Torino, 3 apr . (Adnkronos) - La perizia psichiatrica fatta 'sulla carta' durante il processo d'appello non puo' essere usata come elemento contro Anna Maria Franzoni. A sottolinearlo e' il suo legale, Paola Savio, che durante l'arringa ha anche contestato che non e' stata tenuta in considerazione la perizia di primo grado perche' era mancante la relazione fatta quando Anna Maria si trovava in carcere. Ecco, dai documenti ufficiali agli atti del primo processo (ma non del secondo), le risultanze della perizia svolta in primo grado: L’INCARICO Il 28 marzo 2002, il Dott. Fabrizio Gandini, GIP del tribunale di Aosta, nel corso dell’udienza disposta presso la Casa Circondariale delle Vallette di Torino, presente il PM Dott.ssa Maria Del Savio Bonaudo ed il difensore dell’indagata, Prof. Avv. C.E. Grosso, conferiva ai sottoscritti Proff. FRANCESCO BARALE, ordinario di Psichiatria presso l’Università di Pavia, FRANCESCO DE FAZIO, Ordinario di Medicina Legale presso l’Università di Modena e ALESSANDRA LUZZAGO, Ordinario di Psicopatologia Forense presso l’Università di Pavia, l’incarico di procedere a perizia psichiatrica su Annamaria Franzoni, al fine di rispondere ai seguenti quesiti: 1. se Annamaria Franzoni fosse capace di intendere e di volere al momento del fatto; 2. in caso di risposta negativa al quesito precedente, specifichino il grado e l’entità dell’incapacità riscontrata; 3. se Annamaria Franzoni sia persona socialmente pericolosa; 4. se Annamaria Franzoni sia in grado di partecipare in modo cosciente al procedimento, così come disposto dall’art. 70 C.p.p. Venivano designati CC.TT.PP il Prof. UGO FORNARI, Ordinario di Psicopatologia forense presso l’Università di Torino, il Prof. FRANCESCO VIGLINO, Associato di Medicina Legale all’Università di Novara ed il Dott. MASSIMO PICOZZI, per il P.M.; il Prof. FILIPPO BOGGETTO, Ordinario di Psichiatria nell’Università di Torino, il Prof. GIANCARLO NIVOLI, ordinario di Psichiatria presso l’Università di Sassari ed il Prof. CARLO TORRE, Associato di Medicina Legale presso l’Università di Torino, per la difesa dell’indagata. I sottoscritti Periti venivano autorizzati a svolgere tutte le visite ritenute necessarie e ad acquisire tutta la documentazione sanitaria utile ai fini dell’espletamento dell’incarico peritale, nonchè ad avvalersi di ausiliari (previa comunicazione alle parti e sentiti in ogni caso i CC.TT.PP. per gli accertamenti ritenuti necessari). Il Sig. GIP fissava per il deposito della relazione peritale il termine di gg. 90 dall’inizio delle operazioni peritali (28 marzo 2002) e rinviava al 23 luglio 2002 l’udienza per l’esame dei Periti presso il Tribunale di Aosta. In relazione alla complessità delle indagini veniva chiesta una proroga fino al 12 luglio. In tale data la presente relazione è stata inviata al Magistrato, previo accordo telefonico, via posta elettronica e, successivamente, per posta celere. Sempre previo accordo col Magistrato la presente relazione è stata inviata, per posta elettronica, anche ai CC.TT.PP. I sottoscritti Periti dichiarano che il testo inviato per posta elettronica è esattamente corrispondente a quello depositato. Programmazione e calendario delle operazioni peritali Ai fini dello svolgimento delle indagini, i Periti hanno programmato di volta in volta, d’intesa con i CC.TT.PP., le diverse fasi delle operazioni peritali, alle quali, i CC.TT.PP. hanno presenziato direttamente; hanno tenuto conto, quanto al setting peritale, anche della scelta effettuata dalla perizianda all’atto della prima seduta, allorchè la stessa è intervenuta direttamente nella discussione preliminare tra i sottoscritti Periti ed i Sig. CC.TT.PP., manifestando la sua disponibilità ad un rapporto diretto, in alternativa alla separazione tra Collegio peritale e CC.TT.PP., attraverso l’utilizzazione di sala per le c.d. udienze protette, munita di vetro divisorio e di microfono. Le operazioni peritali, inizialmente fissate per il giorno 28 marzo 2002 presso la Casa Circondariale delle Vallette in Torino, sono state programmate dai sottoscritti Periti, d’intesa con i CC.TT.PP., in termini tali da perseguire gli obiettivi di cui ai quesiti proposti dal GIP e anche tale da garantire la massima riservatezza, evitando l’identificazione sia dei luoghi che dei tempi di svolgimento delle indagini, nella consapevolezza, da tutti condivisa, della esigenza e della importanza di un setting peritale adeguato. Tali operazioni sono state svolte nei luoghi di volta in volta concordati coi CC.TT.PP., e secondo il seguente calendario: 1. 8 aprile 2002, con inizio alle ore 11, presso la Cattedra di Psichiatria dell’Università del Piemonte orientale di Novara. 2. 26 aprile 2002 alle ore 10.30 presso la Cattedra di Psichiatria del Dipartimento di Scienze Sanitarie Applicate e Psicocomportamentali dell’Università di Pavia. 3. 6 maggio 2002, alle ore 10.30 presso la medesima Sezione di Psichiatria dell’Università di Pavia. 4. 24 maggio 2002, ore 10.30 presso la medesima Sezione di Psichiatria, data di conclusione delle operazioni peritali. Nella stessa data i Periti si riunivano collegialmente per discutere il capo. Si precisa, altresì, che, come comunicato ai Sigg. CC.TT.PP., in data 8 maggio 2002 la perizianda è stata sottoposta ad esame EEG, dopo privazione parziale di sonno, presso il Dipartimento di Scienze neurologiche dell’Università di Bologna; il 17 maggio, presso la Sezione di Psichiatria del Dipartimento di Scienze Sanitarie Applicate e Psicocomportamentali dell’Università di Pavia alla periziando è stato somministrato il test di Rorschach; il 28 maggio presso la Clinica Psichiatrica dell’Università di Pavia, le sono state somministrate le scale QED e DDIS; in data 14 giugno la perizianda è stata sottoposta alla somministrazione del test MMPI presso la Sezione di Medicina Legale dell’Università di Pavia. Deduzioni dei CC.TT.PP nel corso ed al termine delle operazioni periziali (svoltesi in 8 sedute) I CC.TT.PP., che hanno partecipato assiduamente alle operazioni peritali, non hanno verbalizzato alcuna deduzione valutativa con riferimento ai quesiti, nè in rapporto ai dati di volta in volta acquisiti, nè in esito ai diversi incontri collegiali ai quali hanno assiduamente partecipato. Hanno altresì preso atto delle indagini svolte, sulle quali hanno concordato; alcuni loro suggerimenti sono stati accolti in un clima collaborativo e collegiale. Dopo la conclusione delle indagini peritali è pervenuta una breve nota del