Il Girovago - La Lingeria Indietro Ritorna a Elenco Racconti Avanti
È una figura che non c’è più, ed è un buon segno. Da noi un girovago era chiamato un “Povero” con significato più tollerante, o “Lingera” con un senso un po’ dispregiativo, quasi un ozioso, un randagio. Ma era il prodotto di quei tempi di povertà.
Altrove, con senso più raffinato, li chiamano Barboni.
Allora la famiglia stava molto unita, anche per stare attorno a un cespite di guadagno. Oggi c’è anche chi vive da solo, però ha mezzi suoi; ma allora, quando un uomo era solo, privo di pensione e senza rendite, senza parenti o un istituto che lo accogliesse...che vita poteva fare? Spesso diventava un nomade isolato, si dava alla campagna, faceva la Lingera, che non possedeva altro che quello che portava addosso o nel fagotto e un bastone in mano.
Vagava per la campagna, da una collina all’altra, qualcuno aveva un itinerario già conosciuto, che ripeteva per l’esperienza. Accettava dalla gente anche una pagnotta o una scodella di minestra. Capitando in una cascina, chiedeva di poter dormire sul fieno o sulla paglia. Nella stagione fredda era ben contento se gli concedevano di dormire nella stalla.
C’era chi aveva punti stabiliti nel suo vagabondare: erano le stalle dove sapeva per esperienza di essere ben accolto. Una Lingera chiamato Bergamo, la provincia della sua provenienza, passava periodicamente da Morialdo dalla famiglia Ostino (Ca nova). Un altro era chiamato Pinerolo, con un itinerario quasi simile.
Di solito i contadini lo accontentavano; gli raccomandavano solo di non accendere fiammiferi, per la gran paura del fuoco. Infatti allora non c’erano mezzi di difesa contro il fuoco, un incendio poteva divorare tutto, la casa e il contenuto.
Riccardo Moiso di Ranello racconta che diceva al randagio di passaggio: “Stà pure, ma lascia i fiammiferi qui, sulla finestra, quando vai via, li riprendi”.
Si diceva che i contadini tollerassero la presenza di un girovago nella cascina o nella stalla, per timore che, cacciandolo malamente, costui si vendicasse appiccando il fuoco, tanto era grande il timore che incutevano le fiamme in campagna.
Ho ancora vivo nella memoria quell’incendio visto a Mondonio, dove si cercava di domarlo con le macchine da verderame! Tanto fervore, ma nessun risultato.
Ma torniamo all’argomento: dunque il girovago al mattino presto col suo fagotto e il bastone lasciava la cascina e la tana calda nel fieno, su cui aveva dormito e si dirigeva verso l’abitato del paese. Qui passava con discrezione (e con umiliazione) davanti alle case e ai negozi, contento se qualcuno gli metteva una monetina nella mano.
Non ho mai visto i nostri bambini deridere un “povero”; forse era merito dell’educazione ricevuta dalla mamma o dalla maestra, ma soprattutto perché si viveva già tutti in un ambiente di povertà.
Suscitava piuttosto le risate dei bambini il passaggio di un ubriaco che canterellava traballando incerto sulle gambe, e infine, essendogli mancato l’appoggio del muro, perdeva l’equilibrio. Questa scena, che ormai non si vede più, non era poi tanto rara in quegli stessi tempi. Anzi erano simpaticamente conosciuti i soliti ubriachi, chiamati per nome anche dai bambini.
E la nostra lingera, che era arrivato in paese silenziosamente, ora se ne andava allo stesso modo, forse con qualche soldino in più nelle tasche e un bicchiere in più nello stomaco.
Il povero di oggi (se ci fosse ancora) arriverebbe con l’utilitaria!
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