17 marzo 2009

Cartoline da Durazzo di Elisabetta Pescrilli


Mi permetto un messaggio personale. Vorrei ringraziare l’APS Mondo Nuovo ed Antonio Toto Salvati per avermi invitato a partecipare all’International Youth Exchange “Friendship without borders” in Albania.

Non gli sono altrettanto grata per avermi chiesto di scrivere una piccola relazione sul viaggio, perché ora non so da dove cominciare.

La gente pensa che scrivere sia il mio mestiere. E quando, alla riunione “post-scambium” nella sede di Mondo Nuovo, il suddetto Toto ha accennato a un raccontino dell’esperienza da pubblicare sul blog dell’associazione, io ho tenuto lo sguardo basso sperando che nessuno si ricordasse che “c’era una letterata in sala”. Al solo pensiero di dover scrivere una sintesi del viaggio, mi sono sentita come quando, in occasione del compleanno di un amico, tutta la comitiva dava per scontato che fossi io a scrivere il biglietto d’auguri. Tutti sanno quanto vuoi bene al festeggiato, ma non esiste un modo per dirglielo che non sia sdolcinato, o che, pur provando ad essere sarcastico, non risulti stupido.

E puntualmente, la richiesta di scrivere una mezza cartella è arrivata… Ed ora so che le parole per descrivere la mia esperienza non le troverò mai. Non saprei come ricreare l’incredibile atmosfera di Tirana, né come spiegare l’affetto che in pochi giorni si è creato con alcuni ragazzi. Se raccontassi della risata di Vladimir o dei soprannomi di Juli, la cosa non divertirebbe nessuno che non l’abbia vissuta di persona.

Per cui, come alla fine scrivo su tutti i biglietti di compleanno, “ti vogliamo bene, auguri”, qui mi limiterò alla cronaca.

L’Italian team dello scambio, composto da Paola Iannelli, Stefano Sessa, Alessandra Stampone di Biccari (tre soldati semplici più una leader), Salvatore Maio di Lucera e Cristina ed Angela La Riccia di Foggia, è sbarcato a Durazzo la mattina del due marzo. I primi giorni sono stati di assestamento. La stanchezza del viaggio si è fatta sentire, e ancora dovevamo imparare a conoscerci tra italiani, figurarsi con gli altri! Le cose hanno iniziato ad evolversi verso il terzo giorno: tra giochini per farci socializzare e lavori di gruppo sul tema dei diritti umani, ognuno ha assunto il suo ruolo. Inutile raccontare del ruolo assunto da noi Italians. In perfetto Italian Style abbiamo lanciato tormentoni, dato soprannomi e arricchito lo scambio di creatività.

Alcuni momenti sono stati noiosi e altri faticosi . Qualcuno ha faticato con l’inglese, qualcuno ad adattarsi al cibo, qualcun altro alla sistemazione.

Ma la sensazione che tutti abbiamo portato a casa (credo), è che ne sia valsa la pena. Onore al merito agli altri partecipanti, siamo stati circondati da tantissimo affetto, sia per l’ammirazione che tanti, all’estero, hanno per gli italiani, sia perché, essendo tra i meno giovani del gruppo, siamo diventati dei fratelli maggiori un po’ per tutti…

Per il paragrafo “non sono tutte rose e fiori” farò valere lo stesso principio del biglietto di compleanno che non rende le intenzioni di chi lo scrive, e non sprecherò retorica inutile per la povertà intravista attraversando le campagne albanesi in autobus o per i racconti di esperienze di violazioni dei diritti umani emerse durante i lavori dello scambio.

Sono alla fine della fantomatica cartella (anche se me ne era stata chiesta mezza) e dovrei trarre una morale dalla favola. La cosa più importante che ho portato a casa l’ho capita proprio una volta arrivata a casa: non si tratta della ventina di amici in più su Facebook (che non fanno mai male).

In tantissimi mi hanno chiesto “Davvero sei stata in Albania?”, e alla mia conferma, le reazioni sono state per la maggior parte del genere :“Cosa c’è da vedere in Albania?”; oppure: “Mah… con tanti posti più allegri dove andare!”.

La cosa più importante che ho portato a casa da questo viaggio è che mai, mai, mai e ancora mai dirò o penserò frasi del genere, che mai più riprenderò con me i pregiudizi che ho buttato in mare dopo la partenza… e lo spirito con cui viaggerò d’ora in poi non sarà più lo stesso. Per non parlare della soddisfazione nel pensare che quelle persone non saranno mai capaci di assaporare le atmosfere che noi abbiamo vissuto, né di capire di cosa io abbia parlato.

Elisabetta Pescrilli

1 commento:

Anonimo ha detto...

Splendide parole le tue! Abbiamo bisogno di testimoni, soprattutto di quelli privilegiati dall'eperienza diretta. Alle nuove generazioni sfugge ancora la portata di alcuni fenomeni, quali il confronto interetnico ed il dialogo tra società e culture diverse. La sfida lanciata è ostica, ma dalle parole che leggo abbiamo risorse umane all'altezza della situzione. Buon lavoro!

Stefano