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    26.4.1931, varo della regia nave Folgore

    di Carlo Di Nitto

    Il regio cacciatorpediniere Folgore (2°), classe “Dardo”, dislocava 1920 tonnellate. Costruito nei Cantieri delle Officine e Cantieri Partenopei di Napoli, era stato impostato il 30 gennaio 1930, varato il 26 aprile 1931 ed era entrato in servizio dal °1 luglio 1932.
    Affondò alle ore 01.16 del 2 dicembre 1942 in combattimento contro unità britanniche nel Canale di Sicilia.
    Era partito il mattino del 1° dicembre da Palermo, insieme con altri due cacciatorpediniere e due torpediniere, di scorta ad un convoglio di quattro navi dirette a Biserta. Nella notte il convoglio venne attaccato nel Canale di Sicilia da una superiore formazione britannica composta da tre incrociatori e due caccia. Il FOLGORE, portatosi all’attacco eseguì il lancio di due salve di siluri, ma investito su due lati dal fuoco nemico, nonostante fosse in preda alle fiamme, continuò a sparare sino ad esaurire tutte le munizioni delle riservette del calibro principale, poi si capovolse ed affondò nel punto 37°43′ N e 11°16′ E, nella zona nota con il nome di “Banco di Skerki”.
    Nell’affondamento portò con sé 124 Marinai che costituivano oltre metà dell’equipaggio.
    Alla memoria del comandante, CC. Ener Bettica. fu conferita la Medaglia d’oro al Valor Militare.
    Il suo motto fu “Fulgur in hostem” (come folgore sul nemico)
    ONORE AI CADUTI !

    di Lucia Guazzoni
    (1 dicembre 2013)

    …riceviamo e pubblichiamo la commovente “testimonianza”, per non dimenticare mai.

    Regio Cacciatorpediniere Folgore
    La “rotta della morte”: gli equipaggi delle navi che attraversavano il mare per raggiungere la Tunisia, durante l’ultima Guerra, sapevano che la strada da percorrere portava un nome poco simpatico, la Rotta della Morte.
    L’Ammiraglio inglese Cunnigan, Comandante della flotta inglese nel Mediterraneo, scrisse nelle sue memorie: “E’ sempre stato per me fonte di meraviglia il modo in cui i marinai italiani continuavano ad operare con le loro navi…..soggetti ad attacchi navali, subacquei, bombardieri, aerosiluranti, mine vaganti e magnetiche per tutta la rotta…”
.

    Questa è la storia del convoglio H, partito in data 1-12-1942 e mai più tornato.
    Il convoglio era formato da quattro mercantili e una scorta composta dal CT DARECCO, il CT CAMICIA NERA, il CT FOLGORE (sul quale era imbarcato mio padre, Edgardo Guazzoni, come Secondo Capo di Macchina) la Torp. CLIO e la Torp. PROCIONE.
    L’ordine di operazione era preciso: in caso di incontro con navi nemiche le siluranti di scorta dovevano andare all’attacco del nemico impegnandolo a fondo e coprendo il convoglio con nebbia, mentre le unità mercantili dovevano assumere, anche senza ordini, la rotta più rapida di allontanamento. Il FOLGORE e il CLIO dovevano restare col convoglio.
Il nemico intercettò il convoglio alle ore 00.37 del 2-12-1942 e affondò immediatamente un mercantile carico di munizioni. Mentre il resto del convoglio cercava di invertire la rotta, venne esteso l’ordine anche al FOLGORE e al CLIO di attaccare.
Il Cap. di Corvetta ENER BETTICA con il CT FOLGORE diresse all’attacco senza nemmeno aspettare l’ordine generale. A soli 1000 metri dal nemico lanciò da destra la prima salva di siluri, poi accostò per disimpegnarsi ma visto l’altro incrociatore inglese, tornò sulla sinistra e lanciò altri tre siluri. Assunse quindi la rotta di allontanamento, aprendo il fuoco con tutte le artiglierie.

