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Last Code - "Heritage of Pain" (Selfprod/Selfprod)

Line up:

Salvo Santoro – vocals
Pietro Virzi’ – guitars
Diego Galati – keyboards
Lorenzo Andriolo – bass
Giovanni Giardina – drum
 

voto:

7.5
 

recensione

Dalla citta’ di Palermo ci arriva il cd dei Last Code, “Heritage of Pain”; si parte subito con i complimenti perché la veste grafica e’ molto bella e professionale, per essere una produzione “amatoriale” (anche se di amatoriale c’è ben poco come sentirete), diciamo per una produzione con un budget limitato; anche la registrazione si distingue dalle centinaia di cd “fatti perché lo fanno tutti un cd dai!”, non è figlia sicuramente del pressapochismo dei nostri che penso non sappiano neanche cosa voglia dire quella parola.
Il genere proposto è heavy metal progressivo dalle tinte molto progressive, molto vicine ai Dream Theater, a certe partiture dei Fates Warning, ma anche a passaggi cari ai troppo sottovalutati Ivanhoe di “Visions and Reality” o per certi versi anche alle cose piu’ progressive dei nostrani Secret Sphere, soprattutto quelle del periodo di “A Time Never Come”.
Ci si presentano davanti agli occhi sei tracce piu’ intro, con un minutaggio tutte superiori ai sei minuti, ma nessuna delle presenti su questo disco ti fan venire voglia di schiacciare il tasto skip o l’avanti veloce, in ognuna vi sono sfaccettature che le rendono uniche e ben distinte e catalogabili.
Dopo l’intro di rito “the Last Baktun”, si passa a”Empty Sphere” e qui i ragazzi ci sorprendono subito, melodie convincenti, una buona tecnica, un cantante con buoni doti vocali che ricorda in alcuni frangenti Rob Messina dei Secret Sphere, certo non ha tutta l’estensione vocale del succitato ma se la cava piu’ che degnamente; plauso a Diego Galati, tastierista di scuola Dream Theateriana, del periodo Kevin Moore per certe scelte sui suoni mentre per l’estro piu’ nella scia tracciata dall’ex Dixie Dregs Jordan Rudess.
“Heritage of Pain” ha passaggi durissimi grazie alla chitarra di Pietro Virzi’, e aperture che ricordano i pezzi piu’ space di Ayreon grazie a Diego, tutto corroborato dalla potenza di Giovanni dietro le pelli e a Lorenzo col pulsare incessante del suo basso.
La batteria di Giovanni in “judgement of Fate” è un “palese omaggio a quel mostro che con solo due braccia e due piedi riesce a fare cio’ che riesce a fare Mike Portnoy (tralasciando sul suo passaggio negli Avenged Sevenfold); il pezzo si muove tra sonorità Dream Theater a passagi piu’ vicini agli Ayreon, aggiungendo un tono quasi epico in paio di passaggi, grazie alla voce di Salvo che si fa piu’ istrionica e le tastiere piu’ magniloquenti e neoclassiche.
Da pelle d’oca, splendida l’apertura di “land:One” lasciata al solo piano di Diego, quasi una “someone else” in miniatura per poi esplodere nei mille colori e nelle mille sfaccettature che questi ragazzi ci hanno regalato sin d’ora, un caleidoscopio dove abbinando tecnica e gusto i nostri riescono a dare sempre un taglio estremamente personale a tutto il loro repertorio.
La conclusione non puo’ che essere una e una soltanto, a quando il contratto LAST CODE?!?

Recensione di Lorenzo C.

tracklist

  1. 1.The last Baktun(4Ahau, 3KA’Nkin)
  2. 2.Empty Sphere
  3. 3.Heritage of Pain
  4. 4.Judgement of Fate
  5. 5.Abandon
  6. 6.Land:one
  7. 7.The Day that should never Arise

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