Novità, aggiornamenti, premio di laurea UNRAE

Avevo proprio ragione descrivendomi come una pessima Blogger ad un colloquio: riesco a seguire assiduamente un blog per volta, e appesoaunfilo sta assorbendo tutte le mie energie. Da quando lavoro poi il tempo non è mai stato così poco: non che prima fossi poco impegnata, ma la situazione è nettamente peggiorata. Inoltre ho sviluppato una forma di allergia al pc: dopo 8 ore al giorno a elaborare dati e scrivere report la sera l’ultima idea che mi passa per la testa è attaccarmi al pc. Preferisco attaccarmi ad ago e filo e rilassare la mente.

 

Comunque, cos’è successo dal 5 agosto? Non ho ancora conquistato il mondo, ma ci sto lavorando 😀

Seriamente, ho trovato lavoro nel Marketing e vinto la Borsa di Studio UNRAE per le 10 migliori tesi di laurea sul marketing automotive (sono anche stata in vacanza, ho migliorato le mie abilità di cucito, ma queste cose non sono strettamente inerenti a questo blog!)

Era un po’ che volevo mettere sul blog le slides della mia tesi, utilizzate in fase di discussione, sia per chi volesse sapere su cosa ho fatto la tesi (dubito non molta gente, ma io ne vado fiera quindi la posto comunque perchè qui decido io, evviva la democrazia), sia per quelli studenti che non hanno idee di come impostare una presentazione per la discussione in termini di layout, lunghezza, numero di slides, ecc.

 

Comunque eccola qui: Marketing e Sostenibilità ambientale nel settore automotive, vincitrice del premio UNRAE.

 

La mia tesi investiga sul ruolo che il marketing ha nell’intercettare i problemi di sostenibilità ambientale, evidenziandone i pregi e i difetti, analizzando dati statistici a supporto delle ipotesi presentate. Tutto è nato da uno spunto di riflessione espresso dal mio relatore, il professor Gianni Cozzi durante il corso di Marketing: Può il marketing, per la sua natura di ponte tra l’impresa e l’ambiente esterno rispondere efficacemente ai problemi di sviluppo sostenibile introducendo prodotti più efficienti, implementando nuove soluzioni produttive e incentivando modelli di consumo sostenibili? Partendo da studi teorici sul marketing e sul suo legame con la sostenibilità (redatti dal mio relatore), ho approfondito la questione alla luce dei nuovi sviluppi tecnologici come l’auto elettrica. Tutte le ipotesi sono state verificate analizzando dati a livello italiano europeo e mondiale sulle tendenze di mercato, tutte le innovazioni tecnologiche orientate al miglioramento dell’efficienza energetica sono state analizzate in termini di benefici e diffusione. In conclusione ho evidenziato come il contributo del marketing è frenato dalle dinamiche di mercato (domanda stagnante per la crisi) ma soprattutto incontra un limite fisiologico dettato dalla sua stessa natura di funzione aziendale: posto che la crescita incomprimibile della mobilità non verrà compensata da miglioramenti di efficienza energetica, solo una riduzione dell’intensità d’uso dell’auto potrà accrescere la sostenibilità del sistema dei trasporti; tuttavia il marketing non si renderà mai promotore di una perdita di importanza del suo prodotto. Sono i governi, gli organismi sovranazionali a dover trovare al più presto soluzioni capaci di soddisfare realmente  un bisogno di mobilità crescente.

5 cose da non dimenticare

Dopo il post be awesome, torno in questa estate grigia, in cui i giorni di Sole si contano sulle dita di una mano, con 5 ispirazioni. Almeno usiamo le dita per contare qualcosa di bello, per 5 video che mi hanno lasciato un promemoria, un monito su cosa non dimenticare.

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Sapete, non amo correre. Ma amo quella sensazione di libertà che respiro quando sto facendo qualcosa che amo, che mi piace, e la sto facendo in modo grandioso, al meglio delle mie opportunità. Amo il verde, i colori, e l’immensa bellezza della natura. Non bisogna mai dimenticare ciò che ci fa sentire vivi, perché smettendo di farlo incominceremo a sopravvivere e basta. Non bisogna smettere di essere parte di questo mondo, perdere il contatto con la natura e l’immensa bellezza che ci circonda per non perdere la nostra bellezza interiore.

 

Un’altra cosa da non dimenticare è l’immenso potere che ogni essere umano racchiude in sé: con le mani, col nostro pensiero, con l’immaginazione, col nostro corpo noi possiamo dare vita a pure magia. L’essere umano tesse i sogni, li racconta coi colori, coi suoni. Non è solo la natura ad essere immensa: noi siamo parte di essa e possiamo aspirare a essere il tramonto perfetto, l’arcobaleno dopo la pioggia.

La terza cosa da non dimenticare è che si può sfidare l’impossibile e renderlo possibile. Coraggio, dedizione, forza d’animo e spirito di sacrificio possono metterci le ali, e permetterci di divenire un piccolo capolavoro in qualcosa.

La quarta cosa da non dimenticare è che non siamo solo individui, ma persone; persone che hanno bisogno di qualcuno e che per qualcuno sono tutto. Le mie adorabili amiche mi hanno regalato una custodia per l’ipad con la seguente frase “to the world you may be one person, but to one person you may be the world”.  Non dobbiamo aver paura di dire “ho bisogno di te” e affidarci a qualcuno, non dobbiamo temere di esprimere un sentimento perché merita di emergere dato che esiste. Non dobbiamo aver paura di dire grazie e di dimostrare l’affetto. Far sentir speciale una persona mostrando i nostri sentimenti è una delle più grandi opere d’arte che possiamo compiere. Non bisogna scalare una montagna per essere grandiosi: basta regalare un sorriso.

La quinta cosa da non dimenticare è la spensieratezza. Godere appieno di ogni istante; abbandonare i pensieri e essere leggeri e spensierati ci permette di vivere appieno. E’ giusto farsi domande per trovare risposte. Ma ogni tanto è giusto abbandonarsi al sole (quando fa capolino tra le nuvole) e brindare a Noi e a questa vita.

Dire grazie

110 grazie a tutti, a chi ha spostato impegni, sopportato km in treno o in auto, e a chi ha saputo esserci comunque, perché la presenza non è solo “fisica” ma al 100% una cosa mentale. Vi ho avuto accanto e mi sono sentita speciale: questo è il più bel regalo del mondo!

Grazie a chi mi ha calmato nei momenti di panico, a chi mi ha accompagnato lungo questa scalata, a chi mi ha fatto ridere, a chi mi ha sorpreso, a chi ha creduto in me quando non ci credevo nemmeno io, a chi mi ha supportato e sopportato, a chi ha portato proprio i fiori che amo, a chi mi ha fatto miliardi di foto perché sa quanto tengo ai ricordi, a chi mi ha dato un abbraccio, a chi mi ha chiamato e scritto, a chi mi ha dato un ago per scoppiare i palloncini che rappresentavano i gradini della salita.
Grazie per aver fatto ciascuno di voi la vostra parte, per avermi regalato un pezzettino di voi che custodirò per sempre. Grazie per questo giorno

Siete persone speciali, vi meritate la Lode. Vi dedico tutto, sperando di ritrovarvi tutti come personaggi nel prossimo capitolo della storia.

 

 

(Pseudo) Economista per caso #1: Vivere felici

Bisogna smettere di mettere le persone sulla ruota dei criceti e spingerli a correre, correre, correre dietro a un miraggio di una casa più grande, una macchina migliore, più soldi. Bisogna smetterla di pensare che servano più soldi per fare ciò che vogliamo: una famiglia, un viaggio, un sogno vengono sempre rimandati a quando avremo più soldi, fino a non giungere mai. La rincorsa del Pil ci ha portato a questo. Le cose che mi rendono più felice non sono monetizzabili: è l’affetto di persone speciali, un sogno di un futuro, la libertà di fare ciò che mi piace, la soddisfazione di raggiungere i miei obiettivi.

