01/01/2010

Michele Mulieri, l’uomo che fu Repubblica

“Per i contadini, lo Stato è più lontano del cielo, e più maligno, perché sta sempre dall’altra parte.”
Carlo Levi, Cristo si è fermato a Eboli

“…io in persona mi nego a tutte le chiamate
e mi dichiaro Repubblica assoluto

avventuriero grande invalito Mulieri”
(sic)

“I miei figli non avrebbero avuto un avvenire incerto e stentato.
In paese dicevano che ero pazzo. Bene, se questa è pazzia, la auguro di cuore a tutti gli italiani.”

Forse i più lo ignorano, ma il 2010 segna il 60° anniversario di un curioso esperimento micronazionale.

La curiosa vicenda di Michele Mulieri da Grassano, provincia di Matera, classe 1904, ha però inizio prima della Seconda Guerra Mondiale, quando dal paese nativo cerca fortuna prima a Roma -dove incontrerà una strana figura di anarchico-falegname, Urbano Fiorentino, che gli trasmetterà il mestiere e probabilmente alcune delle sue idee politiche- e poi in Africa Orientale. In entrambi i casi, dopo un certo tempo, Mulieri rientra al paese.

Negli anni della guerra è a Cesano di Roma: il boom economico è ancora di là da venire ma è evidente che alcune aree come quelle attorno alla Capitale si stanno preparando a una crescita esponenziale.
C’è molto lavoro, se si vuole cercarlo: si costruiscono strade, stabilimenti industriali e via dicendo.
In uno di questi cantieri trova un posticino anche Michele, che si trova una casetta a Cesano per sé e famiglia.
Stavolta, forse, il paese l’ha abbandonato per davvero.

E invece no: un brutto incidente sul lavoro, avvenuto nel 1943, lo lascia invalido e distrugge i sogni della famiglia Mulieri di abbandonare la società contadina dalla quale proviene.
Intanto c’é la guerra che spacca in due l’Italia. Michele non la combatte perché congedato dopo la nascita del quarto figlio.

Dopo molte peripezie, torna a casa: che fare adesso della propria vita?

Mulieri non ha nulla, a parte qualche soldo avanzato dalle peripezie del tempo di guerra e una pensioncina da invalido: si inventerà mille attività – un posto di ristoro, una pompa di benzina e altro ancora – con le quali dare sostentamento alla propria famiglia e tenere in piedi una piccola comunità di 24 anime dove prima c’era il nulla.

Il tutto, per di più, sfidando le autorità, la burocrazia (che lui -semianalfabeta- chiama “plutocrazia”) e gli “oppressori” pubblici e privati (l’AGIP, i Carabinieri e chi più ne ha più ne metta) che non sembrano dargli tregua ogni volta che Michele ha una delle sue strambe idee. Si rifiuterà di iscrivere l’ultimo figlio, Guerriero Romano Antonio, all’anagrafe e poi di rispondere al censimento. E’ solo l’inizio.

Il 1950 è un anno giubilare; ai Piani Sottani, nei pressi del bivio di Grassano, il nascente locale di Mulieri si chiamerà Ristoro dell’Anno Santo. E questo luogo improbabile, guarnito da bizzarri cartelli con gli slogan strambi e scritti in un italiano zoppicante sarà la sua “Repubblica Assoluta“: la “Repubblica del Tricolore” o “Repubblica dei Piani Sottani“.

E’ lo scrittore Rocco Scotellaro a scoprire la figura di Mulieri: nell’inchiesta “Contadini del Sud” presenta e consacra il personaggio. Vorrebbe dedicargli un intero libro, ma purtroppo Scotellaro muore nel 1953, stroncato da un infarto a soli trent’anni. Il suo lavoro è pubblicato postumo ed incompiuto nel 1954 (oggi in “L’uva puttanella. Contadini del Sud” per i tipi di Laterza).

Mulieri però è ormai leggenda: la stampa si interessa a lui, da testate oggi dimenticate come Opinione Sera alle più popolari come La Domenica del Corriere e L’Europeo. Scrivono di lui firme come Pietro Nenni su L’Avanti. Se ne interessano lo stesso Carlo Levi, autore di “Cristo si è fermato a Eboli” -peraltro in parte ambientato proprio a Grassano, essendo stato condannato l’autore al confino in Lucania- e l’editore Vito Laterza.

