tossicità nei confronti
dei girini, danneggiando l’equilibro degli ecosistemi acquatici e riducendone la biodiversità.
[13] Almeno una formulazione di glifosato ha mostrato di poter potenzialmente
interferire col sistema endocrino: potrebbe ad esempio interferire con gli ormoni.
[14]
4
􀂃 diminuzione e perdita di diversità delle erbe infestanti ed effetti sulla biodiversità.
È stato dimostrato che vi sono meno farfalle nelle vicinanze di colture di colza transgenica
tollerante agli erbicidi, poiché esse trovano meno fiori di piante infestanti (e di
conseguenza meno nettare), per la loro alimentazione.
􀂃 aumento dei fenomeni di resistenza agli erbicidi in piante infestanti. L’insorgenza
di fenomeni di resistenza al glifosato in alcune specie di infestanti sta sollevando serie
preoccupazioni negli USA ed in altri Paesi dove le colture Roundup Ready sono coltivate
su vasta scala. [15] La resistenza degli infestanti fa sì che quantità sempre crescenti di glifosato
debbano essere utilizzate per il loro controllo, [16] o che ulteriori, differenti erbicidi
debbano essere usati in contemporanea. [17]
􀂃 effetti sui microorganismi del suolo. L’utilizzo di erbicidi sulla soia Ogm porta, ad esempio,
ad una diminuzione della quantità di batteri benefici azoto-fissatori intorno
all’apparato radicale. [18] È stato inoltre segnalato che l’utilizzo di glifosato, durante un
anno, potrebbe facilitare la crescita di una muffa, il Fusarium, sul frumento coltivato
l’anno successivo. [19]
Proteine tossiche negli escrementi degli animali
Suini [20]
e bovini [21] alimentati con Ogm disperdono nell’ambiente, tramite gli escrementi, DNA
transgenico e grandi frammenti di proteina Bt. Tale dispersione è motivo di preoccupazione poiché,
pur essendo frammentate, le tossine Bt conservano la propria tossicità. [22] La proteina Bt
potrebbe accumularsi nel suolo e, potenzialmente, raggiungere livelli tossici per alcune specie di
insetti.
"Lo spargimento, accidentale o meccanico, di mangimi nel suolo potrebbe introdurre
artificialmente materiale OGM nell’ambiente. L’escrezione, tramite le feci, di frammenti
del gene cry1Ab e della proteina Cry1Ab nel terreno potrebbero essere ragioni di ulteriore
preoccupazione". [23]


