Impressioni Mediterranee

Un pittore impegnato come Guido Baragli, riesce a rivelare se stesso in ogni momento del suo lavoro, qualsiasi tematica decida di affrontare, qualsiasi tecnica senta congeniale in un dato momento. Naturalmente si tratta di rivelazioni, molto diverse tra di loro, in quanto non sono riconducibili ad una reductio ad unum pretestuale, ma affermazioni di un artista poliedrico, che non si sente rappresentato mai del tutto, in quello che fa, in quel dato momento, ma prosegue in un suo lavoro di scavo, di ricerca, che a volte interessa gli strati alti del linguaggio immaginario, incontrando i frammenti di mimesis di un apparente naturalità, a volte si trova attratto, inesorabilmente negli strati profondi, incontrando fantasmi e nebulose di una evidente straniazione.

Questo per dire delle coordinate lessicali di Baragli, che vogliamo definire, autore di impressioni mediterranee, fatte di frammenti di barche, di banchine, di porti e di nature silenti in cui possiamo registrare la sua ennesima metamorfosi di un sé inquieto, non tanto per questioni di natura esistenziale e privata, quanto per un a palese differenza tra le strutture aeriformi dei desideri e quelle forme della realtà.

Un momento di rapporto con un immaginario consolidato, nel tempo e nello spazio, da cui è possibile estrarre, tutto un universo di fragmenta, che corrispondono a momenti di un dialogo, in cui l’uno si scinde in due, incontrando una familiarità e trasformandola in un enigma oppure prendere un taglio, obliquo, trasversale e farlo diventare una intuizione formale che suggerisce, un senso, un significato. Questa selezione, appartenente all’ultimo decennio della sua attività di attento osservatore del reale e del circostante, esprime una sua singolare personalità, in quanto summa pittorica che appartiene ad un filone che mantiene tutta una sua freschezza ed una sua espressività anche in questo universo sempre più tecnologizzato e artificiale. Lo possiamo definire un momento arcadico, di conquista di uno spazio e di un tempo, che rischiano di no appartenere più a nessuno, con una grande perdita, un forte strappo nei confronti della nostra storia, di cui queste opere si fanno testimonianze attente di una impronta di gusto, di sapienza compositiva che non prescinde dalle oggettività ritratte, anzi ne assume le fattezze e i contorni, come centralità, di un suo ordine, di un suo discorso, che include, un disordine, uno spiazzamento, in cui le cose diventano suggestioni, allusioni, pur rimanendo quello che sono.

Nelle nature silenti, si svolgono come una lunga teoria del fraseggio e del frastaglio, come se fossero dei mondi messi in posa, da una tradizione ad una modernità, è la pura visibilità, da un lato e la associabilità al gusto, all’olfatto, al tatto, alla reperibilità di autentici valori plastici (e quindi tattili) che proprio per il loro apparire  anacronistici ma, in pittura che cosa non lo è, pittura  come poetica e come tecnica,compresa) assurgono ad una cocente attualità che viene da Cézanne, che viene da Pozzati, che viene dal post prandium di Spoerri, che viene dalle cassette di Mainolfi, che viene dalle contaminazioni di Salvatore Pulvirenti, dalle ironie di Santolo De Luca e potrei continuare con una lunga, interminabile, teoria, se non ci fosse da descrivere, alcuni dei tanti caratteristici, dell’essere delle policromie quasi senza corpo, apparizioni della fantasia, non riscontrabili nella realtà, se non come vaghe somiglianze. Perché Baragli non ha in mente una rappresentazione ( anche se poi è proprio questa che fa) piuttosto gestisce una querelle cromatica, formale, che subisce il fascino della convivialità, che poi non è altro che manifestazione poetica in senso lato, che lui trasferisce su di noi.

Nel fantasioso mondo del mare, in cui le barche, nel loro variopinto modo di atteggiarsi, a seconda dell’intensità della luce che le colpisce,dello scandirsi delle ombre e quindi della plasticità, che ora si assottiglia, fino a diventare sovrapposizione complementarità totale, ora prende corpo come lo prende un corpo, chiaro ed evidente, acquisendo delle evidenze del tutto fantastiche, che danno il piacere del riconoscere una connotazione originale. Per cui, per quante se ne siano viste, per quante siano le versioni, della grande tematica della marina, questa di Baragli, appare originale, fresca, briosa, bella da vedere, come un gran momento di relax, ricco, in un bel mezzo, di una vita d’impegno, in tutte le direzioni, della vita e dell’arte.

Merito (sì, proprio merito) di questa nostra modernità liquida, che rende più percepibile il genius loci, del guardarsi intorno, oltre la propria corporalità emotiva e pensante, a tutto ciò che circola intorno, costituendo il cuore dell’immagine che non ci abbandona mai, stampata indelebilmente in noi, come un medium interiore, che fa da specchio a tutti i media esteriori, in un circuito che sarebbe, certamente, alienante, se non fosse, parimenti, suscitazione di curiosità, di desiderio, per tante occasioni perdute o quasi, ma che in mano ad un artista come Guido Baragli, rischiano, di non finire mai di stupire e di stupirsi, anche di noi stessi, che appena possiamo, recuperiamo tutto lo stupore possibile e immaginabile e lo facciamo diventare un Mercurio dei nostri desideri, un Apollo dei nostri misteri, un saturno dei nostri malanni, nel piacere di tutto, ma soprattutto di vedere.

 

Francesco Gallo Mazzeo