Questo post geniale è di Federico: leggetelo e seguite il suo blog, ne vale la pena!

Parliamo di cose belle…

In queste prime settimane estive ho sentito parlare di

  • caldo
  • esami
  • risultati degli esami
  • scadenze per la laurea
  • scandalo Carige
  • scandalo Expo, Mose e tangenti varie ed eventuali
  • litigi tra le diverse fazioni dopo le elezioni europee
  • Arresto Scajola

Dato che non ho voglia di avvelenarmi l’esistenza a sviscerare uno qualunque di questi elementi, ho deciso di nuovo di divagare (tanto il blog è mio e decido io) perché non ho voglia di iniziare a scrivere la serie di articoli che presentano la mia tesi (ho l’ultimo esame martedì, siate clementi). Dato che essenzialmente le cose belle capitate di recente sono l’arrivo della mia Lancia Ypsilon e il cucito, ho deciso di risparmiarvi la tematica automobilistica che sviscereremo ampiamente in seguito (eh si, sono una ragazza e la mia tesi parla di automobili), per propinarvi alcuni dei miei ultimi lavori e terminare il resoconto del mio corso presso la Scuola di Moda Vezza.

 

Ho terminato il tubino beige in 4 lezioni e mi sono lanciata sulla Giacca Chanel bianca: un progetto ambizioso, finito nelle restanti 6 lezioni pungendomi mille-mila volte soprattutto attaccando la passamaneria. Sara e Gretel mi hanno insegnato a lavorare su un capo molto più strutturato rispetto a un tubino, ad affrontare le maniche (non è per niente facile attaccarle) e a foderare un capo. Il risultato è favoloso e non lo dico perché sono di parte:

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La soddisfazione è tanta, e anche se ora gli esami mi hanno costretto a sospendere le lezioni, dato che sono in ritiro spirituale in Valbormida (la città offre troppe distrazioni purtroppo), non sono stata lontana a lungo dalla macchina da cucire. Ho comprato a scuola i cartamodelli per un abito anni 50 e per dei pantaloncini (che devo ancora iniziare) e mi son data da fare.

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La cosa favolosa è che da ogni cartamodello è possibile ricavare modelli per altri capi: non sono ancora in grado di disegnarmi da sola i cartamodelli (ma ci sto lavorando su, non preoccupatevi hahaha), ma riesco, partendo da quelli acquistati a scuola a creare altri capi come un top o una gonna.

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Che dire? A posteriori credo che l’idea di frequentare il corso sia stata la migliore che mi sia venuta negli ultimi mesi: ho scoperto un hobby interessante, che mi regala tante soddisfazioni. Inoltre presenta notevoli sinergie con la fotografia nonché con la sana vanità femminile: sto già pensando come coniugare il tutto, facendo degli scatti ai capi che ho creato e chissà, idearne di nuovi.

Forse aprirò l’ennesimo blog dedicato esclusivamente a questo interesse. Sto meditando se troverò o meno il tempo di aggiornarlo più o meno continuamente, non vorrei diventasse un peso, ma sono molto tentata. Di certo sono sempre più entusiasta e logorroica al riguardo di questa passione, quindi il materiale c’è!

 

Au revoir!

Brand fa rima con Friend

I Brand sono sempre più importanti nelle nostre vite, e sono ormai diventati un veicolo tramite il quale affermiamo e definiamo la nostra personalità, il nostro modo di essere. In un ottica Pirandelliana direi che sono diventati spesso le maschere che indossiamo ogni giorno, il riflesso allo specchio in cui identificarci, la foto sul muro a cui cercare di assomigliare. Sono diventati un pezzo importante delle nostre vite, soprattutto da quando, tramite i social network, interagiscono con noi quasi individualmente. Ma sono davvero nostri amici, figure di riferimento delle nostre vite che ci danno ciò che dicono di offrirci?

Seguendo il blog di una mia prof ho avuto modo di scovare questa presentazione, che mi ha portato a riflettere sul ruolo sempre più ampio che i brand hanno nelle nostre vite, abilmente veicolato dal marketing.

Il succo, per coloro che non hanno voglia di guardarsi 48 slides (sono solo immagini, basta poco) è il seguente:

Un brand non ti sarà mai vicino quando ti senti solo, non ti procurerà la cena, non sarà fedele come il tuo cane, perché il loro valore è il profitto. E tu vali per loro finché rappresenti profitto: per parafrasare una frase che a mia nonna era molto cara, un brand non ti dirà mai lavati la faccia che senza trucco stai meglio se deve venderti autostima in crema, rossetti, ombretti e fondotinta.

 

Il marketing è prima di tutto strumentale alla creazione di valore per l’impresa. E il cliente rappresenta valore per l’impresa finché è tale: finché consuma, acquista il prodotto generando i profitti. Il brand è un fortissimo strumento con cui l’impresa accredita i suoi prodotti presso i clienti e cerca di vendere.
Ciò non vuol dire che il brand non crei valore per il cliente: ci sono brand che creano reale valore per il cliente, offrono in cambio valore, lavorano eticamente. Sono questi i brand che meritano il tanto sospirato nostro like su Facebook. Abbiamo tra le mani il potere di scegliere, e dire cosa ci piace e cosa non ci piace, e di lamentarci sulle pagine dei brand (e rispondono, fidatevi).
Per la prima volta non subiamo passivamente i messaggi dei brand ma instauriamo una relazione in cui noi possiamo dire qualcosa.  Possiamo smettere di farci identificare da un oggetto, e scegliere come esprimerci. Possiamo affermare la nostra individualità come mai prima d’ora: la rete è uno strumento potentissimo, non usiamolo per omologarci e sottoporci a una sovraesposizione mediatica ai messaggi dei brand.
Like, Dislike. Scegli tu.

Andare oltre…

E’ strano leggerlo sul blog di una fotografa, ma la vista è spesso fonte di distrazione: vediamo una cosa e subito scattano le scorciatoie cognitive che riconducono ciò che vediamo a uno schema che la nostra mente ritiene “giusto”/”accettabile”/”normale”.  Ecco perché questo video ha stupito la rete:

per la dissonanza tra l’immagine che noi abbiamo dellasuora e di una ragazza che canta in un talent. Due immagini apparentemente opposte, inconciliabili.  Eppure non è così.

La realtà è molto più complessa di come appare a prima vista, e le scorciatoie cognitive limitano la nostra capacità di interpretazione, riconducono un fatto a un preciso schema che ha la pretesa di spiegarlo, ma che va in tilt alla prima dissonanza: ciò significa che dobbiamo abbandonare questo meccanismo mentale per poter davvero cercare di capire ciò che ci circonda, cambiare prospettiva, guardare le cose da più punti di vista o non guardarle affatto e ascoltarle, sentirle.

 

Non limitiamoci allo stupore per la suora cantante, ma impariamo ad andare oltre non riconducendo entità complesse come le persone, gli avvenimenti, i problemi, allo stereotipo di riferimento: solo così potremmo sperare di raccogliere qualche briciola in più di realtà, qualche suggerimento nascosto, un’ispirazione nell’angolo cieco.

Il corso di cucito e il mio primo vestito

Stasera ho intenzione di parlarvi di come trascorro i mercoledì da un paio di settimane a questa parte: frequento le lezioni di cucito presso la Scuola di Moda Vezza, in vico San Matteo.

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Seguo un corso che passo a passo insegna a realizzare un capo di abbigliamento partendo dal cartamodello. 

Io ho scelto di realizzare un vestito che domani terminerò, per iniziare una giacca bianca: in tre lezioni ho imparato tantissimo e prima avevo cucito a macchina solo una volta un sacchettino per la tavoletta grafica. Insomma principiante totale. Con pazienza, seguita passo a passo con attenzione ho imparato a realizzare il mio primo abito e ho scoperto non solo  una passione ma un modo per rilassarmi, spegnere il cervello due ore a settimana e lasciare le preoccupazioni fuori dalla porta per entrare in un mondo accogliente fatto di creatività, buona compagnia e il tutto incorniciato da una vista mozzafiato sui tetti di Genova e San Lorenzo. 

