Proporzioni dei cambiamenti

In 20 anni ho traslocato 13 volte. Non è normale per chi fa un mestiere come il mio (c’ è chi passa tutta la vita lavorativa nella stessa azienda, senza cambiare casa). Il caso e le nostre scelte hanno voluto così. Si tratta di cambiamenti grandi o piccoli? 13 traslochi sono tanti, sempre di trasloco si tratta, come se si ripetesse la stessa esperienza (mai uguale a quelle precedenti). Il passo di crescita legato ad un trasloco importante è stato il primo (andare a vivere insieme a Loricott), alrettanto importante è stato il trasloco all’ estero, in Austria. Quando ci siamo trasferiti in Francia, dopo aver cambiato tre appartamenti diversi in 11 anni in Austria, il trasloco internazionale in sè non era niente di nuovo, ma trasferire tutta la famiglia con solo il lavoro per me era una situazione nuova e importante. Poi Loricott ha trovato lavoro lontano da casa, il trasloco per lui è stato banale, la lontananza da casa durante la settimana con un bambino in età da scuola elementare era una situazione nuova, complessa da affrontare, per tutti e tre. Quando ho perso il lavoro e ci siamo trasferiti di corsa a FontanaBlu, pensavo che finalmente avremmo potuto vivere tutti insieme, riconducendo la nostra situazione a quando erravamo in Austria: lavoro stabile e appartamento in affitto lontano da casa, acquisto (con mutuo bancario) dell’ appartamento a  casa. Invece no: sono stata licenziata, ho trovato un lavoro da consulente (per definizione precario) in Belgio e mi sono trovata io a fare la pendolare settimanale. Sembrano sempre le stesse variabili che si rimescolano (lavoro, casa, chi resta e chi parte), ma ogni volta la siituazione è diversa. Adesso viviamo insieme in Belgio, abitiamo (dopo due trasclochi) stabilmente in affitto vicino alla scuola del Folletto, lui va  a scuola a piedi, noi lavoriamo in remoto. Forse questa è una situazione “normale” (si fa per dire: di nuovo siamo in affitto qui e rimborsiamo il credito per l’ appartamento “casa per il cuore, riferimento stabile” a GrandVille) da quando abbiamo lasciato l’ Austria dodici anni orsono. Fra un anno il Folletto inizierà l’ università e la situazione cambierà di nuovo. Nel frattempo ci sono stati cambiamenti di posto di lavoro, possibilità poi non realizzate di trasferirmi di nuovo solo io, e altri rimescolamenti che qui ometto. Spesso mi domando quanto grandi siano oggettivamente cambiamenti simili (ammesso di poter dare una misura oggettiva) e quanto, invece, siano sempre le stesse cose ripetute.

Casa, mulino o albergo?

Sabato mattina, casaInge.

Fol: sono invitato questa sera al compleanno di T., posso anche restare a dormire a casa sua.

DN: hai deciso se fermarti o no a dormire da lui?

Fol: non ancora

DN[ohmmm meditazione]: quando lo deciderai?

Fol[sguardo vacuo]: non lo so, se stasera mi diverto e voglio restare fino a tardi allora resto anche a dormire, altrimenti ritorno a casa.

DN: voglio sapere prima che tu esca se torni a dormire oppure no, se mi sveglio alla 1 di notte e non sei a casa non so se hai deciso di restare dal tuo amico oppure se sei nei guai e hai bisogno che ti venga a prendere o devo chiamare la polizia o il pronto soccorso? É questione di cura reciproca, visto che…

Fol[tono descrittivo di chi afferra il concetto]: ah sì : questa casa non è un mulino

DN: un mulino?

Fol: sì, al mulino entra ed esce chiunque a qualunque ora, non si fa a casa.

DN: ah, in italiano si dice “questa casa non è un albergo”, però l’ ho sempre detestata come espressione. Visto che siamo una famiglia e non tre colocataires e ciascuno si cura degli altri, si decide e si informano gli altri familiari per tempo, non all’ ultimo minuto: vale per te e anche per noi.

Ormai sempre più spesso vengo colta alla sprovvista da queste situazioni, in cui non ho pronta la spiegazione intelligente per la motivazione ragionevole di alcune richieste, spesso travisata da stereotipi insulsi e di cui si abusa (che ho sempre trovato odiosi).
Stavolta il Folletto ci è arrivato da solo e mi ha salvata dal rischio “questa casa non è un albergo”.