2. Dubbi sulla sicurezza degli Ogm
per l’alimentazione animale e umana.


Vi è crescente incertezza sulla sicurezza dei mangimi animali contenenti Ogm. Numerosi elementi
mostrano che non vengono effettuati test accurati sugli Ogm per quanto riguarda la loro
sicurezza per l’alimentazione animale o umana.
Dove sono gli studi indipendenti?
Gli studi indipendenti sugli effetti degli Ogm sulla salute di persone e animali soffrono pesantemente
della mancanza di letteratura scientifica in materia: un’analisi degli studi svolti in questo
settore ha riportato solamente un decina di ricerche su alimenti e mangimi Ogm valutate dalla
comunità scientifica, metà delle quali sono state effettuate in collaborazione con aziende del settore
biotech. [24] Certamente tale situazione permane: la maggior parte degli studi recentemente
avviati è costituita da ricerche a breve termine finanziate da multinazionali del settore. [25]
I dossier inviati dalle aziende agli organi competenti per ricevere l’autorizzazione a coltivare o
commercializzare Ogm, solitamente contengono dati relativi alla composizione e gli esiti di alcuni
esperimenti a breve termine sugli effetti sulla nutrizione animale. In molti di questi studi si os5
servano spesso differenze significative nella composizione di piante Ogm rispetto a piante non-
Ogm (per es. nel contenuto vitaminico) e nella risposta degli animali (per es. nei livelli di glucosio,
fino ad arrivare a segni di tossicità per fegato e reni nel caso del mais MON863), ma spesso
queste osservazioni vengono definite come “non biologicamente rilevanti” dalle aziende e dagli
organi competenti. [26] Di conseguenza, il tentativo di regolamentare le coltivazioni Ogm, sia per
l’alimentazione umana che per i mangimi, è un fallimento in molti paesi. Non sappiamo ancora
se le colture Ogm siano sicure ai fini alimentari, siano esse destinate ad animali o esseri umani:
questo si riflette nel continuo dibattito, sia scientifico che politico, sulla valutazione della sicurezza
di alimenti e mangimi contenenti Ogm. All’interno dell’Unione Europea vi è forte disaccordo
tra stati membri e Commissione Europea sull’autorizzazione all’uso di prodotti Ogm. Nell’agosto
del 2005, ad esempio, la Commissione ha approvato l’uso di un mais transgenico, il MON863,
per l’alimentazione animale, nonostante i ministri dell’ambiente di 13 paesi membri avessero votato
contro questa decisione. [27]
Resistenza agli antibiotici
Alcuni degli Ogm utilizzati nei mangimi (per es. il mais Bt176 della Syngenta) contengono geni
di resistenza agli antibiotici. Questi geni, se trasferiti a batteri patogeni per l’uomo o per gli animali,
renderebbero gli antibiotici totalmente inutilizzabili, pregiudicando così pesantemente la
possibilità di curare numerose malattie. Proibire l’utilizzo di geni di resistenza agli antibiotici in
colture Ogm è dunque una precauzione evidentemente necessaria. L’eliminazione graduale di
questi geni è richiesta dall’ Unione Europea e dalla FAO/OMS. [28]
Diversi studi svolti negli ultimi anni indicano che il DNA ingerito con alimenti e mangimi (e lo
stesso vale per alimenti e mangimi Ogm), non viene completamente demolito all’interno
dell’organismo umano o animale come si usava ritenere. DNA transgenico è stato trovato
nell’intestino e nelle feci degli animali. [29] La permanenza di DNA transgenico nell’intestino degli
animali solleva la problematica di un possibile trasferimento orizzontale di DNA transgenico ai
batteri dell’intestino: se gli alimenti Ogm contenessero geni di resistenza agli antibiotici, questo
potrebbe finire per pregiudicare l’uso degli antibiotici nel trattamento delle infezioni. Anche la dispersione
di DNA transgenico tramite le feci è motivo di preoccupazione per il possibile trasferimento
di resistenza ai batteri del suolo.
DNA vegetale in organismi animali
DNA vegetale proveniente dai mangimi è stato rilevato in muscoli di pollo, [30] e in organi di vitello.
[30] Nonostante DNA transgenico non sia stato ancora identificato all’interno di tessuti animali,
questa evenienza non può essere esclusa, specialmente per animali che si alimentino di
Ogm per lungo tempo. Se DNA transgenico finisse nei tessuti di animali che si nutrono di Ogm,
questo potrebbe significare che materiale Ogm venga involontariamente ingerito da ignari consumatori
di carne proveniente da questo tipo di animali.
Sebbene ad oggi nessuno studio pubblicato abbia identificato DNA transgenico nel latte vaccino,
è stato rilevato
[32] DNA vegetale. La possibilità che del DNA transgenico possa trovarsi nel latte
non può pertanto essere esclusa, specialmente nel caso di animali nutriti con Ogm per lungo
tempo, come i bovini.
Allergie
I lavoratori agricoli sono stati definiti categoria “a rischio” di allergie associate al trattamento di
Ogm, che possono presentarsi anche in caso di Ogm destinati unicamente all’alimentazione a6
nimale. [33] La raccolta delle colture Ogm ed alcuni trattamenti dei prodotti alimentari generano
infatti polveri che, se inalate o poste a contatto con la pelle, potrebbero provocare l’insorgenza
di allergie alle nuove proteine contenute nei prodotti Ogm.
3. Effetti inattesi ed imprevedibili delle colture Ogm
Gli attuali Ogm presentano l’inserimento casuale, spesso forzato, di geni provenienti da un organismo
estraneo, all’interno del DNA originale della pianta ospite: questo può dare origine ad
effetti non voluti ed imprevedibili. Tale inserimento potrebbe, ad esempio, inibire uno dei geni
originari della pianta o causare l’alterazione di una proteina preesistente.
Durante il processo di ingegneria genetica, l’inserimento di questi geni può causare delezioni o
riarrangiamenti del DNA della pianta, [34] i quali, a loro volta, possono essere causa di effetti non
voluti e imprevedibili. La soia Roundup Ready, per esempio, contiene frammenti e riarrangiamenti
ed è stato dimostrato che questi sono attivi (producono cioè RNA). Queste scoperte sono
state fatte solo anni dopo l’approvazione e l’inizio della commercializzazione della soia Roundup
Ready. [35] Simili irregolarità, causate dal processo di manipolazione genetica, sono state identificate
anche in diversi tipi di mais Ogm con resistenza agli insetti (Bt11, Bt176, MON810). [36]
Queste anomalie sollevano il problema che nuove e non volute proteine, non testate, potrebbero
essere prodotte dagli Ogm.
Diversi effetti inattesi sono già stati osservati in Ogm commercializzati: la soia Ogm Roundup
Ready, ad esempio, ha fatto registrare perdite nella produzione, in periodi caldi e asciutti, dovuti
alla rottura dello stelo, e causata, molto probabilmente, da un aumento del contenuto di lignina;
[37] piante di cotone Roundup Ready hanno inspiegabilmente perso le proprie capsule. [38]
Livelli di fitoestrogeni inferiori alla norma sono stati rilevati in soia Roundup Ready: [39] i fitoestrogeni
sono sostanze, simili agli ormoni, contenute nelle piante, che si ritiene abbiano un effetto
benefico per la salute. Anche questa differenza è stata scoperta solo anni dopo l’inizio della
coltivazione su vasta scala di soia Roundup Ready.
È molto difficile che effetti non voluti di questo tipo vengano rilevati durante il processo di autorizzazione,
poiché qualunque trasformazione causata dal DNA estraneo nelle proteine della pianta
potrebbe essere rilevante, ma non immediatamente identificabile. I cambiamenti potrebbero
apparire solo dopo numerose generazioni, o durante un periodo di “stress” per la pianta. [40] Tali
effetti, inattesi ed imprevedibili, potrebbero avere un impatto rilevante sulla salute umana, animale
e sull’ambiente.
7