Ho proprio trovato la pace, meglio dello yoga, fidatevi! Un rifugio, un luogo in cui fuggire dalle mille preoccupazioni e stress. Insomma ringrazio Anna e il suo blog per avermi fatto scoprire questa scuola meravigliosa e soprattutto ringrazio Sara e Gretel per tutto ciò che mi stanno dando in questo periodo.

 

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per informazioni sui corsi vi rimando al blog della scuola.  Andateci ❤

La favola del concerto di David Garrett

Cenerentola, ovvero io, dopo molte indecisioni decide di andare a vedere il concerto del talentuoso David Garrett con la sua coinquilina dopo aver sentito altre due amiche che andavano ed aver rimuginato svariati giorni sulla cosa. Come sapete amo il teatro e la musica, non ho potuto resistere. Non avendo i biglietti ci mettiamo in fila per il botteghino, sperando che non vadano esauriti prima del nostro turno.

E proprio durante la fila incontriamo la fata madrina: una gentilissima signora, Isabella, che ci regala i tre biglietti in più che si è ritrovata a causa di un’epidemia di influenza. Ci ritroviamo sedute al centro del teatro e sembra una favola: Garrett inizia a eseguire Brahms accompagnato da una meravigliosa orchestra, gli archi si muovono all’unisono e creano un’onda cavalcata dal solista, scandita dai fiati e trasformata in brividi lungo la schiena. Tanto per farvi capire a cosa mi riferisco, ho trovato questo video abbastanza emblematico dell’opera 77 di Brahms eseguita in Germania:

Era incantevole vedere come l’orchestra si muoveva all’unisono, in armonia e dava vita a tutta questa poesia. Come un gigante buono, fatto da tanti esseri umani che si fondono insieme e danno il loro indispensabile contributo nel creare la magia. Garrett ha dato prova del suo incredibile talento, ipnotizzando il pubblico col suo virtuosismo. Fatico a trovare le parole (io che ne ho sempre tante), per descrivere i brividi di emozione che mi correvano lungo la schiena. La musica mi incanta, mi stupisce, mi emoziona

La poesia della musica è disarmante quanto ricevere un tale dono da una sconosciuta: siamo abituati ad aspettarci che nessuno faccia qualcosa per nulla da restare stupiti di fronte a un’avvenimento simile.

Voi che mi leggete sapete come per me l’importante sono i simboli, i principi, le piccole cose dietro i gesti, ciò che essi rappresentano.
E ciò che è avvenuto stasera lo ricorderò e racconterò come la spontaneità di un gesto semplice, che mi ricorderà di fare lo stesso per regalare un’attimo di felicità a uno sconosciuto. Perché non tutto è mosso da un tornaconto, da un secondo fine, da uno scopo superiore.

Forse, se tutti noi trovassimo, in una situazione qualunque, la voglia, il pensiero di regalare un frammento di noi, un sorriso, un biglietto del bus a un ritardatario, una parola complice, una silenziosa compagnia anziché restare chiusi in noi stessi, l’intera umanità saprebbe ricreare la magia e l’armonia di un’orchestra. Troppo spesso per paura di aiutare qualcuno di sbagliato, di coinvolgere uno strumento scordato, suonare una nota stonata non facciamo nulla: ma io credo che nel momento in cui facciamo qualcosa non dovremmo focalizzarci sul destinatario (e io per prima sbaglio in ciò).

Forse mi sono persa troppo nella retorica, forse troppo nella morale, forse mi faccio dei viaggi mentali. Ma vorrei ringraziare Isabella perché mi ha regalato la fiducia nel prossimo, e ciò è un ricordo che custodirò gelosamente come monito a cogliere tutte le opportunità con un sorriso e la voglia di trarne il meglio. Anche quando questa cosa pare impossibile, quando la giornata è grigia e la fiducia è poca spero che il rifugio di questo ricordo mi porti il colore che viene a mancare.

Una bella iniezione di ottimismo insomma, non ci voglio vedere solo semplice botta di fortuna 😀

 

Mi piacerebbe che questo messaggio giungesse all’interessata, che non ho modo di contattare. So solo che é di Piacenza – reggio Emilia. Affiderò il mio messaggio in bottiglia alla rete e chissà che non approdi sulla spiaggia giusta.

 

Ringrazio Noemi per avermi convinto ad uscire e Valeriano per la compagnia! Che avventura 🙂

 

Vi lascio qualche video del grande violinista, che accanto al repertorio classico reinterpreta i grandi pezzi della canzone e del rock! (In effetti è un po’ una rock star!!!)






 

 

The same old story: i junk bonds e la polvere sotto il tappeto

Come tutte le mattine in cui mi sveglio all’alba e mi trovo in macchina con mio padre, ascoltiamo una rubrica economica alla radio. Mi stavo per assopire (diciamola, alle 7.40 i dati sulle produzione forniti da confindustria non sono così interessanti!) quando interviene un professore a commentare un dato sulle sofferenze creditizie delle banche italiane.

Quello che rileva non è tanto il dato, quanto la fantasiosa soluzione suggerita per contrastare il rischio sistemico: in parole povere sempre più crediti non vengono pagati e sempre meno risparmiatori comprano obbligazioni bancarie. Come fare? Semplice, facciamo confluire tutte le sofferenze in una bad bank: questo istituto creditizio creato ad hoc compra i crediti spazzatura dalle banche, e trova i soldi per farlo vendendo obbligazioni. Tramite la cartolarizzazione la banca rivende junk bonds lucrando sulla differenza tra il prezzo di acquisto dei crediti spazzatura e il prezzo di vendita dei titoli spazzatura perché non é mica un’ente di beneficenza, sia chiaro: o meglio la beneficenza la fa a chi di dovere comprando la spazzatura delle banche (inizialmente avevo scritto rumenta, termine dialettale ligure che perfettamente si adatta al contesto).

Mhm è tutto così vintage e Usa, come Lana del Rey fotografata con un filtro di instagram in shorts a vita alta con la bandiera americana, così 2007 (quando Lana Del Rey era ancora una sconosciuta e non era ancora passata dal chirurgo e instagram non esisteva ancora) vi pare? La crisi del 2008 negli Usa è stata causata proprio dai junk bonds risultato della cartolarizzazione dei mutui subprime, crediti che non sarebbero mai stati saldati, che reggevano fino a che i prezzi dell’immobiliare erano al rialzo e vendendo la casa dell’insolvente all’asta si rientrava di quanto non versato.

Ma non preoccupatevi, il Professore ha pensato anche a questo: per evitare una seconda bolla scoppi nel momento in cui i crediti in sofferenza non vengano saldati (cosa altamente probabile, se io non ho i soldi per pagare il mutuo e accumulo le rate, cosa vi fa pensare che un domani li trovi? O vinco alla lotteria, o trovo un lavoro che mi permetta di pagare, e non so quale dei due eventi sia più raro; idem per un impresa, se non ha i soldi per pagare, probabilmente è perché a sua volta i suoi clienti non saldano i crediti: a meno di non trovare il modo di stampare denaro in cantina, i soldi non sbucano dal nulla) lo Stato garantisce le obbligazioni.

Ricapitoliamo: prendiamo crediti che probabilmente nessuno salderà mai e vendiamoli a una bad bank che di finanzia vendendo junk bonds. Se nessuno paga, non c’è problema: lo Stato interviene a garanzia dei bond e fornisce alla bad bank il denaro per rimborsali.

Ci siamo? Lo so che questo post è lungo e complesso, ma resistete un paio di righe al massimo che concludo. Lo stato impiegherebbe denaro pubblico per saldare indirettamente le sofferenze bancarie: il sistema è complesso e si compone di più passaggi.
1. La banca cede alla bad bank i titoli e riceve in cambio denaro
2. Questo denaro la bad bank lo ottiene vendendo junk bonds
3. Se la bad bank non riesce a rimborsare i junk bonds interviene lo Stato che ne garantisce la solvibilità.

