Pubblicato da: Storm | 22 dicembre 2010

La Nausea – Sartre – Someday you’ll miss me honey.

Ho raccolto qui i passaggi più significativi della Nausea di Jean-Paul Sartre. Passaggi in cui mi rispecchio e che illustrano anche un po’ della mia realtà.

——————————

 

“E’ certo, infine, che ho avuto paura o qualcosa del genere. Se sapessi soltanto di che cosa ho avuto paura avrei già fatto un gran passo.”

“M’è accaduto qualcosa, non posso più dubitarne. E’ sorta in me come una malattia, non come una certezza ordinaria, non come un’evidenza. S’è insinuata subdolamente, a poco a poco; mi sono sentito un po’ strano, un po’ impacciato, ecco tutto. Una volta installata non s’è più mossa, è rimasta cheta, ed io ho potuto persuadermi che non avevo nulla, ch’era un falso allarme. Ma ecco che ora si espande.”

“Io non ho amici: che sia per questo che la mia carne è così nuda? Si direbbe.. sì, si direbbe la natura senza gli uomini.”

“Allora la Nausea m’ha colto, mi son lasciato cadere sulla panca, non sapevo nemmeno più dove stavo; vedevo girare lentamente i colori attorno a me, avevo voglia di vomitare. Ed ecco: da quel momento la Nausea non m’ha più lasciato, mi possiede.”

“Ma il tempo è troppo vasto, non si lascia riempire. Tutto ciò che uno vi getta s’ammollisce e si stira.”

“Tra un momento ci sarà il ritornello: è sopratutto questo che mi piace e la maniera improvvisa con cui si getta avanti come una scogliera contro il mare. Per ora suona soltanto il jazz, non v’è melodia, solo note, una miriade di piccole scosse. Non hanno sosta, un ordine inflessibile le fa nascere e le distrugge, senza mai lasciar loro l’agio di riprendersi, di esistere per se stesse. Corrono, s’inseguono, passando mi colpiscono con un urto secco, e s’annullano. Mi piacerebbe trattenerle, ma so che se arrivassi ad afferrarne una, tra le dita non resterebbe che un suono volgare e languido. Devo accettare la loro morte; devo perfino volerla: conosco poche impressioni più aspre e più forti.”

“Com’è strano, com’è emozionante che questa durezza sia così fragile. Nulla può interromperla e tutto può spezzarla.”

“La musica buca queste forme vaghe e passa attraverso.”

“Quello che è accaduto è che la Nausea è scomparsa. Quando la voce s’è levata, nel silenzio, ho sentito il mio corpo indurirsi e la Nausea è svanita. Di colpo: è stato quasi doloroso diventar così duro, tutto rutilante. Nel tempo stesso la durata della musica si dilatava, si gonfiava come una tromba d’aria. Colmava la sala con la sua trasparenza metallica, schiacciando contro i muri il nostro tempo miserabile. Io sono dentro la musica.”

“Ho oltrepassato il raggio d’azione del lampione; entro nel buco nero. Nel vedere la mia ombra ai miei piedi fondersi nelle tenebre ho l’impressione di tuffarmi in un’acqua gelata.”

“La Nausea è rimasta laggiù, nella luce gialla. Sono felice, questo freddo è così puro, così pura è questa notte; che non sia io stesso un’onda d’aria gelata? Non avere nè sangue, nè linfa, nè carne. Scorrere in questo lungo canale verso quel pallore, laggiù. Non esser altro che un po’ di freddo.”

“E’ la centesima volta che mi ci lascio prendere. I miei ricordi son come le pistole nella borsa del diavolo: quando la si aprì non vi si trovò che foglie morte.”

“Certe cognizioni sommarie mi restano ancora nella memoria, ma non vedo più niente; ho un bello sfogliare il passato, non ne ricavo altro che briciole d’immagini e non so bene che cosa rappresentano, nè se sono ricordi o finzioni.”

“Costruisco i miei ricordi col mio presente. Sono respinto, abbandonato nel presente. Il passato tento invano di raggiungerlo: non posso sfuggire a me stesso.”

“La domenica che finisce ha lasciato loro un sapore di cenere e già il loro pensiero si volge verso il lunedì. Ma per me non c’è lunedì nè domenica, ma soltanto giorni che si sospingono in disordine, e poi, d’un tratto, dei lampi, come questo.”

“Mi sento pieno d’angoscia: il minimo gesto m’impegna. Non posso indovinare quello che si vuole da me. Eppure bisogna scegliere.”

“Dal fondo di questo caffè qualcosa torna indietro sui momenti sparsi di questa domenica e li salda gli uni agli altri, dà loro un senso: ho traversato tutta questa giornata per venire a finir qui, con la fronte contro questo vetro, per contemplare questo volto fine che si schiude su una tenda granata. Tutto s’è fermato; la mia vita s’è arrestata: questo vetro, quest’aria greve, azzurra come l’acqua, ed io stesso formiamo un tutto immobile e compatto: sono felice.”

