"Oggi è un buon giorno per morire"
Non ricordo dove l’ho letta o dove l’ho sentita.
Ricordo solo che era una frase detta da un capo indiano.
Da quando l’ho sentita ho sempre pensato che fosse una
buona frase e che rappresentasse la sintesi del mio pensiero.
Pensare che ogni giorno fosse buono perchè lasciavi
comunque qualcosa di importante e perchè la tua vita aveva
avuto un senso.
Ricordo quando, durante la mia adolescenza, discutevamo
animatamente su tutto.
Sembravamo cani e gatti, ma quelle discussioni mi sono servite a
relazionarmi con gli altri e a cercare di andare a fondo nelle
cose.
Quando, anni dopo, mi sentivo figlio e padre al tempo stesso, ho
più volte ripercorso quegli istanti e tanto mi hanno fatto
pensare.
Ricordo quando tornavi dalle tue passeggiate in montagna in
inverno e mi portavi la neve nel thermos, quando andavamo in
montagna assieme e mi insegnavi a conoscere il grido delle
marmotte.
Ricordo quando mi hai insegnato a guidare, quella 850 che faceva
acqua da tutte le parti ma andava dovunque, le vacanze passate
assieme, la gioia che leggevo nei tuoi occhi quando prendevi in
braccio i tuoi nipoti, le prime battute di pesca nelle mattine
nebbiose.
La strada percorsa assieme parlando del più e del meno, il
caffè diviso durante le fredde mattine invernali, i
consigli che ci siamo scambiati su esche, montature e
tecniche.
Questa è la cosa che più mi dispiace.
Non essere riuscito a portarti a pescare ancora una volta. Ci
tenevi tanto.
Ricordo quando lo scorso natale sei venuto a pranzo da me,
guidando la tua macchina che dopo tanti sacrifici sei riuscito a
comperare. La tua prima macchina nuova.
Stanco, col respiro affannoso, ma presente.
E ieri quando, ancora lucido, ci hai salutato e, rivolto a Dany
gli hai detto: "Ciao belva".
E lui, con la dolcezza che gli animali hanno, discretamente e
amorevolmente ti leccava le mani gonfie, quasi cosciente del tuo
stato di salute.
Purtroppo oggi è venuto quel momento.
Te ne sei andato così come hai vissuto.
Dignitoso, silenzioso, attorniato dalle persone che amavi.
E io mi sono ritrovato ad accarezzarti come da molti anni, forse
troppi, non facevo.
Ed ho pianto.
Avrei dovuto essere contento e invece piangevo.
Contento perchè sei riuscito a terminare i tuoi giorni
come hai sempre voluto.
Perchè non sei stato relegato in un letto di ospedale a
soffrire e vegetare.
Perchè fino all’ultimo hai potuto ragionare.
Non avresti sopportato l’immobilità, i pannoloni, i cateteri e, soprattutto, non
avresti accettato la decadenza della ragione.
Ma cosa vuoi, si pensa sempre di essere pronti, ma in fondo non
lo si è mai abbastanza.
Sono però fiero ed orgoglioso di averti avuto come padre e
spero che i miei figli possano dire altrettanto di me.
Sei stato un buon padre. Mi hai trasmesso i valori fondamentali
in cui credere e mi sei stato di esempio.
So che non leggerai mai queste poche righe, ma volevo comunque
ringraziarti.
Grazie papà per tutto quello che hai rappresentato e per
tutto quello che hai fatto.
Questa mattina il cielo era coperto di nuvole, come se fosse
anch’esso triste e premonitore di ciò che stava accadendo.
Ma poi, nel pomeriggio, si è riempito di mille colori e al
tramonto si è colorato di rosso. Forse voleva mandarci un
messaggio. Un messaggio di serenità
Non siate tristi per il momento, ma gioite ricordando quello che
è stato.
Ed è così che voglio ricordarti.
Ciao papà. Grazie.