L’emigrazione  a Viggiano

 

 

Il fenomeno dell’emigrazione a Viggiano ha radici molto lontane, probabilmente, già intorno alla metà del ‘700, i Viggianesi cominciarono il loro vagabondaggio con i viaggi a piedi che compivano dapprima verso Napoli in occasione delle Novene per tradizione ed anche come fonte di guadagno e,  successivamente, quando la necessità economica si fece più incombente a causa delle limitate possibilità di lavoro che offriva il proprio paese e la fama di questi “musicanti viggianesi” si diffuse ed ampliò: ecco che cominciarono a spingersi sempre più lontano, ben oltre i confini dell’Italia meridionale per procurarsi da vivere.

La mancanza di lavoro, la povertà in cui versava la classe contadina, lo strapotere dei nobili, costrinsero molti viggianesi ad emigrare e la musica era l’unico mestiere conosciuto, che non appresero in conservatorio, ma al quale erano naturalmente predisposti e che imparavano a suonare fin da fanciulli ad orecchio.

Prima di partire si univano in gruppi di tre o quattro persone alle quali si affiancava un ragazzino con un triangolo.

Lo strumento principe del gruppo era l’arpa portativa, strumento a corde di piccole dimensioni, “l’arpicedda” e ad essa si univano il violino, il flauto o il clarinetto.

 

Mappa dell'esperienza

 

 

Formato il piccolo gruppo, si munivano di passaporto e partivano per far sentire  la loro musica e guadagnarsi da vivere.

Per gli ambulanti  “Misurare l’Europa da un capo all’altro è affar da nulla pel Viggianese”.

Il fenomeno dell’emigrazione divenne ancora più massiccio dopo il terremoto del 1857 che  provocò la morte di circa 900 persone e 211 feriti.

Questo motivo , unito alle già precarie condizioni socio- economiche, fecero si che molti Viggianesi decisero di emigrare oltre l’oceano facendo registrare una grande diminuzione della popolazione: da 6088 abitanti sopravvissuti al terremoto, a 4351 nel 1901, ed oggi a circa 3200.

Se il fenomeno dell’emigrazione fu negativo da un verso perché faceva allontanare  dal paese molti giovani, dall’altro fu importante per la crescita culturale ed economica del paese, perché i musicanti esportavano la propria tradizione e la propria cultura ed importavano altre culture, grazie ai contatti che gli ambulanti avevano con ambienti più colti e politicamente più progrediti, contribuirono a trasformare la mentalità e al miglioramento dell’economia del paese, perché i loro guadagni consentivano di ricostruire le case e migliorare le condizioni di vita dei suoi abitanti.

Nicola Nigro, sacerdote di Viggiano, aveva capito che l’arpa aveva mutato il volto del paese perciò in una sua poesia scritta nel 1873 per inaugurare la nascita del giornale “L’Arpa Viggianese” diceva “Viggian proprio per l’Arpa si ha mutato in casa ogni tugurio”

 

 

   

L’ARPA

 

L’arpa è uno strumento musicale a corde di forma triangolare che sembra sia esistita sin da tempi antichissimi. E’ uno strumento a suono fisso e ciascuna corda può produrre tre suoni differenti. Le principali parti che compongono l’arpa sono: lo zoccolo, dove vengono fissati i pedali corrispondenti alle note della scala, la cassa di risonanza, la colonna e la mensola. L’arpa era lo strumento principale dei musicanti viggianesi; infatti alla mostra degli strumenti popolari italiani tenutasi a Bologna nel 1984 è stata esposta un’arpa portativa a trentaquattro corde, altezza cm 140, costruita presumibilmente a Viggiano alla fine del secolo XIX, di proprietà del prof. Leydi che l’acquistò a Milano nel 1983. Lo strumento presenta una colonna scolpita ed è arricchita da una “corona” sul capitello.

Nel padiglione della Basilicata a Torino, viene esposta un’arpa portativa di proprietà di Alfredo Fiore di Viggiano. Lo strumento è completo di cinghia per il trasporto ed è in ottimo stato di conservazione, veniva usata da Raffaele Padula (nonno di Alfredo) suonatore girovago in Australia con il violinista Giuseppe Punaro.

Le fonti iconografiche che testimoniano l’uso dell’arpa portativa nei complessi girovaghi si possono far risalire ad alcuni pastori dei presepi napoletani del XVIII secolo. Importante è notare come l’arpa portativa sia uno degli strumenti musicali più diffusi in questi presepi: essa è sempre di piccole dimensioni con un massimo di quattordici corde, priva nella meccanica degli uncini.

 

   

 

 

 

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