Quindi lo stato interverrebbe a sanare i crediti insoluti (che non verranno mai pagati) del sistema bancario italiano

Tutto questo sotto il naso di cittadini ignari che, senza alcuna conoscenza basilare di finanza, magari comprano pure i junk bonds attratti da un rendimento elevato, senza essere consapevoli di cosa stiano acquistando. E soprattutto senza essere consapevoli che fine fa il loro denaro.

Che dire? Speriamo che questi restino solo parole dette alla radio una mattina alle 7.40. Ma se sentite parlare di bad bank o di qualcosa di simile, rizzate le orecchie perchè vuol dire che qualcuno sta preparando questa succulenta torta.

La mia personale interpretazione sul perchè non siamo felici.

Durante un noioso e solitario viaggio in treno verso casa, mi sono trovata a ripensare a un articolo letto un paio di settimane fà sul perchè non siamo felici (vi consiglio di leggerlo ). Questo articolo mi ha molto colpito perché individua alcune cause per l’infelicità della mia generazione: le ambizioni sempre più elevate e ambiziose, la convinzione di essere individui speciali e poter ottenere più degli altri, la conseguente voglia di ottenere subito i successi per cui in quanto speciali ci sentiamo predestinati e infine il continuo confronto con le versioni abbellite che gli altri ostentano in rete.

Bingo. Dopo aver letto e riletto questo articolo più volte ho incominciato a guardarmi intorno e a guardarmi allo specchio per verificare se quanto esposto fosse vero. La realtà universitaria che vivo ogni giorno è un ottimo punto di osservazione del fenomeno: pullula di studenti insoddisfatti, che aspettano solo di uscire dall’università perché il mondo riconosca quanto sono speciali e dia loro qualcosa all’altezza del talento che ritengono di avere. Questa visione porta alla ricerca febbrile di cose da fare, e a mio avviso alimenta un fiorente business di master e corsi post laurea e alta formazione: dato che tutti hanno la laurea occorre andare ancora oltre, fare di più, un master, un corso, andare all’estero, una specializzazione, un altro master, cercare di salire un gradino ancora sopra, un gradino che avvicini di più a…. non ne abbiamo idea in realtà. Non ne abbiamo idea perché rincorriamo una gigantesca illusione: come Don Quixotte che combatte coi mulini a vento. Mi vengono in mente due immagini a questo punto: vedo tante persone correre su una salita di ghiaccio scivolosa, cercando di salire più in alto degli altri; e vedo delle mosche, che in una casa ricca di succulenti cibi con cui nutrirsi e calore, sbattono insistentemente contro una finestra perché vogliono a tutti i costi uscire, incuranti di cosa ci sia realmente fuori, perché dal vetro sembra tutto stupendo e il freddo non si sente.

Io penso che per essere felici bisogna essere realisti: la prima causa di infelicità è sovrastimare la realtà. È pensare di riempire una piscina con un bicchiere d’acqua solo perché siamo speciali. Non è sbagliato considerare ogni individuo come speciale, se il termine speciale è inteso come unico, diverso: ciascuno di noi ha diverse attitudini, talenti, interessi, passioni. L’infelicità arriva quando il considerarsi speciale diventa em>considerarsi meglio di chiunque altro in qualcosa: l’ambizione, la voglia di dare il meglio di noi stessi è sacrosanta e ci permette di progredire, ma solo se accompagnata da un bagno di umiltà che ci permetta di comprendere i nostri limiti e decidere se conviverci o superarli, se abbiamo i mezzi per farlo e quanto ci costerà in termini di sacrifici. Solo così si diventa i migliori: cercando di migliorare se stessi.
Non voler crescere e progredire e attendere che il mondo riconosca la nostra superiorità in un bagno di frustrazione e ci premi sono due facce della stessa medaglia. Perché mentre siamo occupati a pensare quanto il mondo sia ingiusto a non darci ciò che ci spetta (poltrone di amministratori delegati e dirigenti per tutti), la fuori c’è qualcuno che la felicità se la sta costruendo, dando il meglio di sé ogni giorno. Mi ricordo che da piccola mi dicevano l’erba voglio non nasce neanche nel giardino del Re.

Non ho la ricetta della felicità (e nemmeno quella della Coca Cola), ma credo di essere abbastanza felice e di aver abbandonato la frustrazione: vivo la mia realtà di ogni giorno con curiosità, attenta alle opportunità, cercando sempre nuove idee, coltivando i miei interessi e le mie passioni, ma con un’occhio vigile su ciò che mi circonda e sui miei limiti. Voglio tante cose, sono ambiziosa, ho tanti sogni, ma non aspetto che la fata turchina li realizzi perché sono speciale. Mi do da fare per realizzarli. Cerco di avere aspettative ambiziose per dare il massimo, ma non esagerate per permettere alla vita di stupirmi.

 Senza nome

Accoglienza Ligure…

Diciamolo con ironia: ecco un antologia di video che mostrano in chiave comica la tipica accoglienza ligure.
Da Forestiera a Genova mi rendo conto ogni giorno che c’è molta più realtà di quanto sembri qui dietro. Gente sorridete, che magari tornano l’anno prossimo anzichè fuggire a gambe levate!

Il primo è migliore, ha l’incorporamento disattivato (sarà mica un ligure quello che l’ha fatto? haha), ma vale la pena vederlo… Cliccate Qui

Articolo Scarno, scritto nel pieno della sessione d’esami, giusto per ridere un po’. Ci si risente quando si ritorna alla vita normale! Stay tuned!

Inequivocabili segnali del fatto che stai invecchiando

dopo aver pubblicato uno stato su Facebook in tema sono emersi spunti divertenti e suggerimenti, per cui ecco qui la nostra Time Machine, per sorridere un po’. Ringrazio i commentatori per l’ispirazione!

Inequivocabili segnali del fatto che stai invecchiando (in ordine sparso): 

– alcuni capi all’ultima moda non sono nuove conoscenze: la camicia e il giubbotto di jeans, i pantaloni a fantasia, i fuseaux, le felpe senza cappuccio, lo zainetto


– hai avuto un paio di scarpe con la zeppa Fornarina o American Eagle (per le donzelle)

– compravi le superga blu al mercato per fare palestra a scuola

– ricordi (o peggio hai in soffitta perchè non l’hai buttata) le imbarazzanti tute da sci fluo

– alcuni giocattoli tornano di moda: ho visto Furby sullo scaffale di un negozio

– la gente che prende la patente ha una grafica diversa dalla tua: una volta il patentino del motorino era verde, non ti davano l’ambita tessera rosa!

– la gente che prende la patente è di leve che nella tua mente si collocano ancora alle scuole medie

– non sai più a memoria gli orari a cui passano le corriere.

– la musica che ascoltavi sta nel revival 90-2000, i cantanti stanno facendo tour celebrativi per i nostalgici: vedete queste canzoni? Sono passati 14 anni!

– ti ricordi le lire, e il mondo senza internet: sembrano assurdi racconti di guerra di tua nonna

– hai un contatto msn messenger da qualche parte. Ti ricordi gli scambi di emotion, e se eri nerd scommetto ti sei preso anche qualche virus per scaricare quelle più fighe che i tuoi amici non avevano ancora!

– Ricordi di videogiochi in cui non si mandavano richieste agli amici: al massimo clonavi qualche pokemon spegnendo il gameboy collegato con cavetto al momento giusto. I videogiochi non avevano tutorial, né potevi pagare per completarli facilmente. Esistevano leggendari volumi, le guide complete, che il più delle volte complicavano il tutto.

– una volta i giochi sul cellulare erano quelli e te li tenevi: Snake, Space impact, Bantumi, ecc. Niente app store. Niente internet. Niente Fotocamera. Niente selfie, niente instagram o siti in cui pubblicarli.
Se eri fortunato avevi il compositore e potevi provare a comporre una suoneria. Dopo giorni e settimane perse nel tentativo (con la batteria ancora carica per metà), se ti rassegnavi potevi mandare un sms e ricevere la suoneria (senza abbonarti a nulla!).

