venerdì 30 aprile 2010

Un’ora in un mondo da sogno ...


Il 25 aprile io e altri due autori di questo blog, abbiamo avuto la fortuna di poter entrare nella villa-castello di Sammezzano. La fortuna, però, ce l’hanno avuta anche altre 60 persone che per far foto decenti, non sono il massimo della comodità!
Questo comunque non toglie la magia che avvolge il castello …


Sammezzano è in provincia di Reggello (Fi). Normalmente non è visitabile: è in stato di abbandono da dopo che la compagnia inglese che l’aveva acquistato per riaprirlo come albergo di lusso (nel dopoguerra lo era già stato) è fallita lasciando la costruzione li da sola in mezzo al suo splendido parco.


La villa ha la sua età: l’edificio principale è stato costruito nel 1605 da Ximes D’Aragona, ma solo tra il 1853 e il 1889 è stato riprogettato da Ferdinando Panciatichi Ximenes ed è divenuto quello che è oggi. Ogni stanza ha un nome e un tema diverso: la Sala Bianca (la prima a essere stata costruita), quella degli Amanti, delle Stalattiti, dei Gigli, delle Farfalle, la Sala dei Pavoni, ecc. . Tutte sono finemente rifinite tra stucchi, vetro e legno. I giochi di luce e passaggi nascosti non si contano: nicchie e finte porte popolano ogni angolo della villa e non si fa in tempo a posare gli occhi su uno specchio, che si viene rapiti dal soffitto o dai minuscoli disegni dei pomelli delle porte.


È strana la sensazione che si prova. Sembra che il tempo si sia fermato per questo posto: tutto è lì, intatto, ma vivo. Camminando, ci si aspetta che qualcuno si affacci a uno dei tanti balconi situati all’interno di ogni sala, che una porta nascosta da uno specchio si apra e qualcuno ci inviti a prendere un tè oppure di sentire la musica passare attraverso i muri mentre i giochi di luce delle finestre, avvolgo tutto quanto in un’atmosfera da favola …



martedì 20 aprile 2010

Light Painting: dipingere con la luce.


Mi piace la foto fatta bene, ben tagliata e ben bilanciata. Però, alle volte, prendere e uscire dagli schemi, non è per niente male.
Ieri sera mi sono dilettata a disegnare con la luce. È una tecnica estremamente semplice (è per quello che l’ho scelta!), ma nonostante la sua semplicità, possono venire fuori delle cose molto interessanti ...

Ci vogliono:
1) lucine varie (no starlight! La luce emessa delle starlight è troppo debole);
2) una macchina fotografica su cui si possano impostare i tempi lunghi (come minimo 8 secondi), quindi dalle compatte evolute in su (meglio se reflex);
3) vestiti neri;
4) velocità nel muoversi (ci vuole poco per rimanere “impressi” nella foto!);
5) tanta fantasia.

Mettete la macchina fotografica su un appoggio stabile (un cavalletto può risultare molto utile). Controllate “che cosa vede la macchina”: questo sarà il vostro foglio bianco (è molto importante perché da qui capirete come muovervi nello spazio). Per i tempi vedete voi: 8 secondi sono il minimo che vi serve per fare qualcosa di decente (se il disegno è più complicato, aumentate i secondi). A livello di diaframma, vi consiglio di partire da un f8, ma provate anche altre soluzioni: più il diaframma sarà stretto e meno ci sarà bisogno di mettere a fuoco. Utilizzate l’autoscatto anche se c’è qualcuno a darvi mano. L’autoscatto consente alla macchina di stare ferma e non subire tutti quei micro-movimenti che le nostre mani producono. Iniziate con forme semplici, senza stare a interagire con lo spazio intorno e poi … sta solo alla vostra fantasia!

La tecnica del Light Painting è molto semplice da seguire, ma in realtà serve un bel po’ di pratica per riuscire a fare qualcosa di più di un semplice cuore o un paio di braccia a un cestino.
(Per non scoraggiarvi e dimostrarvi che possono venire fuori delle belle foto, vi segnalo l’opera dei Lichtfaktor !)