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    Il FOLGORE navigava con gli incendi che divampavano a poppa, con la prora dilaniata dagli scoppi ma continuava a combattere. Era inquadrato da cinque o sei proiettori, illuminato dal susseguirsi dei bengala, crivellato da proiettili di ogni genere.
    Mentre il Comandante dava l’abbandono nave e controllava che tutti i suoi uomini fossero fuori bordo, contrariamente a quello che tutti raccontarono in seguito, riprese il timone della sua nave. Era ferito e sanguinava dalla fronte, mio padre fu forse l’ultimo a vederlo perchè era tornato indietro a prendere dalla sua cabina i suoi oggetti personali, era il suo compleanno e quindi ci teneva particolarmente e il Comandante lo incitò. “Che ci fai ancora qui, Guazzoni? Via, via, a mare!”
 E mentre mio padre si buttava e raggiungeva a nuoto i superstiti, aggrappati ai salvagenti, il Comandante eseguì l’ultima manovra: il FOLGORE affondò di prua, entrando in acqua con tutte le luci accese e le sirene spiegate e scivolò accanto ai suoi uomini che lo seguirono con gli occhi fino a che poterono, la gola chiusa dalla commozione.

    I superstiti rimasero in acqua fino al giorno 4-12-1942, sospinti dalle correnti verso le coste della Sardegna, silenziosi e inermi, chiudendo la bocca ai feriti per non farsi intercettare dalle navi inglesi che battevano la zona in cerca di naufraghi.
    Furono finalmente avvistati da un aereo di ricerca e tratti a bordo del Partenope partito da Trapani.
    Il convoglio H fu completamente distrutto. Il Darecco e il Clio subirono danni e perdite ma tornarono in porto da soli. Il Camicia Nera era rientrato prima di tutti, dopo aver sparato tutti i suoi siluri. Col FOLGORE perirono 4 Ufficiali, 13 Sottufficiali e 117 Marinai.
    Mio padre fu uno dei superstiti, decorato con Croce al Valore e Croce di Guerra e quella tragedia lo segnò per sempre. A parte fisicamente, che portò i dolori alle ossa per la lunga permanenza in mare per tutta la vita, ma fu psicologicamente che fu provato. Continuò a combattere, tornò ad imbarcarsi, perché quel tipo di uomini non si tirano indietro, ma l’immagine del FOLGORE che si inabissa, con le luci accese e le sirene spiegate e lo sguardo del Comandante Bettica che fino all’ultimo si preoccupava per i suoi uomini, quello non l’ha mai dimenticato.


    Oggi è il 2 Dicembre, sarebbe il compleanno di mio padre, se fosse ancora vivo. E sarà l’anniversario di una pagina di storia del mare e di gloria che purtroppo non viene insegnata a scuola, così che i nostri figli, e i figli dei figli non sapranno mai di cosa sono stati capaci i loro nonni e bisnonni.
    Ma io sono viva, io ricordo, io voglio che la mia memoria non vada perduta!

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    ALTRE TESTIMONIANZE

    2.12.1942, Francesco Santoro (a cura Antonio Cimmino)




    Il cacciatorpediniere Folgore faceva parte di un convoglio formato da 9 navi con un totale di 3.300 marinai e soldati imbarcati. 
Furono attaccati da soverchianti forze inglesi, il convoglio fu distrutto e trovarono la morte 2.200 uomini nel Canale di Sicilia – Banco di Sherki.
    Il regio cacciatorpediniere Folgore fu affondato il 2.12.1942 nel Canale di Sicilia dagli incrociatori inglesi Aurora, Argonauta e Sirius nella cosiddetta “Battaglia dei Convogli”.
Scomparvero in mare 123 uomini dell’equipaggio su un totale di 165 compreso il Comandante Bettiga decorato con Medaglia d’Oro al Valor Militare.
Il cacciatorpediniere Folgore faceva parte di un convoglio formato da 9 navi con un totale di 3.300 marinai e soldati imbarcati. 
Furono attaccati da soverchianti forze inglesi, il convoglio fu distrutto e trovarono la morte 2.200 uomini nel Canale di Sicilia – Banco di Sherki