PS: poi, appena dopo cena, ci ha avvisati del cambio di programma: il suo amico si sarebbe dovuto svegliare presto la mattina dopo, quindi niente pernottamento fuori. Ha anche deciso che sarebbe tornato a piedi, magari tardi, dopo l’ ultima corsa dei mezzi pubblici. Loricott ha fatto presente che voleva andare a dormire, invece di restare disponibile per un eventuale “mi vieni a prendere…” e il Folletto ha ragionevolmete accetttato di rientrare intorno a mezzanotte.

Rari ma non unici

Chi emigra una, due, tre volte, come ho fatto io (e non è ancora finita…), si ritrova ad essere una persona dalla sensibilità intellettuale particolare: i riferimenti culturali che sono punti fermi per le persone monocultura (quelle intelligenti, non chi pensa che tutto il mondo sia come la sua testa e casa sua) restano veri, ma non sono più riferimenti, diventano parte del ventaglio di possibilità dell’ ambito culturale in cui si vive. La cultura diventa pluridimensionale. Basta prendere la cucina come esempio: continuo ad apprezzare la cucina italiana, ho perso l’ abitudine al “primo e secondo”, preferisco il “plat” alla farncese, magari preceduto da una piccola “entrée”. Considero “plat” un il risotto con gli ossibuchi, ma anche un’ insalata mista (aguilettes de canard su un letto di insalata verde, con la vinagirette ala senape). Non ho perso i canoni della cucina italiana, li ho integrati nella “mia” cucina, che attinge alle culture che ho conosciuto, mettendole insieme senza tradire le regole fondamentali del gusto di nessuna (cioè non mescolo a casaccio: integro con senso del gusto). Lo stesso vale per altri aspetti: a che scuola iscrivere mio figlio (dove sono cresciuta, si ponevano la domanda solo le mamme altezzose, in base a criteri assurdi: quelle del “nella scuola nel quartiere tale vanno a scuola i buoni bambini, quella di periferia, invece è degradata”). Sono poche le persone che incontro in giro per le mie emigrazioni, con cui posso condividere questi presupposti, che capiscono di che cosa si tratta, i riferimenti profondi che so sono creati stando all’ estero. Certo, i princìpi fondamentali della vita restano invariati: la salute, la famiglia, il lavoro, l’ evoluzione personale, la religione per chi ne ha una… Tutto il resto, che sembrava un fondamento, si scopre che non lo è più, ma solo uno dei componenti della situazione in cui ci si trova a vivere (quello che i tedeschi chiamano Konstellation). Me ne sono resa conto istintivamente quando dall’ Austria sono andata in Francia: ho avuto l’ immagine ben chiara dall’ esterno, della situazione (casa, scuola, cultura, lavoro) in cui stavo entrando, come se fosse un meta-cosmo (nè micro- nè macro-), ma un mondo in cu imi stavo immergendo, prima ne ero estranea, quando misono trasferita in Belgio ne sono dovuta forzatamente uscire, pur mantenedo un corridoio e un legame fra i due mondi. Ora il mondo “GrandVille”  è cambiato per me: ci torno da emigrata, è dove “torno a casa”, come dall’ Austria tornavo a TicinumPapiae (con la differenza che mi sento di appartenere culturalmente molto di più a GrandVille).

Ricompensa al genitore

Quando il Folletto era ancora in fasce, dissi ad un amico: “spero che mio figlio diventi un adulto migliore di me, così da poter imparare da lui”. L’ amico rimase piacevolmente sorpreso dalla filosofia di questa affermazione (“migliore” in senso lato, “più avanzato nell’ evoluzione culturale”). Con la conoscenza delle lingue mi ha superato da un pezzo: ora posso migliorare il mio inglese e il mio francese chiedendo a lui, ricompensa per avergli trasmesso l’ amore per e imposto lo studio delle lingue. Ieri mi racconta che nella giornata a spasso per Bruxelles col suo amico hanno pranzato in un fast food (felice di questo aspetto adolescenziale: per la cucina curata ci siamo noi a casa e al ristorante, oppure invita un altro amico in brasserie 🙂 ), poi hanno visitato una chiesa, il Bois de la Cambre e la relativa Abbazia. Mi fa estremamente piacre l’ interesse culturale nel visitare aarchi e monumenti storico-artistici. Mi ha spiegato la motivazione sua personale che lo spinge a visitare questi monumenti e luoghi: sono rimasta a bocca aperta per l’ idea che ha sviluppato personalmente (e che quindi non scrivo qui: questo è il mio blog, non ci scrivo i suoi pensieri: questione di discrezione e di rispetto personale) al riguardo, ben più profonda e civicamente “avanzata” del mio “mero” interesse culturale: un passo avanti suo rispetto a me, con gli strumenti culturali che gli ho fornito educandolo all’ interesse per il mondo che lo circonda (il paese in cui vive o che si trova a visitare con lingua, storia, cultura, gastronomia etc.). Una ricompensa ben oltre le mie attese. Ora devo stare al passo con lui.