Parmigiano-Reggiano: un caso italiano
I

l Parmigiano-Reggiano è a pieno titolo patrimonio alimentare italiano. Si tratta di una ricchezza
sia agroalimentare che culturale che deve essere protetta, in quanto rappresenta valori culturali
essenziali e un potenziale economico cui il nostro paese non può rinunciare.
È per questo che l’accostamento Parmigiano-Reggiano e Ogm stona immediatamente. Da un lato
abbiamo migliaia di allevatori legati al territorio, storia, bontà, tradizione, tutela e sicurezza.
Dall’altro esperimenti genetici, problemi, pericoli, incertezze e segreti. Il sapere tradizionale dei
gesti antichi, ormai divenuta capacità imprenditoriale, non può essere messa in pericolo dalle
multinazionali del biotech.
La storia
Pensare al Parmigiano-Reggiano significa anche visualizzare un territorio ben definito, la sua zona
di origine. Le province di Parma, Reggio Emilia, Modena, Bologna alla sinistra del fiume Reno
e Mantova alla destra del fiume Po. È qui che nasce uno dei formaggi più amati e apprezzati
della tradizione italiana.
Non si può poi parlare di Parmigiano-Reggiano senza passare attraverso gli otto secoli di storia
che porta con sé. Testimonianze storiche dimostrano che già nel 1200-1300 il Parmigiano-
Reggiano aveva raggiunto quella tipizzazione che é giunta, quasi immutata, fino ai giorni nostri.
Una tradizione che ha permesso la sopravvivenza e lo sviluppo di un prodotto legato al territorio
unico nel suo genere.
Sulla base della qualità tradizionale, il Parmigiano-Reggiano ha sviluppato una fiorente attività
imprenditoriale, unendo sapere locale a rigorosi disciplinari, ed oggi il Parmigiano-Reggiano rappresenta
un giro di affari di 808 milioni di euro alla produzione. Del totale della produzione, il
16% circa é avviato all’esportazione, le principali destinazioni sono Germania, Stati Uniti, Svizzera,
Francia e Gran Bretagna.
Come recita lo stesso sito web del Consorzio Parmigiano-Reggiano: "Il Parmigiano-Reggiano ha
un legame imprescindibile con la sua zona di origine. […] In questa zona, dai foraggi naturali e
dall'uso di latte crudo, senza l'aggiunta di nessun additivo, ha origine il segreto di tanta bontà."
Negli ultimi anni però, fra i foraggi naturali, si è insinuata la soia transgenica della Monsanto - la
soia Roundup Ready, in grado di sopportare massicce dosi di erbicida Roundup (prodotto dalla
stessa multinazionale). Questa soia è diventata parte integrante dell'alimentazione dei bovini
che forniscono il latte ai caseifici di trasformazione del Parmigiano: una trappola, che mette a rischio
sia la qualità che il futuro di uno dei formaggi più amati e apprezzati.
Il successo mondiale del Parmigiano-Reggiano ha portato con sé numerosi tentativi di imitazione,
più o meno camuffati, basti pensare ai vari Parmesan, Regianito o Parmesao. Giustamente il
Parmigiano-Reggiano affronta questo fenomeno sottolineando la qualità e la sicurezza al 100%
del prodotto originale, suggellata da otto secoli di storia e tradizione e da moderne misure igienico
sanitarie di tutela. Oggi però, la sua genuinità è minacciata dalla comparsa degli Ogm nella
sua filiera di produzione.
8
Il pericolo degli Ogm per il Parmigiano-Reggiano
Oltre il 90 per cento degli Ogm importati in Europa consiste in soia e mais destinati alla mangimistica.
La dieta degli animali allevati in Europa è composta fino al 30 per cento da Ogm: questo
vuol dire che, ogni anno, 20 milioni di tonnellate di Ogm entrano nella catena alimentare degli
europei, all'insaputa dei consumatori e senza che si possa esercitare il diritto di scelta.
Mentre sono sempre di più i prodotti e i produttori italiani che escludono l'uso di Ogm in tutti i
passaggi della produzione - sia negli ingredienti che nei mangimi animali - il Consorzio del Parmigiano-
Reggiano, uno dei formaggi più apprezzati al mondo, non ha compiuto nessun passo significativo
per evitare il problema Ogm. Il disciplinare di produzione non esclude l'impiego di
mangimi contenenti Ogm. Questo, tradotto in pratica, significa che ogni giorno, le bovine che
producono il latte, che verrà poi conferito ai caseifici aderenti al Consorzio, si nutrono con soia
Ogm.