    Francesco Santoro, Marinaio segnalatore di Avola (SR), classe 1925, matricola 68482 riuscì a salvarsi.
 Per il suo coraggioso comportamento fu decorato con Croce di Guerra al Valor Militare e Croce al Merito di Guerra con la seguente motivazione:
    “Imbaracato sul cacciatorpediniere impegnato in combattimento notturno contro forte formazione navale, si adoperava efficacemente per soccorrere i feriti e contribuiva ai tentativi di estinzione dell’incendio causato dal tiro di artiglieria, cooperando a vuotare le riservette di munizioni.
Dopo l’affondamento dell’unità, cedeva volontariamente ad un compagno esausto di forze il posto in zattera, dimostrando elevato spirito di altruismo”.
    Circa 2.200 Marinai non ritornarono invece all’ormeggio e adesso riposano in pace fra i flutti e le onde…
    Banca della memoria per non dimenticare mai.

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    Marino Bello
    di Antonio Cimmino

    Nasce il 30 giugno 1919 ad Alesano (Lecce) di Orazio e di Colaci Pasqualina.
    Arruolato giovanissimo nella Regia Marina è nominato Sergente con la qualifica di Furiere.
    La sua storia si intreccia con il regio cacciatorpediniere Folgore.
    Questa unità fu varata a Napoli il 26 aprile 191 dalla Società Cini & Scali Napoletani. Dopo 155 missioni di guerra fu affondata dall’incrociatore inglese Sirius appartenente alla Forza Q della Royal Navy (3 incrociatori e 2 cacciatorpediniere) mentre, unitamente ai cacciatorpediniere Da Recco e Camicia Nera e alle torpediniere Procione e Clio scortava, diretto a Biserta, il Convoglio H, formato dalle navi trasporto truppe Aventino e Puccini, dalla nave tedesca K7 e dal traghetto Aspromonte.
    Il regio cacciatorpediniere Folgore si difese con le armi di bordo fino all’ultimo ma, colpito da ben 9 cannonate, immobilizzato ed in fiamme, si capovolse ed affondò alle ore 1-16 del 2 dicembre 1942.
    Perirono con la nave 123 uomini su 165 componenti l’equipaggio.
    Il comandante, Capitano di Corvetta Ener Bettica, si inabissò volontariamente con la sua nave.
    Il corpo del sergente furiere Marino Bello fu rinvenuto, in avanzato stato di decomposizione, il 1° aprile 1943 sulla spiaggia di Centola.

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    Nicola Sibilli

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    2/12/1942 – 2/12/2018. In memoria ed onore di tutti i caduti, e in memoria ed onore dei superstiti tra i quali mio padre Consales Antonio classe 1924, deceduto il 2/08/2007, che per tutta la sua vita la mattina del 2 dicembre cadeva in un pianto a dirotto nel ricordo dell’accaduto. Lui è rimasto 12 ore in mare aggrappato ad un relitto fino all’arrivo dei soccorsi. ❤️❤️❤️❤️
    Consales Gabriella

    Ener Bettica (Castagnole delle Lanze (Asti), 15.2.1907 – Banco di Skerki (Canale di Sicilia), 2.12.1942)
    a cura Antonio Pisanelli (*)

    (Castagnole delle Lanze (Asti), 15.2.1907 – Banco di Skerki (Canale di Sicilia), 2.12.1942)

