UGO OJETTI, Alla scoperta dei letterati. Colloquii con Carducci, Panzacchi, Fogazzaro, Lioy, Verga, Praga, De Roberto, Cantù, Butti, De Amicis, Pascoli, Marradi, Antona-Traversi, Martini, Capuana, Pascarella, Bonghi, Graf, Scarfoglio, Serao, Colautti, Bracco, Gallina, Giacosa, Oliva, D’Annunzio, Fratelli Bocca editore, Milano, 1899
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CESARE PASCARELLA.
Roma, gennajo del ’95.
Dopo le sue gite trionfali da Roma a Napoli 1 mi par difficile che qualcuno dei lettori miei non conosca Cesare Pascarella, e anche non lo abbia udito declamare i suoi sonetti. In ogni modo io devo per sincerità dire che il Pascarella veduto da quei pubblici plaudenti non è il vero, l’autentico Pascarella che noi per anni abbiamo conosciuto qui a Roma; da qualche anno egli si è venuto modificando mano a mano, si è venuto facendo elegante ed ha perduto in originalità di figura; oggi il cappello, domani la cravatta, dopodomani la sigaretta invece della pipa, dopo ancòra il pastrano invece del famoso scialle a quadri grigi, Pasca (come gli amici lo chiamano nell’intimità) non è più lui. In quell’altro costume più bohémien con la pipa, lo scialle svolazzante, le scarpe basse lunghissime acuminate, la giacca corta e larga, il cappello a cencio un po’ inclinato, io me lo rammento benissimo, sebbene fossi ancora bimbo e studiassi al ginnasio lo Schultz e il Curtius. Lo vedevo spesso al Circolo artistico dove, come a gran festa, accompagnavo mio padre, e dove egli recitava i sonetti; e per anni nella mia fantasia infantile ho tenuto quel gesto con che egli chiude Er morto de campagna
Pe’ la macchia cantanno er miserere,
quel gesto lento, pauroso, largo come l’onde tristamente sonore del cantico dei morti, giù per la macchia umida.
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