Il segreto di Benito Albino

Fino a pochi anni fa, della triste vicenda di Benito Albino e di Ida Dalser, amante (e forse prima moglie?) di Mussolini si sapeva poco o nulla: nel 2005 la Rai trasmise un esaustivo documentario di Fabrizio Laurenti e Gianfranco Norelli, che ebbe il merito di riportare alla luce questa storia, così romanzesca eppure verificata da atti e documenti. Alcuni anni dopo Marco Bellocchio girò un intenso film, Vincere, che ha come protagonisti proprio Ida Dalser ed il piccolo Benito Albino, vere e proprie vittime sacrificali del fascismo e della ragion di stato, rinchiusi in manicomio purché sani al fine di dissuaderli da ogni ulteriore legittima richiesta, condannati a morire prematuramente tra sofferenze psichiche atroci.

Ma come ebbe inizio questa tragica vicenda? Ida Dalser, proprietaria benestante di un salone di bellezza di origine trentina, si legò al giovane Mussolini e finanziò con somme strepitose i suoi progetti politici e non, compreso il nuovo giornale Il Popolo d’Italia: secondo quanto dichiarò Ida fino alla morte, lei ed il futuro Duce contrassero un matrimonio religioso, di cui però andò perso il certificato (casualità?). Nel frattempo, l’11 novembre 1915, nasceva dalla loro relazione Benito Albino: nonostante il figlio fosse stato riconosciuto da Mussolini, in seguito al matrimonio con Rachele Guidi ed alla successiva conquista del potere, si disinteressò totalmente ad Ida e suo figlio, inviandogli sporadicamente un misero assegno. La Dalser non si diede per vinta, ma il suo accanimento sarà vano contro il potere del suo ex amante: prima viene confinata nei dintorni di Caserta poi, tornata a Trento dai parenti, approfittando del tentativo della donna di esporre il suo disagio ad un ministro fascista in visita nella città, nel 1926 viene fatta arrestare e tradotta nel manicomio di Pergine Valsugana.  Diagnosi mediche false che ne certificano la pazzia impediranno a Ida di rivedere l’amato figlio: trasferita in seguito al manicomio di San Clemente di Venezia, si spegnerà nel 1937 per un’emorragia cerebrale, condannata a morte dall’uomo per cui aveva sacrificato la propria esistenza e gran parte del patrimonio, senza aver più rivisto Benito Albino.

Ida Dalser ed il piccolo Benito Albino. Incredibile la somiglianza con Mussolini

Il ragazzo nel frattempo viene mandato in un collegio dei padri Barnabiti, dove solo lo zio Arnaldo Mussolini, passa ogni tanto a trovarlo ed a interessarsi della sua sorte: morto quest’ultimo, viene affidato ad un tale Bernardi, faccendiere fascista, e spedito in un istituto di minore importanza; arruolatosi poi in marina a La Spezia, in ogni occasione il ragazzo insiste nel dichiararsi figlio del Duce: così l’infelice Benito viene fatto rimpatriare e chiuso anch’egli in manicomio a Limbiate, senza nessun motivo valido, solo per aver detto la verità. Morirà nel 1942 per “marasma”, ma più probabilmente a causa di continue iniezioni di insulina, che lo mandano più volte in stato di coma.

Benito Albino, 1935


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