Michele è un simbolo del meridionalismo ma è anche molto altro. Impossibile definirlo semplicemente “anarchico”. Di sicuro, come dicevamo, qualche ideuzza anarchica qua e là l’avrà anche assorbita. Ma una simile definizione sarebbe forse imprecisa o riduttiva.

Qualcuno definisce “Sovietica” la sua Repubblica di fantasia: ma Mulieri non è comunista. Vota MSI, ma non è mai stato missino né fascista (anzi, con qualche esponente del precedente regime ha le sue pendenze, anche in tribunale).

Mulieri è Mulieri; esprime un voto di protesta: votando MSI esercita il suo diritto di voto senza favorire i due grandi partiti del dopoguerra, DC e PCI.

Sulle sue terre allestisce il “Campo Storico della mia vita“: file di alberi dedicati alle persone che lo hanno tradito e maltrattato.

Scaltro, astuto, bizzarro, poetico, quasi folle. La sua vicenda, assieme a ritagli, foto, articoli di giornale e via dicendo è raccolta finalmente in volume solo nel 1982, quando Franco Casalino firma a quattro mani con il diretto interessato “La vera storia di Michele Mulieri“, per Galzerano Editore.

Non c’é bisogno di una fortezza militare nel mare del Nord per essere “nazione”: Mulieri è stato un esempio più unico che raro di uomo libero, solo di fronte alla macchina apparentemente invincibile della burocrazia, eppure spesso vittorioso nelle sue assurde battaglie.

La sua Repubblica di fantasia scompare con lui: quando è ancora in vita, la stessa famiglia sembra averlo rinnegato; la piccola comunità che Michele ha creato quasi dal nulla è ormai ben inserita nel contesto sociale e non ha motivo per procurarsi guai con le autorità.

Dimenticato dal grande pubblico -la sua strana storia è ricordata da un busto in bronzo posto al bivio di Tricarico, opera dell’artista grassanese Pietro BeneventoMulieri è oggi una figura da riscoprire: un antesignano delle micronazioni, per certi versi.

Curioso un elemento: Mulieri in fondo “gioca” – anche per fini promozionali delle proprie piccole attività commerciali – con il concetto di “Repubblica autonoma”. Molto lo “costruiscono” i giornalisti (e Mulieri gongola per le loro trovate che gli portano altri clienti). Diranno persino che vuole scambiare ambasciatori con San Marino e Città del Vaticano, stato al quale avrebbe peraltro strappato il primato di “più piccolo del mondo”. Sono ovviamente baggianate della stampa, ma che gli fanno immensamente piacere.

In fondo, però, con una strana e personalissima forma di patriottismo, Michele non ha mai rinnegato la parte migliore dell’Italia. Ha i suoi curiosi cartelli, il suo Campo Storico, ma non si dota di una propria bandiera.

Se la prende con “ladri”, “infami”, “barbari” che rovinano il nostro paese. E allo stesso tempo si fa ritrarre mentre sventola il tricolore sul proprio “territorio”; si definisce “avventuriero” (un termine che calza a pennello a lui come a diversi altri personaggi legati al mondo delle micronazioni, primo fra tutti il sealandese Paddy Roy Bates) ma anche “figlio del tricolore” e “vivo italiano“.

E in uno dei suoi scritti tanto sgrammaticati e deliranti quanto efficaci e sinceri, proclamerà con forza: “Voglio morire da cane / ma italiano“.

Tematiche: micronazioni,personaggi Scritto da Nicola Battista alle 8:00.

3 commenti
a Michele Mulieri, l’uomo che fu Repubblica

  1. vincenzo

    su Friday, February 26th, 2010 alle 16:25:

    io lo conosciuto bene,e mi ritengo fortunato, grazie Mullieri Michele

  2. aldo

    su Sunday, August 22nd, 2010 alle 19:34:

    Ho conosciuto e intervistato Mulieri trenta anni fa.Ero sulle orme di Scotellaro:Mulieri,astuto e simpatico,mediava al suo tempo un pezzo di pane che nessuno gli avrebbe dato.Una micro e bonaria rivoluzione ad alta voce in quel fermento Scotellariano che animava incitando con fede e onestà.Mulieri approfittò e fece il suo dovere con astuzia,intelligenza,furbizia ma gridando tutto alla luce del sole.

  3. su Thursday, March 14th, 2013 alle 16:05:

    […] Italia, si contano almeno due micronazioni nate per protesta. La prima, nel 1950, è stata la Repubblica Assoluta di Michele Mulieri, un contadino della provincia di Matera (di Grassano, per la precisione) che la fondò per rivolta […]

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