Proff. Bogetto e Nivoli, CC.TT.PP. per la difesa, nella quale i Colleghi dichiarano che “sulla base dei colloqui e del materiale testometrico esaminato, non hanno messo in luce alcuna psicopatologia, di interesse forense, in persona di Annamaria Franzoni”. L’esame della documentazione processuale All’atto del conferimento dell’incarico ci è stata consegnata un’ampia documentazione in fotocopia concernente: 1. le indagini di Polizia Giudiziaria svolte a far tempo dal gennaio 2002, giorno in cui è stato ucciso il minore Samuele Lorenzi: con riferimento al fatto, al sopralluogo, alle informazioni rese dai genitori di Samuele, dai familiari, alle testimonianze rese dalle persone che hanno prestato soccorso ecc ...; 2. le indagini svolte dai carabinieri del raggruppamento investigazioni scientifiche e relative deduzioni; 3. la relazione medico-legale redatta dal Prof. Viglino in ordine alle cause del decesso di Samuele Lorenzi; 4. le indagini di polizia giudiziaria volte ad individuare l’autore del delitto; 5. la relazione del Prof. Carlo Torre e del Dott. Carlo Rubino svolta su richiesta dell’Avv. C.F. Grosso; 6. la relazione redatta dal Dott. Massimo Picozzi, concernente un profilo psicologico del sospetto autore dell’omicidio di Samuele Lorenzi; 7. i verbali di deposizione testimoniali; 8. nonchè altri documenti concernenti la ricostruzione della vicenda per cui è processo. I sottoscritti Periti hanno esaminato la suddetta documentazione, unicamente nella prospettiva di evincere possibili elementi di giudizio in ordine ai problemi oggetto dei quesiti che sono stati loro proposti, ma non hanno ritenuto necessario sintetizzare i dati concernenti la dinamica materiale del delitto (in quanto ritenuti allo stato ininfluenti in ordine alla valutazione psichiatrica forense che è stata loro demandata). CONSIDERAZIONI DIAGNOSTICHE E PSICHIATRICO-FORENSI La perizia psichiatrica in tema di imputabilità riconosce, com’è noto, confini più ampi di quelli propri della nosografia psichiatrica: posta che da un lato occorre far riferimento ad una nozione qual è quella di infermità, che è ben diversa da quella di malattia e più generica rispetto a quella patologia mentale; mentre, dall’altro, la nozione d’infermità si evince attraverso un percorso di valutazione e di interpretazione psichiatrico-forense, che non consegue epifenomenicamente all’ipotesi del delitto, ma all’analisi del fatto e, soprattutto, all’analisi dei vissuti dell’imputato in relazione al fatto che ha (o che avrebbe) commesso. Se così stanno le cose, è evidente che in un caso quale quello in esame il compito dei Periti non è solo quello di documentare l’eventuale condizione di infermità al momento del fatto, ma anche quello di configurare probatoriamente l’incidenza di detta eventuale infermità sulla realizzazione del fatto stesso e, quindi, l’esistenza o meno di un vizio totale o parziale di mente. Il problema si pone certamente in questi termini con riferimento ad un delitto riconosciuto come “proprio” dall’imputato, o, comunque, accertato, o avallato da significativi elementi di prova. Nel caso in esame l’uccisione del piccolo Samuele è senz’altro un fatto accertato, ma certamente la Franzoni non se ne assume la responsabilità, e non sussistono, allo stato, evidenze di rilevanza probatoria tali da sostenere in capo alla stessa una concreta attribuzione di colpevolezza. Questa particolare situazione rende pertanto in qualche misura più complessa la problematica peritale, posto che permette una valutazione in relazione al momento del fatto, ma non un approfondimento in relazione al fatto medesimo. Noi cercheremo, pertanto, di esprimere una valutazione diagnostica retrospettiva, in correlazione cronologica con il fatto-reato oggetto del capo d’imputazione e ciò al fine di valutare retrospettivamente la capacità di intendere e di volere di Annamaria Franzoni al momento del supposto fatto. Consapevoli, ovviamente, che la nostra indagine non è diretta a valicare l’ipotesi che il reato oggetto del capo d’imputazione sia stato o meno commesso da Annamaria Franzoni, ma soprattutto consapevoli che, in mancanza di elementi probatori certi, e rifiutando la periziando la responsabilità del reato, l’accertamento risulterà monco con riferimento alla analisi della criminogenesi e della criminodinamica del reato. La valutazione, con riferimento alla metodologia propria della perizia psichiatrica in tema di imputabilità, infatti, dovrebbe articolarsi (e nei limiti del possibile comunque verrà da noi articolata) nelle seguenti fasi: 1. una prima fase “diagnostica”, atta a valutare, sul piano per c.d. longitudinale, ovvero concernente tutto l’arco di vita della persona sottoposta all’indagine, e trasversale, ovvero al momento del reato, la sussistenza o meno di una patologia mentale propriamente detta. Ciò con riferimento all’ambito nosografico, ivi comprese le alterazioni quantitative (oltre che qualitative) del modo di essere psichico della persona sottoposta a perizia, ed indipendentemente dall’analisi del fatto reato. Tenendo ovviamente conto che anche una persona non affetta da patologia mentale propriamente detta potrebbe aver commesso un reato in conseguenza di uno stato di infermità, nozione questa che non fa solo riferimento ad una patologia mentale nosograficamente definita ma anche ad alterazioni transitorie della salute mentale, che, come tali, possono incidere pregiudizievolmente sulle capacità di intendere e/o di volere; 2. una fase criminologica, volta a comprendere, in termini criminogenetici e criminodinamici, il processo per cui quella data persona possa essere pervenuta a commettere il crimine che le viene imputato; 3. una terza ed ultima fase di carattere medico legale, ovvero psichiatrico-forense, finalizzata a dedurre, in base alle risultanze delle precedenti fasi, un eventuale “valore di malattia” dell’atto delittuoso, con riferimento alla sussistenza, al momento del fatto e, se possibile, in relazione allo stesso, di uno stato di “infermità” tale da compromettere la capacità di intendere e/o di volere. Le presenti considerazioni verranno pertanto suddivise sulla base di questi tre ben distinti ed indispensabili ambiti speculativi. FASE DIAGNOSTICA. SUSSISTENZA DI UNA PATOLOGIA PSICHIATRICA O NEUROLOGICA Sulla base di quanto emerge dall’esame psichico, da quello psicodiagnostico e dall’accertamento EEG effettuato, le presenti indagini hanno permesso di escludere, a carico di Annamaria Franzoni, una patologia