    Ener Bettica nacque a Castagnole delle Lanze (Asti) il 15 febbraio 1907. Intraprese la carriera militare nel novembre 1927 come allievo dell’Accademia Navale di Livorno conseguendo la nomina a Guardiamarina il 4 aprile 1929. Raggiunta il 5 aprile 1934 la promozione a Tenente di Vascello ebbe il comando della regia torpediniera Castelfidardo, poi della regia torpediniera Generale Marcello Prestinari, della regia torpediniera Circe ed infine della regia torpediniera Polluce, al cui comando si trovava all’inizio del secondo conflitto mondiale.
    Il 16 giugno 1940 al comando della Polluce in acque siciliane, in cooperazione con le altre unità della 13ª squadriglia torpediniere affondò senza superstiti il sommergibile posamine inglese Grampus. Promosso Capitano di Corvetta nel settembre 1940, il successivo 28 ottobre ebbe l’incarico di direttore del Centro Studi ed Esperienze dei Servizi Ottici della Regia Marina di Pola lasciando tale mansione il 5 novembre 1942, quando venne designato comandante del regio cacciatorpediniere “Folgore”.
    Nel dicembre del 1942 il Folgore ingaggiò presso i Banchi di Skerki (tra la Sardegna e l’Africa settentrionale) un furioso combattimento contro le soverchianti forze alleate della Royal Navy. Inizialmente furono usati i siluri con i quali forse veniva colpito l’incrociatore Sirius, e poi i cannoni, scatenando una furibonda reazione avversaria. Il Folgore fu rapidamente colpito da numerosi proiettili che provocarono gravissimi danni e incendi. Tuttavia la nave proseguì il combattimento fino ad esaurimento delle munizioni, tentando poi di dirigere su Cagliari, ma i danni ricevuti ne provocarono uno sbandamento tale da impedirne la salvezza.
    Messo in salvo l’equipaggio, il comandante Ener Bettica si inabissava con la nave alle ore 01:16 del 2 dicembre 1942. Nella furiosa battaglia del Banco Skerki che costò più di 2200 caduti, solo del Folgore perirono 4 ufficiali, 13 sottufficiali e 107 marinai.

    Al comandante Ener Bettica, decorato con la Medaglia d’Oro al Valor Militare alla memoria è stato intitolato un pattugliatore della Marina Militare (classe Comandanti)
    Il comune di Castagnole delle Lanze ha intitolato al comandante Ener Bettica la via principale che attraversa il centro storico.
    A Lido di Ostia (ROMA) esiste una Piazza intitolata al Comandante Ener Bettica.

    Onorificenze
    Medaglia d’oro al valor militare – nastrino per uniforme ordinaria Medaglia d’oro al valor militare
    «Ufficiale Superiore di alte virtù combattive, chiedeva con insistenza di imbarcare su siluranti nonostante che per una sua specifica e geniale attività tecnica fosse destinato a conservare una destinazione terrestre.
    Ottenuto il comando di un cacciatorpediniere, nel corso di un aspro combattimento notturno contro una formazione avversaria, composta di incrociatori e cacciatorpediniere, con impavido animo si lanciava due volte all’attacco delle unità nemiche e, incurante della violenta reazione, con freddo ardimento e serena abilità, riusciva a portare a segno i suoi siluri, dalle distanze più serrate, con sicuro effetto distruttivo di una delle navi avversarie. Gravemente colpita la sua unità in più parti, trovandosi nel cuore della formazione nemica, ed esauriti i siluri, proseguiva per oltre mezz’ora di combattimento col cannone fino all’estremo limite di ogni possibilità. Dopo aver provveduto alla salvezza dell’equipaggio, affondava con la nave al suo comando, immolando la vita sempre e tutta fieramente dedicata alla Marina, al suo progresso ed alla Patria». — Canale di Sicilia, 2 dicembre 1942

    Medaglia di bronzo al valor militare – nastrino per uniforme ordinaria Medaglia di bronzo al valor militare
    «Comandante di silurante, all’avvistamento di un sommergibile nemico assecondava prontamente la manovra del caposquadriglia intesa ad evitare i siluri e conduceva quindi a fondo con perizia, metodo e spirito aggressivo la caccia contro l’unità nemica, conseguendo sicuri effetti distruttivi dalle armi impegnate.» — Mediterraneo centrale, 16 giugno 1940

    (*) per conoscere le altre sue ricerche digita sul motore di ricerca del blog il suo nome e cognome.