Salvaguardia del Parmigiano-Reggiano: la soluzione è a portata di mano


L’Italia non produce soia sufficiente per l’intero fabbisogno nazionale, e perciò importa la gran
parte della soia che utilizza (sia per uso alimentare che mangimistico). La maggior parte di queste
importazioni arrivano da Paesi quali Argentina, Brasile o Stati Uniti.
Mentre la produzione argentina é quasi completamente transgenica, ed é purtroppo molto impiegata
nell’alimentazione animale in Italia, per Stati Uniti e Brasile sono attivi da tempo canali
di produzione ed esportazione di soia certificata non-ogm.
Il Brasile in particolare, dal punto di vista quantitativo, è il paese esportatore di maggiore interesse.
Nonostante vi venga prodotta anche soia Ogm, la maggioranza della produzione rimane
libera dagli Ogm. Nel 2005 il Brasile ha esportato quasi 40 milioni di tonnellate di soia, di cui
quasi la metà verso l’Europa. Si tratta di milioni di tonnellate di soia che possono essere certificate
non-Ogm, e mettere così fine all’incertezza.


I NUMERI DEL PARMIGIANO-REGGIANO


4.414 aziende agricole conferiscono il latte ai caseifici
270.000 bovine dedicate alla produzione di latte per la trasformazione
15% circa della produzione nazionale di latte
450 caseifici produttori
3.000.000 forme prodotte
808 milioni di euro il giro d'affari alla produzione (produzione 2005 venduta nel 2006)
16% circa il volume delle esportazioni sul totale prodotto
Fonte: www.parmigiano-reggiano.it
Il fabbisogno di soia (in pannelli), delle filiere zootecniche DOP italiane nel 2004 sono stimate in
circa 3,122 milioni di tonnellate. Di queste, la percentuale legata alle filiere dei formaggi vaccini
9
DOP é il 14,8% del totale. La frazione di competenza del Parmigiano-Reggiano non supera le
200.000 tonnellate (fonte: elaborazioni Nomisma).
Questo significa che sarebbero sufficienti 200.000 tonnellate annue di soia certificata
non-Ogm per assicurare la salvaguardia del Parmigiano-Reggiano sui mercati internazionali.
Sono i numeri stessi a confermare che una scelta non-Ogm é possibile e praticabile, oltre che
necessaria, per tutelare queste produzioni.

Diamo uno sguardo ai costi.