psichiatrica afferente sia all’asse 1° che all’asse 2° del DSM IV. In particolare, dalle indagini praticate non sono emerse condizioni (quali ad es. una epilessia o una sindrome dissociativa) tali da poter avallare che la Sig.ra Franzoni possa aver messo in atto il delitto e poi aver scotomizzato gli avvenimenti, non avendo pertanto consapevolezza e coscienza del fatto commesso. Si rinvia al riguardo, all’esito dell’indagine EEG, attuata attraverso la registrazione prolungata eseguita dopo una privazione parziale di sonno. Indagine che ha dato risultati negativi. E, per quanto concerne l’ipotesi di una sindrome dissociativa, si fa presente che le indagini effettuate portano all’esclusione della stessa. Quanto ad un quadro depressivo, che, secondo la letteratura, potrebbe supportare un reato di figlicidio, certamente nell’attualità questo è in parte presente, come situazione reattiva; ma molteplici, evidenze tendono ad escluderlo in relazione al momento del reato. D’altra parte, anche la rappresentazione che Annamaria Franzoni fornisce di ciò che lei ricorda o asserisce di ricordare di tutto ciò che precede e segue i fatti di causa non presenta traccia alcuna di significato psicopatologico, a prescindere dalla sua corrispondenza o meno alla verità fattuale. SUSSISTENZA DI UNA CONDIZIONE DI TRANSITORIA INFERMITÀ Escluso il ricorso di una patologia psichiatrica o neurologica nosograficamente inquadrabile, il campo valutativo si dovrebbe allargare, dunque, all’ambito di una «infermità», con riferimento ad eventuali alterazioni transitorie realizzatesi, nell’hic et nunc, della capacità d’intendere e di volere, ma prive di rilevanza nosografica. Ed è questa l’ipotesi che va presa in considerazione nei riguardi di una donna che non è risultata affetta da alcuna patologia mentale propriamente detta, ma che potrebbe aver commesso il fatto-reato in relazione ad una alterazione transitoria della capacità di intendere e/o volere. Il problema, dunque potrebbe far riferimento unicamente all’ipotesi che Annamaria Franzoni, al momento del supposto fatto, possa aver agito in una condizione di annullamento o di perturbazione della capacità di intendere e/o volere, in relazione non a patologia, ma a turbamenti psichici. Il far riferimento all’ipotesi di un’alterazione transitoria della capacità d’intendere e/o volere al momento del reato, tuttavia, delinea un’operazione valutativa delicata e difficile, anche se, a nostro parere doverosa, non potendosi escludere a priori una ipotesi siffatta. D’altra parte va sottolineato che si tratterebbe esclusivamente di un’ipotesi, più o meno scientificamente plausibile, ma pur sempre tale da non rispondere alle esigenze probatorie proprie della perizia. Tale ipotesi assumerebbe infatti significato e significanza solo ove si desse per documentata, e quindi per scontata, l’effettuazione del delitto da parte di Annamaria Franzoni; posto che solo in questo caso il problema che si porrebbe, in esito all’accertamento di una infermità, potrebbe essere proprio quello di interpretare e di motivare la sussistenza o meno di un “valore di malattia dell’atto”. Infatti in assenza di patologia nosograficamente definita e tale da influire sulla capacità di intendere e di volere, soltanto il valore di malattia dell’atto potrebbe di per sè stesso motivare la deduzione di un vizio di mente di Annamaria Franzoni al momento del fatto ed in relazione al fatto. Nella attualità, tuttavia, un simile percorso, per i motivi dianzi esplicitati, non sembra neppure ipotizzabile. La necessità di approfondire anche questa ipotesi, comunque, ai fini di completezza, e tenuto conto dei limiti su esposti, ci ha indotto ad approfondire in modo particolare il percorso evolutivo e la struttura di personalità della periziando, nella consapevolezza che comunque, uno scompenso psichico, anche transitorio, non può fare riferimento al concetto di “vulnerabilità”, con le sue specifiche linee di frattura, le quali, nella misura in cui risultino preferenziali e intrinseche, si configurano come percorsi evolutivi orientati preferenzialmente in senso psicopatologico. CONSIDERAZIONI PSICHIATRICHE, PSICOPATOLOGICHE E PSICODINAMICHE A PARTIRE DALL’ANAMNESI E DELLA STORIA DI VITA DI ANNAMARIA FRANZONI Come è ben noto, l’anamnesi psichiatrica pur in continuità con la tradizionale anamnesi medica, si differenzia in modo importante da essa, sia per la tecnica di raccolta (che avviene all’interno di una relazione che consenta al periziando di sentirsi il più possibile libero nei modi di autorappresentarsi e di rappresentare al propria storia personale), sia perché l’ambito di pertinenza si estende a settori ed aree assai più vaste. La finalità infatti dell’anamnesi psichiatrica è non solo quella di ricostruire un mero repertorio di fatti, sintomi ed indicatori di eventuale patologia, nel contesto longitudinale di vite e/o nel contesto familiare, ma di far emergere gli elementi e le linee fondamentali dello sviluppo di una biografie e, contemporaneamente, i modi soggettivi di autorappresentarsi e autorappresentare la propria storia da parte del periziando; la narrazione della storia di vita che ne deriva tende così a situare l’eventuale sofferenza psichica (e, nel caso psichiatrico forense anche i comportamenti delittuosi ipoteticamente ad essa correlati) non certo in un contesto nomotetico, ma in quello di un comprendere storico genetico che individua lo sfondo esistenziale, lo stile di vita, l’organizzazione e la disorganizzazione delle esperienze entro cui quella sofferenza può inserirsi, svilupparsi, predere forma, risultare almeno parzialmente comprensibile. Questa è la ragione per cui, come risulta dalla sintesi dei colloqui ampiamente riportata, largo spazio è stato dedicato alla ricostruzione della storia esistenziale di Annamaria Franzoni, alla situazione della famiglia di origine, alla sfera educativa, ai rapporti con le figure genitoriali, i fratelli, la famiglia allargata, agli eventi e agli snodi che hanno punteggiato la sua storia di vita, alle sue vicende affettive e sentimentali, agli interessi, ai rapporti coi coetanei, al percorso di socializzazione, al tragitto adolescenziale, alle scelte giovanili e ai movimenti emancipatori della famiglia d’origine, al matrimonio, alle scelte di vita più recenti. Qui semplicemente riassumiamo le valutazioni psicopatologiche e psicodinamiche che sono state tratte dal quadro sopra descritto. 