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per il commercio equo e solidale

Fidenza (PR)

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Breve storia del Caffè

"Dalla piantagione alla nostra tazzina senza passare dalle borse di New York o Londra …"
Chiapas - Fidenza    Italo 2001

  1. ORIGINE E DIFFUSIONE DEL CAFFE’
  2. MACRO ECONOMIA DEL CAFFE’
  3. COLTIVAZIONE
  4. LAVORAZIONE
  5. COLTIVAZIONE BIOLOGICA
  6. QUALITA’ DEL CAFFE’: ARABICA E ROBUSTA
  7. PRODUTTORI DI CAFFE’
  8. IL MERCATO INTERNAZIONALE DEL CAFFE’
  9. IL COMMERCIO EQUO E SOLIDALE (CES)
  10. IL CAFFE’ IN CHIAPAS (MESSICO)
  11. PICCOLI PRODUTTORI DI CAFFE’ A TILA (CHIAPAS)

1.ORIGINE E DIFFUSIONE DEL CAFFE’

Il caffè è una pianta originaria dell’altopiano etiopico (Etiopia). Nel 13° e 14° secolo i commercianti di schiavi portarono il caffè in Arabia, attraverso il Mar Rosso, dove prese il nome di “kahwah”. Si diffuse nella penisola arabica ed il principale porto di esportazione divenne Mocha (Mokka) nello Yemen; da qui il caffè si espanse nell’intera area islamica.
Nel 17° secolo, grazie ai turchi, che la chiamavano “kahweh”, la nuova bevanda raggiunse l’Europa: nel 1645 venne aperta a Venezia la prima “casa del caffè”, altre seguirono a Marsiglia nel 1659 e ad Amburgo nel 1679. In Francia, Inghilterra ed in Austria le case del caffè erano il luogo di incontro della gente colta e dei letterati. Nel 1689, a Parigi, c’erano già 250 caffè.
Fino a metà del 17° secolo Etiopia e Yemen furono gli unici produttori del caffè, ma le potenze coloniali europee capirono presto che una propria produzione nei territori d’oltremare sarebbe stata redditizia.
Nel 1690 gli olandesi iniziarono la coltivazione del caffè a Giava (Indonesia), nel 1720, con Luigi XIV, i francesi impiantarono la prima piantagione in Martinica.
Nello stesso periodo iniziò la coltivazione nella Guyana olandese e francese. Da qui nel 1827 un diplomatico portoghese avrebbe contrabbandato nel vicino Brasile alcune piantine di caffè.
Gli inglesi portarono il caffè in Giamaica (1730) e gli spagnoli nelle Filippine (1740). Nel 1790 il caffè raggiunse il Messico ed in America Centrale si diffuse a partire dal 1800; nell’Africa Centrale nel 19° e 20° secolo.
In Europa anche gli strati borghesi divennero bevitori di caffè, aumentando così la richiesta. I colonizzatori imposero la coltivazione del caffè in aree sempre più grandi, sottraendo spazio e tempo alle coltivazioni originarie per l’autoconsumo, causando in molti casi vere e proprie emergenze per fame delle popolazioni indigene. In altri casi furono anche importati schiavi per il lavoro nelle piantagioni di caffè e di zucchero.

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2. MACRO ECONOMIA DEL CAFFE’

La fine dal periodo coloniale non cambiò di molto la situazione nei Paesi del caffè; la produzione, sempre in aumento, faceva aumentare l’offerta con prezzi verso l basso. Solo in presenza di cattivi raccolti i prezzi periodicamente salivano.
Per stabilizzare i prezzi, nel 1962 i Paesi coltivatori e quelli acquirenti conclusero l’Accordo Internazionale del Caffè (ICA). L’accordo fu reiterato quattro volte fino la 1999, anno in cui non si trovò consenso tra i produttori per le quote di esportazione ed i Paesi consumatori non accettarono le vendite a prezzi bassi verso Paesi non facenti parte dell’ICA.
Dal 1993 si è formata l’Associazione dei paesi Produttori di Caffè (APPC), che tenta di alzare i prezzi limitando le esportazioni nei periodi di bassi prezzi. Si tratta però di uno strumento debole perché non tutti i Paesi produttori vi aderiscono e soprattutto perché l’80% del commercio complessivo del caffè è controllato da un numero ristretto di società transnazionali, che possono così imporre le condizioni di acquisto e vendita, anche attraverso acquisti massicci, costituzione di stock ed imposizione di nuove piantagioni in paesi dove il costo della manodopera è estremamente basso.