Mediamente la differenza di costo tra la soia transgenica o non certificata
e quella certificata non-Ogm è di pochi euro alla tonnellata, basta fare riferimento alle
quotazioni dei principali esportatori. Il prezzo della soia certificata non-Ogm è regolato dalle leggi
del mercato: se la domanda cresce e si organizza, i prezzi finiscono con l’abbassarsi. La soia
poi, è solo una delle materie prime utilizzate nei mangimi, il mangime influisce solo in parte sul
costo finale del latte utilizzato nella produzione del Parmigiano-Reggiano.
Parmigiano-Reggiano non-Ogm: cosa stiamo aspettando?
Come già dimostrato dagli stessi produttori di Parmigiano-Reggiano, le alternative agli Ogm ci
sono. Infatti, non tutta l’attuale produzione di Parmigiano-Reggiano è toccata dagli Ogm. La
produzione legata all'agricoltura biologica non impiega Ogm e offre ai consumatori un prodotto
garantito da tutti i punti di vista. Inoltre, diversi allevatori aderenti al Consorzio hanno già espresso
la propria volontà di utilizzare solo mangimi senza Ogm, per poter continuare a produrre
un latte sicuro al 100 per cento, senza l'impiego di organismo geneticamente modificati.
Se il “sistema” Parmigiano-Reggiamo, guidato dal Consorzio che, come recita il nome stesso, é
un Consorzio di Tutela, si coordinasse per effettuare acquisti organizzati di materie prime, le differenze
di costo verrebbero rapidamente assorbite, e le difficoltà legate alla creazione del percorso
non-Ogm sarebbero minimizzate. Insomma, è possibile salvaguardare il Parmigiano-
Reggiano senza andare ad impattare sul prezzo finale (e quindi sui consumatori) né tanto meno
sui singoli allevatori, valorizzandolo invece di qualità e di sicurezza a tutti i livelli. Questo già avviene
per la produzione biologica e per quei produttori che autonomamente e senza la collaborazione
del Consorzio hanno già attivato filiere completamente non-Ogm.
In un tale contesto, sarebbe auspicabile la collaborazione dei referenti istituzionali a livello nazionale,
ma anche regionale. Promuovere e sperimentare un nuovo piano proteine su larga scala,
lavorare per integrare il sistema con ingredienti proteici alternativi alla soia, prodotti direttamente
in Italia, utilizzando colture quali il lupino, l'erba medica, il favino, il pisello e altre leguminose
tipiche dell'area mediterranea.
L'Emilia-Romagna inoltre, fa già parte della rete europea delle regioni Ogm-free e – proprio tra
queste - la regione francese della Bretagna ha fatto da apripista, avviando accordi commerciali
diretti con lo stato del Paranà - uno dei maggiori produttori di soia non-Ogm del Brasile - per
acquisti organizzati di soia non transgenica.
Tutelare il Parmigiano-Reggiano è possibile sin da oggi. Si tratta solo di scegliere, una
decisione volta alla tutela e al futuro.
10


Conclusioni


Gli effetti negativi sull’ambiente associati alle coltivazioni OGM sono numerosi e ben documentati,
in particolare per quanto riguarda le colture tolleranti agli erbicidi (come la soia della Monsanto)
e resistenti agli insetti. Il dibattito scientifico sulla pericolosità di queste coltivazioni per uomini
ed animali, inoltre, è ancora quanto mai acceso: potenziali effetti negativi, inattesi ed imprevedibili,
delle colture OGM sulla salute umana ed animale non possono, perciò, essere esclusi.
Greenpeace ritiene che i rischi legati alle colture transgeniche siano tali da giustificare un immediato
stop alla coltivazione. Inoltre, in virtù dei seri dubbi sulla sicurezza degli Ogm per il consumo
umano e animale, invocando il principio di precauzione, gli Ogm non dovrebbero essere
utilizzati per la produzione di alimenti o mangimi.
In un contesto internazionale di continui allarmi sulla sicurezza degli alimenti, è necessaria una
scelta volta all’esclusione degli Ogm, a maggior ragione nelle produzioni di qualità.
Greenpeace, oltre a offrire la propria collaborazione, chiede al Consorzio di Tutela di salvaguardare
la credibilità nazionale e internazionale del Parmigiano-Reggiano e di affrontare con energia
e tempismo il problema Ogm, escludendone l’utilizzo in tutte le fasi della filiera produttiva. Le alternative
ci sono. E sono concrete. La soia certificata non-Ogm è disponibile sul mercato in
grandi quantità e a costi ragionevoli: ve ne è a sufficienza per tutta la produzione del Parmigiano-
Reggiano e per l'intero fabbisogno italiano. Si tratta solo si scegliere.
11
A