lunedì 19 aprile 2010

Fotografia istintiva - al lago

Domenica al lago di Garda passata amici conosciuti per caso. Ero in vacanza al mare da solo, e magicamente si è formato un gruppo di persone affini. Siamo diventati amici carissimi nonostante viviamo sparsi per l'Italia. Pranzo spettacolare, compagnia simpaticissima, giornata splendida, battute a raffica, anche il tempo ci ha dato una mano, un tiepido sole di primavera che profumava l'aria. Mentre tornavo a casa il senso di nostalgia giocosa saliva e così non presi subito l'autostrada, mi avventurai sul lungo-lago cercando di prolungare il senso di allegria che stava diventando velatamente malinconica.
Scesi per una stradina che mi portava sulla riva, non so dov'ero, ma non importava nulla. La casualità era una componente fondamentale di questa giornata, così come ho conosciuto in modo aleatorio queste persone, stavo cercando di prolungare in modo stocastico la giornata...
Parcheggiai la macchina e imboccai a piedi la stradina che porta sul lago. Un venticello gentile si mischiava al sentimento di leggero rimpianto che diventava via via più forte. Una passeggiata ci vuoleva proprio! Cosa mancava? Solo la macchina fotografica... Frugai in tasca. Eccola! Ma certo, l'avevo presa per portare a casa quei momenti felici! Iniziai a scattare in modo istintivo in quel posto che non conoscevo. La prima cosa che vidi fu un albero.





Scesi alla spiaggia di ciotoli e scattai, scattai, scattai...
Ecco finalmente il lago:

e un esile pontile senza barche.
Non un'anima viva sulla spiaggia, tutta solamente mia, calma piatta che decantava e tratteneva tutto...


L'energia si stava riequilibrando e riprendeva il giusto corso. Ecco ora potevo tornare a casa...

Tranquillo.
La sorpresa di guardare le immagini sul PC mi da modo anche ora di ritrovare le stesse sensazioni provate in quel ritorno prolungato.
Ve lo consiglio, se avete un po' di tempo prolungate i viaggi di qualche fotografia casuale...

Daniele Zanoni

Mi chiamo Daniele Zanoni, sono nato nel 1972 a Reggio Emilia dove vivo da allora.
Mio padre mi tirava per mostre e mercati d'arte e d'antiquariato da quando ero alto così. Lui mi ha tramandato l'amore per il bello e per l'arte.
La prima macchina fotografica mi arrivo in dono al nono compleanno, e iniziai ad usarla per scatti da fotoricordo, ma dopo un po' non mi bastava più, e iniziai a studiare i limiti tecnici del mezzo, senza in realtà sapere cosa significasse diaframma, sensibilità, tempo di scatto, stop,... mi chiedevo ad esempio: cosa usciva con poca luce? Il flash come reagiva? E muovendo la macchina fotografica durante lo scatto cosa rimaneva impresso sulla pellicola? Mio padre, che condivideva il mio sforzo, ma non sempre il risultato, mi regalò diversi libri di fotografia perché potessi studiare...
Poi ho conosciuto molti fotografi e il loro lavoro. La mia città è fertile in questo campo (Ghirri, Vaiani, Ascolini, Bolondi, Farri, Fabian,... ne ho scordati molti ma non per importanza, solo perché con i nomi sono un vero disastro...). Poi ho avuto modo di approfondire la conoscenza del mezzo tecnico all'università studiando Fisica e facendo tesi, tesine e ricerche su ottica, visione artificiale, colorimetria...

Da allora ho usato un sacco di oggetti oggetti che catturano la luce e, anche ora, mi piace sperimentare. Sono appassionato di fotografia documentale, di fotografia pubblicitaria, di ritratto, ma la mia vera passione resta la fotografia istintiva.


Adoro viaggiare e cercare di colorare gli scatti di viaggio con le emozioni che provo in quei momenti. Ma soprattutto mi piace schiacciare quel tastino che emette il "click" sulla machcina fotografica ricercando quella naturalità istintiva che permette di sentire il mezzo tecnico come immaginaria propaggine del proprio corpo...

Un passo di danza ...


La danza è tutta la mia vita. Esiste in me una predestinazione, uno spirito che non tutti hanno. Devo portare fino in fondo questo destino: intrapresa questa via non si può più tornare indietro. E' la mia condanna, forse, ma anche la mia felicità. Se mi chiedessero quando smetterò di danzare, risponderei "quando finirò di vivere".
Rudolf Nureyev

Claudia Boschi



Nasco ad Arezzo, nel vicinissimo 1987 e c'è poco da dire di me a livello fotografico: la mia prima macchina è stata comprata poco più di un anno fa e sono ancora ai primi passi.

Quello che mi spinge è la voglia di conoscere. La fotografia è un ottimo strumento per raccontare il mondo che mi circonda, capire i meccanismi che muovono l'universo e spesso, anche quelli che muovono la mia testa.

