Il Blog dei Bradipi di Montagna

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sabato 11 luglio 2009

Lo ZUCCONE CAMPELLI, SENSAZIONI DOLOMITICHE BARZIESI



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Zuccone Campelli
Coldere - Cengia del Barbisino - Ferrata Mario Minonzio - Sentiero degli Stradini


E' venerdì sera. Domenica riparto da Milano, dove sono appena tornato per il cambio di valigie, in direzione Corsica. L'occasione è troppo ghiotta... Il tempo sembra permettere una gitarella e, dopo un dieci giorni dedicati alla Laguna ed alla pesca, una sana passeggiata mi potrebbe aiutare a perdere un po' della "panza" degna di un rospo accumulata durante gli ozi lagunari...

Tempo fa, in occasione di una bella uscita sulla Cresta Sinigaglia, si era parlato con Andrea e Stefano della possibilità di andare a fare la Mario Minonzio, che loro ancora non hanno fatto. Una telefonata ed è organizzato il tutto.
A dire il vero, la mia proposta era - al solito - più complessa, ovvero ferrata CAI Barzio allo Zucco di Pesciola e discesa per la Minonzio. Stefano, però, previdente (ormai mi conosce), mi "esorta" a fare "solo" la Minonzio.

E' sabato mattina, sono le 7.00 e davanti al portone di casa compare l'automobile del duo Andrea-Stefano. Saluti, domande id prammatica e partenza in direzione Barzio. Il traffico ci assiste e ben presto parcheggiamo e ci dirigiamo a far colazione al baretto sotto la cabinovia.

Alle 8.30 circa la cabinovia ci carica e verso le nove meno qualcosa partiamo. Decidiamo di andare a prendere la ferrata salendo per le Coldere. Ovviamente, allo scopo di "tagliare", perdo subito il segnavia (complice anche il sonno mattutino), ma lo ritroviamo quasi subito. Di buon passo arriviamo sulla cresta e - per curiosità - deicdiamo di andare a prendere la Cengia del Barbisino.

La Cengia è molto bella, panoramica, esposta ed aerea. E' però molto mal tenuta, in alcuni punti è franata ed in svariati punti "scabrosi" il cavo è saltato e si deve procedere con attenzione. In seguito, poi, si incontrano numerosi punti esposti pieni di erba scivolosissima cui fare molta attenzione.
Non ci facciamo intimorire, anzi... Sempre con gli occhi ben aperti, procediamo in direzione del canalino che dal Vallone dei Camosci porta all'attacco della ferrata Mario Minonzio. Il canalino non è difficile, ma scarica sassi a nastro. Ne sa qualcosa il buon Stefano che, più giovane die tre, si becca un bel sassotto in testa subito... Ne viene fuori un'eresia degna del sottoscritto (che ha la scusante di essere veneto) e, subito dopo, viene indossato il caschetto. Meglio...
Il canalino, dicevo, non è difficile. A stare al suo centro, anzi, sarebbe facile, ma è estremamente franoso. Una catena accompagna sulle rocce di sinistra, salendo, con difficoltà maggiori ma su roccia tutto sommato discreta...

Tra un'eresia ed una presa in giro, comunque, arriviamo abbastanza presto all'attacco della ferrata. Qui indossiamo gli imbraghi, ci prepariamo ed affrontiamo subito il primo passaggio, una paretina che sale quasi verticale da destra verso sinistra, con pochi appigli netti. Un paio di chiodi e di pediglie danno ulteriore ausilio. Un minimo di tecnica e si passa, senza danni o patemi d'animo.
La continuazione della ferrata è una vera goduria, anche se severa e mai banale: una serie di fessuroni e paretine collegate da cengie o sentierini, esposti, con visuali sempre più belle sulle montagne circostanti e sul sottostante Vallone dei Camosci.
Un paio di fessure particolarmente pepate (senza essere troppo difficili) portano ad una ripida discesa ad un profondo intaglio. La discesa è forse uno dei passaggi più fastidiosi dell'escursione e richiede un po' di tecnica per evitare di "ghisarsi" inutilmente le braccia. E', comunque, questione di non troppo tempo e ben presto si arriva alla parete ascendente verso destra che, dopo aver sfruttato una lama staccata sulla quale giocare prima in spaccata su un tratto decisamente verticale e poi di equilibrio sulla lama stessa, accompagna alla scaletta che immette l'escursionista sull'ultima parte della ferrata, composta da una lunga cengia esposta e panoramica, seguita da una fessura diedro con un attacco non proprio facilissimo e sul quale, per evitare la solita ghisata, è meglio saper sfruttare le conoscenze tecniche di progressione in roccia. Con un paio di spaccate si raggiungono ottimi appoggi per i piedi ed il passo iniziale è presto passato. Non resta che la continuazione del diedro-fessura che immette all'ultimo breve canalino franoso immediatamente sotto la vetta, ove padre e figlio si dedicano allo "sbrano del panozzo", mentre il sottoscritto si gode la sigaretta di vetta a debita distanza.

Per la discesa, decidiamo di scartare l'ipotesi canalone dei Camosci (poca voglia di rovinarsi le ginocchia) ed optiamo per la variante lunga ma tranquilla del sentiero normale unito a quello degli Stradini. Il sentiero normale scende dolcemente fino quasi al rifugio Cazzaniga. Poco prima di questo, si prende (ottime segnalazioni) il sentiero che procede verso il rifugio Lecco e, dopo un paio id risalite, ci si trova sul panoramico e simpatico sentiero attrezzato degli Stradini, anche questo iperattrezzato (è un sentiero molto frequentato), ma che presenta tutti i sengi dei danni provocati dall'invernata scorsa.. In più punti il sentiero è franato e occorre prestare un minimo d'attenzione. In ogni caso, abbastanza presto, ormai stanchi, raggiungiamo il rifugio Lecco, piuttosto affollato. Il cielo alterna squarci di sole a momenti in cui si abbassano nubi nerastre...

Dopo la birra di rito, decidiamo di scendere all'auto e tornare a Milano. Siamo stanchi, ma una volta di più la Dolomia del Lecchese, questi Monti Pallidi Lombardi, ci hanno fatto il regalo di una stupenda escursione in un ambiente decisamente dolomitico ed unico.

Un grazie ad Andrea e Stefano e, a chi legge questo post, buonissima estate, in vacanza o meno!!!

1 commento:

  1. Ciao!
    Trovato il tuo blog per caso, lo leggo con piacere. Saluti da un simile (la bradipessa: blog.libero.it/sillylamb)

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