ALLEGATO 1
Elenco mangimisti fornitori del Consorzio Parmigiano-Reggiano
Albo dei mangimisti
Nr. convenz. Ditta Sede
1 Veronesi Verona S.p.A. Quinto di Valpantena (VR)
3 Consorzio Agrario Lombardo Veneto di VR, MN e VI Verona
4 G.I.Ma. S.p.A. Rubiera (RE)
6 Consorzio Agrario Bologna e Modena Serramazzoni (MO)
7 Progeo s.r.l. Reggio Emilia
8 Consorzio Agrario Provinciale Parma
10 Cargill s.r.l. Milano
12 Consorzio Agrario Provinciale Reggio Emilia
16 Consorzio Agrario Provinciale Cremona
17 Ferri "Il Mangime" di Ferri Castelvetro (MO)
18 Società Italiana Werisan S.p.A. Novellara (RE)
20 CARRA Mangimi S.p.A. Sorbolo (PR)
22 Nuova Padana Mangimi s.r.l. Rivarolo Mantovano (MN)
23 Cortal Extra Soy s.r.l. Cittadella (PD)
24 F.lli Martini Budrio di Longiano (FO)
25 Raggio di Sole Fiorenzuola d'Arda (PC)
26 Petrini 1822 S.p.A. Bastia Umbra (PG)
27 Madital S.p.A. Massalengo (LO)
28 Val Po s.r.l. Cadelbosco Sopra (RE)
29 Venturini & C. S.p.A. Mantova
30 Neviani Armando Montecchio Emilia (RE)
33 Casini & Marani s.r.l. Reggio Emilia
34 Universal Mangimi S.p.A. S.Vito al Tagliamento (PN)
35 Ferrero Mangimi S.p.A. Farigliano (CN)
36 Corradi Mangimi s.n.c. Castione Baratti (PR)
37 Storchi Mangimi s.n.c. Correggio (RE)
38 Mangimi Brianza S.p.A. Casatenovo (LC)
39 Barazzoni Ivaldo - EMMEGI s.r.l. Campegine (RE)
41 Cremaschini F.lli Brescia
42 Mignini S.p.A. Petrignano di Assisi (PG)
43 Preti Mangimi s.r.l. Revere (MN)
44 Parmamangimi s.n.c. Coloreto (PR)
45 Dairy Line Nutrition Milano
46 COMAZOO Brescia
47 Ferrari Mangimi s.r.l. Lodi
48 Zenit Mangimi Vaiano Cremasco (CR)
49 Magic SpA Sorbolo (PR)
50 Gruppo Valigi Italy Srl Pontenuovo di Torgiano (PG)
13


ALLEGATO 3 – Fornitori brasiliani di soia certificata non-Ogm
Imcopa
Avenida das Araucarias, 5899
CEP : 83707-000 Araucaria, PR
Tel: +55 41 21418000
http://www.imcopa.com.br/italiano/abertura-1024.htm
Cotriguacu
Rua da Bandeira 541, Cascavel, PR
Tel. +55 45225-2255
www.cotriguacu.com.br
Coamo
Campo Mourão - Administração Central
Rua Fioravante João Ferri, 99 - Jardim Alvorada
Caixa Postal 460 CEP: 87308-445 - Campo Mourão - Paraná
Tel. +55 44 3518-0123 - PABX
3518-0451 - Central de Compras
3518-0124 - Assessoria de Comercialização
www.coamo.com.br
Caramuru Alimentos LTDA
Vai Expressa Julio Borges de Souza, Nº 4.240
BAIRRO NOSSA SENHORA DA SAÚDE
CEP. 75520-900 Itumbiara, GO
Tel. +55 64 3404-0200
http://www.caramurualimentos.com.br/home_english.htm
Brejeiro
Avenida do Café, Nº 129, Orlândia, Sao Paulo
Tel: +55 16 3820 5000
www.brejeiro.com.br/
Cocamar Cooperativa Agroindustrial
Estrada Oswaldo de Moraes Corrêa, 1.000 - Parque Industrial
CEP 87065-240 • Maringá - Paraná - Brasil
Tel. +55 44 3221 3490
www.cocamar.com.br
Amaggi
http://www.grupomaggi.com.br/en/
14


ALLEGATO 4 – Fonti proteiche alternative
FAVINO, Semi integrali
Rappresentano i semi dei baccelli della Vicia faba minor. La coltivazione del favino è diffusa in
tutta l’Europa Occidentale.
Fra le varietà,selezionate in Italia, sono da segnalare Proteo, Nettuno e Finale per il livello di
proteina (25-32%) e con rese fino a 40 q/ha.
LUPINO DOLCE, Semi integrali
Per il suo alto tenore proteico può costituire una fonte proteica in sostituzione della soia. Pur
rappresentando una risorsa per le regioni meridionali del nostro Paese, la sua produzione è andata
progressivamente diminuendo.
PISELLO, Semi
In Italia si coltiva nella pianura padana. Sono molto note le varietà Finale e Frisson. La produzione
ammonta a 15-40 q/ha.
ERBA MEDICA disidratata
È un prodotto ottenuto per disidratazione della pianta intera mediante processi del tipo "short
time" che ne limitano le perdite quantitative rispetto allo stesso prodotto affienato e il danno nei
riguardi del B-carotene e delle xantofille.
15


