Coro di Usini - dal 1974 -

Coro di Usini - dal 1974


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Testi

Vendetta

La-

 

v.1.0

Cantu ha suffridu po me o mama mia

in cussu tempus de istraziu profundu,

cando sa vida hana leadu a frade meu

senza haer fattu ne arte ne dannu.

 

Fidi un’anzone suende dai sa mama

cun su latte in sa ucca falende,

fi(t) su fiore chi s’accera(t) riende

a su toccu ‘e sa primma campana.

 

No si podia(t) supportare

tantu dolore o mama mia,

deo lu devia iscaiveddare

e l’happo fattu a petta ia …

 

Mori tue puru e manu mia

no ti perdono mai, ha(s) mortu a frade meu,

mori tue puru e manu mia

no ti perdono mai, ha(s) mortu a frade meu.

 

Su coro tou è distruttu o mama mia

però issu non devia(t) campare,

in sa galera podia(t) pane mandigare

frade meu mandiga(t) terra e bia.

 

Sambene sardu si ribella(t) lu devia

po’nde fagher vendetta chiscare,

fi(t) frade meu e fizzu tou o mama mia

s’assassinu devia(t) pagare.

 

No si podia(t) supportare

tantu dolore o mama mia,

deo lu devia iscaiveddare

e l’happo fattu a petta ia …

 

Mori tue puru e manu mia

no ti perdono mai, ha(s) mortu a frade meu,

mori tue puru e manu mia

no ti perdono mai, ha(s) mortu a frade meu.

 

 

Parole e musica: Nanni Brundu 1982

Armonizzazione: Mario Tedde - Coro di Usini


 

 

Quanto hai sofferto per causa mia, o madre mia,

in quel tempo di strazio profondo,

quando uccisero mio fratello

che non aveva commesso neanche il minimo reato.

 

Era un innocente agnellino che succhiava dalla mamma

il bianco latte dell’innocenza, condito con la speranza di una lunga vita.

Era un fiorellino che s’affaccia sorridente

quando i rintocchi delle campane annunciano la festa.

 

Non si poteva sopportare

tanto dolore, o madre mia;

io dovevo colpirlo malamente

e l’ho barbaramente massacrato.

 

“Muori colpito dalla mano del fratello

che hai ucciso, non posso perdonarti;

muori colpito dalla mano del fratello

che hai assassinato, non posso perdonarti”.

 

Il cuore tuo è distrutto, o madre mia,

ma lui non aveva più il diritto di vivere;

in prigione poteva ancora godere dei piaceri della vita,

mio fratello gode solo della fredda terra che lo ricopre.

 

Il sangue sardo si ribella, io dovevo

cercarlo e  compiere la mia vendetta;

aveva ucciso mio fratello, che era anche tuo figlio, o madre mia,

l’assassino doveva pagare con la stessa moneta.

 

Non si poteva sopportare

tanto dolore, o madre mia;

Io dovevo colpirlo malamente

e l’ho massacrato barbaramente.

 

“Muori colpito dalla mano del fratello

che hai ucciso, non posso perdonarti;

muori colpito dalla mano del fratello

che hai assassinato, non posso perdonarti”.

 

Commento

 

La canzone tratta un tema scottante: la vendetta. Sotto l'effetto del dolore cocente, come può essere quello dell'uccisione del proprio fratello, nasce il desiderio di farsi giustizia da sé. Occhio per occhio, dente per dente.

Il testo narra dell'uccisione di un bambino innocente e della pronta vendetta da parte del fratello più grande. Il poeta dà inizio al suo canto “in medias res”. Il fatto è già avvenuto; anche il secondo delitto, quello della vendetta, si è compiuto; e il suo esecutore tenta di giustificarlo agli occhi della madre, addolorata sì, per la morte del proprio figlio, come è più che comprensibile; ma ancor più addolorata per i fatti che seguiranno e non solo perché l'altro figlio è diventato assassino. Sono le premesse per cui, seguendo una tradizione cruenta e inumana, questo figlio, verrà a sua volta ucciso.

La protagonista della canzone non è, quindi, la vendetta, ma una madre addolorata ed afflitta, che piange e si addolora col cuore lacerato e sanguinante.

Attraverso questo dolore impotente e, purtroppo, infruttuoso, cocente e insopportabile, attraverso questo silenzio condito di lacrime e di dolore, c'è un grido lacerante, intimo e inespresso, che condanna la vendetta, questo male endemico, irrazionale e disumano, crudele e spietato, da cui bisogna assolutamente liberarsi.

La vendetta, quindi, viene esorcizzata dal pianto, dalla sofferenza, dall'angoscia senza fine; lavata dall'afflizione e dalle lacrime. Per cui la canzone diventa un invito al perdono, scaturisce da essa un desiderio di pace, un canto di solidarietà, una voce sincera di rinnovamento e ricerca di serenità, diventando un inno di libertà. Perché non ci può essere libertà dove si è prigionieri e schiavi di ancestrali e cruente abitudini di vendetta.

Ed è questo, in sostanza, il messaggio che il Coro di Usini affida a questa canzone. Messaggio raccolto dai Sardi emigrati, i quali, con le loro associazioni e i  loro circoli, sparsi in tutto il pianeta, hanno fatto conoscere anche agli abitanti del paese ospitante, lo struggente appello della mamma ferita, che grida invitando alla pace, alla solidarietà, al perdono! La vendetta è come la guerra: si sa quando inizia, ma non si sa quando, se e come finirà. Essa non risolve i problemi, ma li incancrenisce e li aggrava.

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