Mi piace sperimentare e molto probabilmente quello che vedrete qua, sono i miei tentativi di migliorarmi e di capire che la macchina fotografica non fa solo "click!", ma nasconde un mondo enorme dietro di se.

mercoledì 14 aprile 2010

orrida e meravigliosa (Sibilla Aleramo)

"Chiudo il tuo libro,
snodo le mie trecce,
o cuor selvaggio,
musico cuore…

con la tua vita intera
sei nei miei canti
come un addio a me.

Smarrivamo gli occhi negli stessi cieli,
meravigliati e violenti con stesso ritmo andavamo,

liberi singhiozzando, senza mai vederci,
né mai saperci, con notturni occhi.

Or nei tuoi canti
la tua vita intera
è come un addio a me.

Cuor selvaggio,
musico cuore,
chiudo il tuo libro,
le mie trecce snodo."

Sibilla Aleramo a Dino Campana, Mugello, 25-7-1916

Una magistrale interpretazione di Lorella Serni, in scena fino a fine Aprile nello spettacolo di Fulvio Cauterucci "Sibilla Aleramo, così bella come un sogno", ovvero gli attimi successivi all'ultimo incontro dei due amanti.
I pensieri ed i ricordi di Sibilla, le lettere e le poesie che la ricondurranno in un viaggio alla ricerca delle ragioni della loro storia.

lunedì 12 aprile 2010

la magia dell'infrarosso

Nella cultura moderna il concetto di magia e le sue applicazioni tendono a essere marchiate di infantilismo o peggio di frode, nonostante tutti i cavalli di battaglia della tecnologia e del progresso possano essere visti come oggetti magici se non supportati da un'adeguata educazione. Viaggiamo in carrozze senza cavalli, parliamo con persone che non sono presenti, vediamo luoghi lontani attraverso piccoli specchi. Eppure quanti di voi mi crederanno quando affermo di possedere una macchina fotografica magica?
Ebbene si, è vero. Io possiedo una macchina fotografica che, con un rituale mistico da seguire passo passo, fotografa un mondo che non c'è, un mondo invisibile all'occhio umano. In questo mondo la natura splende di magnificenza sotto un cielo drammatico che sa di infinito e i fiumi e i mari sono pozzi di quiete immota e nera.



D'accordo, tempo di svelare i trucchi del prestigiatore.. Sto parlando di fotografia a infrarossi.
Diversamente da come qualcuno può immaginarla non si tratta di fotografare il calore delle cose (Predator lo fa, le nostre reflex no) ma di spostare il nostro occhio un piccolo gradino piu in la rispetto a quello che può vedere normalmente. La porzione di luce infrarossa che le nostre reflex possono catturare viene prodotta in massima parte dal sole e in misura minore dai flash e dalle lampadine a incandescenza, per poi riflettersi su oggetti, persone, superfici in maniera diversa dal normale. Tralasciando il discorso strettamente scientifico, potrete notare ad una prima occhiata come i tre elementi preferiti delle composizioni a infrarossi siano palesemente surreali : L'erba, le foglie sono bianche come dopo una gelata, l'acqua è nera e il cielo svaria dal nero secco all'azzurro umido.



Ed ecco quindi la dimensione parallela di cui vi parlavo. Lasciate ora che vi illustri per bene il rituale da seguire.

Qualcuno di voi probabilmente possiederà una reflex digitale (c'è speranza anche per le compatte e per i rullini, badate bene), un cavalletto e magari uno scatto flessibile. L'ingrediente magico che aprirà la porta alla dimensione parallela è, di base, un filtro. Ne esistono di diversi tipi (e diversi costruttori) che permettono di decidere quale porzione di luce fotografare con una buona precisione. Si parte da un comune filtro rosso R25 che vi mostrerà una realtà conosciuta accentata di infrarosso, fino a filtri che vi costringeranno a lunghissime pose su spettri molto ridotti di infrarosso. La mia scelta è ricaduta su un diffuso R72, un rosso molto molto molto scuro, tanto scuro che può sembrare nero finchè non lo puntate a occhio nudo verso il sole e notate quindi un puntino rosso in mezzo al nero.
Con questi ingredienti poi si tratta di avere una location. Fotografare i palazzi di fronte, le macchine, il cemento o una natura poco rigogliosa potrebbe darvi risultati scarsi e farvi passare la voglia di fare tutto questo. Per questo vi invito a seguire passo passo il rituale, altrimenti la magia non è potente. Ci vuole un luogo in cui la natura sia viva, dove si incontrino i tre elementi che governano questo rito: la foglia, l'acqua e il sole. Aprite il vostro cavalletto, montate la vostra macchina fotografica, scegliete l'inquadratura e mettete circa a fuoco, avvitate il filtro e poi provate una posa di un minuto.. due minuti.. trenta secondi. Sperimentate. Formato RAW, sessanta secondi f8 in una giornata di sole potrebbe essere un punto d'inizio.