Bibliografia
1. Orson, J. 2002. Gene stacking in herbicide tolerant oilseed rape: lessons from the Northern American
experience. English Nature Research Reports no. 443, Peterborough, UK. http://www.englishnature.
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L.) as a case study. Pest Management Science 61: 292-300.
2. Daniels, R., Boffey, C., Mogg, R., Bond J. & Clarke, R. 2005. The potential for dispersal of herbicide tolerance
genes from genetically-modified, herbicide-tolerant oilseed rape crops to wild relatives. UK DEFRA contract ref
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http://www.defra.gov.uk/environment/gm/research/pdf/epg_1-5-151.pdf
3. Haygood, R., Ives, A.R. & Andow, D.A. 2003. Consequences of recurrent gene flow from crops to wild relatives.
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4. Si veda anche: Greenpeace 2004. Pericoli ambientali delle colture Bt resistenti agli insetti.
http://www.greenpeace.org/italy/ufficiostampa/rapporti/mais-bt-ogm-farfalle-insetti
5. Dively, G.P., Rose, R., Sears, M.K., Hellmich, R.L. Stanley-Horn, D.E. Calvin, D.D. Russo, J.M. & Anderson, P.L..
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and consequences for the predator Chrysoperla carnea. Ecological Entomology 27: 441-447.
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Jayaraman, K.S. 2003. India debates results of its first transgenic cotton crop. Nature, 421, 681.
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representing three transformation events. Soil Biology and Biochemistry 34: 133-137.
9. Flores, S., Saxena, D & Stotzky, G. 2005. Transgenic Bt plants decompose less in soil than non-Bt plants. Soil
Biology and Biochemistry 37: 1073-1082.
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soil. Soil Biology and Biochemistry 30: 471-476.
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11. Venkateswerlu G. & Stotzky, G. 1992. Binding of the protoxin and toxin proteins of Bacillus thuringiensis subsp.
kurstaki on clay minerals. Current Microbiology 25: 225-233.
12. Si veda anche: Greenpeace 2004. Sempre più “superinfestanti” dovuti a coltivazioni geneticamente modificate.
http://www.greenpeace.org/italy/campagne/ogm/approfondimenti
e Greenpeace 2004, Monsanto's GE 'Roundup Ready' Soya– What more can go wrong? www.greenpeace.org
13. Relyea, R.A. 2005. The impact of insecticides and herbicides on the biodiversity and productivity of aquatic
communities. Ecological Applications 15: 618-627.
Relyea, R.A. 2005. The lethal impact of roundup on aquatic terrestrial amphibians. Ecological Applications, 15:
1118–1124.
Relyea, R.A., Schoeppner, N.M. & Hoverman, J.T. 2005. Pesticides and amphibians: the importance of
community context. Ecological Applications, 15: 1125–1134.
14. Richard, S., Moslemi, S., Sipahutar, H., Benachour, N. & Seralini, G-E. 2005. Differential effects of glyphosate
and Roundup on human placental cells and aromatase. Environmental Health Perspectives 113: 716–720.
16
15. Roy, B.A. 2004. Rounding up the costs and benefits of herbicide use. Proceedings of the National Academy of
Sciences 101: 13974-13975.
Baucom, R.S. & Mauricio, R. 2004. Fitness costs and benefits of novel herbicide tolerance in a noxious weed.
Proceedings of the National Academy of Sciences 101: 13386–13390.
Vitta, J.I., Tuesca, D. & Puricelli, E. 2004. Widespread use of glyphosate tolerant soybean and weed community
richness in Argentina. Agriculture, Ecosystems and Environment 103: 621–624.
16. Harztler, B. 2003. http://www.weeds.iastate.edu/mgmt/2003/glyresistance.shtml
17. Readymaster ATZ contiene sia glifosato che atrazina, si veda:
www.monsanto.com/monsanto/us_ag/content/crop_pro/ready_master_atz/label.pdf
18. King, C.A., Purcell, L.C. & Vories, E.D. 2001. Plant growth and nitrogenase activity of glyphosate-tolerant
soybean in response to foliar glyphosate applications. Agronomy Journal 93: 179–186.
Zablotowicz, R.M. & Reddy, K.N. 2004. Impact of glyphosate on the Bradyrhizobium japonicum symbiosis with
glyphosate-resistant transgenic soybean: a minireview. Journal of Environmental Quality 33: 825–831.
19. Coghlan, A. 2003. Weedkiller may encourage blight. New Scientist, 16 agusto 2003, p. 6.
20. Chowdhury, E.H., Kuribara, H., Hino, A., Sultana, P., Mikami, O., Shimada, N., Guruge, K.S., Saito, M. and
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gastrointestinal contents of pigs fed genetically modified corn Bt11. Journal of Animal Science, 81: 2546-2551.
21. Einspanier, R., Lutz, B., Rief, S., Berezina, O., Zverlov, V., Schwarz, W. and Mayer, J. 2004. Tracing residual
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rumine in bovini nutriti con mais transgenico) European Food Research and Technology 218: 269-273.