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    26.4.1943, in ricordo di Antonio Maltese

    segnalato da Carlo Trapani


    Salve e buongiorno a tutti.
    Queste sono le testuali parole della figlia ormai settantenne di Antonio Maltese che mi ha consegnato:
    Mio padre Carlo si imbarcò con un suo cugino sulla stessa nave da combattimento che durante uno dei tanti pattugliamenti entrarono in contatto con un’unità nemica.


    Da lì ne scaturì un cannoneggiamento dove la stessa unità Italiana fu colpita sul ponte di prua, dove mio padre cannoniere era stato assegnato.

    Nella deflagrazione rimase ucciso suo cugino e provocò uno squarcio tale che lui e la sua postazione rimasero tagliati fuori dal resto del natante e nonostante la gravità dell’accaduto lui rimase al suo posto“.

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    26.4.1890, regia nave da trasporto Volta (ex Dundee)

    di Carlo Di Nitto


    La regia nave da trasporto Volta, già ex mercantile inglese “Dundee”, dislocava 2520 tonnellate.
    Varata il 25/1/1883 presso i cantieri britannici Gourlay Brothers Company di Dunde, venne acquistata dalla Regia Marina nel 1884 ove entrò in servizio il 19/4/1885.
    Fu radiata il 01/03/1914 (dopo la radiazione fu venduta a privati).
    Il 24 aprile 1890, dopo aver portato a Zanzibar il nuovo console generale italiano, durante il viaggio di ritorno, sostò a Uarsciek, sulla costa somala a nord di Mogadiscio, per portare doni ai signorotti locali al fine di rafforzare le relazioni con l’Italia. Una pirobarca con otto uomini, comandata dal Sottotenente di Vascello Carlo Zavagli da Rimini, scese a terra per ottemperare agli ordini ricevuti. Accolti apparentemente con benevolenza, gli Italiani furono ben presto circondati dagli indigeni ed aggrediti. Il sottotenente Zavagli, ferito mortalmente da una frecciata alla gola, fu capace di coordinare il rientro ma subito dopo spirò. Gravemente ferito, morì anche il marinaio Bertorello Angelo, mentre il sottonocchiere Bertolucci Angelo pur ferito, gettatosi in acqua, riuscì a liberare l’elica della pirobarca che rientrò a bordo grazie alla perizia del Capo Macchinista di 3^ Classe Simoni Alfredo.



    I cannoni dell’unità aprirono il fuoco contro gli aggressori, ma con scarso successo perché questi, nel frattempo, si erano rifugiati nell’interno.

    Il 26 aprile, alle ore 12, i corpi dei due Caduti furono sepolti in mare.
    Zavagli, Bertolucci, Bertorello e Simoni furono decorati di Medaglia d’Argento al Valor Militare (Zavagli e Bertorello, “alla Memoria”).
Anche queste Navi minori hanno fatto la storia della nostra Marina, con i loro decorati al Valore ed i loro Caduti. Onore ad Essi!
    Nel frattempo ho scoperto che altri due componenti dell’equipaggio della Pirobarca furono decorati invece con Medaglia di Bronzo al V.M. Gonnella Giovanni (2° Capo timoniere) e Gorini Giuseppe (fuochista di 2^ Classe).

  • C'era una volta un arsenale che costruiva navi,  Curiosità,  Marinai,  Marinai di una volta,  Naviglio,  Recensioni,  Storia,  Velieri

    26.4.1874, disarmo della pirofregata Italia

    di Antonio Cimmino

    a cura Antonio Cimmino

    … a Castellammare di Stabia c’era un arsenale che costruiva navi, e adesso?