Se vorrete guardare i risultati sullo schermo della vostra reflex ricordate che il rito non è finito e richiede un po di lavoro a casa per trasformare tutto il rosso che vedete in bianco.
Come avrete probabilmente intuito dai tempi di posa si tratta di una fotografia estremamente contemplativa, spesso solitaria, che necessità di un certo lavoro di immaginazione prima dello scatto e di molta pazienza durante gli scatti, ma che regala una grossa dose di relax e di distacco dal mondo frenetico.

Dimenticavo, l'ultima parte del rito. Una volta a casa vi troverete davanti dei colori che non vi aspettavate ma non disperate, il percorso è semplice. Se avete scattato in raw (altrimenti: auguri) dovete fare attenzione a impostare il bilanciamento del bianco sulle foglie illuminate dal sole (se il vostro scatto non ne prevede è utile fare uno scatto a foglie o erba illuminate e usarlo poi come riferimento). Fatto questo potrete lavorare il vostro jpeg con un programma di foto ritocco ricordando sempre come primo passo di scambiare il rosso e il blu (in photoshop questo si chiama channel mixer o miscelatore di canale). Esistono molte guide esaustive sul web per il processo di elaborazione digitale dell'infrarosso, non mi dilungherò.

Esiste speranza se avete una compatta. Alcune (ognuna ha una sensibilità diversa all'infrarosso) compatte potrebbero essere in grado di fare delle belle foto a infrarosso se supportate da un cavalletto e un filtro adeguato, se fate la dovuta attenzione a un bilanciamento del bianco personalizzato e siete in grado di trattare l'immagine finale come si deve. La cokin vende ad esempio sistemi di filtri per compatte. Ma chiedetevi, il gioco vale la candela?

Esiste speranza se scattate a rullino. Sono ancora in produzione rullini a infrarossi che permettono di scattare delle splendide foto a infrarossi in bianco e nero. Non sono rullini comuni, non sono diffuse e con buona probabilità non verranno sviluppate dal laboratorio sotto casa.





Vorrei ritornare, in ultimo, sulla magia.
E' pur vero che la magia che ho cercato di vendervi altro non è che la giusta applicazione di conoscenze tecniche e scientifiche nel giusto luogo.
Ma la consapevolezza, la contemplazione della natura, il tempo necessario e la pazienza e la calma imposte, non sono questi forse doni per chi viene travolto dalla vita metropolitana, dal lavoro e dagli impegni?


Francesco Chiot




Francesco Chiot è nato nei primi anni ottanta e cresciuto a Trieste. Di formazione scientifica e artisticamente ignorante comincia a imparare in maniera autodidatta le basi e le tecniche della fotografia a cavallo del millennio. Ancora oggi non ha uno stile caratteristico ma continua a vagare da un interesse ad un altro.


I soggetti preferiti cambiano con gli anni: dai gatti ai paesaggi a infrarossi, dai ritratti emotivi alla fotografia di strada e di viaggio. In questo preciso istante è molto preso dal ritratto classico, domani chissà.




Francesco non aggiorna il suo sito internet ma lascia qualche riga e qualche foto sul suo blog, regolarmente (piu o meno)




[foto in alto: Giacomo Petronio, foto in basso: Maurizio Carosella]

war at home

"General, your tank is a powerful vehicle.
It smashes down forest and crushes a hundred men.
But it has one defect:
It needs a driver.
General, your bomber is powerful.
It flies faster than a storm and carries more than an elephant.
But it has one defect:
It needs a mechanic.
General, man is very useful.
He can fly and he can kill.
But he has one defect:
He can think."