“Ecco come credo che avvenga: d’un tratto si sente che il tempo scorre, che ogni istante porta con sè un altro istante, questo un altro è così di seguito; che ogni istante si annulla, che non vale la pena di tentare di trattenerlo. E allora si attribuisce questa proprietà agli avvenimenti che vi appaiono negli istanti; ciò che riguarda la forma lo si attribuisce al contenuto. Insomma questo famoso scorrere del tempo, se ne parla molto ma non lo si vede affatto.”

“Mi sento pieno di malanimo verso questo piccolo presuntuoso così bugiardo; può darsi che sia dispetto: ero felice che mentisse agli altri ma avrei voluto che facesse un’eccezione per me: credevo che ci saremmo messi d’accordo come ladri in fiera sopra la testa di tutti questi morti e che avrebbe pur finito per dirla, a me, la verità!”

“Che non sia proprio possibile pensare a qualcuno nel passato? Fintanto che ci siamo amati non abbiamo permesso che il più infimo dei nostri istanti, la nostra più piccola pena si distaccasse da noi e restasse indietro. I suoni, gli odori, le sfumature della luce, perfino i pensieri che non si dicevano, tutto, portavamo con noi restava vivo: non avevamo mai cessato di gioirne e di soffrirne al presente. E’ per questo che ci siamo separati: non avevamo più abbastanza forza per sopportare questo fardello. E poi, quando Anny m’ha lasciato, di colpo, in un solo blocco, i tre anni sono sprofondati nel passato. Non ho nemmeno sofferto, mi sono sentito vuoto.”

“Ed io dove potrei conservare il mio? Non ci si può mettere il passato in tasca; bisogna avere una casa per sistemarvelo. Io non possiedo che il mio corpo; un uomo completamente solo, col suo corpo soltanto, non può fermare i ricordi, gli passano attraverso. Non dovrei lagnarmi: il mio solo desiderio è stato d’esser libero.”

“La nebbia aveva invaso la stanza: non la nebbia vera, che si era dissipata da tempo: l’altra, quella che riempiva ancora le strade, e che usciva dai muri, dal selciato. Una specie d’inconsistenza delle cose.”

“Ma il suo giudizio mi trafiggeva come una spada e metteva in discussione perfino il mio diritto d’esistere. Ed era vero, me n’ero sempre reso conto: non avevo il diritto di esistere. Ero apparso per caso, esistevo come una pietra, una pianta, un microbo. La mia vita andava a capriccio, in tutte le direzioni. A volte mi dava avvertimenti vaghi, a volte non sentivo che un ronzio senza conseguenze.”

“L’esperienza è ben più di una difesa contro la morte; è un diritto: il diritto dei vecchi.”

“Mi son detto stancamente: “Come posso sperare di salvare il passato di un altro, io che non ho avuto la forza di trattenere il mio?””

“Certo, avevo capito da un pezzo che il mio presente mi era sfuggito. Ma fino a quel momento credevo che si fosse soltanto ritirato fuori della mia portata. Per me il passato non era che un collocamento in pensione: un’altra maniera di esistere, uno stato di vacanza, d’inazione; ogni avvenimento, finita la sua parte, si collocava da sè, molto opportunamente, in una scatola, e diventava avvenimento onorario: tanto si fatica a immaginarci il nulla! Adesso lo sapevo: le cose sono soltanto ciò che paiono – e dietro di esse… non c’è nulla.”

“Poco prima era ancora lì, in me, caldo e tranquillo, e di quando in quando lo sentivo muoversi dentro. Era vivo, assai più vivo, per me, che non l’Autodidatta o la padrona del “Ritrovo dei Ferrovieri”. Naturalmente aveva i suoi capricci, poteva anche stare parecchi giorni senza farsi vedere; ma spesso, per misteriose schiarite, come il cappuccino igrometrico, metteva fuori il naso e scorgevo il suo viso pallido, le guance bluastre. Ed anche quando non si faceva vivo, ne sentivo il peso sullo stomaco, me ne sentivo pieno.”

“Il suo viso m’è apparso docilmente, il naso puntuto, gli occhi azzurri, il sorriso. Potevo formare i suoi lineamenti a piacer mio, forse, ancor più facilmente di prima. Soltanto, no nera ormai che un’immagine dentro di me, una finzione. Con un sospiro, mi sono abbandonato sullo schienale della sedia, con l’impressione di un vuoto intollerabile.”

“Il signor Rollebon era mio socio: per esistere aveva bisogno di me, e io avevo bisogno di lui per non sentire la mia esistenza. Io fornivo materia bruta; di questa ne avevo da vendere e non sapevo che farne: l’esistenza, la mia esistenza. Lui, invece, la sua parte era di rappresentare. Mi stava di fronte e s’era impadronito della mia vita per rappresentarmi la sua. Non m’accorgevo più che esistevo; non esistevo più in me, ma in lui: era per lui che mangiavo, per lui che respiravo, ognuno dei miei movimenti trovava la sua giustificazione al di fuori, là, di fronte a me, in lui; non vedevo più la mia mano che tracciava le parole sulla carta, e nemmeno la frase che avevo scritta – ma dietro, al di là della carta, vedevo il marchese, che aveva reclamato questo gesto e del quale questo gesto prolungava e consolidava l’esistenza. Io non ero che un mezzo di farlo vivere, lui era la mia ragion d’essere, mi aveva liberato da me stesso. Cos’avrei fatto ora?”