1. Nella biografia, antica e recente, familiare e individuale, di Annamaria Franzoni non è individuabile alcun elemento di interesse psicopatologico. 2. Lo sviluppo personale che si delinea è stato armonico, verrebbe da dire molto «normale»; esso è avvenuto in un contesto e in un clima familiare affettuosi e sostenitivi, semplici ma contemporaneamente vivaci e ricchi di stimoli, arricchiti dalla presenza della numerosissima fratria e dalle dinamiche, anche conflittuali conseguenti; dinamiche comunque ben «contenute» da una organizzazione familiare molto tradizionale, retta da un sistema di ruoli, di differenze generazionali e di genere ad un tempo molto forte e coerente, e molto tollerante delle individualità: non è possibile intravedere o anche solo ragionevolmente ipotizzare, alla luce di quanto emerso, la presenza di particolari tensioni, di particolari elementi conflittuali, di aree cieche o di aspetti in qualche modo traumatici. 3. La tendenza di Annamaria Franzoni ad “idealizzare” un poco, soprattutto nel primo colloquio, la rappresentazione del contesto familiare originario si è via via corretta e temperata nel corso delle indagini. Ne è emersa alla fine una rappresentazione assai più realistica: quella di un contesto certo molto affettuoso, partecipe e anche un po’ “affollato”, ma anche percorso dai normali conflitti e dalle normali turbolenze che caratterizzano tutti i buoni contesti familiari. Nessun aspetto dunque di “pseudomutualità” o di negazione-occultamento di aree conflittuali irrappresentabili. La tendenza iniziale alla idealizzazione è ben comprensibile, del resto, sulla base sia della psicologia piuttosto semplice di Annamaria Franzoni, sia del bisogno di rifugiarsi mentalmente, di fronte all’esperienza di un dolore estremo e di una estrema persecutorietà per l’accusa gravissima che le è stata rivolta, nel rapporto con oggetti familiari, mentali e reali, intensamente protettivi e anche, necessariamente, un po’ idealizzati. 4. Nel contesto descritto Annamaria Franzoni ha sviluppato, nel corso della sua esistenza, relazioni affettive molto intense e normalmente conflittuali con i suoi genitori e fratelli, prima; ha avuto poi un percorso adolescenziale assai poco tumultuoso, un successivo precorso di autonomizzazione normalmente conflittuale e una vita affettiva e sentimentale piuttosto semplice e improntata a scelte e sistemi valoriali molto «tradizionali». 5. Il tragitto esistenziale di Annamaria Franzoni è in definitiva molto coerente. Lo sviluppo relazionale-affettivo è stato armonico, senza particolari turbolenze e senza alcun aspetto di instabilità, irrequietezza o sofferenza, ma anche con chiara capacità di intensità affettiva e di calore, di socialità ed amicalità, al di là del tratto personologico (e anche un po’ culturale) di riservatezza e di orgoglio. Annamaria Franzoni non è affatto e non è mai stata una persona gelida o anaffettiva o ripiegata narcisiticamente su se stessa. 6. Nulla nella sua storia depone per la presenza, non solo di aspetti o fenomeni psicopatologici, ma anche di vaghi elementi che possono essere riferiti alla costellazione personologica entro cui si sviluppano in genere quelli che nella terminologia psichiatrica moderna vengono chiamati i fenomeni dissociativi. Nè è presente alcun tratto che possa far pensare ad un qualunque disturbo della personalità. Annamaria Franzoni è, anzi, una persona dalla organizzazione psicologica piuttosto semplice, trasparente e coerente. 7. Le scelte di vita più recenti (il matrimonio, il trasferimento a Cogne, i figli) sono coerenti a questa generale impostazione della persona. Sono state prese con decisione e passione, attraversando di conseguenza anche i problemi le difficoltà che la separazione da una famiglia d’origine così importante e il cambiamento radicale di contesto di vita hanno comportato. Questi passaggi sono stati certamente importanti e significativi; la transizione dal contesto emiliano a quello valdostano, dalla numerosa e vivacissima famiglia originaria a quello della coppia in un paese estraneo, sicuramente deve avere sollevato dei problemi, che sembrano tuttavia essere stati affrontati con entusiasmo e coraggio dalla giovane coppia , proiettata nella costruzione di una propria dimensione familiare e di vita nel luogo scelto. Nessun elemento è emerso, in definitiva, che possa deporre sicuramente per una qualche valenza patologica o per aspetti critici inelaborati relativi a questi passaggi. 8. Le maternità desiderate, volute, cercate, sembra siano state entrambe vissute da Annamaria Franzoni con gioia, pur con le normali preoccupazioni e ambivalenze, come un’esperienza di sostanziale adempimento dei propri desideri più profondi del proprio ideale di vita. Anche le banali preoccupazioni per la salute del piccolo Samuele, per i suoi transitori problemi si accrescimento e le su allergie rientrano in un quadro di normalità. Così come in un quadro di normalità rientra anche la fase di stanchezza e di affaticamento, peraltro rapidamente risolta senza interventi farmacologici, che Annamaria Franzoni aveva attraversato nel primo anno di vita di Samuele. 9. Anche il banale malessere accusato da Annamaria la sera e la notte precedente l’uccisione di Samuele non ha caratteristiche che possano far individuare come significativamente connesso ad un qualche alterazione psicopatologica; a meno di non voler procedere ad illazioni e forzature interpretative senza reale fondamento clinico. 10. Il fatto delittuoso e la morte del piccolo Samuele irrompono in sostanza nella biografia di Annamaria Franzoni, antica e recente, almeno così come siamo stati in grado di attendibilmente ricostruirla, come elementi di assoluta discontinuità; discontinuità rispetto alla sua storia, al suo orizzonte esistenziale, alla sua organizzazione affettiva e psicopatologica. 