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3.COLTIVAZIONE

Il caffè è una pianta tropicale: cresce nelle regioni tropicali e subtropicali. Necessita di una temperatura media tra 17 e 23 gradi centigradi, di abbondanti precipitazioni e di buone condizioni del terreno.
I semi sono seminati singolarmente: dopo 5 o 6 settimane spuntano le prime pianticelle. Dopo 6 mesi le piante sono trapiantate a distanza di 2 – 4 metri l’una dall’altra; dopo 4 anni sbocciano i primi fiori.
Per migliorare la resa, le piante di caffè sono spesso all’ombra di altre piante più grandi, ad es. banani o altri alberi da frutta; sono mantenute con potature ad un’altezza di 2,5 – 3 metri. Sarchiatura, potatura, concimazione, innaffiamento e lotta contro i parassiti danno lavoro per l’intero anno ai coltivatori di caffè.
Durante la maturazione le ciliegie delle piante di caffè mutano il loro colore da verde a rosso; sono necessari da 9 a 12 mesi tra fioritura, maturazione e raccolta.
I frutti non maturano contemporaneamente pertanto non è possibile meccanizzare la raccolta, che così impegna molte persone. I frutti sono immagazzinabili solo per pochi giorni e vanno subito lavorati per separare i chicchi (noccioli dei frutti) dalla polpa.

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4.LAVORAZIONE

Il processo di lavorazione, che porta il caffè raccolto nelle piantagioni alla tavola dei consumatori, comprende: lavorazione a secco o a umido, tostatura, macinazione ed eventuale riduzione della caffeina (caffè decaffeinato) o processi di liofilizzazione.
Nel processo a secco le ciliegie del caffè sono asciugate ed essiccate al sole o in essiccatori a tamburo, poi la polpa e la pellicola circostante al chicco sono separate in grandi macchine; il risultato è il caffè verde o d’oro.
Più dispendioso è il processo a umido, che viene usato per le qualità migliori. I frutti sono messi in serbatoi o canali d’acqua; in mulini chiamati “pulper” la polpa viene spremuta via ed i chicchi sono lasciati in vasche dove perdono acidità. Si ottiene così il “pergamino”; dopo un lavaggio e l’essiccazione i chicchi vengono sbucciati della pellicola.
La lavorazione si completa quindi con la tostatura (torrefazione) e macinatura.

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5.COLTIVAZIONE BIOLOGICA

I residui velenosi causati da fertilizzanti ed antiparassitari chimici rimangano per la gran parte nella buccia della ciliegia del caffè. Tuttavia l’uso dei prodotti chimici è dannoso per i contadini, spesso non preparati ad un uso appropriato ed alle misure di protezione per il contatto con materie velenose, per il terreno e per l’acqua inquinati dai prodotti chimici dispersi e dai residui chimici nei frutti putridi nella lavorazione ad umido.
Esistono alternative alla coltivazione convenzionale: sia in America Latina che in Africa sono già molte le piantagioni che producono con metodi biologici ed esistono marche di caffè biologico certificate da associazioni internazionali.
Spesso sono proprio i contadini che ricorrono alle conoscenze dell’agricoltura naturale nel rispetto del tradizionale amore per la Madre Terra.
Così i piccoli contadini indios di Oaxaca e Chiapas nel Messico del Sud da più di cento anni producono il caffè sano (o organico) che mantiene pulito il terreno e rispetta i cicli naturali.
Alcune regole per la coltivazione biologica del caffè:

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6.QUALITA’ DEL CAFFE’: ARABICA E ROBUSTA

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7.PRODUTTORI DI CAFFE’