    La fregata di I rango ad elica Farnese fu impostata il 2.9.1857 nel Real Arsenale di Castellammare di Stabia per conto della Marina Borbonica. Fu varata il 6.4.1861 per conto della Regia Marina Italiana e ribattezzata Italia. Era una nave gemella di Gaeta e Borbona (poi Garibaldi) sempre varate nel cantiere navale stabiese.
    La regia fregata Italia, disarmata a Napoli il 26.4.1874, fu radiata il 31.3.1875.

  • Attualità,  Che cos'è la Marina Militare?,  Marinai,  Marinai di una volta,  Naviglio,  Recensioni,  Sociale e Solidarietà,  Storia

    26.4.2013, in ricordo di Giuseppe Aldo Di Cuonzo

    di Pietro Serarcangeli (*)
    https://www.facebook.com/pietro.serarcangeli?fref=nf

    Il giorno 26 aprile 2013 il Maresciallo motorista Giuseppe Aldo Di Cuonzo, dopo una tremenda malattia dovuta all’esposizione all’amianto, salpava per la sua ultima missione lasciando nel dolore e nella disperazione la Famiglia, la signora Maria e le adorate figlie.
    Giuseppe Aldo era una persona apprezzata e benvoluta da tutti. Lo avevo conosciuto durante la mia permanenza all’Officina Pronto Intervento di La Spezia e avevo potuto notarne le doti di altruismo che aveva per gli amici. Sempre pronto a dare una mano non disdegnava mai di farsi avanti, all’occorrenza.
    Ciao Giuseppe, riposa in pace nel tranquillo mare tra le braccia di Nostro Signore.

    Si consiglia la lettura del seguente link:
    https://www.lavocedelmarinaio.com/2015/08/pratica-amianto-le-daremo-tutta-lassistenza-possibile/

     

     

  • Curiosità,  Marinai,  Marinai di una volta,  Naviglio,  Recensioni,  Storia

    Arturo Martini (Napoli, 5.11.1881 – Gaeta, 26.4.1969) e la Beffa di Buccari

    di Carlo Di Nitto (1)

    (Napoli, 5.11.1881 – Gaeta, 26.4.1969)


    …il ricordo di un marinaio mai dimenticato.

    Eravamo ragazzi allora e vivevamo intensamente i favolosi anni Sessanta.
    Al cinema, Clint Eastwood faceva giustizia con la sua “colt” nei film di Sergio Leone ed i nostri miti erano i Beatles ed il mare.
    Eravamo ammalati di mare e per noi la pesca rappresentava il massimo del nostro rapporto con la natura.
    Quando andavamo a Gaeta vecchia, quasi sempre incontravamo a Punta della Sanità un vecchio signore intento a pescare. La sua canna da pesca era rigorosamente di bambù, non come quelle di oggi fatte in fibra o resina, e doveva essere anche abbastanza pesante; portava tutte le sue cose in un cestino di vimini che gli serviva pure da sgabello. Si diceva che i cefali tremavano quando lo sentivano arrivare.
    Nonostante l’età, era ancora un bell’uomo; ispirava una simpatia istintiva ed il suo portamento era caratterizzato da una fierezza che ci affascinava, anche se non sapevamo perché.
    Cercando di dargli il minor fastidio possibile, gli chiedevamo consigli che lui, ben volentieri, ci forniva con dovizia di particolari. Ci parlava del mare come di un grande amico, dei suoi segreti, dei suoi misteri, della sua poesia, del rispetto che gli è dovuto.
    Era conosciuto da tutti come il cavalier Martini, Arturo Martini.
    Negli anni successivi, appresi che il cavalier Martini durante la Grande Guerra era stato decorato più volte per il suo eroico comportamento. Nella sua modestia non aveva mai parlato di sé ed allora, cercando di saperne di più, scoprii molte cose della sua nobile e generosa vita, che oggi me ne rendono ancora più vivo ed entusiasta il ricordo.
    Era nato a Napoli nel 1881 e si arruolò ben presto nella Regia Marina con la categoria di silurista. Trovandosi a Gaeta per servizio, conobbe Laura, una bella ragazza gaetana che sarebbe diventata la sua sposa.