11. L’autorappresentazione: chi si occupa di psichiatria con una formazione ed un interesse psicodinamico conosce bene l’importanza dell’osservazione degli stili e delle modalità di autorappresentazione e di rappresentazione. Essi sono ancor più preziosi spesso dei contenuti manifesti del discorso e ne rivelano l’assetto emozionale profondo; attraverso di essi si esprime direttamente il rapporto che il periziando intrattiene con i propri interlocutori interni (ed esterni), l’intenzione di relazionali più autentiche che lo animano, ad esempio le modalità e le strategie di esitamento, occultamento o rivelamento della verità emozionale e personale, le allusioni, i diversi piani in cui l’interlocutore viene attirato, gli aspetti captativi, o seduttivi ... insomma, quella che è stata chiamata la “retorica dell’autorappresentazione” è una fonte preziosa di informazioni sugli assetti psicologici interni. Fin dall’inizio e per tutta la durata dei colloqui Annamaria Franzoni, malgrado le forti difficoltà emozionali che ha dovuto superare, la comprensibile diffidenza iniziale e la quantità impressionante di dolore ed emozioni intollerabili che il percorrere e ripercorrere insieme la vicenda ha sollevato, ha improntato il rapporto con noi ad uno stile anche inizialmente «combattivo» o a tratti polemico, ma sempre in sostanza molto diretto e collaborante. I suoi percorsi mentali sono sempre stati trasparenti, pochissimo tortuosi, mai trasversali, mai elusivi o indirettamente seduttivi, verrebbe da dire sempre franchi e lineari, anche quando si insospettiva per certe domande o voleva accentuare alcuni aspetti a scapito di altri ... Sembra in opera in Annamaria Franzoni, malgrado le circostanze straordinariamente sfavorevoli, un sistema di interlocutori interni con i quali intrattiene un rapporto diretto e leale. Anche nel suo stile autorappresentativo e argomentativo, prima e più ancora che in ciò che ha detto, pertanto, Annamaria Franzoni ha rivelato quello che è: una ragazza dai percorsi mentali ed affettivi piuttosto semplici e diretti, assai poco isterica, anzi dalla forte coerenza interna, semmai con scarse sfumature e ridotte ambivalenze. L’affettività è stata mai giocata in modo captativo; semmai è stata orgogliosamente a lungo trattenuta, prima di dilagare, come è successo quando, alla fine degli incontri, Annamaria Franzoni si è completamente fidata e affidata, in abissi di dolore per i quali non vi sono parole. L’insieme di questi elementi, che delineano il percorso evolutivo della Franzoni, e l’assetto del suo psichismo, con riferimento a tutto l’arco della vita della persona sottoposta all’indagine, non evidenzia la sussistenza di alterazioni psichiche, tali da supportare l’ipotesi di una vulnerabilità della donna, sia con riferimento ad ipotesi di una frattura a carattere dissociativo, che affettivo. E pertanto, pur tenendo conto che la valutazione base concernente l’imputabilità può far riferimento, oltre che alla patologia mentale propriamente detta, alla mera sussistenza di una “infermità” ed alla correlata ripercussione della stessa sulla capacità di intendere e/o di volere in ordine alla commissione del fatto non emergono dalla perizia elementi che possano ragionevolmente supportare l’ipotesi di una struttura di personalità tale da avvalorare l’ipotesi di una condizione transitoria di infermità. CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE DEI MEDICI LEGALI In esito alle operazioni peritali effettuate ed alle considerazioni sino qui svolte, sia di ordine metodologico, che sostanziale, si perviene alla conclusione che, benchè prolungata ed approfondita, l’indagine peritale da noi espletata, non ha consentito di acquisire elementi di giudizio atti a dedurre, sul piano diagnostico, concrete ipotesi di patologia mentale o di infermità tale da incidere sulla capacità di intendere e/o di volere di Annamaria Franzoni al momento del supposto fatto. Il problema, beninteso, è stato da noi affrontato e sviluppato in termini probatori, sia con riferimento all’ambito nosografico che con riferimento ad eventuali alterazioni transitorie della capacità di intendere e di volere al momento del fatto. Alterazioni transitorie che non si sono potute documentare con strumenti clinici e psicodiagnostica, e che non trovano una plausibilità sufficiente (anche in fatto di mera ipotesi) nell’assetto di personalità della periziando. Ciò, ovviamente, non equivale ad escludere che il delitto possa essere stato messo in atto da Annamaria Franzoni tenuto conto di elementi di giudizio che però esulano da quelli propri della perizia psichiatrica. Anche il malessere che ha preceduto di qualche ora l’evento delittuoso, così come l’atteggiamento un po’ «costruito» assunto dalla perizianda dopo lo stesso (giustificato dalla stessa per fini difensivi soprattutto anche nei confronti dei media, e comunque presto dimesso nella relazione con i periti) non sembrano elementi di giudizio sufficienti a documentare, al momento del supposto fatto, una infermità tale da sostenere un vizio totale o parziale di mente. Al limite, potrebbero assumere significatività con riferimento all’ipotesi di un reato attuato e poi dissimulato. Ipotesi quest’ultima, che i sottoscritti Periti non hanno inteso nè intendono in alcun modo evocare ma che viene teoricamente (e paradossalmente) prospettata unicamente per ribadire che, anche in rapporto a tale ipotesi, non sarebbe in discussione un vizio di mente tale da motivare le valutazioni di cui agli artt. 88-89 c.p., ma sarebbe in discussione la veridicità e genuinità delle dichiarazioni rese da Annamaria Franzoni. In conclusione di perizia, i sottoscritti Periti dichiarano che hanno cercato di svolgere la perizia assumendo una doverosa presa di distanza nei confronti di un delitto che ha visto e vede partecipe l’opinione pubblica in termini esasperati, in quanto tali legati all’ambiguità dell’aprioristica presa di posizione in termini colpevolisti o innocentisti. Essi fanno altresì presente che le considerazioni più volte ribadite non hanno alcun significato di disinteresse o di rifiuto nell’assunzione di responsabilità (peraltro dovute e pubbliche, con riferimento ad una perizia), ma vogliono semplicemente e doverosamente inscrivere le argomentazioni nel contesto della metodologia propria della perizia psichiatrica in tema di imputabilità, nel convincimento che l’impostazione di una perizia è e resta comunque vincolata all’onere della prova. Onere della prova che ha ben poco a che fare con l’interpretazione in ordine alla “possibilità” di un generico rapporto tra un supposto fatto ed un evento, rapporto che, in un caso quale quello in esame, stando alle risultanze delle indagini effettuate, potrebbe basarsi su ipotesi possibili ma non provabili, e anche scarsamente probabili. Mentre la perizia, in quanto mezzo di prova, non consente alcun spazio ad ipotesi basate sulla “possibilità”, e, tanto meno, ad ipotesi basate su convincimenti personali. In conclusione, è possibile rispondere ai quesiti proposti nei seguenti termini: 1. Annamaria Franzoni, al momento del fatto di cui al processo, aveva piene capacità di intendere e di volere. Il riferimento, come più volte ribadito, è esclusivamente di tipo cronologico, non potendo prendere compiutamente in considerazione la relazione col fatto; 2. Stante la risposta al primo quesito, il secondo decade. 