Savoir faire generazionale

Preparo regolarmente una torta per le colazioni, a rotazione cambio ricetta: al cacao, al fleur d’ oranger, ricotta e limoncello, al caffè. Quest’ ultima (al caffè) non è la mia preferita, tuttavia mi piace cambiare regolarmente il gusto della torta. Questa mattina alle 6:30, a colazione:

DN: Folletto, vuoi tagliarti una fetta di torta al caffè?

Fol: no, preferisco quella al cacao.

DN: me l’ avevi proposta tu tempo fa, l’ ho fatta apposta per te.

Fol: sì, ma ora non mi piace più tanto.

DN: la prossima volta, dimmelo, così evito di farti il piacere di darti un dispiacere, contro la mia volontà.

Fol[coglie il gioco di parole e il significato dietro]: ok…

DN: ormai questa è fatta, dammi una mano a finirla: non piace troppo nemmeno a me.

Fol: ok, ma non ora, non ne ho proprio voglia…

La versione diretta e senza diplomazia “ma come! la faccio apposta per te che me la chiedi e ora non la vuoi?!?!@#$%” avrebbe creato uno scontro generazionale (oltre a farmi sentire uma rompic…).

Tranquillo

Al momento il mio lavoro è tranquillo: posso lavorare in remoto, senza pressioni di scadenze, con compiti alla mia portata e che mi permettono di imparare cose nuove. Il posto di lavoro è stabile, vantaggio che compensa – per me – lo stipendio non commisurato alla forte tassazione belga. Sono le stesse considerazioni di 14 anni or sono riguardo al lavoro in Italia (tranquillo ma pagato poco), per contro posso farlo con la flessibilita’ di tempo e spazio che mi pare. Anche alcuni argomenti di cui mi occupo sono sempre gli stessi di 15 anni fa in Austria, ora ho resposabilità maggiori e, tutto sommato, scrivere codice mi diverte (e ora non è l’ unica cosa che faccio). Alcuni aspetti sono rimasti costanti nella sostanza, anche se portati ad un livello più alto (di job grade, stipendio, interesse del lavoro, arricchimento del cv). Dopo gli anni di disoccupazione, apprezzo particolarmente questi aspetti…

Lusso borlotto

Voglio cucinare pasta e fagioli. Stamani sono uscita con la missione precisa di trovare i fagioli borlotti: li ho trovati – nella latta – in un supermercato Delès (catena fiamminga storica). I fagioli borlotti sembrano un mistero all’ estero: a Grandville li ho trovati come prodotto etnico portoghese, in una bio-coop, alla mia richiesta, la commessa mi ha consigliato di cercare in un’ èpicerie fine a cui ho commentato che mi rifiuto di cercare in un negozio di specialità raffinate dei fagioli borlotti che crescono nel giardino di mia nonna; in Austria e Germania i Wachtelbohnen sono comuni nei supermercati o nei negozi di alimentari gestiti da Turchi. Potermi permettere di uscire al mattino con la missione borlotta e tornare poi a casa, lavorare in remoto e cucinarmi pasta e fagioli, nella sua semplicità quotidiana, è un piccolo lusso (nessuna incombenza più grave o importante di comprare i fagioli, il lavoro da casa, poter andare al supermercato con i trasporti pubblici – perdo il tram? dopo 5 min passa il successivo, fare gli orari che mi pare sul lavoro, potermi fare pasta e fagioli come in Valpadana, qui a Bruxelles,…).

Esperienza (in)utile

Da quasi 25 anni sono all’ estero (in paesi mitteleuropei come Germania e Austria sarebbe quasi doversoso festeggiare il giubileo: viene data molta importanza agli anniversarsi   con numero di anni notevoli, dai compleanni multipli di 10 ai 25 anni di…per esempio lavoro nella stessa azienda). Ho la sensazione che l’ esperienza che ho vissuto e accumulato, oltre ad avermi fatta crescere e diventare la persona che sono ora, mi abbia dato un bagaglio culturale non trascurabile. Ho la sensazione che avrei così tanto da trasmettere, ma di non vedere nessuno davvero interessato. Immagino che molte persone giovani, indecise se emigrare oppure no potrebbero essere interessate alla mia evoluzione, probabilmente ci sono e non mi conoscono. Ora è di moda fare i video brevi che diventano “virali” sui vari scioc culturali: ne ho seguito qualcuno, sono interessanti, c’ è anche chi ci ha scritto un libro. Non mi interessa creare o pubblicare video, nè scrivere un libro: ormai lo fanno in troppi. Eppure, resto convinta che ci sia qualche nicchia di interesse in cui la mia esperienza potrebbe essere utile… 