Non esistono “i” produttori di caffè. Ci sono latifondisti, salariati giornalieri e piccoli contadini con le loro famiglie.
Latifondisti
La coltivazione intensiva del caffè è sempre stata legata a politiche colonialiste. Ancora oggi solo un terzo della produzione mondiale arriva da aziende gestite da piccoli contadini, mentre il resto proviene dai grandi latifondi di Brasile, Colombia ed America Centrale. In questi Paesi i cosiddetti “baroni del caffè”, eredi dei vecchi colonialisti, esercitano tuttora una forte influenza politica ed economica.
Piccoli contadini
A seconda della situazione, un piccolo contadino ha bisogno di tre, cinque o dieci ettari di terra per la sua sussistenza, ma ci sono numerosi piccoli contadini che possiedono meno di tre ettari. I piccolo produttori in America Latina costituiscono più dell’80% dei produttori, ma producono meno del 20% del caffè totale, mentre in Africa il 90% della produzione è ottenuta dai piccoli produttori.
Nei periodi di raccolta tutta la famiglia dei piccoli contadini è impegnata nella piantagione, mentre nei rimanenti mesi essi devono lavorare altrove, quando è possibile, per assicurarsi la sussistenza.
Un altro grosso problema è l’accesso al mercato: chi è costretto a dipendere dagli intermediari per vendere il proprio caffè riceve solo la metà o un quarto del prezzo di mercato. Imparando a lavorare insieme, attraverso la costituzione di cooperative, diventa allora possibile la collaborazione con le organizzazioni di Commercio Equo e Solidale e quindi di liberarsi dagli intermediari.
Salariati giornalieri
I salariati sono l’ultimo anello della “catena del caffè”. Essi non possiedono alcuna terra o ne hanno così poca da non poterci vivere. Quelli che decidono di non emigrare sono obbligati a prestare la loro manodopera sottopagata nelle piantagioni: in Guatemala, Messico, Perù e Bolivia sono quasi sempre indios, nella Repubblica Dominicana neri, in Costarica profughi del Nicaragua.

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8.IL MERCATO INTERNAZIONALE DEL CAFFE’

In tempi di “prezzi normali” il caffè rappresenta, dopo il petrolio, il secondo prodotto sul mercato mondiale delle esportazioni, con un volume di circa 10 miliardi di dollari US. Sono coltivati circa 10 milioni di ettari in 75 Paesi del mondo; sono prodotti 90 - 100 milioni di sacchi (60 kg cadauno); un terzo della produzione totale proviene da due principali terre di coltivazione: Brasile e Colombia.
Circa 100 milioni di persone vivono grazie alla coltivazione del caffè. La situazione economica di molti Paesi è legata la commercio del caffè ed alla dinamica del suo prezzo, con conseguenze importanti sulla politica interna. Ad esempio la quota di esportazione del caffè sul totale delle esportazioni è del 65% per Uganda, 60% Burundi, 50% Ruanda, 48% Etiopia (dati del 1994).
La situazione economica dei piccoli produttori del Sud del Mondo è particolarmente grave: i loro scarsi volumi di produzione, di prodotti velocemente deteriorabili, offerti da molti produttori a pochi compratori li rende completamente sottomessi al potere della controparte. Per loro la legge della domande e dell’offerta non conta perché è sproporzionato il potere delle multinazionali del Nord (con banche e governi a supporto) rispetto agli isolati e piccoli contadini del Sud. Le strategie di sfruttamento sono sia commerciali che finanziarie (prestiti, debito dei più poveri, aggiustamenti strutturali) e determinano l’aggravamento progressivo delle condizioni di vita dei produttori del Sud.

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9.IL COMMERCIO EQUO E SOLIDALE (CES)

Il CES è una delle risposte possibili agli squilibri ed alle ingiustizie generati dall’attuale sistema internazionale degli scambi; è una forma di cooperazione tra produttori del Sud  e consumatori del Nord, che punta a riportare il sistema al servizio dell’uomo.
La creazione di rapporti commerciali equi permette l’instaurarsi di processi di autosviluppo e autogestione nelle comunità del Sud ed aumenta la consapevolezza e la responsabilità dei consumatori.
I principi base del CES sono:

 

grafico caffè

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10.IL CAFFE’ IN CHIAPAS (MESSICO)

In Messico circa 300.000 produttori coltivano caffè su un’estensione di 750.000 ettari; circa il 92 % sono piccoli produttori con meno di 5 ettari di terreno, più del 60% dei coltivatori sono indigeni.
Il Messico produce uno dei migliori caffè del mondo, coltivato soprattutto sulle montagne; è il quarto Paese produttore al mondo ed il primo nella produzione di caffè biologico.
Più di 3 milioni di persone vivono grazie alla coltivazione e commercializzazione del caffè, ma il reddito annuale medio di un produttore non supera 600 €. I guadagni sono realizzati nella commercializzazione dagli intermediari (chiamati Coyotes) e dalle imprese transnazionali.