3. Annamaria Franzoni è dotata di piena capacità processuale. I Periti Prof. Francesco Barale Prof. Francesco De Fazio Prof. Alessandra Luzzago Depositato nella Cancelleria Penale del Tribunale di Aosta il 15.7.2002 h. 13,00. IL MALORE DEL MATTINO Le domande più significative poste ai Consulenti tecnici del Giudice, sia da parte dei Consulenti dell’accusa che da quelli della difesa, sono in carattere grassetto corsivo nero. Le risposte in carattere grassetto corsivo blu. FORNARI: Allora andiamo oltre questa questione sulle audioregistrazioni. Ecco, una domanda è stata questa: per esempio quando la signora Franzoni ha più volte descritto i disturbi che aveva di natura psicosomatica, sembra, queste sue crisi funzionali (etc), sarebbe stato interessante sapere in che cosa consistevano esattamente queste crisi, cioè questi formicolii dove li aveva, come li aveva, per quali motivo è stato chiamato il 118 due volte [errore, solo 1 volta], cosa voleva dire che non sentiva più le gambe, non si sentiva le braccia; è importante tutto ciò, perché la distribuzione per esempio dei formicolii e delle paradisestesie ha un significato clinico diverso a seconda di come le stesse vengono descritte nella loro esatta topografia. Questa è una domanda: come mai non è stato approfondito questo aspetto? GIP: Va bene. Prego. DE FAZIO : io chiedo scusa, ma devo solo inserire un argomento: in ogni seduta abbiamo chiesto ai consulenti di parte, chiesto sistematicamente, se proponessero qualcosa di più e di diverso rispetto a quello che noi facevamo. GIP: Comunque la discussione della perizia si fa oggi... PM DR. CUGGE: E avevamo detto che potevano intervenire ovviamente con le dovute modalità. GIP: Questo è previsto dalla legge, però la domanda vi viene fatta oggi e dovreste rispondere. BARALE: Posso rispondere? GIP: Sì. BARALE: Ma non direi, come dice il prof. Fornari, che non è stato approfondito questo aspetto, è stato discusso varie volte, è stato rappresentato, raccontato, narrato e ci sono state molte domande su questa cosa, come il prof. Fornari ricorda perché era perfettamente presente, non ha avuto alcun motivo del resto di intervenire, come avevamo più volte sollecitato, anche per ulteriori chiarimenti su questo punto. Direi che il malore di cui ha sofferto la signora Franzoni la sera precedente era un malore molto banale. Chi ha esperienza clinica (io faccio da trentadue anni lo psichiatra) incontra frequentissimamente queste cose, ma anche i medici di base e i medici condotti; era probabilmente una somatizzazione, se vogliamo, una piccola crisi d’ansia con alcuni aspetti di somatizzazione. Questa cosa è venuta fuori molto chiaramente, non ha una rilevanza psicopatologica particolare; perché da qui, dalla descrizione di una piccola crisi di ansia con fenomeni di somatizzazione, è un piccolo allarme fobico, a ipotizzare una psicopatologia specifica veramente c’è di mezzo il mare. E il prof. Fornari da psichiatra credo che non possa non concordare su questo. Direi che non è vero che non è stato approfondito questo punto, è stato oggetto di prolungata discussione, quello che è emerso è quello che alla fine è stato succintamente descritto nella nostra perizia, vale a dire che si trattava di un disturbo piuttosto banale, senza rilevanza psicopatologica. GIP: Va bene, ha risposto. Prego. FORNARI: Questa è la risposta che mi attendevo, adesso è più chiaro... GIP: Eh no, non può fare considerazioni. FORNARI: Ah, mi scusi. GIP: Solo domande, mi spiace. FORNARI: Grazie della risposta, proprio questa era la risposta. GIP: Poi le faranno le Parti le considerazioni. FORNARI: Poi un’altra cosa che vorremmo sapere quale era il peso e i significati che i periti hanno dato alle parole pronunciate dalla signora Franzoni e altre frasi dette al Magistrato inquirente, per esempio che sono trascritte a pagina 17... GIP: Della perizia? FORNARI: Della mia memoria, della perizia non mi ricordo più dove, ma faccio degli esempi. GIP: La memoria oggi noi non... FORNARI: La perizia d’Ufficio... ah, già niente. Adesso li leggo. GIP: Dovrebbe riferirsi ad atti già depositati, altrimenti... LA TESTA DI SAMUELE Le domande più significative poste ai Consulenti tecnici del Giudice, sia da parte dei Consulenti dell’accusa che da quelli della difesa, sono in carattere grassetto corsivo nero. Le risposte in carattere grassetto corsivo blu. FORNARI: “Che a Samuele è scoppiata la testa, gli sta scoppiando il cervello. Io me lo sentivo che sarebbe morto”, dice questo al marito, che significato hanno dato per esempio alla frase: “Ne facciamo un altro figlio? Mi aiuti a farne un altro?”, alle preoccupazioni relative a questa testa che saltano fuori in numerose testimonianze. La signora Franzoni era molto preoccupata del fatto che “la testa di Samuele era grossa ed emanava calore”. A me ha colpito molto questa frase, vorrei sapere se questa frase i periti l’hanno rilevata e che significato hanno dato a tutte insieme. GIP: Questa e le altre? FORNARI: Tutte le altre, tutto ciò che riguarda la testa, insomma ecco, la tematica della testa. GIP: E le altre frasi che lei ha prima ha citato? FORNARI: E queste frasi qua, ce n’è una... (chiedo scusa): “Non dimentichiamo che la testa di Samuele, secondo la madre, era grossa ed emanava calore”, viene fuori questo. BARALE: Questo nella nostra perizia? FORNARI: “Io me la sentivo che sarebbe morto”, questo è scritto nella vostra perizia quando riportate le testimonianze di persone che hanno riferito queste cose al Magistrato. GIP: Allora la domanda è questa: se avete dato... avete preso in considerazione e, se lo avete fatto, che valore avete dato a queste frasi, in particolar modo quelle che si riferiscono alla testa. BARALE: Sì, ovviamente se il prof. Fornari non può non ricordare che abbiamo lungamente parlato di questa cosa durante i nostri colloqui, è stato un elemento che è stato molto approfondito anche. La signora Franzoni era una mamma – direi – lievemente apprensiva, questo bambino aveva avuto tra l’altro una patologia l’anno precedente, un disturbo allergico e problemi alimentari e quindi aveva un atteggiamento lievemente apprensivo. Non è vero che fosse così preoccupata per deformità o handicap del figlio; questo non solo non è stato possibile evidenziarlo da tutta la