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– Hai voluto una polaroid per non dover aspettare di finire il rullino e ritirarlo dal fotografo per vedere le foto: a volte vedevi le foto di Natale verso Pasqua! Altro che caricamento su Facebook in tempo reale!

_ giocavi col flipper di windows, e sai cos’è un floppy. Niente wikipedia per i compiti, avevamo Encarta. E come dimenticare Disney magico Artista?

– se ti perdevi ti perdevi, mica c’era maps!

– Compravi i “giornaletti”: Topolino, Witch, Cioè. E come dimenticare i Piccoli Brividi e il Club delle Baby Sitter?

– niente streaming. E ricordate: “non accettate i falsi. Esigete solo cassette originali Walt Disney Home Video.”

-Ricordate Ambrogio? Ah le vecchie pubblicità!!!

– qualcuno ti da del lei, ti chiama Signora/Signore.

Altre idee?

Concludo con questa canzone (Max siamo a 3 citazioni, poi ti mando il conto 😀 )

E vi rimando sul tema a questo post: 10 cose che nel 1998 era normale fare

Innovazione di prodotto e di mercato: il ruolo dell’industria di marca

Mattinata un po’ speciale, diversa dalla solita routine delle lezioni: ho partecipato alla Conferenza Innovazione di prodotto e di mercato: il ruolo dell’industria di marca organizzata dal dipartimento di Economia in collaborazione con Centromarca.

 

Cattura

Da questo incontro molto interessante, perché ho avuto la possibilità di vedere applicato in pratica l’oggetto dei miei studi, ho potuto cogliere alcuni spunti di riflessione.

Un fattore comune a tutti gli interventi è la centralità dell’innovazione e della creatività nell’affrontare il modificarsi dei consumi in questo periodo. In un quadro generale in cui assistiamo a una contrazione dei consumi generali dovuto al ridursi del reddito e al calo dell’indice di fiducia, l’innovazione è fondamentale per affrontare il cambiamento. Abbiamo potuto ascoltare storie di successo in diversi settori: tutte sono accomunate da una risposta creativa, pronta e originale al cambiamento.

“Cambiamento” è una parola che ci spaventa: questo perché decreta senza appelli il successo o l’insuccesso di un’idea, una scelta una posizione, un’impresa. E’ un giudice severo, irremovibile. Ci mette alla prova senza prima spiegarci la lezione, e sta a noi restare in piedi durante il terremoto. Il cambiamento è fisiologico e inevitabile: cambiano le circostanze, i legami, le persone e cambiamo noi stessi. Il cambiamento può essere una Chimera spaventosa. Ma può anche darci un passaggio verso il successo: sta a noi essere attenti e saper individuare il momento giusto per salire in groppa e cavalcare questa onda di novità correndo col vento a favore. Il cambiamento è una forza che può spazzarci via o renderci più forte: sta a noi canalizzarla nel modo giusto, perché in caso di immobilità la sconfitta è certa.

Stiamo attraversando una fase economica difficile, un periodo in cui le certezze sono stravolte, cambiano i punti di riferimento e i margini di errore sono pressoché nulli: ora più che mai, dato che non ci sono piazzole di sosta per fermarsi o fare inversione in caso di errore, ora che la strada è stretta, in salita e piena di curve, dobbiamo essere in grado di cogliere i segnali giusti per andare avanti e non precipitare nel vuoto; la strada che stiamo percorrendo non ha protezioni a valle.

Fondamentale è anche continuare a innovare, non fermarsi mai a dormire sugli allori: Noberasco, dopo aver osservato i riscontri positivi del coraggiosissimo processo di cambiamento, non si ferma. Ci sono nuove idee, nuovi piani, nuovi obiettivi. Bisogna sempre guardare avanti, lontano, come quando si guida per tenere bene la strada. Fermarsi sulla cima equivale a venire travolti quando qualcuno ci raggiungerà, equivale a restare indietro, perdersi: se col pretesto di goderci i nostri successi ci blocchiamo, ecco che ciò che di buono possiamo trarre da essi svanirà. E non sto parlando solo di fare impresa, ma di vita. Non si arriva mai, non si finisce mai di crescere, di progredire, di migliorare.

Dall’esperienza del gruppo Paglieri raccontata da Michela Marchese Patti ho imparato l’importanza della creatività, e della creazione del valore tramite un’iniziativa ampia che non accresce solo la redditività dell’impresa ma anche il benessere della collettività. Essere creativi permette di trovare il modo più efficace per comunicare.

Come ci ha ricordato l’intervento successivo di Lorenza Cipollina, la comunicazione è come la terra di mezzo: una dimensione mentale, un modo di pensare. Di fronte alla marea di mezzi di comunicazione che ci circondano, dobbiamo aver ben presente l’insight e focalizzarci sull’idea. Solo con una buona idea posso approcciarmi alla scelta dei mezzi di comunicazione. La tecnologia è solo un mezzo. Se la mia idea non sa rispondere alla domanda “perchè dovrebbe interessare al consumatore?” è meglio cambiare idea.

I valori innovativi possono essere italianità e sostenibilità: non scordiamoci l’importanza della sostenibilità ambientale nella crescita sostenibile (ne parlerò anche nella tesi, piccola anticipazione..) che ci ha ricordato Simona Mesciulam di Generale Conserve

E questo è il mio resoconto da una mattinata che mi ha insegnato davvero tanto.

 

 

 

Che Fine ha fatto Repetto?

Ok, dopo il concerto di Max Pezzali a Genova (a proposito Max, è già la seconda volta che ti cito, sentiti importante), mi trovo a riflettere sugli anni 90. Sono nata nel 92, quindi ero proprio piccina, però me li ricordo eccome. Tralasciando alcune cose orrende tipo le tute da sci fluo (clicca qui se ci tieni a rinfrescarti la memoria) e altri dettagli di look, gli anni delle Cristal Ball, degli 883, del karoke di Fiorello, dei Cartoni di una volta (Papà Castoro, Sailor Moon) sono stati davvero forti e ho notato un certo revival nello stile del tempo (vedi gli zainetti, le camicie di jeans e i pull oversize).

Mi sono trovata a riflettere da buona anziana quando al concerto guardandomi attorno ho visto molte 13-15enni che erano lì per Max e e probabilmente non avevano mai visto Repetto, il biondino ballerino. Io, con un po’ di ritardo lo ricordo: era il 1998, il secondo cd che entrava in casa dopo quello degli Aqua era “Gli Anni” degli 883. Ero ancora figlia unica! Dopo essermi sentita vecchia e aver apprezzato il team che ha curato la trasformazione di Pezzali permettendogli di sopravvivere indenne a ben 2 decenni e piacere a due generazioni a tratti opposte (a 13 anni noi avevamo a malapena il pc, ora c’è  l’iphone e facebook!) mi sono posta la fatidica domanda

Che fine ha fatto Repetto?

Come già accennavo il 2013 presenta numerosi vantaggi: per esempio che ho potuto porre a Google la mia domanda esistenziale e che posso essere qui a condividere il tutto con voi (che fortuna eh!). Prima di tutto ecco come abbiamo lasciato Repetto:

L’ultima sua apparizione con Max Pezzali, in qualità di partner, si ha  il 14 gennaio 1994. Il sabato di Pasqua di quell’anno, dopo essersi ritrovati per lavoro, Max saluta l’amico dicendo: “Ok Mauro, ci vediamo lunedì alle 14”. Questi però replica: “Max, io veramente parto per l’America, vado a Miami…”

Il divorzio è avvenuto così, senza molte spiegazioni. Solo dopo anni e una carriera che ha visto il nostro Mauro fare anche il Cow Boy a EuroDisney in un intervista possiamo avere le spiegazioni e la risposta alla fatidica domanda.