In Chiapas il caffè è stato introdotto nel 17° secolo, ma ha raggiunto notevole espansione nei primi anni del “Porfiriato” (periodo che vede la potere Porfirio Diaz  1877 - 1911 e precedette la Rivoluzione Messicana). Compagnie straniere (da Germania, Inghilterra e Nord America) hanno trovato in Chiapas aree tropicali ideali per la coltivazione e situazioni politiche favorevoli per l’espansione delle proprie attività transnazionali.
Da allora le piantagioni sono state amministrate in tre diverse forme. La prima, caratterizzata da elevata produttività ed altrettanto elevati costi sociali, è iniziata con l’introduzione di piantagioni di proprietà ed è durata fino all’inizio della seconda guerra mondiale, quando lo stato intervenne nelle piantagioni di proprietà straniera. La seconda forma, condotta sotto il controllo dello stato, è caratterizzata da mancanza di attenzione alla produzione. Questo fatto ha portato alla terza era, dal 1950 in poi, quando le piantagioni sono tornate di proprietà privata.
Oggi i piccoli produttori sono la grandissima maggioranza e la grave crisi del settore, da metà degli anni ”80, li ha portati a gravi perdite con un notevole aumento della povertà.
L’Istituto Nazionale del Caffè (INMECAFFE’) non ha saputo fronteggiare la crisi e così i piccoli produttori si sono organizzati per cercare vie alternative e prendere il controllo della produzione, della trasformazione e della commercializzazione del proprio caffè. Sono nate molte cooperative e diverse iniziative sono state realizzate per migliorare la qualità di vita dei contadini e per incentivare le coltivazioni senza l’uso dei prodotti chimici. A partire dagli anni “80 alcune cooperative hanno cominciato ad esportare direttamente verso l’Europa, USA e Giappone, soprattutto grazie ai circuiti di Commercio Equo e Solidale. Tuttavia la quota di questo commercio è ancora bassa, nonostante l’ottima qualità del caffè, ed ancora lungo è il cammino da fare per diffondere una dignitosa qualità di vita per le famiglie dei piccoli produttori.

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11.PICCOLI PRODUTTORI DI CAFFE’ A TILA (CHIAPAS)

Tila si trova negli “Altos” del Chiapas, una zona di montagna tra 1000 e 1500 metri sul livello del mare; la vegetazione è lussureggiante ed il clima è ideale per la coltivazione del caffè. In questo luogo abitato principalmente da indigeni di origine Chol, il caffè rappresenta la principale forma di sostentamento della gran parte delle famiglie.
L’attuale crisi mondiale del caffè ha fatto precipitare l’economia locale e molte persone sono in grave difficoltà. Dal ’97 ad oggi il prezzo di un chilogrammo di caffè al produttore è passato da 25 pesos a 6 pesos (circa 0,77 €), mentre i costi sono aumentati. Nello stesso periodo il prezzo della tazzina di caffè in Italia non è diminuito, anzi… .
La zona di Tila, come molte altre parti del Chiapas è teatro di rivendicazioni degli indigeni contro lo sfruttamento e la discriminazione dello Stato messicano e delle multinazionali; questa lotta ha avuto come principale portavoce il movimento zapatista del subcomandante Marcos. Nei confronti della popolazione sono stati compiuti numerosi interventi violenti e massacri soprattutto da parte di gruppi paramilitari, come ad esempio Paz y Justicia che ha una importante sede propria a Tila.
In questo quadro difficile e drammatico i piccoli produttori di caffè, le cui estensioni di terreno non raggiungono mediamente un ettaro, si sono riuniti in due cooperative per cercare di opporsi al potere dei “coyotes”, come sono chiamati gli intermediari che si accaparrano la produzione e dettano le leggi del mercato locale.
DESMI (Desarrollo Economico y Social del los Mexicanos Indigenas), un’organizzazione non governativa messicana, sta aiutando questi coltivatori a migliorare la produzione ed organizzarsi per la commercializzazione.
La cooperativa “Shlumijelonla” è riuscita a comprare una macchina per la tostatura del caffè  e così riesce a proporre il caffè già tostato ed eventualmente macinato.
La seconda cooperativa “ Casa Maya” si sta organizzando per la certificazione, da parte di organismi internazionali, della produzione di caffè organico.
Per entrambe le cooperative la commercializzazione rimane la fase determinante da sviluppare e  concretizzare. Anche per loro il Commercio Equo e Solidale rappresenta l’unica reale speranza di raggiungere un giusto sostentamento delle proprie famiglie.

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ultimo aggiornamento: 8-Dic-2010