ricostruzione curatissima dell’anamnesi e del vissuto della maternità della signora Franzoni ma anche da tutte le testimonianze che abbiamo raccolto e che abbiamo accuratamente esaminato nella nostra perizia. Quanto alle frasi dette successivamente, prof. Fornari, lei sa come è l’impatto di un evento di questo genere, la tumultuosissima elaborazione di un evento così difficile da metabolizzare mentalmente, si dice tutto e il contrario di tutto in quei momenti. DE FAZIO : Posso aggiungere una cosa? GUP: Chiederei soltanto al collegio peritale, per ragioni di trascrizione, di dire ogni volta il proprio nome, altrimenti... grazie. LUZZAGO: Aggiungo un’altra cosa: le frasi che la Franzoni avrebbe detto, “è scoppiata la testa, etc.” rientrano come detto in un momento di crisi. Se noi pensiamo che il medico stesso dice che era scoppiato un aneurisma, possiamo immaginare che cosa potesse... BARALE: Che razza di confusione c’era in quel momento. LUZZAGO: Che razza di confusione c’era, se un medico ha scambiato un trauma per un aneurisma (etc.). Per cui la Franzoni è una ragazza che non ha nessuna cognizione, lei dice: “Io ho visto il sangue, pensavo che gli fosse scoppiata la testa”. Quanto alle altre frasi, “la testa è grossa etc.”, erano delle testimonianze, testimonianze che però erano contraddittorie assolutamente, per cui noi abbiamo evitato di tenere conto di questo chiaccherii di paese, perché c’erano testimonianze sia in un senso che nell’altro, e abbiamo chiesto direttamente alla signora e abbiamo cercato di indagare quali fossero i suoi vissuti, tanto è vero che la volta dopo ci ha portato le foto del bambino per farci vedere che non aveva affatto la testa grossa, che era un bambino bellissimo (etc). BARALE: Se posso aggiungere qualche cosa... GIP: Barale, per cortesia, deve dire. BARALE: è un punto importante questo. GIP: Deve dire sempre il nome. BARALE: Ah, Barale. GIP: Non perché ci tengo, per la fonoregistrazione. BARALE: In sostanza, dall’estrema frammentarietà delle cose che si sono dette e si sono raccolte in giro intorno a questo aspetto della testa grossa, che è stato – ripeto – approfonditamente indagato, non emerge nulla che faccia pensare ad un atteggiamento delirante della signora verso il figlio o a un atteggiamento di preoccupazione materna particolarmente rilevante da sconfinare sul versante psicopatologico o della ferita narcisistica così grave da risultare intollerabile. Nulla di tutto questo con grande chiarezza, con grandissima chiarezza e serenità, è emerso durante i colloqui. Lei era presente, prof. Fornari. GIP: Va bene, il professor De Fazio vuole chiudere l’intervento... ANNAMARIA ERA DEPRESSA? Le domande più significative poste ai Consulenti tecnici del Giudice, sia da parte dei Consulenti dell’accusa che da quelli della difesa, sono in carattere grassetto corsivo nero. Le risposte in carattere grassetto corsivo blu. FORNARI: Sì. Questi aspetti verrano fuori poi dopo, perché non scorporare il discorso di negazione messo lì così, eh. Perché la signora Franzoni dice che il suo bambino era il più bello del mondo a noi, però dice che ha le gambe a X, le gambe... GIP: Può fare tutte le domande che vuole, però nessuna valutazione. FORNARI: Ok. LUZZAGO: No aspetti, una cosa sulle gambe secche... GIP: No, no, se non le viene chiesto lei non risponda. FORNARI: Cioè, nel senso: che rilevanza hanno dato i periti a tutti quei disturbi che la signora Franzoni aveva da più di un anno, di depressione e di ansia descritta da lei stessa, dopo la nascita di Samuele, al fatto che non dormiva di notte, che s’alzava spesso, che doveva seguire ‘sto bambino, che era preoccupata per questo bambino, accanto alle testimonianze. Io prendo le testimonianze che ci sono nel fascicolo come testimonianze buone, non vado a fare una critica se sono giuste o sbagliate; le testimonianze ci sono e dicono che Annamaria Franzoni era continuamente preoccupata per il calore che emanava dalla testa di suo figlio e che continuamente gli misurava la febbre con il termometro. Questo è un dato che secondo me non è un dato che rientri nella più assoluta normalità. Che cosa ne hanno fatto loro di questo? GIP: è una valutazione. Ecco, l’avete presa in considerazione? LUZZAGO: L’abbiamo... BARALE: L’abbiamo già detto. LUZZAGO: L’abbiamo preso in considerazione, questa è la tes... è una... GIP: Luzzago al microfono. LUZZAGO: Mi scusi. L’abbiamo presa in considerazione, questa è una testimonianza, è pari pari con le testimonianze che la signora non aveva... con altre testimonianze che dicevano che la signora non aveva mai manifestato preoccupazione per il bambino, per la sua... la testa grossa (etc). GIP: Quindi, scusate, il collegio ha preso in considerazione queste testimonianze... LUZZAGO: Tutte le testimonianze. GIP: ... e in particolar modo quelle riferite alle preoccupazioni della mamma per le condizioni di salute del figlio? LUZZAGO: Esatto, esatto. BARALE: Posso aggiungere...? GIP: E le ha complessivamente valutate come, se può ripetere? LUZZAGO: Come ininfluenti rispetto a quello che ci interessava stabilire e sapere. GIP: Per quale ragione ininfluenti, chiede l’Accusa? LUZZAGO: Ininfluenti perché assolutamente contrastanti e assolutamente... a tipo di voce, cioè, una mamma diceva una cosa, una mamma ne diceva un’altra. Dobbiamo dire che nell’insieme delle testimonianze erano preponderanti quelle che la Franzoni non aveva mai espresso problemi, preoccupazioni, né per la testa, né per il calore e né per niente del figlio. BARALE: Posso aggiungere? Allora, nell’insieme delle testimonianze raccolte ed esaminate erano decisamente preponderanti le testimonianze che non attribuivano particolare importanza a questi aspetti, che descrivevano Annamaria Franzoni come una normale madre un pochino semmai... un po’ più preoccupata qualche volta dei propri figli, ma come avviene a milioni di madri su questa terra, molto affettuosa e molto premurosa. Ma non solo per questo, ma la congruenza di questa immagine era decisamente più forte con quanto abbiamo visto durante la perizia; vale a dire che non c’era un atteggiamento delirante di Annamaria Franzoni sul figlio, una maternalità così preoccupata e così angosciata. Questo è quanto emerso con chiarezza durante il corso delle operazioni peritali. GIP: Scusi è emerso dai colloqui? BARALE: Dai colloqui, dai colloqui avuti. Posso aggiungere qualche cosa sulla depressione. Annamaria Franzoni non è affatto rimasta depressa tutto questo