“Sì, mi sentivo inadeguato, un pesce fuor d’acqua: in realtà, le canzoni per eme erano quasi una scusa per stare insieme con il mio migliore amico; non avevo mai pensato di ritrovarmi in un “can can” che ci aveva trasformato in veri e propri idoli per migliaia di ragazzi. Mi ricordo che entrai in crisi è iniziai a chiedermi sempre più spesso: “Ma io che cosa voglio veramente dalla mia vita, dal mio futuro?”. In più, mi sentivo senza talento, e ciò accresceva la mia insoddisfazione. Non sapevo cantare, non sapevo suonare… e ballavo come un forsennato. Mi sentivo inutile, un peso pure per Max, perché quello non era più il gioco di due ragazzi e io non sapevo più chi ero veramente. Stavo impazzendo.

Non [ne avevamo parlato] apertamente, ma lui aveva capito tutto. Mi consigliò anche d’imparare a suonare il basso in modo da preparare le melodie di un nuovo disco, ma fu inutile. Così, il sabato di Pasqua del 1994, dopo esserci visti a casa sua, ci fu l’addio. Ricordo che Max mi disse: “Ok Mauro, ci vediamo lunedì alle 14″. lo, abbassando gli occhi, replicai: “Max, io veramente parto per l’America. Vado a Miami. […] Aveva capito il mio disagio. Ci mettemmo d’accordo: lasciai a Max il marchio 883 e conservai i diritti d’autore sulle canzoni pubblicate. Devo dire che ho ancora nelle orecchie le parole che mi disse mio padre la sera stessa a cena: “Sei un matto, altro che Uomo Ragno, tu hai ucciso la gallina dalle uova d’oro”. E fu inutile”.

(link)

Mauro ora è produttore degli Special Events del parco e si è sposato: la sua vita è in Francia ora.

La cosa che mi ha colpito di più è il coraggio di quest’uomo, che all’indossare una maschera e recitare una parte che non sentiva sua, con umiltà ha detto “Basta” ed è partito alla ricerca della sua strada abbandonando la fama e il successo.

Non so quanti, al Suo posto, avrebbero mollato tutto così: all’apice lui è uscito dal gruppo, è sceso dalla giostra. Ammiro il suo coraggio, che l’ha portato a non scendere a patti con sé stesso. Ed è per questo che concludo dicendo a Mauro le sue stesse parole: “Sei un mito”; anche se voi parlate di una ragazza, io penso che il “mito” sia chi ha il coraggio di essere coerente con sè stesso, anche quando la posta in gioco è alta e l’ingaggio della parte da recitare è da capogiro.

Vuoi la Lamborghini? Lavora!

Interessante come Britney Spears abbia dedicato una canzone a metà tra l’educativo e la filosofia del Bauscia lombardo:

vuoi la Lamborghini? Lavora! 

“You want a Maserati?
You’d better work bitch!
You want a Lamborghini?
Sip martinis?
Look hot in a bikini?
You’d better work bitch!
You wanna live fancy?
Live in a big mansion?
Party in France?
You’d better work bitch
You’d better work bitch”

Sorvolerei sull’interpretazione del concetto “lavorare” di Britney: il video suggerisce l’esercizio di una certa “professione” decisamente remunerativa, ma inutile ai fini del mio viaggio mentale scaturito mentre mangiavo i miei tagliolini davanti a mtv music.


Prendiamo invece il buono del testo per fare un ragionamento che vada oltre ai balletti e agli abiti succinti e la musica truzzo – zarra da serata in discoteca: Britney ci dice che se vogliamo fare la bella vita dobbiamo lavorare, fare fatica e sudore. Purtroppo le Lamborghini non piovono dal cielo: forse potrebbero anche fare del male a qualcuno cadendo, magari si ammaccano un po’ 😀

Certo non è detto che lavorando otterrete ciò che desiderate e farete soldi a palate, ma andiamo ancora un passo oltre alla pura ambizione consumistica: qualsiasi cosa vogliate ottenere dalla vita (e andate oltre gli aspetti materiali, pensate a un obiettivo, un ambizione, un sogno), dovete alzarvi dal letto e sudarvela. Certo davanti a voi passeranno persone che senza neanche spendere una gocciolina sulla fronte otterranno ciò per cui vi battete (ma a questo arriviamo dopo).

Ogni giorno mi sveglio e penso a come posso avvicinarmi anche solo di qualche millimetro ai miei obiettivi: dopodiché scendo dal letto e mi do da fare. Cerco di guadagnare ogni giorno una minuscola mattonella, fare un piccolo passo per essere via via più vicina. Gli obiettivi si raggiungono vivendo appieno il presente, raggiungendo piccole mete intermedie (non vorrete mica scalare l’Everest in giornata vero? dovete fermarvi a riprendere fiato di tanto in tanto). A volte tra un gradino e l’altro possono passare mesi, mesi in cui progredite di pochissimi passi, appesantiti e stanchi. Non bisogna mai gettare la spugna. E bisogna stare attenti a non commettere altri errori:

  • Guardatevi sempre intorno camminando, per imparare da ciò che vi circonda: potreste essere così concentrati sui vostri passi da non notare una strada che vi si addice di più.
  • Cercate di cogliere il buono da ogni piccolo passo: è l’unico modo per non vivere da insoddisfatti. Quando siete giù voltatevi indietro e guardate quanta strada avete fatto. Guardatevi attorno e siate felici di ogni alba.
  • Trovate persone con cui condividere parte del percorso, una scalata parallela e perché no un sentiero scelto insieme. Non siate egoisti, gli altri possono essere la vostra roccia. Le scalate si fanno in cordata per potersi aiutare e sostenere a vicenda.
  • Non aspettate di trovarvi chi vi offre un passaggio, chi vi indica la strada: sono troppo dura se dico che la disoccupazione non è un alibi per restare a letto a fissare il soffitto? Cercate sempre di migliorare voi stessi. Le occasioni (come le Lamborghini) non piovono dal cielo. Siete voi a attirarle, cercando di dare sempre il meglio da voi stessi.
  • Siate positivi: non guasta mai, sia che crediate che ciò generi per voi energie positive, sia che siate scettici.
  • Infine ricordate che riposarvi non è un male: ogni tanto ci si può fermare  per non restare senza energie per andare avanti (ho molti problemi con questo punto, me lo scriverò in camera sul soffitto, magari la smetto di  esaurirmi)

 

E dopo tutta questa filosofia ecco la mia provocazione (non sarei io se dimenticassi a casa il mio dentino avvelenato):

sfruttiamo il pezzo per un flash mob contro quelli che la Maserati (o un ben più modesto ma comunque sognato quanto la macchina sportiva posto fisso) ce l’hanno senza “lavorare”?

Il Genio è autodidatta

In questa piovosa domenica, dopo aver studiato diritto tributario, mangiato un waffle e riordinato un po’ il mio caro blog (dovrei trattarlo meglio, lo so 🙂 ) mi sono imbattuta in questo articolo letto su Wired.

L’articolo mi ha toccato molto perchè io sono sempre stata autodidatta: ho letto molto e imparato navigando su internet a fotografare e a pasticciare on line sui blog. Grazie a internet ricerco quasi la totalità delle informazioni di cui ho bisogno e credo che ciò influenzi molto anche il mio modo di apprendere “tradizionale” in ambito accademico.

 Juárez Correa è un insegnante a Matamoros, una polverosa città  di 489.000 abitanti,  dilaniata dalla guerra della droga. Ben presto ha colto l’inutilità dei metodi tradizionali nell’interfacciarsi con gli studenti di fronte a sè, così ha deciso di iniziare a sperimentare . Ha iniziatoa leggere libri e e a cercare di idee on-line . Prestosi è imbattuto su un video che descrive il lavoro di Sugata Mitra , professore di tecnologia educativa all’Università di Newcastle nel Regno Unito. per molto tempo  Mitra condotto esperimenti in cui ha fornito ai bambini in India l’accesso ai computer . Senza alcuna istruzione,  essi sono stati in grado di imparare da soli una sorprendente varietà di cose , dalla replicazione del DNA all’inglese. L’accesso a una miriade di informazioni disponibili online ha cambiato il modo di pensare, comunicare e elaborare le informazioni così ottenute. Nonostante ciò il modello di istruzione dominante è ancora fortemente radicato ai valori dominanti di un tempo, ovvero puntualità, attenzione e silenzio; valori importanti per una struttura gerarchica top-down. il nostro sistema spinge i ragazzi a acquisire informazioni, imparare nozioni e ripeterle mnemonicamente, dimostrando di saperle memorizzare.

