Parmigianino: La Madonna dal collo lungo

La madonna dal collo lungoClicca per vedere l’immagine più grande

Francesco Mazzola, detto il Parmigianino
Madonna dal collo lungo
ca 1535, Firenze, Uffizi

Chi era il Parmigianino?

“L’ideale di bellezza che Parmigianino esprime nella figura algida e raffinata della Madonna dal collo lungo rappresenta l’esito di un percorso interiore disperatamente teso verso un mondo di perfezione in cui le immagini dell’uomo e della natura si trasformano, libere dall’adesione ai canoni naturalistici”.

[F. Zeri, Parmigianino. Madonna dal collo lungo]

Girolamo Francesco Maria Mazzola, detto il Parmigianino (Parma, 11 gennaio 1503 – Casalmaggiore, 24 agosto 1540), è stato un celebre pittore italiano, esponente della corrente manierista.


Al 1535 risale la celebre Madonna dal collo lungo opera commissionata da Elena Baiardi per la propria cappella in Santa Maria dei Servi: come attesta il contratto, il Parmigianino, ricevuto un acconto, si impegnava a consegnare il dipinto entro la Pentecoste del 1535, impegnandosi, in difetto, a rifondere i danni, dando a garanzia la propria casa. In effetti, la tavola non viene terminata né consegnata: incompiuta nella parte destra e rimasta nello studio del pittore, alla sua morte viene posta la scritta sullo stilobate del colonnato: Fato preventus F. Mazzoli parmensis absolvere nequivit: il pittore non poté compierla a causa della sua morte. Viene poi collocata nella chiesa nel 1542, fu acquistata dai Medici nel 1698. Rilevante l’analisi di Hauser per il quale in questo dipinto

“si ritrovano il retaggio di bizzarrie del Rosso, le forme più allungate, i corpi più snelli, le gambe più lunghe e le mani più sottili, il più delicato viso di donna e il collo più squisitamente modellato, e l’accostamento di motivi più irrazionali che si possa immaginare, le proporzioni più inconciliabili e la più incoerente figurazione dello spazio. Par che nessun elemento del quadro si accordi con un altro, non una figura si comporti secondo le leggi naturali […]. Secondo la legge della gravità, il Bambino dovrebbe da un momento all’altro sdrucciolarle dalle ginocchia. Non si sa se ella guardi il Bambino o se si occupi soltanto di sé, dei propri pensieri. Non si sa neppure dove si svolga veramente la scena: se in un atrio o all’aperto. […]. Che razza di colonne sono, poi, quelle che se ne stanno lì senza capitello, affatto inutili, veramente paragonabili a fumaioli di fabbrica? E che cosa vogliono rappresentare i giovinetti e le fanciulle accalcati nell’angolo a sinistra in primo piano? Angeli? O non piuttosto….un efebo con i suoi compagni, nell’atto di presentare un’offerta votiva alla Vergine, a quest’idolo così idealmente leggiadro? Si sarebbe così arrivati là dove doveva ineluttabilmente condurre questo genere di pittura sacra: a un culto pagano della bellezza”.

È ancora il Fagiolo dell’Arco a darne un’interpretazione fondata sui principi alchemici e religiosi: il tema del dipinto sarebbe l’Immacolata Concezione; il vaso in primo piano a sinistra, farebbe riferimento al grembo di Maria, alludendo alla morte di Cristo appena concepito, secondo la concezione alchemica della nascita corrispondente alla morte. La colonna è simbolo dell’Immacolata e il lungo collo della Vergine, dal Medioevo, era già un attributo della Madonna – collum tuum ut columna.

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