tempo, prof. Fornari, ha avuto un periodo di vaghissimo episodio depressivo un attimo prima, durante un periodo particolarmente, duro della malattia del figlio (etc.), che si è risolto senza terapia farmacologica nel giro di una settimana o dieci giorni, semplicemente facendo un periodo di soggiorno presso la casa dei genitori. Quindi non è vero, non abbiamo avuto nessun elemento, dal punto di vista non solo dei colloqui che abbiamo avuto ma anche della accuratissima ricostruzione anamnestica che abbiamo fatto, che possa avvalorare la tesi che fosse una madre costantemente angosciata e depressa. Questa è proprio una illazione del tutto arbitraria, insomma, rispetto a quanto abbiamo visto. LUZZAGO: Ecco. GIP: I fenomeni da DSM o inquadrabili nel DSM. BARALE: Nessuna patologia inquadrabile né sull’asse primo né sull’asse secondo del DSM quarto. LUZZAGO: Aggiungo un piccolo particolare: è vero che ci sono testimonianze che dicevano che il bambino aveva le gambe secche, ma nell’incontro con noi la signora Franzoni, quando descrive il marito, come aveva conosciuto il marito, dice: “Aveva le gambe secche, non era nemmeno bello, aveva le gambe secche”. Perciò, cioè, questa rilevanza delle gambe secche è estremamente poco... GIP: Lei dice che è una cosa più affettuosa che patologica? LUZZAGO: Esatto, un modo di parlare, è una identificazione semmai tra il figlio e il marito su questo aspetto, che oltrettutto la signora nega perché dice che era un bambino bellissimo. PM DR. CUGGE: Volevo fare una domanda. GIP: Un attimo che forse il prof. De Fazio vuole aggiungere qualcosa su questa vicenda delle gambe secche. DE FAZIO: Ma io cercavo un punto in cui... GIP: Va beh, si riserva di farlo dopo. DE FAZIO: C’è nella perizia ma non riesco a trovarlo. GIP: Pubblico Ministero. PM DR. CUGGE: Sì. Volevo chiedere questo, proprio riallaciandomi alle ultime considerazioni della professoressa Luzzago: lei ha detto che rientra un po’ nel linguaggio... secondo voi rientrava nel linguaggio familiare, queste gambe secche; avete affrontato e come avete analizzato e risolto la questione che – come dite voi – ci sono delle testimonianze minoritarie che indicano la perizianda come preoccupata per questa testa o comunque le dimensioni della testa del bambino, con quanto lei stessa dichiara nelle diverse occasioni in cui è stata sentita, che in casa il bambino lo chiamavano oltre che Gambe a X, anche Nanetto. BARALE: Anche? PM DR. CUGGE: Nanetto. BARALE: Scusi dottoressa, cero che abbiamo affrontato queste cose. PM DR. CUGGE: Volevo sapere come, eh. BARALE: Ma ci mancherebbe altro che non avessimo preso in considerazione questi aspetti. Beh, l’evidenza che abbiamo avuto è che – come dire? – l’isolamento di queste parole, Nannetto, Gambe secche, Testa grossa, fosse un tipico effetto che nel nostro linguaggio si chiama “aprés q”, vale a dire, dopo quello che è avvenuto allora, sono stati isolati tra le centinaia di cose che si dicono nel linguaggio domestico e familiare queste tre parole, prese come... a supporto di un’ipotesi. Capisce? Gambe secche, Nannetto... ma tutte quante le mamme dicono “Oh ma il mio bambino con le gambe grosse, il mio bambino che c’ha il testone...”, ecco, questi elementi sono stati presi “aprés q”, come diciamo nel nostro linguaggio, messi insieme, pochissimi e isolati nel contesto di tutta una serie di altre testimonianze e di altri atteggiamenti documentatissimi, a supporto di una tesi. Capisce? Certo che abbiamo ravvisato queste cose ma non hanno nessuna congruenza con l’atteggiamento psicologico e con la storia psicologica della donna. PM DR. CUGGE: Io le chiedevo solo se avevate analizzato, senza entrare in valutazioni di carattere... BARALE: Certamente, sono state analizzate... PM DR. CUGGE: ... probatorio o ipotesi probatorie che non competono... BARALE: ... molto approfonditamente. PM DR. CUGGE: ... al collegio peritale. DE FAZIO: Posso introdurre un argomento? GIP: Solo un attimo, è comparso il signor Stefano Lorenzi, che come persona offesa richiede l’autorizzazione di tutte le parti per assistere? C’è opposizione del Pubblico Ministero? PM DR. CUGGE: Nessuna opposizione. GIP: Allora diamone atto a verbale che “Compare Stefano Lorenzi. Il Giudice, sentite tutte le parti, visto l’art. 401 comma terzo C.p.p., ne autorizza la presenza”. Va bene. BARALE: Posso intervenire, dott. Gandini? GIP: Sì. BARALE: Volevo precisare che non intendo affatto entrare nell’ordine probatorio, non è una cosa che ci compete questa, faceva semplicemente un discorso sulla congruenza e la pertinenza dal punto di vista psicopatologico degli elementi che lei ma ha proposto, che sono davvero del tutto irrilevanti. GIP: Va bene. Altre domande? DE FAZIO: Io vorrei aggiungere una cosa. GIP: Su questo tema? DE FAZIO: Sì, su questo tema, sul piano proprio della correttezza dovuta alla Corte. Cioè noi, abbiamo fatto la perizia in un contesto collegiale nel quale abbiamo sempre chiesto, a parte il fatto che poteva avvenire anche durante il corso dei colloqui, ma abbiamo sempre chiesto, ritualmente chiesto alla fine di ogni colloquio se... e anche nelle interruzioni, nelle tappe del colloquio, se i consulenti volessero introdurre qualche argomento. Ora mi spiace ma nell’ambito di una perizia collegiale, fatta proprio con la totale collegialità, la presenza intorno allo stesso tavolo dei consulenti, se... e questo lo dico in termini... perché è importante sul piano generale chiarirlo, che i consulenti avevano la facoltà ma non la facoltà soltanto data dal Codice ma anche dal setting peritale, che era un setting tranquillo, insomma un setting in cui c’erano posizioni rigide ma una ricerca di elementi di giudizio da parte di tutti. Ora io praticamente ho mentalizzato, esattamente come ha detto il prof. Barale, il chiamare il figlio Nanetto, la testa grossa o non grossa, non è stato... per ciò che riguarda noi periti la risposta l’ha data il prof. Barale, però dico: per ciò che riguarda i consulenti di parte, insomma se queste cose assumevano un qualche rilievo potevano benissimo farcelo presente. GIP: Però non c’è un problema di corretezza, loro hanno diritto di farle anche oggi queste valutazioni. DE FAZIO: No, ma non... GIP: Non è in discussione la corretezza delle operazioni. DE FAZIO: Signor Giudice, non discuto il diritto, discuto solo il setting peritale; il setting peritale che è stato attuato era un setting peritale collegiale, Questo dovevo chiarirlo, insomma. GIP: Questo è già stato chiarito. Accusa?