I  risultati parlano da soli : Centinaia di migliaia di ragazzi abbandonano la scuola superiore pubblica ogni anno . Di quelli che terminano la scuola superiore , quasi un terzo sono ” non preparati accademicamente per i corsi universitari del primo anno “, secondo un rapporto 2013 dal servizio di ACT test . Il World Economic Forum colloca gli Stati Uniti solo 49 ° su 148 nazioni sviluppate e in via di sviluppo per la qualità della didattica e delle conoscenze matematiche.

” Nel 1970 le prime tre competenze richieste dalle aziende Fortune 500 erano le tre R : lettura, scrittura e aritmetica . Nel 1999 le prime tre competenze richieste erano il lavoro di squadra , problem-solving , e le abilità interpersonali . Abbiamo bisogno di scuole che sviluppino queste capacità ” , spiega Linda Cara – Hammond , professore di educazione a Stanford e direttore fondatore della Commissione nazionale sulla didattica e il futuro dell’America.

È per questo che la nuova generazione di educatori sta inventando nuovi modi radicali di imparare , crescere e prosperare . Per loro , la conoscenza non è una merce che viene consegnata da maestro ad allievo , ma qualcosa che emerge dall’esplorazione e dalla curiosità degli studenti. Gli insegnanti forniscono lo spunto, non risposte , e poi si fanno da parte in modo che gli studenti possano imparare attraverso la scoperta e il confronto.

Alcuni sistemi scolastici hanno iniziato ad adattarsi a questa nuova filosofia, con risultati fuori misura . Nel 1990, la Finlandia tagliò il  curriculum di matematica elementare del paese da circa 25 pagine a quattro, ridusse l’orario scolastico di un’ora , e l’ha incentrato sulla indipendenza e sull’apprendimento attivo . Entro il 2003 , gli studenti finlandesi avevano scalato dai gradini più bassi della classifica di performance internazionali arrivando al primo posto tra le nazioni sviluppate .

Anche i risultati della classe di Correa non hanno deluso le aspettative: hanno registrato degli esiti incredibili. Persino il più basso punteggio in lingue era più elevato della media nazionale. Il punteggio più alto dell’intero Messico in matematica è stato ottenuto da un alunno di quella classe: i dati dimostrano come il modo alternativo di insegnare abbia dato risultati incredibili.

Questo lunghissimo articolo mi ha molto colpito: sono ormai 15 anni (ho varcato il sedicesimo anno a settembre)  che studio con il metodo che questo articolo stronca: di certo più volte ho avuto la percezione che l’istruzione tradizionale fosse un paio di passi troppo indietro rispetto al progresso tecnologico. I miei migliori ricordi delle superiori sono proprio legati ai miei insegnanti lungimiranti, a quelle lezioni non tradizionali in cui discutevamo della realtà intorno a noi anziché tenere la testa china a prendere appunti. E’ proprio ciò di cui sento più la mancanza ora all’università, dove le nozioni da incamerare pare giochino un ruolo dominante. La preparazione è troppo spesso valutata solo in base al numero di nozioni che sappiamo ricordare: forse è perché siamo troppi, perché è troppo complesso ascoltare ragionare 200 persone in una sessione d’esame. Ma non è un alibi che ci serve: l’alibi ci convince a continuare ad andare avanti per la nostra strada, giustificandoci. Quello che serve è un’attenta riflessione sul nostro modo di imparare.

Ma attenzione, adesso mi rivolgo ai miei colleghi studenti: non fermiamoci a individuare i limiti del sistema e ad aspettare un cambiamento che probabilmente arriverà quando avremo tutti incorniciato la nostra pergamena (il cambiamento nelle istituzioni è lento, ci sono docenti che ancora non usano internet, lo sappiamo bene). Oltre a cogliere i limiti dobbiamo sapere andare oltre. Questa volta la differenza possiamo farla noi stessi, col nostro pc, coi nostri smartphone: utilizzare anche solo 10 minuti al giorno la connessione per informarci e imparare qualcosa può colmare le lacune del nostro sistema. Noi possiamo  fare la differenza. 

come?

Ecco alcune risorse da cui potete imparare online pressoché tutto

  • Wikipedia: perché non iniziare dalla più grande enciclopedia del mondo?
  • youtube: youtube è la patria di tutorial: come cucinare un piatto, truccarsi, imbiancare casa, usare il pc, potete trovare guide per qualunque cosa.
  • la blogsfera: anche sui blog i tutorial e le guide spopolano. Basta scrivere su google “come fare…” e il gioco è fatto.
  • online potete pure imparare a programmare con codeaccademy e html.it

 

 

La regola è semplice: se non conoscete un’argomento, se non ricordate una nozione, se non sapete fare qualcosa, aprite un motore di ricerca e cercatelo. Con gli smartphone potete cercare quella data che non ricordate in tempo reale. Imparate dalle informazioni che ci sono online: imparate a cercarle, imparate a imparare e imparate a condividere cosa avete imparato perché se trovate ciò che cercate è perché qualcuno l’ha condiviso con voi.

ShareNotes.it : chi c’è dietro alle quinte?

Finalmente, ho messo insieme le referenze dello Staff: in attesa di pubblicarle sul sito ufficiale www.sharenotes.it, ho deciso di inserirle anche qui, in modo che voi sappiate chi c’è dietro a quel simpatico sito giallo e blu a cui attingete di tanto in tanto.

Prima di fare ciò, volevamo solo dire che ad oggi, il documento più scaricato ha toccato quota 1554 download in poco più di un anno. Siamo intorno ai 4 download al giorno in media: siamo molto fieri dei risultati ottenuti in termini di diffusione e non sapete quanto sono felice, quando apro il sito, di trovare nuovi documenti da approvare scritti da voi: il virus si sta diffondendo, e sono convinta che qualcosa stia cambiando!

Comunque torniamo a Noi: ecco a voi lo Staff, i magnifici 5!

Sharenotes.it è articolato su diversi livelli di collaborazione. Le persone infatti sono una risorsa fondamentale perché solo tramite un network reale è possibile creare una rete di condivisione efficace. Il sito è quindi articolato in una serie di rami, destinati a ciascuna facoltà, e gestiti da collaboratori. Tutti i collaboratori prendono parte a discussione e analisi di spunti e idee emerse: il networking è la nostra maggiore risorsa

Alessandro Arrighi – developer, supporto tecnico, admin del sito in generale e proprietario.  Founder, da maggio 2012

All’interno del sito mi occupo della stesura del codice (da me interamente redatto, senza utilizzare template preimpostati) e gestione del database, manutenzione e sviluppo della piattaforma, dell’amministrazione generale del sito nel suo insieme, relazioni con l’esterno e gestione rapporti di collaborazione (pubblicazioni, inserzioni pubblicitarie, rapporti con gli utenti), coordinamento, progetti grafici.

Inoltre nella vita lavoro in una ditta che si occupa di sviluppo software e mi diletto con la Fotografia. Con Ilaria collaboriamo anche in questo ambito artistico. Per saperne di più potete visitare il nostro portfolio http://www.noifotografiamo.net .  Amo molto leggere e ascoltare buona musica.

Ilaria Tranquillo – admin del sito in generale e della sezione di economia.  Founder, da maggio 2012

All’interno del sito mi occupo dell’amministrazione generale del sito nel suo insieme, promozione della piattaforma, relazioni con l’esterno e gestione rapporti di collaborazione (pubblicazioni, inserzioni pubblicitarie, rapporti con gli utenti), coordinamento, progetti grafici, Moderazione della sezione di economia (controllo e approvazione del materiale caricato) Promozione del sito e produzione di contenuti multimediali connessi (pagina Facebook, eventuali articoli…). Scrivo documenti e mi occupo della revisione di alcuni files non direttamente caricati dagli utenti (formattazione, controllo, assemblaggio file divisi in un pdf unitario, ecc).