Bruxelles-Londra-Bruxelles

Sono a casa da sola per il fine-settimana, lo sapevo in anticipo, mi sono prenotata la gita fuori porta a Londra con l’ Eurostar per il sabato. Ho passato la giornata a camminare per una Londra soleggiata e per me “nuova”, Non ho ritrovato l’ atmosfera “british” che mi ricordavo della capitale: i miei ricordi di atmosfere “british” sono distribuiti nel tempo dal 1980 al 2018 … mi sembra normale il cambiamento. La domenica, prima mi sono goduta pace, silenzio e rriposo in casa da sola, poi di primo pomeriggio ho deciso di fare un salto nella libreria italiana di libri usati, sono arrivata ed ho scoperto che era chiusa eccezionalemnte questa domenica. Poco male: di fianco stavano sbaraccando le bancarelle del mercato, ne vedo un paio di prodotti alimentari italiani, compro un pezzo di pecorino da grattugiare a prezzo ragionevole (invece che da gioielleria come nei negozi di prodotti italiani) e chiedo gentilmente al venditore se mi chiude il tutto i un sacchetto di plastica: non vorrei informaggaire la borsetta. Un signore di fianco a me ride all’ idea dell’ “informaggiare”. Rientro a casa, col pecorino e senza libri: in ogni caso il giretto è stato utile. Passo il resto del pomeriggio a leggere i libri che ho comprato a Londra.

Quiete

Finalmente sono inserita nel lavoro del nuovo (dall’ estate scorsa) ufficio, lavoro interessante, le mie competenze sono apprezzate, apprezzo altrettanto i miei colleghi, posso usare la mia esperienza per imparare cose nuove da sola e dai colleghi: mi ritrovo a scrivere codice come 15 anni orsono, il codice è lo stesso ma l’embito in cui si inserisce il progetto è più importante. Posso anche prendermela comoda col mio ritmo, lavorando quasi sempre da casa, non spreco il tempo per andare in ufficio, non ho pressioni e scadenze strette (da notare che la produttività in questa situazione è maggiore o uguale a quella sperimentata in situazioni molto più tese e con pressione (insensata) dai manager (poco competenti) nel mondo dell’ industria: qui sono nel mondo della ricerca). La casetta in cui abitiamo, insieme alla veranda che dà sul giardino chiuso in fondo dalla scarpata della e il  ferrovia ha spesso l’ atmosfera di una “bolla” isolata dal mondo che ci circonda – da un lato – resta a meno di 10 min a piedi da tram, autobus e treno per il centro di Bruxelles dall’ altro. Loricott e il Folletto sono appena usciti per un rientro breve a TicinumPapiae a far visita alla nonna. Mi sto organizzando i prossimi due giorni: zuppa di zucchine questa sera, domani la gita fuori porta a Londra con l’ Eurostar: vorrei visitare il British Museum (che nelle numerose visite nei decenni scorsi non ho, incredibilmente, mai visitato), poi fare un salto in un negozio di langerie con tutte le taglie e tutte le coppe per comprarmi un costume da bagno: il Folletto ha appena scoperto la piscina comunale vicino a casa, con prezzi incredibilmente economici rispetto alla media belga: vorrei mettermi a nuotare regolarmente.
Per qualche tempo posso ritenermi “stabile”: lo stipendio netto è sceso in seguito al cambiamento della legge degli expat, ora so su quanto posso contare ogni mese, ho adeguato i piani di risparmio e di investimento, considero la differenza di stipendio il prezzo da pagare perr restare qui, tranquilla, a lavorare stando in casa, dormendo ogni mattina fino alle 9, senza dover traslocare di nuovo o cercarmi un nuovo lavoro chissà dove in giro in Europa. Se questa stabilità durerà fino alla fine delle scuole suoperiori del Folletto (estate 2025), mi ritengo fortunata. Più a lungo sarebbe ingestibile economicamente, inizierebbe probabilmente la noia, in ogni caso il Folletto spiccherà il volo per l’ università e Loricott ed io rimetteremo in discussione il posto di lavoro (il lavoro, la sede, lo stipendio) e il posto in cui abitare. Ho ritrovato la serenità di sedermi in poltrona a leggere un libro, dopo il lavoro e prima di cena, senza dover pensare all’ organizzazione e alla gestione domestica. Nella sua semplicità (si fa per dire: comunque si torna regolarmente a GrandVille dove si organizza la patente A del Folletto) questo stile di vita sereno mi mancava da anni (quand’ ero a GrandVille da sola col Folletto ancora alle elementari, senza un lavoro stabile potevo sì prendermela relativamente comoda, ma ero tutt’ altro che serena).