“Mi alzo di scatto: se soltanto potessi smettere di pensare, andrebbe già meglio. I pensieri, non c’è niente di più insipido. Ancora più insipido della carne. Si trascinano a non finire e lasciano un gusto strano.”

“I pensieri nascono dietro di me, come una vertigine, me li sento nascere dietro la testa… se cedo, mi arriveranno davanti, tra gli occhi – e io cedo sempre, e il pensiero s’ingrossa, s’ingrossa ed eccolo, immenso, che mi riempie tutt’intero e rinnova la mia esistenza.”

“Un po’ mi commuovono, è vero, ma mi disgustano anche un po’. Li sento così lontani da me: il calore li illanguidisce, e in cuor loro essi inseguono lo stesso sogno, un sogno così dolce, così languido. Si sentono a loro agio, guardano con fiducia i muri gialli, la gente, trovano che il mondo è bello così com’è, proprio così com’è, e ciascuno dei due, provvisoriamente, attinge il senso della propria vita in quello dell’altro.”

“Ho voglia d’andarmene, d’andarmene in qualche posto dove sia veramente al mio posto, dove m’ingrani… Ma il mio posto non è in nessun luogo; io sono di troppo.”

“Voglio dire che, per definizione, l’esistenza non è la necessità. Esistere è esser lì, semplicemente; gli esistenti appaiono, si lasciano incontrare, ma non li si può mai dedurre.”

“L’esistenza non è qualcosa che si lasci pensare da lontano: bisogna che v’invada bruscamente, che si fermi su di voi, che vi pesi greve sullo stomaco come una grossa bestia immobile – altrimenti non c’è assolutamente più nulla.”

“Non avevano voglia di esistere, solo che non potevano esimersene, ecco.”

“Non ero sorpreso, sapevo bene che era il Mondo, il Mondo nudo e crudo che si mostrava d’un tratto, e soffocavo di rabbia contro questo grosso essere assurdo. Non ci si poteva nemmeno domandare da dove uscisse fuori, tutto questo, nè come mai esisteva un mondo invece che niente. Non aveva senso, il mondo era presente dappertutto, davanti, dietro.”

“Lo so. So che non incontrerò mai più niente nè nessuno che m’ispiri della passione. Lo sai, mettersi ad amare qualcuno, è un’impresa. Bisogna avere un’energia, una generosità, un accecamento… C’è perfino un momento, al principio, in cui bisogna saltare un precipizio: se si riflette non lo si fa. Io so che non salterò mai più.”

“Sono libero: non mi resta più alcuna ragione di vivere, tutte quelle che ho tentato hanno ceduto e non posso più immaginarne altre. Sono ancora abbastanza giovane, ho ancora abbastanza forza per ricominciare. Ma che cosa bisogna ricominciare? Soltanto ora comprendo quanto contassi su Anny per salvarmi, in mezzo ai miei più forti terrori, alle mie nausee. Il mio passato è morto. Il signor Rollebon è morto. Anny è tornata soltanto per togliermi ogni speranza. Sono solo in questa strada bianca fiancheggiata da giardini. Solo e libero. Ma questa libertà assomiglia un poco alla morte.”

“Avevo perduto la prima mano. Ho voluto giuocare la seconda ed ho perduto anche questa: ho perduto la partita. E nel tempo stesso ho appreso che si perde sempre. Ci son solo i porcaccioni che credono di vincere. Adesso farò come Anny, mi sopravviverò.”

“La Nausea mi lascia un breve respiro. Ma so che ritornerà: è il mio stato normale. Soltanto, oggi il mio corpo è troppo esausto per sopportarla. Anche i malati hanno delle felici debolezze che gli tolgono per qualche ora la coscienza del loro male. Mi annoio, ecco tutto. Ogni tanto sbadiglio così forte che le lacrime mi scendono giù per le guance. E’ una noia profonda, profonda, il profondo cuore dell’esistenza, la materia stessa di cui sono fatto.”

“So benissimo che non voglio far niente: far qualche cosa è creare dell’esistenza – e di esistenza ce n’è già abbastanza.”

 


Risposte

  1. L’ho appena finito di leggere anche io. E anche io come te ho riletto in queste righe tanto di me.

    • Ne sono contenta, non tutti apprezzano il valore di questo testo che trovo fondamentale per ogni cammino. Poi sarà che vivo la Nausea sulla mia stessa pelle, ma per me è un libro speciale.

  2. Speciale è dire poco, un esperienza che non tutti riescono a cogliere, capisco chi lo trova noioso ma penso che ci vuole una certa condivisione di fondo per capire il susseguirsi di questi passaggi davvero incredibili, incredibile è il riuscire a metterli in parole, di solito queste “sensazioni” rimangono dentro senza riuscire ad uscire in maniera chiara e reale.


Lascia un commento

Categorie