22. Chowdhury et al. 2003. op. cit.
23. Chowdhury et al. 2003. op. cit.
24. Pryme, I.F. & Lembcke, R. 2003. In vivo studies on possible health consequences of genetically modified food
and feed - with particular regard to ingredients consisting of genetically modified plant materials. Nutrition and
Health 17: 1-8.
25. Si veda, ad esempio, Erickson, G.E. Robbins, N.D., Simon, J.J., Berger, L.L., Klopfenstein, T.J., Stanisiewski,
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26. Si vedano, ad esempio, le opinioni dell’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) su NK603
http://www.efsa.eu.int/science/gmo/gmo_opinions/177_en.html e su MON863 e MON863 x MON 810
http://www.efsa.eu.int/science/gmo/gmo_opinions/383_en.html.
Séralini, G-E, Cellier, D. & Spiroux de Vendomois, J. 2007. New analysis of a rat feeding study with a
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Toxicology DOI: 10.1007/s00244-006-0149-5. http://www.greenpeace.org/italy/ufficiostampa/rapporti/mon-
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Si veda anche: Greenpeace 2004. The European Food Safety Authority (EFSA): failing consumers and the
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http://eu.greenpeace.org/downloads/gmo/CritiqueOnEFSA-April2004.pdf
27. Si veda il sito europeo di Friends of the Earth:
http://www.foeeurope.org/GMOs/pending/votes_results.htm
28. Direttiva europea 2001/18/EC sul rilascio intenzionale di OGM nell’ambiente. Gazzetta ufficiale della Comunità
Europea L 106/1. Programma congiunto FAO/OMS sugli standard alimentari. Codex Alimentarius Commission
2003. Rapporto della quarta sessione della commissione intergovernativa Codex sui prodotti alimentari derivati
dalle biotecnologie. ALINORM 03/34A http://www.codexalimentarius.net
29. Einspanier et al. 2004. op. cit.; Chowdhury, et al. 2003. op. cit.
17
Chowdhury, E.H., Mikami, O., Murata, H., Sultana, P., Shimada, N., Yoshioka, M., Guruge, K.S., Yamamoto, S.,
Miyazaki, S., Yamanaka, N. & Nakajima, Y. 2004. Fate of maize intrinsic and recombinant genes in calves fed
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30. Einspanier, R., Klotz, A., Kraft, J., Aulrich, K., Poser, R., Schwagele, F., Jahreis, G. & Flachowsky, G. 2001. The
fate of forage plant DNA in farm animals: a collaborative case-study investigating cattle and chicken fed
recombinant plant material. European Food Research and Technology, 212: 129-134.
Klotz, A., Mayer, J. & Einspanier, R. 2002. Degradation and possible carry over of feed DNA monitored in pigs
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characteristics and fate of recombinant plant DNA in chickens. Poultry Science 84: 385-394.
31. Chowdhury et al. 2004. op. cit.
32. Einspanier et al. 2001. op. cit.; Phipps, R.H., Deaville, E.R. & Maddison, B.C. 2003. Detection of transgenic and
endogenous plant DNA in rumen fluid, duodenal digesta, milk, blood, and feces of lactating dairy cows. Journal
of Dairy Science, 86: 4070-4078.
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Sampson, A. 2003. Clinical and laboratory investigation of allergy to genetically modified foods. Environmental
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Ready soybean. European Food Research and Technology 220: 438-443.
Si veda anche: Greenpeace 2004. Monsanto's GE 'Roundup Ready' Soya– What more can go wrong?
www.greenpeace.org
Corrispondenza tra il governo britannico e la Monsanto, al sito:
http://www.food.gov.uk/science/ouradvisors/novelfood/acnfppapers/gmissues/60500/.
36. De Schrijver, A. & Moens. W. 2003. Report on the molecular characterisation of the genetic map of event Bt11.
http://www.biosafety.be/TP/MGC.html.
De Schrijver, A. & Moens. W. 2003. Report on the molecular characterisation of the genetic map of event
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Hernández, M., Pla, M., Esteve, T., Prat, S., Puigdomènech, P. & Ferrando. A. 2003. A specific real-time
quantitative PCR detection system for event MON810 in maize YieldGard ® based on the3-transgene
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37. Coghlan, A 1999. Splitting headache: Monsanto’s modified soya beans are cracking up in the heat. New
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38. Fox J.L. 1997. Farmers say Monsanto’s engineered cotton drops bolls. Nature Biotechnology 15: 1233.
39. Lappé, M.A., Bailey, E.B., Childress, C.C. & Setchell, K.D.R. 1999. Alterations in clinically important
phytoestrogens in genetically modified, herbicide-tolerant soybeans. Journal of Medicinal Food, 1: 241-245.
40. Riha, K., McKnight, T.D. Griffing, L.R. & Shippen, D.E. 2001.Living with instability: plant responses to telomere
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