    Durante la Grande Guerra, con il grado di Secondo Capo silurista ed assegnato ai MAS al comando di Luigi Rizzo, prese parte alle più note ed eroiche imprese compiute da questo Comandante, sulle quali tanto è stato scritto.
    Fu Arturo Martini, imbarcato sul MAS 9, che il 9 dicembre 1917 sganciò i siluri che affondarono la corazzata austroungarica “Wien” nel corso di un’ardita azione nel porto di Trieste.
    Successivamente, nella notte tra il 10 e l’11 febbraio 1918, partecipò alla “Beffa di Buccari(2), impresa di grande risonanza psicologica e propagandistica, alla quale prese parte anche il poeta Gabriele d’Annunzio che, cantandola nei suoi versi, contribuì a risollevare il morale italiano dopo la triste esperienza di Caporetto:

    «… Siamo trenta d’una sorte,
    e trentuno con la morte.

    … Siamo trenta su tre gusci
    su tre tavole di ponte:
    secco fegato, cuor duro,
    cuoia dure, dura fronte …»

    “… Non torneremo indietro‑ «Memento Audere Semper» leggo su la tavoletta che sta dietro la ruota del timone: il motto composto poco fa, le tre parole che sono la disciplina del nostro Corpo. Il timoniere ha trovato subito il modo di scriverle in belle maiuscole, tenendo con una mano la ruota e con l’altra la matita. «Ricordati di osar sempre».”

    Per la sua compartecipazione a queste imprese, Arturo Martini venne decorato di medaglie d’argento e di bronzo al Valor Militare.
    Negli anni successivi il cavalier Martini, si stabilì definitivamente a Gaeta a trascorrere con serenità gli anni della vecchiaia. La vita non gli aveva concesso la gioia di avere figli, ma la sua gentilezza e la sua cordialità lo resero amato ed apprezzato da quanti ebbero la fortuna di conoscerne le qualità umane.
    Nel 1969 la sua amata Laura si addormentò per sempre. Poche ore dopo, anche il nobile e generoso cuore di Arturo Martini, che non aveva  retto al dolore di aver perso la compagna della sua lunga vita, cessò di battere.
    Dormono insieme nel cimitero di Gaeta e, per una circostanza fortuita, vicino a lui riposa un eroico compagno di Buccari: il Marinaio scelto Giuseppe Corti da Ponza.
    Sulla tomba si legge:

    Cavaliere Arturo Martini, “dei trenta di Buccari”.

    Note:
    (1) Carlo Di Nitto 
    Nasce il 5 novembre 1948 a Gaeta (LT)  in anni ancora difficili; ha vissuto una giovinezza stupenda nei favolosi anni ’60. Orgogliosamente ha prestato servizio nella Marina Militare ed ha navigato un po’ nella Marina Mercantile come Allievo ufficiale Macchine. E felicemente coniugato, ha due figlie splendide che lo vorrebbero un po’ più magro (e in questo sono più dure della madre).
    Dopo trentasette anni di servizio nella pubblica Amministrazione (I.N.P.D.A.P.) è approdato alla pensione. Attualmente riveste l’incarico di Presidente dell’Associazione Nazionale Marinai d’Italia Gruppo di Gaeta (Latina) e i suoi passatempo preferiti sono la lettura e la fotografia.
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    Contatti