Bertolt Brecht

venerdì 9 aprile 2010

di sola sabbia e vento

Spesso non ci rendiamo conto di quello che abbiamo, di quello che reputiamo indispensabile e che fino a qualche anno fa sarebbe rimasto nella nicchia del superfluo, consideriamo tutto come priorità senza comprendere cosa lo sia davvero.
Il mio viaggio oramai è iniziato da un paio di giorni, abbiamo oltrepassato il Cairo nella giornata di ieri, città viva e malata quanto poche al mondo, distesa di case e di corpi, piccoli frammenti della stessa povertà.
Povertà testimoniata da chilometri e chilometri di case ancora in costruzione, solcate unicamente da strade in cui l’asfalto è solo un vecchio ricordo – si costruisce fino a che ci sono soldi – mi dicono – quando i soldi sono finiti la casa rimane così, quando mio figlio si sposerà allora ci penseremo – e mentre sento queste parole la polvere e l'inquinamento mi chiudono il naso cancellando qualunque altra possibilità di odore.
Viaggiamo per ore, seguiamo la costa fino a El Alamain, solo pochi chilometri prima di scendere verso sud, nella depressione di Qattara, mille chilometri e un’intera giornata di viaggio per raggiungere Siwa, oasi sul confine libico, ultimo punto civilizzato alle porte del Sahara, ad un passo dalle vie dei nuovi schiavi e dei vecchi briganti, campo base per la missione scientifica che fotograferò.
Qui la Natura ce la mette tutta per non lasciarsi morire e così è per le piante come per gli uomini, sembra incredibile vedere, in questa vastità senza scopo, figure lontane che, lievi come anime perse, vagano verso l’unica grande strada che taglia questo deserto.
Sparsi qua e là resti dei vecchi e dei nuovi eserciti, qui il tempo non è altro che il susseguirsi dello stesso attimo e così ti capita di trovare perse nella polvere scatolette arrugginite insieme a qualche resto meccanico e bossoli di mortaio.
Povera gente che vive di latte e poco altro, in questo luogo il ricco è chi ha una capra, e il povero è colui che muore.
La sera è fredda come mai ci si aspetterebbe, ti ammanta in un istante facendoti sentire tutto il suo abbraccio; dopo aver cenato ci troviamo a sentire la gente che esce a bere il Chai ed i bambini che giocano insieme ai genitori con palloni talmente vecchi da far pensare alle ultime guerre.
Il pensiero che ci attraversa la mente arriva rapido fino alle labbra – ma in Italia si gioca ancora così? – gente due passi oltre la fame che vive senza la paura del domani, perché il domani non c’è, è solo illusione, non c’è pretesa di miglioramento nei loro sguardi – stasera abbiamo mangiato, cos’altro ci serve? – e così, in un luogo in cui vivi di sola sabbia e vento, se nasci fabbro vivrai da fabbro, se nasci mercante vivrai da mercante, ma sicuramente vedrai solo casa tua, non esiste ciò che non conosci e davanti a una pozza d’acqua avrai negli occhi il coraggio e la sicurezza di affermare – …questo è il paradiso… – .

giovedì 8 aprile 2010

Daniele Simoncini

Mercoledì, metà settimana, per i più un giorno importante tanto quanto un altro, più che altro un giorno umido, mio padre che cammina su e giù per un corridoio di un ospedale finendo il secondo pacchetto di sigarette: pochi minuti dopo nasco io, Milano è umida come tutte le estati, è il quattro giugno del millenovecentoottanta, nottata poco importante per i più ma decisamente lunga per qualcun'altro.

Otto anni dopo mi trovo nel bel mezzo del pensiero di quanto sia affascinante esplorare una toppa posta sui miei pantaloni attraverso un trecento millimetri macro, ho in mano una Olympus OM-1, è la vecchia macchina di mio padre, me l'ha regalata al posto della mia Fisher Price 110, dice "fa meglio" anche se in realtà non ne sono molto convinto.

Un anno più tardi sviluppo il mio primo rullino e rimango affascinato da un riflesso involontario in un vetro, ho smezzato un palazzo in due con l'immagine di una montagna, e così inizio a ragionare su quanto sia interessante riuscire ad esprimere su di un foglio di carta lucidata quello che in pochi riescono a vedere ma che forse, proprio per questo, è più presente del resto.

Da allora ho cercato di praticare la fotografia in modo sperimentale, inserendo in essa una forte dose del mio sentire, i miei studi mi hanno così condotto verso la ricerca del mondo sottile, quello del teatro e del suo pathos, quello degli universi nascosti dalle loro dimensioni microscopiche, delle espressioni rubate agli angoli delle vie e delle emozioni che riesci a vedere solo se fissi bene, emozioni che prima o poi spero di tradurre nel linguaggio immaginario dei miei scatti.

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Scriviamo su di uno spazio inutile ed inutilizzato fino a questo momento, un po' come fosse un tovagliolo al nostro bar preferito, per questo scriviamo come se fossimo davanti ad un cappuccino, una spremuta, od al proprio giornale la domenica mattina.

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