Inoltre nella vita frequento la facoltà di Economia (Corso di laurea in Economia Aziendale): sono molto attiva all’interno della facoltà, sono rappresentante degli studenti nel consiglio dei corsi di studio e modero, con Matteo, il gruppo face book della facoltà. Fuori dal mondo accademico mi dedico alla Fotografia, mia grande passione, coltivata in dolce compagnia con Alessandro (Questo è il nostro sito).  Amo molto leggere e scrivere. Sono curiosa e mi piace conoscere persone e mettere in campo sempre nuovi progetti: sono molto intraprendente, non sto mai ferma un attimo.

Matteo  Darietto – promozione e admin sezione di economia – nel team da maggio 2012

All’interno del sito mi occupo Promozione del sito e produzione di contenuti multimediali connessi (pagina Facebook, eventuali articoli…). Scrivo documenti e mi occupo della promozione degli upload su vari canali.

Inoltre nella vita frequento la ormai Scuola di scienze sociali, purtroppo fuori corso, ancora non lavoro. Amo molto la musica – in particolare quella classica e per bambini, altro mio grande interesse: loro sono il nostro futuro! mi interessa molto anche la religione, non solo la mia ma anche le altre che esistono, appena ho un po’ di tempo libero (molto poco) mi piace approfondire questi temi! ma mi piace anche dedicarmi al volontariato (cosa che per ora faccio in casa), per stare accanto alle persone anziane che considero veramente importanti per i valori che ci possono trasmettere.

 

Federico Minato – admin sezione di economia – nel team da settembre 2012

All’interno del sito mi occupo Moderazione della sezione di economia (controllo e approvazione del materiale caricato) Promozione del sito e produzione di contenuti multimediali connessi (pagina Facebook, eventuali articoli…). Scrivo documenti e mi occupo della revisione di alcuni files non direttamente caricati dagli utenti (formattazione, controllo, assemblaggio file divisi in un pdf unitario, ecc).

Inoltre nella vita sono uno studente di Economia e ho da poco iniziato a lavorare come trader. Appassionato di sport (di ogni tipo e genere) e musica, mi piace considerarmi un pensatore, uno che nella vita cerca sempre di imparare. A tal proposito sto ultimando il mio blog, che sarà riferito ad argomenti di tipo economico-sociale, sui quali cerco sempre di instaurare una sana discussione. Per ultimo, ma non per importanza, adoro viaggiare. Ho avuto la fortuna di visitare moltissime parti del mondo, confrontandomi con persone completamente diverse da me e questa, probabilmente, è la mia più grande passione.

 

Silvia Lampo – admin sezione di Scienze Politiche – nel team da gennaio 2013

All’interno del sito mi occupo della moderazione della sezione di scienze politiche (controllo e approvazione del materiale caricato), della sua promozione e produzione di contenuti multimediali connessi (pagina Facebook, eventuali articoli…). Scrivo documenti e mi occupo della revisione dei files caricati dagli utenti (formattazione, controllo, assemblaggio file divisi in un pdf unitario, ecc).

Nella vita mi occupo soprattutto di progetti grafici, fotografia e siti internet/blog. Il mio sogno è fare la giornalista multimediale, una volta terminati gli studi universitari. Per ora porto avanti questa aspirazione attraverso il mio blog ‘‘Chatter From Genova”, affiliato a ShareNotes.

Sara Costantino – promozione e admin sezione di economia – nel team da settembre 2013

All’interno del sito mi occupo Promozione del sito e produzione di contenuti multimediali connessi (pagina Facebook, eventuali articoli…). Scrivo documenti e mi occupo della promozione degli upload su vari canali.

Nella vita frequento la facoltà di economia e commercio e a riguardo i miei interessi principali sono la matematica, la macroeconomia e la finanza, ambito in cui vorrei lavorare in futuro.
Al di fuori dell’università la mia grande passione è la musica, a cui dedico gran parte del mio tempo, poiché suono due strumenti e canto.
Amo leggere e viaggiare, ogni volta che posso cerco di andare in un posto nuovo.
Una parte del mio tempo la dedico al volontariato. Sono educatrice presso un movimento creato per bambini e ragazzi con problematiche familiari e presso un riformatorio per minorenni.
Ho conosciuto Sharenotes in università è mi è da subito sembrato un progetto fantastico. Ho sempre pensato che dovremmo tutti cercare di aiutarci fra noi il più possibile e sono contenta di vedere che il sito funziona e che si sta allargando moltissimo.
Sono molto felice di poter partecipare a questo progetto in prima persona e spero che si possa allargare anche ad altre università!

concludo il romanzo presentandovi l’articolo scritto dalla bravissima Benedetta Magri  pubblicato sul mensile “Il Mare – Eco del Golfo del Tiguglio” : potete leggere l’intervista per apprezzare appieno lo spirito dell’iniziativa.

articolo

(aprite l’immagine per leggere l’articolo). Purtroppo siamo nella vecchia formazione di 4, Silvia ci ha raggiunti pochi giorni dopo l’intervista!

I’m still here!

ok, è dal 16 luglio che non scrivo nulla.

Adesso prendo lo straccio e tolgo le ragnatele ok? speriamo solo non vi siano troppi ragni, mi fanno parecchio schifo. E non sono la sola cosa ad essermi indigesta. Mi sono trinceata dietro il mio “silenzio stampa” per cercare di mettere un po’ d’ordine nella mia testolina perennemente arrabbiata.  Volevo riposarmi, staccare la spina e godermi la mia ultima estate libera prima della laurea (o almeno spero sia tale, altrimenti significa che non son riuscita a rimediare uno straccio di lavoro con la mia laurea!): è finita che ho aperto uno nuovo blog con Ale monotematico e completamente dedicato alla fotografia, ho fatto moltissime foto, ho trascorso momenti di passione con photoshop e…

Ho dedicato tempo, sudore (faceva molto caldo sisi) e energie a un super progetto…

Che ho deciso di mantenere segreto ancora per un po’.

Comunque questo post privo di qualsivoglia contenuto se non le mie chiacchiere era solo per dirvi che sto bene, sono viva, sharenotes.it sta bene e che tornerò presto a molestarvi!

Insomma la blogsfera non si è liberata di me 🙂

Miss Italia, la tua avventura in tv finisce qui

Non sono una fan di Miss Italia, di solito la sera esco non guardo la tv.

La Boldrini si trova pienamente d’accordo con la decisione della RAI di non trasmettere il programma perchè “le ragazze italiane debbono poter andare in tv senza sfilare con un numero. Hanno altri talenti”Come per esempio andare a letto col produttore?

Dato che le partecipanti di miss Italia mi sembrano consapevoli e coscienti di puntare sulla bellezza per farsi strada (altrimenti saremmo alle finali di una borsa di studio o un premio letterario no?), mi sembra ipocrita condannare la kermesse come il cancro dell’emancipazione femminile quando facebook è invaso da ragazzine nude che si mostrano per ottenere un mi piace.

Penso che la soluzione non sia la “censura” ma l’educazione e la cultura: strada ben più ripida e faticosa no? 

Ci riempiamo la bocca di femminismo, battaglie, donne oggetto, ecc: in realtà il vero rispetto sta nel farsi rispettare e non accettare violenze e situazioni denigranti per la nostra dignità . Sfilare in costume è una libera scelta: io ho scelto i libri ma non condanno assolutamente che punta sulla bellezza. Per quanto sia una carta forse più effimera e passeggera, condannare chi sceglie questa strada per me è  come condannare un atleta: entrambi puntano ad ottenere il successo  col proprio corpo.

Ognuno è artefice del proprio destino e libero di compiere le proprie scelte.

Laura non starai mica rosicando davanti a ventenni con gambe da gazzella e pancia piatta? 😀