    http://www.anmigaeta.com
    carandin@iol.it
    carlo.dinitto@libero.it

    (2) La Beffa di Buccari
    L’azione svoltasi nella notte sull’11 febbraio 1918, passò alla storia come la beffa di Buccari, e fu annoverata dagli storici “tra le imprese più audaci” del conflitto con una “influenza morale incalcolabile”, anche se purtroppo “sterile di risultati materiali”. Al comando di Costanzo Ciano, all’azione parteciparono i M.A.S. 96 (al comando di Rizzo con a bordo Gabriele D’Annunzio), 95 e 94, rimorchiati ciascuno da una torpediniera e con la protezione di unità leggere. Dopo quattordici ore di navigazione, alle 22.00 del 10 febbraio, i tre M.A.S. iniziarono il loro pericoloso trasferimento dalla zona compresa tra l’isola di Cherso e la costa istriana sino alla baia di Buccari dove, secondo le informazioni dello spionaggio, sostavano unità nemiche sia mercantili sia militari.
    L’audacia dell’impresa trova ragione di essere nel percorso di 50 miglia tra le maglie della difesa costiera nemica, anche se l’attacco non riuscì, dato che i siluri lanciati dalle 3 motosiluranti si impigliarono nelle reti che erano a protezione dei piroscafi alla fonda. Le unità italiane riuscirono successivamente a riguadagnare il largo tra l’incredulità dei posti di vedetta austriaci che non credettero possibile che unità italiane fossero entrate fino in fondo al porto, e che non reagirono con le armi ritenendo dovesse trattarsi di naviglio austriaco.
    Dal punto di vista propriamente operativo, emerse un elemento importante dalla scorreria dei M.A.S. a Buccari: le facili smagliature ed il mancato coordinamento del sistema di vigilanza costiero austriaco che finiva per prestare il fianco all’intraprendenza dei marinai italiani sempre più audaci.
    L’impresa di Buccari ebbe poi una grande risonanza, in una guerra in cui gli aspetti psicologici cominciavano ad avere un preciso rilievo, anche per la partecipazione diretta di Gabriele D’Annunzio, che abilmente orchestrò i risvolti propagandistici dell’azione e che lascio in mare davanti alla costa nemica, tre bottiglie ornate di nastri tricolori recanti un satirico messaggio così concepito: “In onta alla cautissima

    Flotta austriaca occupata a covare senza fine dentro i porti sicuri la gloriuzza di Lissa, sono venuti col ferro e col fuoco a scuotere la prudenza nel suo più comodo rifugio i marinai d’Italia, che si ridono d’ogni sorta di reti e di sbarre, pronti sempre ad osare l’inosabile. E un buon compagno, ben noto, il nemico capitale, fra tutti i nemici il nemicissimo, quello di Pola e di Cattaro, è venuto con loro a beffarsi della taglia”.
    (tratto da
    http://www.marina.difesa.it/storiacultura/storia/palazzomarina/Pagine/LabeffadiBuccari.aspx)

    Per saperne di più
    Autore: Giorgio Giorgerini;
    Titolo: Attacco dal mare;
    Casa editrice: Mondadori;
    Anno di pubblicazione: 2007;
    ISBN: 8804512431;
    Cartonato con sovraccoperta, f.to 14,0 x 21,5 cm. pag. 468.
    Dai Primi MAS della Grande Guerra ai barchini esplosivi e ai “maiali” della X Flottiglia, ai mezzi avveniristici di oggi: un secolo di storia dei reparti d’assalto navale italiani.

  • Curiosità,  Marinai,  Marinai di una volta,  Recensioni,  Storia

    I nonni del Reggimento San Marco

    di Carlo Di Nitto

    I “Nonni” dei Marò del “San Marco”, ovvero i “Marinai dei reparti da sbarco” si imbarcano per rientrare a bordo delle proprie unità sulla spiaggia di Vendicio tra Gaeta e Formia. Fotografia eseguita verosimilmente nel mese di settembre 1909 al termine di una imponente esercitazione terrestre e navale svoltasi alla presenza del re Vittorio Emanuele III con largo impiego di marinai dei reparti da sbarco. Sullo sfondo l’inconfondibile profilo della collina di Monte di Conca sovrastata dal Forte di artiglieria costiera “Emilio Savio” che fu oggetto di un attacco simulato da parte dei reparti da sbarco appoggiati dalle artiglierie delle unità navali partecipanti.